Ricorso ex art. 414 c.p.c. per risarcimento danni ai medici specializzandi per mancato/tardivo recepimento direttiva comunitaria

Emanuela Musi
aggiornata da Fernanda Annunziata

Inquadramento

L'atto attiene ad un ricorso proposto da medici specializzandi in medicina e chirurgia che hanno frequentato i relativi corsi di specializzazione, senza percepire alcun emolumento, onde ottenere il risarcimento dei danni subiti per effetto della mancata, tardiva e incompleta attuazione da parte dello Stato delle direttive comunitarie che prevedevano un adeguato compenso per essi medici specializzandi.

Formula

TRIBUNALE DI ....

SEZIONE LAVORO

RICORSO EX ART. 414 C.P.C.

PER

i Sigg.ri ...., nata a ...., il ...., C.F. ...., residente in ...., via ...., il Sig., nato a ...., il ...., C.F. ...., residente in ...., via ...., il Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., residente in ...., via ...., rappresentati e difesi, come da procura in calce (oppure, a margine) del presente atto, dall'Avv. ...., C.F. ...., presso il cui studio elettivamente domiciliano in .... Si dichiara di volere ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax n ...., ovvero all'indirizzo PEC ....

CONTRO

il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica, in persona del Ministro p.t., C.F. ...., con sede legale in ...., via ...., domiciliato ex lege presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di .... in ...., via ....,

PREMESSO CHE

— i ricorrenti sono specializzandi in medicina e chirurgia iscritti agli anni accademici tra il .... ed il all'Università di .... (documento 1);

— gli stessi hanno frequentato la detta scuola di specializzazione senza percepire per tutto il detto periodo alcun compenso;

— con la direttiva n. ...., l'Unione europea riconosceva finalmente un adeguato compenso in favore dei medici specializzandi;

— lo Stato italiano solo con il d.P.C.M. 7 marzo, 6 luglio e 2 novembre 2007, in applicazione della detta disciplina comunitaria, prevedeva uno specifico trattamento retributivo gli specializzandi;

— l'estremo ritardo con cui lo Stato italiano ha trasposto nel nostro ordinamento la normativa europea, che, come detto, riconosceva una giusta remunerazione a favore dei medici specializzandi, ha determinato un grave danno economico in capo ai ricorrenti consistente nella mancata remunerazione del lavoro svolto nel corso degli anni da .... a ....e nella conseguente perdita di chances;

— lo Stato inadempiente è tenuto a risarcire i danni causati ai singoli dalla mancata/ritardata attuazione allorquando - come nel caso in esame - la direttiva violata, anche se non self executing, attribuisca diritti a favore dei singoli, il contenuto di tali diritti possa essere facilmente individuato ed esista un nesso di causalità diretta tra la violazione dell'obbligo a carico dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi;

— legittimato passivo, relativamente alla richiesta risarcitoria in tale sede formulata, deve ritenersi lo Stato e, per esso, il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica, poiché l'unico soggetto inadempiente nei confronti della Direttiva Europea.

Tanto premesso, i ricorrenti, come sopra rapp.ti, difesi e dom.ti,

RICORRONO

perché l'Ecc.mo Tribunale adito, fissata l'udienza di discussione del ricorso ed espletato ogni altro incombente di rito, voglia così provvedere:

— accertare e dichiarare la responsabilità dello Stato italiano nella mancata/ritardata applicazione della direttiva europea n. ...., e per l'effetto condannare la convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali conseguenti e consistenti nella mancata remunerazione del lavoro svolto nel corso degli anni da .... a .... e nella perdita di chance, quantificabili complessivamente in euro ...., ovvero nella somma diversa, minore o maggiore, ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione monetaria ed interessi nella misura di legge sulla somma rivalutata.

Con vittoria di spese ed onorari ed attribuzione in favore del procuratore antistatario.

In via istruttoria (indicazione dei mezzi istruttori di cui si intende valere): (ESEMPIO)

Si chiede, che venga disposta apposita C.T.U. (consulenza tecnica d'ufficio) al fine di accertare e quantificare le voci di danno lamentate.

Si chiede, inoltre, di essere ammesso alle prove per testimoni sulle circostanze indicate (in premessa/in punto di fatto) ovvero sulle seguenti circostanze (formulare i capi di prova preceduti dalla locuzione “Vero che .... ”) .... A tal fine si indicano come testimoni i Sigg.ri: 1) ...., residente in .... ; 2) ...., residente in ....

