Ricorso ex art. 409 c.p.c. per il danno non patrimoniale subito dal lavoratoreInquadramentoAvendo contratto una malattia professionale a causa dell'omissione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie misure di sicurezza a protezione dell'integrità fisica dei dipendenti, un lavoratore ne invoca la responsabilità contrattuale e chiede il risarcimento di tutti i danni non patrimoniali sofferti, incluso il danno morale e quello esistenziale FormulaSEZIONE LAVORO 3
Per il Sig. 6 ..., nato a ... il ... e residente a ... in via ..., C.F. ..., 7 rappresentato e difeso per procura in calce 8 al presente atto dall'Avv. ..., C.F. ... 9 , ed elettivamente domiciliato 10 presso il suo studio in ... alla via ... l'Avv ... dichiara di coler ricevere tutte le comunicazioni di cancelleria al numero di fax ... ovvero all'indirizzo PEC. ... 11 -ricorrente- CONTRO la società ..., in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. ..., con sede in ..., alla via ..., C.F. ... P.I. ... -resistente- PREMESSO 12 Il ricorrente ha lavorato alle dipendenze della ... ... , con sede in ... ..., alla via ... ..., n. ... ..., svolgendo attività di ... ..., a partire dal ... ... fino al ... ... (doc.1); 2. In costanza del rapporto di lavoro, in data ... ... al ricorrente è stato diagnosticato carcinoma polmonare (doc. 2), contratto per l'aver inalato per un periodo di oltre ... ..., fibre di amianto contenute nel ... ... di vecchia fattura; 3. Nonostante lo stato di asbesto dell'ambiente di lavoro, il resistente non ha mai provveduto alla rimozione e sostituzione di tali dispositivi, né alla adozione delle minime cautele, quali ad esempio la predisposizione di sistemi di aereazione dei luoghi di lavoro, o la dotazione di dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie; 4. In ragione delle predette circostanze, pertanto, il ricorrente ha subito un danno biologico per carcinoma polmonare, quantificato nella somma di Euro ... ..., come da documentazione medico legale versata in atti (doc.3), nonché un danno morale ed un danno esistenziale, complessivamente quantificabili nella somma di Euro ... ... (di cui... a titolo di danno morale; ed Euro... , a titolo di danno esistenziale); 5. Ed invero, a seguito della diagnosi di mesotelioma pleurico, il Sig.... subiva gravi turbamenti e patemi d'animo, tanto da necessitare tutt'ora di assistenza psicologica specializzata. 6. Il ricorrente, inoltre, è stato costretto a modificare completamente il proprio stile di vita, dovendo interrompere totalmente l'attività sportiva, da sempre parte della sua routine quotidiana, nonché limitare le uscite durante tutto il periodo invernale e l'esposizione prolungata al sole durante il periodo estivo, al fine di evitare raffreddamenti ed ulteriori compromissioni dell'apparato respiratorio; 7. Con istanza depositata in data ... ..., il ricorrente ha richiesto l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c., tenutosi in data ... ... e conclusosi con esisto negativo (doc.4). MOTIVI 13 Dalla ricostruzione dei fatti, appare evidente che la fattispecie in esame configura ipotesi di responsabilità del datore di lavoro ex artt. 2087 c.c. e 254 d.lgs. n. 81/2008. La responsabilità per l'imprenditore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori discende o da norme specifiche o, quando esse non siano rinvenibili, dalla norma generale di cui all'art. 2087 c.c. Come è noto, l'art. 2087 c.c. impone all'imprenditore di adottare, nell'esercizio dell'impresa, tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, si rendano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori (infra alios, Cass. n. 6377/2003, Cass. n. 16654/2003). Di conseguenza, ancorchè detta responsabilità non abbia carattere oggettivo, essa sussiste ogni qual volta il datore abbia omesso di adottare le suddette misure, tenuto conto del concreto tipo di lavorazione in corso e del rischio connesso. Pertanto, ai fini dell'accertamento della suddetta responsabilità, grava sul lavoratore l'onere di provare di aver subito un danno, la nocività dell'ambiente di lavoro, e il nesso causale fra questi due elementi, mentre grava sul datore l'onere di provare di aver adottato tutte le misure necessarie ad impedirlo (Cass., n. 2209/2016). Nel caso di specie, sussistono tutti gli elementi necessari al fine dell'accertamento della responsabilità del resistente. Quanto alla nocività dell'ambiente di lavoro, appare incontestabile che i macchinari di vecchia fattura presenti