Ricorso del lavoratore con domanda di risarcimento del danno da inottemperanza all'obbligo di reintegrazioneInquadramentoDopo aver ottenuto l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento e la condanna del datore alla reintegrazione nel posto di lavoro, il lavoratore agisce per conseguire il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto a causa del perdurante rifiuto del datore di lavoro di dare esecuzione all'ordine giudiziale FormulaSEZIONE LAVORO RICORSOEX ART. 414 C.P.C.3 Per il Sig. ... (C.F. ...) 4 , residente in ... alla via ... n. ..., rappresentato e difeso dall'Avv. ... 5 (C.F. ...) 6 , con domicilio eletto in ..._ alla via ... n. ... presso il suo studio ..., fax ... 7 , PEC: ...@..., giusta procura ... 8 -ricorrente CONTRO la società ... s.r.l., C.F. ..., P.I. ..., in persona del legale rappresentante p.t...., con sede in ...; -resistente PREMESSO 9 Il Sig. ... nel periodo compreso tra il ... e il ... ha lavorato presso lo stabilimento della ... S.p.A. in ... con mansioni di ... ; Con lettera raccomandata del ... la ... S.p.A. comunicava il licenziamentoal Sig. ... adducendo; Il Sig. ... impugnava il licenziamento domandando la reintegra nel posto di lavoro e il riconoscimento dell'indennità prevista dall'art. 18 legge n. 300/1970. Con sentenza n.... del ..., ormai irrevocabile, codesto Tribunale ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento e ordinato reintegrazione del Sig. ... condannando il resistente al pagamento dell'importo mensile di Euro ... per n. ... mensilità a titolo risarcitorio; A distanza di ... mesi dalla pronuncia della sentenza l'ordine di reintegra non è stato ottemperato dal datore di lavoro, sebbene a tanto reiteratamente sollecitato dal ricorrente per il tramite del proprio procuratore (vds. le missive di cui agli allegati ...). Alla luce di quanto esposto, sussiste la responsabilità della ... S.r.l. per i danni subiti dall'attore sulla scorta dei seguenti motivi in DIRITTO 10 Il prestatore di lavoro può richiedere il risarcimento dei danni ulteriori, a carattere non patrimoniale, subiti a causa della mancata esecuzione dell'ordine di reintegra La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che nel regime di tutela reale ex art. 18 l. n. 300 del 1970 avverso i licenziamenti illegittimi, la predeterminazione legale del danno in favore del lavoratore (con riferimento alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione) non esclude che il lavoratore possa chiedere il risarcimento del danno ulteriore (nel caso, alla professionalità) che gli sia derivato dal ritardo della reintegra e che il Giudice, in presenza della relativa prova possa liquidarlo equitativamente. Nel caso di specie è lo stesso comportamento del datore di lavoro, che non ottempera con immediatezza all'ordine di reintegrazione, ad esporlo ad ulteriori conseguenze sul piano risarcitorio facilmente evitabili attraverso un pronto adempimento del provvedimento di reintegrazione nel posto di lavoro; non vi è pertanto alcuna duplicazione del risarcimento già effettuato attraverso la corresponsione delle retribuzioni dovute, in quanto distinti sono i pregiudizi ristorati ed inoltre perché l'ulteriore danno dipende da una condotta meramente eventuale dell'obbligato. Nel caso di specie non può dubitarsi dell'esistenza di un pregiudizio alla dignità e alla qualificazione professionale del ricorrente ove si considerino, da un canto, l'elevato livello di competenza e professionalità dal medesimo raggiunto anche a costo di personali sacrifici e costi, di costante aggiornamento e della frequenza di ..., dall'altro l'età (... anni) del Sig. ... all'epoca dell'illegittima interruzione dell'attività lavorativa, età che si colloca in una fase centrale della normale vita lavorativa dell'individuo e che rende pressocchè impossibile la ricollocazione del prestatore a condizioni altrettanto soddisfacenti e professionalmente gratificanti. La prolungata inerzia del ricorrente ha prodotto in questi mesi ripercussioni esistenziali gravi tanto è vero che ...... e com'è provato dal fatto che di.... Il danno non patrimoniale sofferto, comprensivo del danno morale subiettivo e del danno esistenziale - relazionale, va liquidato equitativamente dal Giudice, tenuto conto del tempo trascorso dall'ordine di reintegrazione inadempiuto, dell'età del ricorrente e del peggioramento della qualità e delle abitudini di vita del medesimo. Per questi motivi il Sig. ... come sopra