Si deposita copia dei seguenti documenti, con riserva di ulteriori produzioni ed articolazioni di richieste istruttorie: 1) .... ; 2) ....; 3) ....

Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e successive modificazioni, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro .... e, pertanto, all'atto di iscrizione a ruolo della causa, viene versato un contributo unificato pari ad Euro ....

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA

Commento

Nozione. Fondamento

La responsabilità dello Stato Italiano per mancata, tardiva e/o inesatta attuazione delle direttive comunitarie che prevedevano un adeguato compenso per i medici specializzandi attiene a quelle conseguenze di natura economica, subite dai professionisti specializzandi, per effetto di una condotta omissiva dello Stato-Legislatore, nell'ambito del proprio obbligo di dare piena e diretta attuazione al diritto comunitario.

Tale tipologia di responsabilità rappresenta una specie della generale responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario e, in particolare, di quella dello Stato, in qualità di Legislatore, per danni da mancato e/o inesatto recepimento di direttive comunitarie.

Questa particolare responsabilità dello Stato è stata, per la prima volta, riconosciuta con la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 19 novembre 1991, pronunciata a definizione del celebre caso Francovich, per mancato recepimento della direttiva 80/97/CEE, che imponeva agli Stati membri la predisposizione di un meccanismo di tutela volto a garantire la liquidazione dei salari dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro.

Con tale pronunciamento la Corte di Giustizia, nel tratteggiare la responsabilità dello Stato per i danni subiti dai lavoratori messi nell'impossibilità, a seguito dell'inottemperanza del Legislatore nazionale, di far valere i diritti loro attribuiti, delineò, altresì, le condizioni per il sorgere della stessa per omessa, ritardata e/o incompleta attuazione di una direttiva comunitaria. Segnatamente: 1) la norma comunitaria violata deve attribuire in modo sufficientemente chiaro e preciso diritti a favore dei singoli; 2) il contenuto di tali diritti deve essere individuato sulla base delle disposizioni di tale norma; 3) deve sussistere un nesso di causalità diretto tra la violazione dell'obbligo che incombe allo Stato e il danno subìto da parte del singolo.

In proposito, a livello di ordinamento interno, quanto alla natura della responsabilità in oggetto, la giurisprudenza di legittimità ne evidenziò la natura risarcitoria ed extracontrattuale, in quanto responsabilità per danni ascrivibile al Legislatore per le sue omissioni (Cass. sez. lav., n. 10617/1995).

Tuttavia, con più specifico riferimento alla responsabilità dello Stato per i danni cagionati ai medici specializzandi per effetto di tardiva ed incompleta trasposizione delle direttive comunitarie a loro relative, la giurisprudenza ne ha affermato la natura contrattuale, ovvero derivante dalla violazione di un'obbligazione nascente ex lege.

Al tal riguardo, infatti, è stato concordemente affermato come la violazione perpetrata dallo Stato italiano, che ha trasposto, tardivamente e in modo errato e incompleto, a livello nazionale le direttive comunitarie n. 75/362/CEE del 16 giugno 1975 (direttiva “Riconoscimento”) e n. 75/363/CEE del 16 giugno 1975 (direttiva “Coordinamento”), modificate dalla direttiva n. 82/76/CEE del 26 gennaio 1982 e raccolte nella direttiva 16/93/CEE del 5 aprile 1993, relative al riconoscimento ai medici specializzandi laureati in Medicina e Chirurgia di un'adeguata remunerazione, sufficientemente precise e circostanziate, dà luogo ad un illecito da inadempimento di un'obbligazione preesistente ex lege dello Stato di natura indennitaria, per attività non antigiuridica nei confronti di quei medici che siano stati ammessi alle scuole di specializzazione nel territorio italiano negli anni 1983-1991 (Cass. VI, n. 21074/2012 e Cass. VI, n. 1064/2014).

Il fondamento della menzionata obbligazione risarcitoria va ravvisato nell'art. 11, Cost. e nell'adesione dell'Italia all'ordinamento dell'Unione Europea, e la stessa responsabilità va ricondotta nell'area della responsabilità contrattuale (Cass. S.U. n. 9147/2009).