nel locale adibito all'attività di ... ... sono composti da fibre di amianto, che si diffondono in una notevole consistenza in tutto l'ambiente circostante (doc. 5). A causa dello stato di asbesto dell'ambiente lavorativo, che ha costretto il ricorrente ad inalare fibre di amianto per il periodo di ... ..., il Sig. ... ... ha contratto mesotelioma pleurico, senza peraltro potersi sostenere la presenza di fattori causali alternativi della malattia. E' pur vero, infatti, che la scienza medica ha individuato, oltre all'esposizione all'amianto, altri fattori di rischio per lo sviluppo del tumore, quale il virus SV40, le radiazioni al torace e all'addome, nonché l'abitudine al fumo del soggetto. Tuttavia, fra le cause del mesotelioma, l'inalazione di fibre di amianto resta la causa più probabile. Del resto, nel caso di specie, non sussistono neppure i fattori alternativi causali. Ed infatti, come rilevato dal Dott. ... ..., in sede di indagine peritale (doc.3), il ricorrente non ha mai fatto uso di sigarette; non si è mai sottoposto a risonanze magnetiche e accertamenti TAC prima dell'insorgenza dei sintomi della malattia; né ha sviluppato il Virus SV40. Di conseguenza, l'inalazione delle fibre di amianto dal ... ... al ... ... resta la causa che più probabilmente ha determinato l'insorgenza della malattia. In ragione della malattia, peraltro, il ricorrente subiva danni morali ed esistenziali, concretamente manifestatisi nelle circostanze di cui in premessa. Tanto esposto e considerato il Sig ... come sopra rappresentato e difeso RICORRE All' Ill.mo Tribunale di ... 14 , affinché, rigettata ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, previa fissazione dell'udienza 15 per la comparizione delle parti per il libero interrogatorio 16 , procedere nel modo ritenuto opportuno agli atti di istruzione ritenuti indispensabili, Voglia 17 : Accertare e dichiarare la responsabilità della Società ... ... per l'omessa adozione delle cautele necessarie ad evitare l'esposizione e l'inalazione delle fibre di amianto e, per l'effetto, condannare la medesima società al risarcimento del danno biologico per carcinoma polmonare patito dal Sig. ... ... equantificato nella somma di Euro ... ..., salvo una diversa valutazione da liquidarsi dal Giudice previa disponenda CTU, nonché dei danni morali ed esistenziali da questi patiti, complessivamente quantificati nella somma di Euro ... ..., ovvero nella maggiore o minore somma da liquidarsi anche con criterio equitativo 18 ; condannare la resistente al pagamento delle spese di lite 19 , con distrazione a favore del sottoscritto procuratore, che si dichiara antistatario 20 . IN VIA ISTRUTTORIA 21 (ESEMPIO) 1. vero è che il Sig. ... ... è stato addetto dalla società ... ... alle mansioni di ... ... che ha svolto continuativamente dal ... ... al ... ... 2.Vero che i macchinari del locale dove il ricorrente ha svolto la propria mansione di ... ... sono di vecchia fattura e composti da fibre di amianto; - Sig. ... ... 2. Vero che il ricorrente a partire dal - ... ... accusava ... ...; 3. vero che, a seguito della diagnosi, era visibilmente in ansia, parlava sempre del suo stato di salute e manifestava preoccupazione per il suo futuro, tanto che faceva ricorso ad un sostegno psicologico presso ... ...; - Sig. ... ... 3. Vero che il ricorrente, a seguito della diagnosi, ha modificato completamente il proprio stile di vita ed in particolare ha interrotto qualsiasi attività sportiva, da sempre praticata dal Sig. ... ..., ed evita uscite serali l'esposizione al sole; - Sig. ... ... Chiede ammettersi CTU al fine di valutare lo stato dei luoghi di lavoro e la concentrazione di fibre di amianto nell'aria, nonché al fine di quantificare il danno biologico derivato al ricorrente a causa della malattia di ... ... Si offrono in comunicazione, mediante deposito, i seguenti documenti: 1. Contratto di lavoro; 2. documentazione medica attestante la patologia di mesotelioma pleurico; 3. relazione medico legale del Dott. ... ... attestante la causa della malattia, l'assenza dei fattori alternativi causali e la quantificazione del danno biologico; 4. verbale negativo di conciliazione; 5. perizia dell'Ing. ... ... sullo sta to dei luoghi. Ai sensi e per gli effetti del d.P.R. n. 115/2002, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro ... ... 22 e che pertanto è previsto il contributo unificato di Euro ... ... 