Ricorso al Giudice del lavoro con domanda risarcitoria per danno non patrimoniale da ritardato pensionamento

Giovanna Nozzetti
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

a causa dell'illegittimo diniego opposto dalla propria Cassa di Previdenza ed Assistenza alla domanda di ricongiunzione dei contributi versati, un geometra, frattanto assunto presso un ente pubblico e passato ad altra gestione previdenziale, subisce un danno 'esistenziale' per l'ingiusto ritardo nel collocamento a riposo; propone quindi nei suoi confronti azione risarcitoria

Formula

TRIBUNALE [1] DI ... [2]

SEZIONE LAVORO [3]

RICORSO [4]EX ART. 409 [5] C.P.C.

Per il Sig. [6] ..., nato a ... il ... e residente a ... in via ..., C.F. ..., (oppure) [la Società ..., in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. ..., con sede in ..., alla via ..., C.F. ... P.I. ... [7] ] rappresentato e difeso per procura in calce [8] al presente atto dall'avv. ..., C.F. ... [9] , ed elettivamente domiciliato [10] presso il suo studio in ... alla via ... L'Avv. dichiara di coler ricevere tutte le comunicazioni di cancelleria al numero di fax ... ovvero all'indirizzo PEC ... [11]

-ricorrente

CONTRO

Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti, P.I./C.F ..., in persona del legale rappresentante p.t., con sede in ...;

-resistente

PREMESSO [12]

Il Sig. ... esercitava la propria professione di geometra e risultava iscritto, a partire dal .../ .../ ... alla relativa Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza, versando i relativi contributi.

In data .../ .../ ... il Sig. ... veniva assunto alle dipendenze del Comune di ... e dunque assoggettato a un differente regime di assistenza e previdenza obbligatoria.

Restando comunque iscritto anche al Collegio dei Geometri, l'istante continuava a versare i contributi alla relativa cassa, sia pure in forma ridotta, come previsto dalla legge.

In data .../ .../ ... il Sig. ... presentava domanda di riscatto dei versamenti effettuati in favore della Cassa al fine di ottenere la ricongiunzione delle annualità corrisposte ai fini pensionistici, così ottenendo l'anticipazione dei requisiti per il proprio pensionamento quale dipendente pubblico.

Tuttavia, la Cassa Geometri rigettava la domanda di riscatto.

Con sentenza n. ... del .../ .../ ... il Tribunale di ...accertava la illegittimità del diniego di riscatto, basata su una erronea interpretazione della normativa in materia, e riconosceva il diritto del Sig. ... al riscatto dei contributi.

In ragione del diniego illegittimo della Cassa, il Sig. ... riusciva ad andare in pensione con ... anni di ritardo.

Il ritardo con il quale è intervenuto il pensionamento ha cagionato all'istante un danno non patrimoniale, per l'essere stato costretto a continuare a lavorare nel precedente impiego, senza potersi dedicare ad altre attività personali, sia affettive che di tipo lavorativo.

Ed in particolare, il sig. ..., a causa del ritardato pensionamento si trovava costretto a rinunciare ai pomeriggi con i nipoti, alle lunghe e tanto desiderate passeggiate con la moglie, nonché alla sua passione per il giardinaggio, che aveva per anni accantonato in attesa di potervisi dedicare con la pensione.

Ed inoltre, l'impossibilità di dedicarsi alle agognate attività, gli causa situazioni di forte stress, talvolta sfocianti in attacchi di panico, insonnia e tachicardia.

Con istanza depositata in data ..., il ricorrente ha richiesto l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c., tenutosi in data ...e conclusosi con esisto negativo.

MOTIVI [13]

Dalla ricostruzione dei fatti appare evidente che il Sig. ..., a causa del ritardato pensionamento abbia patito un danno non patrimoniale, sub specie di danno morale ed esistenziale, che in quanto tale va risarcito.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. S.U., n. 26972/2008), il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi "previsti dalla legge", e cioè, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c.:

(a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale;

(b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni);

(c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati "ex ante" dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice.