rappresentato e difeso RICORRE all'On.le Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, affinché, fissata l'udienza di discussione della causa ai sensi dell'art. 415 c.p.c., ritenuta la responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale della società resistente, voglia condannarla al risarcimento dei danni patiti per i fatti per cui è causa, liquidandoli in una somma non inferiore ad Euro ..., oltre interessi e rivalutazione monetaria, ovvero nella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia, anche con valutazione equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c. Con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente procedimento. IN VIA ISTRUTTORIA Si producono i seguenti documenti - sentenza n. ... del ...; - lettere di diffida; - attestati e certificazioni di qualificazione professionale; - certificati medici e prescrizioni farmacologiche Si chiede ammettersi prova testimoniale coi Sigg.ri ... residente in ... alla via ... ; ... residente in ... alla via ...sul seguente articolato: 1)Vero è che ... 2)Vero è che ... Ai sensi e per gli effetti del d.P.R. n. 115/2002, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro ... Luogo e data... Firma Avv.... PROCURA AD LITEM (Se non a margine o su documento informatico separato) [1] [1] A norma dell'art. 413 c.p.c. 'Le controversie previste dall'articolo 409 sono in primo grado di competenza del tribunale in funzione di giudice del lavoro' [2] [2] Per quanto riguarda il foro, il secondo comma dell'art. 413 c.p.c., derogando all'art. 18 c.c., dispone che 'competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto. Nelle controversie nelle quali è parte una Amministrazione dello Stato non si applicano le disposizioni dell'articolo 6 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti, si applicano quelle dell'articolo 18'. [3] [3] Ai sensi dell'art. 414 c.p.c., la domanda si propone con ricorso [4] [4] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio. [5] [5] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., nella legge n. 114/2014. [6] [6] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3. [7] [7] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale ... il contributo unificato è aumentato della metà». [8] [8] La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine della citazione. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico della citazione (art. 16-bis comma 1-bis d.l. n. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: 'giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente atto di citazione ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.'. [9] [9] Il ricorso deve tra l'altro contenere l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni(art. 414 n. 4 c.p.c.) [10] [10] Ai sensi dell'art. 125 c.p.c. il ricorso deve contenere l'indicazione del tipo di provvedimento richiesto (petitum) nonché l'esposizione dei fatti costitutivi del diritto fatto valere con il ricorso (causa petendi). La domanda deve contenere, altresì, l'indicazione delle condizioni dell'azione cautelare (fumus boni iuris e periculum in mora), degli elementi che consentano di individuare la futura (eventuale) domanda di merito (strumentalità). CommentoI danni ulteriori da inottemperanza alla sentenza di reintegrazione L'ordine di reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato non è suscettibile di esecuzione forzata, in quanto l'esecuzione in forma specifica è possibile solamente per le obbligazioni di fare di natura fungibile, mentre la reintegrazione nel posto di lavoro implica non soltanto la riammissione in azienda (e cioè un comportamento passivo riconducibile a un semplice 'pati'), ma anche un indispensabile e insostituibile comportamento attivo del datore di lavoro, consistente, tra l'altro, nell'impartire al dipendente le opportune direttive per il concreto reinserimento nell'organizzazione aziendale (o amministrativa, se trattasi di datore di lavoro pubblico contrattualizzato), nell'ambito di una relazione di reciproca e infungibile collaborazione. Si esclude, pertanto, che, il provvedimento di reintegra disposto ex art. 18 l. 300 del 1970, al pari di ogni obbligazione infungibile, possa conoscere una fase di coatta esecuzione, a fronte della inerzia serbata dal datore. Da parte della giurisprudenza di legittimità più risalente, anteriore al riconoscimento della categoria del danno esistenziale, si era affermato che nell'ipotesi in cui il lavoratore