23 . Luogo e data ... ... Firma Avv. ... ... PROCURA AD LITEM 24 (se non a margine o su documento informatico separato) [1] [1] A norma dell'art. 413 c.p.c. 'Le controversie previste dall'articolo 409 sono in primo grado di competenza del tribunale in funzione di giudice del lavoro'. [2] [2] Per quanto riguarda il foro, il secondo comma dell'art. 413 c.p.c., derogando all'art. 18 c.c., dispone che 'competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. Tale competenza permane dopo il trasferimento dell'azienda o la cessazione di essa o della sua dipendenza, purché la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione. Competente per territorio per le controversie previste dal numero 3) dell'articolo 409 è il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell'agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto numero 3) dell'articolo 409. Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto. Nelle controversie nelle quali è parte una Amministrazione dello Stato non si applicano le disposizioni dell'articolo 6 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti, si applicano quelle dell'articolo 18'. [3] [3] Vedi nota 1. [4] [4] Ai sensi dell'art. 414 c.p.c. la domanda si propone con ricorso. [5] [5] La norma recita: 'si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: 1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all'esercizio di una impresa; 2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie; 3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato; 4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica; 5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreché non siano devoluti dalla legge ad altro giudice'. [6] [6] L'art. 414 c.p.c. dispone che il ricorso deve contenere, tra le altre indicazioni, il nome, il cognome, nonché la residenza o il domicilio eletto del ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente o convenuto è una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonché la sede del ricorrente o del convenuto. [7] [7] Se si tratta di persona giuridica occorre indicare il nome del legale rappresentante pro tempore, la sede legale e il codice fiscale e/o il numero di partita Iva. [8] [8] La procura può essere generale o speciale (art. 83 c.p.c.). Nel caso di procura generale alle liti, redatta per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, dovranno esserne indicati gli estremi. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine del ricorso. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico del ricorso (art. 16 bis comma 1 bis d.l. n. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: 'giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente ricorso ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.'. Solitamente la procura è rilasciata a margine o in calce all'atto di citazione. Se è conferita con atto notarile, il medesimo va allegato all'atto. L'art. 125, comma 2 prevede la possibilità che la procura al difensore dell'attore sia rilasciata in data posteriore alla notificazione, purchè prima della costituzione in giudizio. [9] [9] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. [10] [10] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c. [11] [11] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore, è sufficiente l'indicazione del numero di fax, poiché l'indirizzo PEC è un dato ormai acquisito nei rapporti con la cancelleria: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dalla l. n. 114/2014. [12] [12] Ai sensi dell'artt. 125 c.p.c. il ricorso deve contenere, inter alia, le ragioni della domanda, cioè l'esposizione analitica dei fatti posti a fondamento della stessa. [13] [13] Ai sensi dell'art. 125 c.p.c. il ricorso deve contenere l'indicazione del tipo di provvedimento richiesto (petitum) nonché l'esposizione dei fatti costitutivi del diritto fatto valere con il ricorso (causa petendi). La domanda deve contenere, altresì, l'indicazione delle condizioni dell'azione cautelare (fumus boni iuris e periculum in mora), degli elementi che consentano di individuare la futura (eventuale) domanda di merito (strumentalità). [14] [14] V. n. 1. [15] [15] Il giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto, l'udienza di discussione, alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente (art. 415 c.p.c.). [16] [16] Nell'udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presentie tenta la conciliazione della lite. La mancata comparizione personale delle parti, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione (art. 420 c.p.c.). [17] [17] Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura del dispositivo. Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima, se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell'udienza, per la loro immediata assunzione. Qualora ciò non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima concedendo alle parti ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell'udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive (art. 420, comma 4 c.p.c.). [18] [18] L'art. 432 c.p.c. dispone che 'quando sia certo il diritto ma non sia possibile determinare la somma dovuta, il giudice la liquida con valutazione equitativa'. [19] [19] La disciplina delle spese di giudizio segue quella ordinaria prevista dall'art. 91 c.p.c., secondo cui vanno poste a carico della parte soccombente e a favore della parte vittoriosa. [20] [20] Ex art. 93 c.p.c. [21] [21] Indicazione dei mezzi istruttori di cui ci si intende avvalere. [22] [22] Determinabile in base agli artt. 10 ss. c.p.c. [23] [23] Determinabile in base al d.P.R. n. 115/2002 e successive modificazioni. La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 secondo cui «il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito». Orbene, l'art. 13, comma 6 del medesimo decreto prevede la conseguenza dell'omissione della predetta dichiarazione di valore affermando che «se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)»; pertanto, si presume che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento di un contributo unificato più elevato. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata. Ai sensi del citato art. 13, comma 3 bis: «ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale ... il contributo unificato è aumentato della metà». [24] [24] La procura può essere generale o speciale (art. 83 c.p.c.). Nel caso di procura generale alle liti, redatta per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, dovranno esserne indicati gli estremi. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine del ricorso. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico del ricorso (art. 16 bis comma 1 bis d.l. n. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: «giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente ricorso ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.». CommentoIl danno non patrimoniale dell'individuo - lavoratore L'esecuzione del contratto di lavoro espone il lavoratore al rischio di subire la lesione di quei diritti che l'art. 2 Cost. definisce inviolabili e che nella Carta Costituzionale e, oggi, anche nella Carta dei diritti fondamentali dell'UE (c.d. Carta di Nizza) trovano il loro riconoscimento al più alto livello e la loro tutela. E ciò in considerazione della natura tipica del rapporto di lavoro subordinato, al cui interno, accanto allo scambio di prestazioni, si pone il diretto coinvolgimento del lavoratore come persona. Nel caso della lesione del diritto alla salute e all'integrità psico-fisica, la giurisprudenza lavoristica, già all'indomani della sentenza n. 184/1986 della Corte Costituzionale, aveva ritenuto che il danno biologico trovasse la propria disciplina nell'art. 2043 c.c. in relazione all'art. 32 Cost e che la responsabilità contrattuale del datore di lavoro potesse estendersi anche al risarcimento del danno biologico se ed in quanto correlata al tipo di contratto concretamente intervenuto tra le parti o prevista da particolari clausole contrattuali (Cass S.U., n. 7470/2002). Si riteneva invece, in prevalenza, che vi fosse un'incompatibilità di fondo tra il danno morale e la responsabilità contrattuale, occorrendo - per il combinato disposto degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p.c. - che il fatto generatore del danno integri gli estremi di un reato, sicchè il risarcimento di tale pregiudizio non potesse essere riconosciuto sulla base di una presunzione di legge ovvero in presenza di un mero inadempimento contrattuale. Anche l'indirizzo che ammetteva la risarcibilità del danno da sofferenza morale nell'ambito della responsabilità da inadempimento, sembrava ritenere comunque imprescindibile una verifica circa la ricorrenza, almeno in astratto, di una fattispecie di reato (Cass. sez. lav., n. 4184/2006; Cass. sez. lav., n. 11704/2006; Cass. sez. lav., n. 8386/2006). La giurisprudenza in tema di demansionamento ha rappresentato un fattore rilevantissimo per l'affermazione della risarcibilità del danno non patrimoniale in ambito lavoristico. Si