Orbene, il diritto di autodeterminarsi liberamente circa le attività realizzatrici della propria persona, diritto leso dall'illegittimo ritardato pensionamento, costituisce senza dubbio un interesse di rilievo costituzionale.

Ed infatti, la giurisprudenza di legittimità pronunciatasi sul punto ha riconosciuto che il danno non patrimoniale consistente nell'aver dovuto prolungare la propria attività lavorativa, comportando la lesione di specifici interessi costituzionalmente protetti, tra cui quello di poter realizzare liberamente una propria legittima opzione di vita, è risarcibile ai sensi dell'art. 2059 c.c.(Cass. sez. lav., n. 3023/2010).

Nello stesso senso, la giurisprudenza di merito ha più volte evidenziato che il ritardato pensionamento è potenzialmente produttivo di un danno esistenziale risarcibile.

Nel caso di specie, infatti, il danno patito e dedotto dal ricorrente si manifesta in pregiudizi esistenziali e morali ben individuati e provabili.

A seguito del ritardato pensionamento, infatti, il Sig. ... ha dovuto rinunciare per ben ...anni a coltivare la relazione affettiva con i nipoti, ormai dell'età di ...anni, essendo impossibilitato totalmente a trascorrere del tempo il loro compagnia, portandoli al parco e al cinema.

Allo stesso modo, il ricorrente ha dovuto rinunciare al tempo con la moglie alla quale ha potuto dedicare solo poche ore la sera per ben ..., quindi oltre ... anni in più di quanto avrebbe voluto, nonché rinunciare alla sua passione per i viaggi e per il giardinaggio, per dedicarsi al quale in data ... aveva anche comprato una piccola villetta con giardino, nella speranza di potervisi dedicare durante la pensione.

Il ritardato pensionamento, inoltre, ha ingenerato nell'istante un forte stress, condizione psicologica tipica di chi, ormai affaticato dopo tanti anni di lavoro, è costretto a continuare la propria attività, pur avendo ormai maturato il diritto alla pensione.

Ed infatti, il Sig. ...ha cominciato a soffrire di attacchi di panico e insonnia.

Tali danni, attesa la natura non patrimoniale degli stessi e quindi la difficoltà per l'istante di provarne l'esatto ammontare, sono equitativamente quantificabili nella somma di euro ...

Tanto esposto e considerato il Sig ... come sopra rappresentato e difeso

RICORRE

All' Ill.mo Tribunale di ... [14] , affinché, rigettata ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, previa fissazione dell'udienza [15] per la comparizione delle parti per il libero interrogatorio [16] , procedere nel modo ritenuto opportuno agli atti di istruzione ritenuti indispensabili, Voglia [17] :

accertare che la resistente è responsabile a titolo contrattuale ai sensi dell'art. 2087 c.c. per infortunio sul lavoro subito dal ricorrente, per violazione dell'obbligo di sicurezza, integrativo del contenuto del contratto individuale di lavoro;

Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, accertare la fondatezza della domanda e, per l'effetto, condannare il convenuto a corrispondere all'attore, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, la somma di Euro ..., ovvero la diversa somma che sarà ritenuta di giustizia, da liquidarsi con criterio equitativo [18] e previa disponenda CTU,oltre rivalutazione e interessi.

condannare la resistente al pagamento delle spese di lite [19] , con distrazione a favore del sottoscritto procuratore, che si dichiara antistatario [20] .

In via istruttoria [21]

si chiede di essere ammessi alla prova per testimoni sulle seguenti circostanze [22]

1)Vero è che il Sig. ... durante gli ultimi anni di lavoro ha fatto rientro sistematicamente a casa la sera dopo le ore ...