illegittimamente licenziato avesse chiesto il risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esecuzione dell'ordine di reintegrazione e poi dalla riammissione in servizio con mansioni inferiori a quelle spettanti, la responsabilità risarcitoria - collegata ad una lesione della personalità morale del lavoratore e della sua immagine - non potesse estendersi, in assenza del presupposto di cui all'art. 2059 c.c., al danno non patrimoniale (Cass. n. 3131/1998). La giurisprudenza di merito si era invece mostrata propensa al risarcimento del danno ulteriore patito dal lavoratore ingiustamente licenziato, sul rilievo che la mancata ottemperanza da parte datoriale alla sentenza di reintegrazione, anche se eventualmente seguita dal pagamento delle retribuzioni, costituisse comportamento illecito, che obbligava il datore di lavoro all'ulteriore risarcimento del danno alla professionalità subito dal lavoratore, a cagione della forzata inattività (Pret. Milano 20 luglio 1992), ovvero del danno alla dignità del lavoratore (Trib. Firenze 15 aprile 1983) o ancora del danno alla professionalità intesa essa sia come lesione al patrimonio professionale del dipendente sia come lesione della qualità della vita dello stesso, e quindi di un danno propriamente esistenziale, che colpisce la persona del lavoratore in quanto tale (Trib. Lecce 20 settembre 2002). In qualche caso (Trib. Lecce, 25 luglio 2003, Trib. Milano, 20 luglio 1999) un danno di carattere lato sensu esistenziale era stato ritenuto sussistente in re ipsa, per il fatto di derivare dalla lesione di diritti costituzionalmente tutelati, quali l'interesse del lavoratore all'effettività del proprio lavoro e la dignità personale e professionale. A partire dalla sentenza n. 10203/2002, la Suprema Corte ha affermato che ove il licenziamento illegittimo sia annullato e il datore di lavoro sia condannato al risarcimento dei danni nella misura legale, l'ammontare di tale risarcimento copre tutti i pregiudizi economici conseguenti all'inattività forzata, ma non esclude la possibilità per il lavoratore di fornire la prova di ulteriori danni, ivi compreso il danno esistenziale, scaturenti dalla lesione di interessi fondamentali dell'individuo (Cass. sez. lav., n. 26561/2007; Cass. sez. lav., n. 15915/2009). E' dunque possibile, per il lavoratore che lamenti un apprezzabile ritardo nell'esecuzione dell'ordine di reintegrazione, ottenere il ristoro di danni distinti ed ulteriori rispetto ai ricordati pregiudizi economici contemplati dal citato art. 18, comma 4, la cui prova tuttavia non è in re ipsa ma va offerta dal lavoratore che ne invoca il risarcimento ai sensi dell'art. 2697 c.c. A tal fine occorre tener conto che anche il reperimento di altra occupazione professionalmente gratificante che azzeri le ripercussioni esistenziali negative del licenziamento non osta, in astratto, alla configurabilità di un danno morale soggettivo, inteso quale sofferenza morale, turbamento d'animo, connessa alla lesione della dignità della persona ingiustamente estromessa dal proprio ambiente lavorativo dall'illegittima condotta di un datore di lavoro riottoso persino di fronte al comando giudiziale. Meritano di essere segnalate due pronunce dei Giudici fiorentini. Con la prima il Trib. Firenze (19 novembre 2002) ha riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale subito da un portiere di hotel di elevata categoria, con mansioni implicanti contatto con la clientela straniera e la conoscenza dell'inglese e del tedesco, che, pur avendo ottenuto una sentenza di reintegra nel posto di lavoro, non era stato reimmesso in azienda per i cinque anni successivi al primo licenziamento. La pronuncia ha ravvisato un danno alla professionalità del dipendente sia nell'obiettivo impoverimento delle sue capacità connesse alla forzata inerzia, sia nel mancato aggiornamento correlato al continuo evolversi degli strumenti informatici, bancari, contabili e di comunicazione propri di qualsiasi struttura di elevato livello operante con la clientela internazionale, sia per la perdita di occasioni di contatto con un vasto ambiente di operatori turistici del settore alberghiero. L'altra pronuncia (App. Firenze 4 maggio 2004 n. 486) è interessante per aver liquidato il danno alla professionalità derivante dalla forzata assenza dal lavoro, quale ulteriore danno derivante dal recesso, nella misura aggiuntiva di un terzo della retribuzione altrimenti spettante al lavoratore. |