deve, infatti, alle Sezioni Unite del 24 marzo 2006 n. 6572 l'affermazione che all'interno del rapporto di lavoro qualunque tipo di danno lamentato dal prestatore assume una connotazione illecita già sul piano contrattuale, sia per ciò che attiene alla lesione della professionalità (nel caso della dequalificazione), sia per ciò che è riferito al pregiudizio alla salute o alla personalità del lavoratore. Nel primo caso, infatti, il danno deriva dalla violazione del divieto di dequalificazione, posto dall'art. 2103 c.c., nel secondo dalla violazione dell'obbligo di assicurare la tutela dell'integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, norma che inserisce, nell'ambito del rapporto di lavoro, i principi costituzionali. Si è ribadita dunque la consolidata elaborazione giurisprudenziale (ex multis, Cass. sez. lav., n. 15133/2002; Cass. S.U., n. 9385/2001; Cass. S.U., n. 291/1999) che aveva attribuito natura contrattuale alla responsabilità del datore di lavoro per inadempimento dell'obbligo di sicurezza (art. 2087 c.c.), che gli impone l'adozione delle misure che "secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro". Tale indirizzo, cui la Corte dà continuità, si fondava sul duplice argomento che il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato - per legge (ai sensi dell'art. 1374 c.c.) - dalla disposizione che impone l'obbligo di sicurezza (art. 2087 c.c., cit., appunto) e che la responsabilità contrattuale è configurabile tutte le volte che risulti fondata sull'inadempimento di un'obbligazione giuridica preesistente, comunque assunta dal danneggiante nei confronti del danneggiato. Le Sezioni Unite superano tuttavia i limiti concettuali dinanzi ai quali si era arrestata la giurisprudenza precedente, per affermare chiaramente che l'ampia locuzione usata dall'art. 2087 c.c.art. 2059 c.c ... verificare se l'interesse leso dalla condotta datoriale sia meritevole di tutela in quanto protetto a livello costituzionale, perché la protezione è già chiaramente accordata da una disposizione del codice civile. Si riconosce dunque che dall'inadempimento datoriale possa nascere, astrattamente, una pluralità di conseguenze lesive per il lavoratore: danno professionale, danno all'integrità psico-fisica o danno biologico, danno all'immagine o alla vita di relazione, sintetizzati nella locuzione danno cd. esistenziale, che possono anche coesistere l'una con l'altra. Quanto al danno non patrimoniale all'identità professionale sul luogo di lavoro, all'immagine o alla vita di relazione o comunque alla lesione del diritto fondamentale del lavoratore alla libera esplicazione della sua personalità nel luogo di lavoro, tutelato dagli artt. 12 Cost., la Corte ne offre una precisa definizione affermando che per danno esistenziale si intende ogni pregiudizio che l'illecito datoriale provoca sul fare areddituale del soggetto, alterando le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, sconvolgendo la sua quotidianità e privandolo di occasioni per la espressione e la realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Peraltro il danno esistenziale si fonda sulla natura non meramente emotiva ed interiore (propria del ed danno morale), ma oggettivamente accertabile del pregiudizio, attraverso la prova di scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l'evento dannoso. Il danno esistenziale diviene così la categoria necessaria a rendere effettivo il risarcimento del danno non patrimoniale ingiustamente patito in ambito lavorativo e di tale peculiare connotazione del rapporto di lavoro e dei pregiudizi che dalla sua esecuzione possono generarsi hanno preso atto anche le sentenze di San Martino (in particolare, sentenza 11 novembre 2008 n. 26972), nelle quali si è osservato che, l'inserimento nell'area del rapporto di lavoro, attraverso l'art. 2087 c.c., di interessi non suscettivi di valutazione economica (l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore) implica che, nel caso in cui l'inadempimento ne provochi la lesione, può farsi luogo al risarcimento dei danni - conseguenza, sotto il profilo della lesione dell'integrità psicofisica (art. 32 Cost.) secondo le modalità del danno biologico, o della lesione della dignità personale del lavoratore (artt. 2, 4, 32 Cost.), come avviene nel caso dei pregiudizi alla professionalità da dequalificazione, che si risolvano nella compromissione delle aspettative di sviluppo della personalità del lavoratore che si svolge nella formazione sociale