2)Vero è che è amico di vecchia data del Sig. ... e che, in sua presenza, più volte, quest'ultimo ha affermato di aver intenzione di dedicarsi ai viaggi, ai propri hobby (in particolare al giardinaggio) e alla famiglia una volta collocato a riposo;

3)Vero è che per tale ragione nell'anno ... il Sig. ...aveva acquistato una villetta con giardino e orto;

4)Vero è che dal ______, dopo il rifiuto della ricongiunzione dei contributi precedentemente versati alla Cassa, il Sig. ... era visibilmente turbato e depresso e ... A tal fine si indicano come testimoni i Sig.ri: 1) ..., residente in ...; 2) ..., residente in ... [23]

si chiede disporsi CTU medico - legale sulla persona del ricorrente al fine di accertare ...

Ai sensi e per gli effetti del d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente ricorso è di Euro ... [24] per il quale è previsto il pagamento del contributo unificato pari a Euro ... [25]

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

PROCURA AD LITEM[26]

(se non a margine o su documento informatico separato)

A norma dell'art. 413 c.p.c. “Le controversie previste dall'articolo 409 sono in primo grado di competenza del tribunale in funzione di giudice del lavoro”. La Riforma Cartabia ha inciso anche sul mondo giuslavoristico aprendo la negoziazione assistita alle controversie che coinvolgono i rapporti di lavoro elencati nell'art. 409 c.p.c., vale a dire ad ogni controversia di competenza del giudice del lavoro. Non è una condizione di procedibilità per adire all'autorità giudiziaria, ma un ulteriore strumento deflattivo del contenzioso offerto per tentare di definire bonariamente una lite, la cui regia, per la prima volta, è stata assegnata agli avvocati. La particolarità della negoziazione in materia lavoristica è la facoltà della parte di essere assistita, oltre che da un avvocato, anche da un consulente del lavoro, professionalità essenziale per questa tipologia di controversie, soprattutto quando terreno di scontro sono differenze retributive o aspetti contributivi, previdenziali e/o fiscali. Nel disciplinare la negoziazione assistita in materia lavoristica il legislatore ha voluto espressamente fare salva la possibilità delle parti di conciliare le controversie anche presso le sedi sindacali e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative, ai sensi dell'art. 412-ter c.p.c.: la negoziazione assistita dunque non sostituisce la conciliazione sindacale ma si aggiunge ad essa, offrendo alle parti un'ulteriore modalità per concludere accordi transattivi non impugnabili ai sensi dell'art. 2113 c.c.  E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 264 dell’11 novembre 2024 il D. Lgs. n. 164 del 31 ottobre 2024, contenente disposizioni integrative e correttive al D. Lgs. 149/2022 (Riforma Cartabia), il quale apporta modifiche al Codice civile, al Codice di procedura civile e alle relative disposizioni di attuazione, nonché ad alcune leggi speciali (anche noto come correttivo Cartabia): quanto al rito del lavoro, vengono modificati gli artt. 127-ter e 128 C.p.c., esplicitando la possibilità di sostituire l’udienza di discussione con lo scambio cartolare, salva l’opposizione anche di una sola parte; inoltre, il provvedimento del Giudice depositato il giorno successivo alla scadenza del termine per le note scritte, vale come lettura in udienza

Per quanto riguarda il foro, il secondo comma dell'art. 413 c.p.c., derogando all'art. 18 c.c., dispone che 'competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. Tale competenza permane dopo il trasferimento dell'azienda o la cessazione di essa o della sua dipendenza, purché la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione. Competente per territorio per le controversie previste dal numero 3) dell'articolo 409 è il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell'agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto numero 3) dell'articolo 409. Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto. Nelle controversie nelle quali è parte una Amministrazione dello Stato non si applicano le disposizioni dell'articolo 6 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti, si applicano quelle dell'articolo 18'.

V. nota 1.

Ai sensi dell'art. 414 c.p.c. la domanda si propone con ricorso.

La norma recita: 'si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: 1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all'esercizio di una impresa; 2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie; 3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato; 4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica; 5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreché non siano devoluti dalla legge ad altro giudice'.

L'art. 414 c.p.c. dispone che il ricorso deve contenere, tra le altre indicazioni, il nome, il cognome, nonché la residenza o il domicilio eletto del ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente o convenuto è una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonché la sede del ricorrente o del convenuto.

Se si tratta di persona giuridica occorre indicare il nome del legale rappresentante pro tempore, la sede legale e il codice fiscale e/o il numero di partita IVA.

La procura può essere generale o speciale (art. 83 c.p.c.). Nel caso di procura generale alle liti, redatta per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, dovranno esserne indicati gli estremi. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine del ricorso. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico del ricorso (art. 16-bis comma 1-bis d.l. n. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: 'giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente ricorso ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.'. Solitamente la procura è rilasciata a margine o in calce all'atto di citazione. Se è conferita con atto notarile, il medesimo va allegato all'atto. L'art. 125, comma 2 prevede la possibilità che la procura al difensore dell'attore sia rilasciata in data posteriore alla notificazione, purché prima della costituzione in giudizio.

L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c.

L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c.

A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore, è sufficiente l'indicazione del numero di fax, poiché l'indirizzo PEC è un dato ormai acquisito nei rapporti con la cancelleria: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dalla l. n. 114/2014.

Ai sensi dell'artt. 125 c.p.c. il ricorso deve contenere, inter alia, le ragioni della domanda, cioè l'esposizione analitica dei fatti posti a fondamento della stessa.

Ai sensi dell'art. 125 c.p.c. il ricorso deve contenere l'indicazione del tipo di provvedimento richiesto (petitum) nonché l'esposizione dei fatti costitutivi del diritto fatto valere con il ricorso (causa petendi). La domanda deve contenere, altresì, l'indicazione delle condizioni dell'azione cautelare (fumus boni iuris e periculum in mora), degli elementi che consentano di individuare la futura (eventuale) domanda di merito (strumentalità).

Vedi n. 1.

Il giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto, l'udienza di discussione, alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente (art. 415 c.p.c.).

Nell'udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti (1) e tenta la conciliazione della lite. La mancata comparizione personale delle parti, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione (art. 420 c.p.c.).

Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura del dispositivo. Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima, se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell'udienza, per la loro immediata assunzione. Qualora ciò non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima concedendo alle parti ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell'udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive (art. 420, comma 4 c.p.c.).

L'art. 432 c.pc. dispone che 'quando sia certo il diritto ma non sia possibile determinare la somma dovuta, il giudice la liquida con valutazione equitativa'.

La disciplina delle spese di giudizio segue quella ordinaria prevista dall'art. 91 c.p.c., secondo cui vanno poste a carico della parte soccombente e a favore della parte vittoriosa.

Ex art. 93 c.p.c.

Indicazione dei mezzi istruttori di cui ci si intende avvalere.

Formulare i capi di prova preceduti dalla locuzione 'Vero che ...'.

Le parti possono, se ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate, previa autorizzazione del giudice (art. 420 c.pc.).

Determinabile in base agli artt. 10 ss. c.p.c.

Determinabile in base al d.P.R. n. 115/2002 e successive modificazioni. La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 secondo cui «il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito». Orbene, l'art. 13, comma 6 del medesimo decreto prevede la conseguenza dell'omissione della predetta dichiarazione di valore affermando che «se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)»; pertanto, si presume che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento di un contributo unificato più elevato. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata. Ai sensi del citato art. 13, comma 3-bis: «ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale ... il contributo unificato è aumentato della metà».

La procura può essere generale o speciale (art. 83 c.p.c.). Nel caso di procura generale alle liti, redatta per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, dovranno esserne indicati gli estremi. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine del ricorso. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico del ricorso (art. 16-bis comma 1-bis d.l. n. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: «giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente ricorso ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.».