costituita dall'impresa. L'impiego dell'espressione 'danni esistenziali' per definire tali pregiudizi ha, per la Corte, valenza nominalistica, in quanto tali effetti non sono altro che pregiudizi attinenti alla svolgimento della vita professionale del lavoratore, e quindi danni di tipo esistenziale. Una volta riconosciuta, da parte del Supremo Collegio, la risarcibilità del danno non patrimoniale in tutti i casi in cui l'inadempimento dell'obbligazione abbia determinato, oltre alla violazione degli obblighi di rilevanza economica assunti con il contratto, anche la lesione di un diritto inviolabile della persona del creditore, la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale può ormai trovare spazio nell'ambito dell'azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all'espediente del cumulo di azioni (contrattuale ed extracontrattuale). E' probabilmente per la rilevata specificità del contratto di lavoro, che, pur dopo le pronunce del novembre 2008 e l'affermata esclusione del danno esistenziale quale sotto - categoria autonoma, intesa come lesione della sfera areddituale del soggetto, comprensiva della vita di relazione, della qualità della vita e della dimensione esistenziale della persona, la giurisprudenza lavoristica (Cass. sez. lav., n. 17238/2016; Cass. sez. lav., n. 5590/2016; Cass. sez. lav., n. 11581/2014) (e non solo Cass. III, n. 20292/2012; Cass. III, n. 19402/2013) ribadisce la necessità che, al fine di assicurare l'integralità del risarcimento del danno alla persona, fermo restando l'onere assertivo e probatorio gravante sul danneggiato, sia consentito al giudice apprezzare tanto l'aspetto interiore del danno (la sofferenza morale), quanto il suo impatto modificativo in pejus sulla vita quotidiana (il danno esistenziale - relazionale) (Cass. sez. lav., n. 583/2016; vds. Anche Cass. sez. lav., n. 18431/2015; cfr. anche Cass. sez. lav., n. 8581/2015). Nella giurisprudenza di merito, sono innumerevoli le pronunce che riconoscono al lavoratore, che ne abbia offerto la prova almeno presuntiva, allegando in maniera precisa le circostanze fattuali da cui inferirne l'esistenza, il risarcimento del danno non patrimoniale, sub specie del danno morale o esistenziale, sia quale unica voce del danno sofferto, sia quale personalizzazione del danno biologico. Meritano di essere segnalate: -In materia di demansionamento, Trib. Milano 25 novembre 2013 che ha ritenuto che, dall'accertata dequalificazione del lavoratore, fosse derivata anche una lesione della personalità morale di quest'ultimo nei suoi attributi di dignità e di professionalità, riscontrabile negli effetti negativi prodottisi nella sfera del lavoratore in termini di alterazione dell'equilibrio e delle sue abitudini di vita, nonché la successiva sentenza del 25 luglio 2014, secondo la quale il sostanziale esautoramento dell'autonomia decisionale, aveva comportato anche un danno non patrimoniale, risultando pregiudicata l'immagine e la reputazione professionale del ricorrente agli occhi dei suoi contraddittori (con conseguente lesione di diritti della persona tutelati dall'art. 2 Cost). In quest'ultimo caso, ai fini della valutazione equitativa del danno, il Giudice ha preso in considerazione la retribuzione spettante al ricorrente, quale parametro di valutazione del 'valore' economico della sua professionalità; -In fattispecie relative alla violazione delle norme in materia di sicurezza, la sentenza del Tribunale di Campobasso del 21 gennaio 2014 che, accogliendo il ricorso di alcuni medici generici convenzionati con il SSN che denunciavano di essere costretti a lavorare in condizioni igienico - sanitarie inadeguate e con un numero di pazienti eccessivo, ha ravvisato la violazione dell'art. 2087 c.c. e individuato il danno alla persona subito dai ricorrenti nel disagio di operare in situazioni di degrado tali da ledere la loro dignità personale e professionale e il loro stato di salute psico - fisico. Pur in assenza dell'accertamento medico - legale di un danno alla salute, in Tribunale ha liquidato equitativamente importi variabili tra Euro 2.000,00 ed Euro 7000,00. -In materia di malattia professionale (nella specie, placche pleuriche da esposizione prolungata all'asbesto), il Tribunale di Trieste (sentenza 7 agosto 2014) ha personalizzato nella misura del 10% il quantum riconosciuto a titolo di danno biologico al fine di ristorare anche lo stato di ansia e preoccupazione che incide in modo negativo sulla qualità della vita. |