Commento

Il danno da ritardato pensionamento

La nuova lettura, costituzionalmente orientata, dell'art. 2059 c.c. e l'inquadramento in tale ambito dei danni alla persona ontologicamente insuscettibili di valutazione economica, frutto di una tendenza giurisprudenziale iniziata con le note sentenze della Suprema Corte del 31 maggio 2003 (nn. 8827 e 8828) e approdata successivamente alle note pronunce di San Martino (nn. 26972, 26973, etc. dell'11 novembre 2008), ha svincolato la risarcibilità del danno non patrimoniali dalla concreta esistenza di un reato, contribuendo significativamente alla sistemazione concettuale della tutela del valore - persona rispetto all'illecito civile.

Mosse dal meritorio intento di scongiurare il rischio di duplicazioni risarcitorie e di arginare la tendenza, propria del giudici non professionali, ad elevare a pregiudizi risarcibili anche generici disagi, fastidi, disappunti derivanti dalla lesione di interessi affatto fondamentali della persona, le Sezioni unite hanno affermato che il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata "danno esistenziale", perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell'atipicità, sia pure attraverso l'individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario ne' è necessitata dall'interpretazione costituzionale dell'art. 2059 c.c., che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione (principi già enunciati dalle sentenze: Cass. n. 15022/2005, Cass. n. 11761/2006, Cass. n. 23918/2006; Possono costituire solo "voci" del danno biologico nel suo aspetto dinamico, nel quale, per consolidata opinione, è ormai assorbito il c.d. danno alla vita di relazione, i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a lesioni dell'integrità psicofisica, sicché darebbe luogo a duplicazione la loro distinta riparazione).

Ne discende che il danno esistenziale, quale pregiudizio, di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, lungi dal costituire una voce autonoma di danno, in ipotesi concorrente con il danno biologico in presenza di una lesione dell'integrità psico - fisica dell'individuo, può soltanto continuare a descrivere una possibile voce, una possibile manifestazione dell'unitario danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di diritti della fondamentali della persona, dotati di copertura costituzionale.

Proprio alla luce dei riferiti approdi della giurisprudenza di legittimità in punto di ricostruzione del danno non patrimoniale, la Suprema Corte (Cass. sez. lav., n. 3023/2010) ha ritenuto risarcibile, quale danno esistenziale, il pregiudizio derivante, al lavoratore, dall'illegittimo disconoscimento del diritto di riscatto e ricongiunzione previdenziale, con conseguente necessità di protrazione dell'attività lavorativa e connessa compromissione delle sue scelte di vita.

Condividendo la decisione della corte territoriale, che aveva individuato il pregiudizio sofferto dal lavoratore in quella somma di ripercussioni di segno negativo conseguenti alla condotta posta in essere dall'ente previdenziale, risultata lesiva di specifici interessi costituzionalmente protetto, tra cui quello di realizzare liberamente la propria opzione di vita, la Suprema corte ha affermato che la tutela dei diritti di libertà costituisce il fondamento e la base primaria della nostra Carta costituzionale che dedica agli stessi la parte iniziale recante appunto l'intestazione "diritti fondamentali' e che il diniego, riconosciuto in sede giudiziale non giustificato, frapposto dalla Cassa alla legittima richiesta (di riscatto e ricongiunzione previdenziale) dell'assicurato, costituisce una forma di imperizia, e quindi di colpa, generatrice di responsabilità sotto il profilo civilistico.

In precedenza analoga posizione era stata assunta dal Consiglio di Stato (Cons. St. VI, n. 125/2006) che, accertata la responsabilità dell'amministrazione che, pur avendone l'obbligo, non aveva tempestivamente provveduto sulla domanda di collocamento in quiescenza del dipendente, aveva statuito che la forzata prosecuzione dell'attività lavorativa, ostacolando le attività realizzatrici della persona libera dall'impegno e dal logorio dell'occupazione lavorativa, fosse fonte di danno esistenziale e che la prova di tale pregiudizio potesse essere raggiunta anche in via presuntiva, sulla scorta di valutazioni prognostiche basate anche su fatti notori e di comune esperienza.

Tuttavia, in considerazione della distinzione, costantemente affermata dalla giurisprudenza dell'ultimo decennio, tra danno - evento e danno - conseguenza, e della lettura dell'art. 2059 c.c. che nega ogni automatismo risarcitorio pur in presenza dell'offesa a diritti immateriali della persona costituzionalmente protetti (v. Cass. III, n. 20643/2016; Cass. III, n. 29832/2008; Cass. III, n. 10864/2009), occorre che, da parte del ricorrente, siano precisamente individuati i pregiudizi determinati dall'ingiusta lesione del diritto all'autodeterminazione in ambito lavorativo, deducendo e provando in qual modo il ritardato ottenimento della pensione abbia comportato una vita diversa da quella voluta e altrimenti realizzabile.

A differenza dei danni patrimoniali, che in ogni caso rivelano un'attitudine a intaccare il patrimonio − i danni non patrimoniali non sono sempre suscettibili di riflettersi negativamente sul valore-uomo. Vi sono, infatti, disagi emotivi e compromissioni dell'agire che, in virtù del loro carattere minimale o idiosincratico, non sono tali da poter condizionare concretamente l'essere persona di chi li subisca. Pregiudizi di questo tipo si collocano sotto la soglia della rilevanza giuridica, in applicazione del criterio di tolleranza, indicato dalle pronunce di san Martino quale criterio selettivo dei pregiudizi realmente meritevoli di ristoro.

Il mero ritardo nel pensionamento non fa, allora, di per sé presumere una modifica peggiorativa della qualità di vita dell'interessato, onde è onere del danneggiato dedurre e provare l'incidenza del ritardo in senso peggiorativo di situazioni personali, familiari e sociali, nonché la perdita, l'impossibilità o comunque la maggiore difficoltà di godere di tali situazione a causa dell'evento lesivo de quo ( vds. Trib. Ascoli Piceno, 4 dicembre 2007).

Danno da anticipato pensionamento derivante da informazioni inesatte sulla posizione contributiva

Una fattispecie frequentemente sottoposta all'attenzione della giurisprudenza è quella avente ad oggetto il risarcimento del danno discendente da errate comunicazioni dell'ente previdenziale. L'evento lesivo consiste nell'anticipata cessazione del rapporto di lavoro decisa dal lavoratore a seguito della comunicazione proveniente dall'ente previdenziale, attestante l'accreditamento di un numero di contributi sufficiente per il conseguimento del trattamento pensionistico. Il lavoratore, infatti, in ragione dell'affidamento riposto sull'esattezza dei dati forniti dall'ente istituzionalmente deputato a certificare la posizione assicurativa, è indotto a presentare le dimissioni o comunque a risolvere il rapporto o ad interrompere il versamento di contributi volontari.

E' principio ormai consolidato in giurisprudenza che il danno subito dall'interessato per la conseguente interruzione del versamento dei contributi e per il rigetto della domanda di prepensionamento dallo stesso inoltrata nel convincimento, indotto dall'erronea indicazione dell'Istituto, di aver raggiunto il numero di contributi sufficiente per la maturazione del relativo diritto, è riconducibile non già ad un illecito extracontrattuale, in base al quale incombe sul danneggiato l'onere di provare la colpa o il dolo dell'autore dell'illecito, bensì ad un illecito contrattuale, ricollegabile all'inadempimento del generale obbligo dell'ente previdenziale, ex art. 54 della legge n. 88 del 1989, di informare l'assicurato sulla sua posizione assicurativa e pensionistica, qualora lo stesso ne faccia richiesta. Alla responsabilità derivante da tale inadempimento l'Istituto può sottrarsi solo fornendo la dimostrazione che l'erronea informazione sia dipesa da un fatto ad esso non imputabile (Cass. sez. lav., n. 7859/2004; Cass. sez. lav., n. 6995/2001).

L'ente previdenziale ha l'obbligo non solo di fornire dati esatti ma anche di comunicare le informazioni in modo chiaramente comprensibile. E dunque la responsabilità dell'ente previdenziale si configura anche quando la scelta dell'assicurato di interrompere anticipatamente il rapporto di lavoro sia stata indotta da una comunicazione non chiara ancorché contenente dati esatti.

Sul lavoratore grava invece l'onere di provare il nesso di causalità tra la comunicazione INPS e l'evento dannoso (Cass. sez. lav., n. 6865/2001), accertamento questo che può risultare problematico nel caso in cui sia decorso un apprezzabile lasso di tempo tra la comunicazione dell'ente previdenziale e la cessazione del rapporto di lavoro, ovvero nel caso in cui i dati inesatti siano contenuti in atti doversi dalla comunicazione prevista dall'art. 54 l. n. 88/1989, non aventi una specifica finalità certificativa.

A tale ultimo riguardo, la Suprema Corte (Cass. sez. lav., n. 19340/2003; vds. tuttavia, Cass. sez. lav., n. 7683/2010) nega la sussistenza di un principio di tassatività degli atti affidanti, ritenendo che la situazione contributiva da certificare e l'affidamento riposto dal lavoratore nelle informazioni ricevute dall'ente previdenziale non mutino nel caso in cui la certificazione venga rilasciata a seguito di specifica richiesta ex art. 54 legge n. 88/1989, ovvero sia contenuta in altro provvedimento (ad es. di rigetto di una precedente domanda di pensione avanzata dallo stesso lavoratore). Il principio di buon andamento, di cui all'art. 97 Cost. comma 1, impone, infatti, la veridicità degli atti e dei provvedimenti delle p.a., i quali giammai possono essere considerati come asserzioni su cui la prudenza richieda di non fare affidamento. E' possibile che alla produzione del danno concorra il fatto colposo dell'amministrato creditore, il quale ad esempio non approfondisca il contenuto di una comunicazione non chiara o verosimilmente incompleta, ma tale eventualità va accertata nel processo di merito e non basta ad escludere in radice la responsabilità della P.A. (Cass. n. 23050/2017). 

L'assicurato ha, infatti, l'obbligo di intervenire per interrompere il processo che determina l'evento produttivo del danno quando l'erroneità dei dati forniti dall'Istituto sia riscontrabile sulla base dell'ordinaria diligenza, esercitabile nell'ambito dei dati che rientrano nell'ambito della sua sfera di conoscibilità. Pertanto, qualora egli non si attivi in tal senso e rassegni comunque le proprie dimissioni presentando domanda di pensione malgrado l'evidente erroneità dei dati contributivi a lui comunicati, concorre al verificarsi dell'evento dannoso ai sensi dell'art. 1227 comma 1 c.c. L'ente previdenziale non resta quindi esentato da responsabilità, ma può vedersi ridotta la misura dell'obbligazione risarcitoria in proporzione al grado della propria colpa, concorrente con quella del lavoratore assicurato (Cass. sez. lav. 23114/2019).

Quanto alla determinazione del danno risarcibile in simili situazioni, la tesi prevalente lo commisura alle retribuzioni perdute tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e quella dell'effettivo conseguimento della pensione, in forza del completamento del periodo di contribuzione a tal fine necessario, ottenuto con il versamento di contributi volontari, da sommarsi a quelli obbligatori anteriormente accreditati (Cass. sez. lav., n. 19340/2003; Cass. sez. lav., n. 1104/2003).

La controversia risarcitoria, avente ad oggetto la natura contrattuale della responsabilità dell'ente, ha natura previdenziale, rientra tra le controversie riguardanti le assicurazioni sociali che l'art. 442 c.p.c. attribuisce alla competenza per materia del giudice del lavoro ed è soggetta al rito speciale.

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