La diversa configurazione della responsabilità per danni cagionati dal mancato, tardivo e/o inesatto recepimento delle direttive comunitarie - cioè in termini di responsabilità extracontrattuale per fatto illecito omissivo dello Stato-legislatore, ovvero quale responsabilità contrattuale per violazione di un'obbligazione traente fonte dalla legge - spiega indubbia rilevanza in tema di diverso regime del termine di prescrizione del relativo diritto al risarcimento, nonché sull'onere probatorio degli elementi costitutivi di tale pretesa.

I presupposti della responsabilità e del connesso diritto al risarcimento danni. In particolare, l'inclusione degli specializzandi nelle categorie indicate dalle direttive

Con riguardo ai presupposti del diritto al risarcimento danni derivante dal mancato, tardivo e/o inesatto recepimento della Direttiva 82/76/CEE (riassuntiva delle Direttive 75/362/CEE e 75/363/CEE), si rileva in primo luogo che lo stesso spetta, con tutta evidenza, esclusivamente ai soggetti contemplati dal menzionato provvedimento comunitario.

Invero, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che il diritto in questione può essere riconosciuto soltanto ai medici che abbiano frequentato un corso menzionato dagli artt. 5 e 7 della direttiva 75/362/CEE, avente durata minima non inferiore a quella indicata dagli artt. 4 e 5 della direttiva 75/363/CEE. Nel caso di specializzazioni non ricomprese - al tempo della loro frequenza - negli elenchi allegati alle direttive, la domanda di indennizzo va rigettata, anche in assenza di contestazione, attenendo la mancata inclusione negli elenchi alla qualificazione giuridica dei fatti allegati e non alla loro esistenza (Cass. sez. lav., n. 8764/2013).

Infatti, l'inclusione della specializzazione negli elenchi in oggetto integra un fatto costitutivo della pretesa risarcitoria e, in quanto tale, è anche rilevabile di ufficio. Inoltre, l'elencazione in oggetto ha carattere tassativo, con conseguente esclusione del ricorso all'applicazione estensiva o analogica (Cass. sez. lav. n. 8764/2013).

Segue. Il dibattito sul periodo temporale di frequenza del corso di specializzazione ai fini risarcitori

Sempre in riferimento ai presupposti per l'insorgenza del diritto in oggetto, un acceso dibattito giurisprudenziale è sorto con riguardo all'applicazione temporale della Direttiva 82/76/CEE e, in particolare, al conseguente diritto dei medici specializzandi ad ottenere il risarcimento danni per effetto della tardiva ed inesatta trasposizione della medesima, anche per il periodo anteriore al 31 dicembre 1982 (termine assegnato agli Stati Membri dall'art. 16 della citata Direttiva per conformarsi agli obblighi imposti dalla medesima).

In sostanza, si è discusso, nella giurisprudenza di legittimità, sulla possibilità, o meno, di riconoscere anche ai medici iscritti a corsi di specializzazione anteriormente al 31 dicembre 1982 (corsi conclusi dopo tale data), il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della Direttiva comunitaria n. 82/76/CEE.

In argomento, un primo orientamento ha sposato la soluzione positiva, affermando che “... il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 76/363/CEE, sorto, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia (sentenze 25 febbraio 1999 in C-131/97 e 3 ottobre 2000 in C-371/97), in favore dei soggetti che avevano seguito corsi di specializzazione medica negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, spetta anche ai medici specializzandi che avevano già iniziato il corso di specializzazione prima del 31 dicembre 1982, attesa l'assenza, nelle citate direttive, di una limitazione della platea dei beneficiari del diritto alla retribuzione ai soli medici iscritti ai corsi di specializzazione a partire dall'1 gennaio 1983, e, comunque, dovendosi ritenere una diversa interpretazione in contrasto con il criterio - funzionale al ristoro di tutti i danneggiati per il ritardo del legislatore - dell'applicazione cd. retroattiva e completa delle misure di attuazione della norma comunitaria” (Cass. sez. lav., n. 10612/2015).

In senso contrario, è stato sostenuto che “... il diritto al risarcimento in favore dei medici specializzandi per inadempimento della direttiva 26 gennaio 1982, n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive 16 giugno 1975, n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, non spetta a coloro che abbiano iniziato i corsi anteriormente al 1° gennaio 1983, sebbene successivamente proseguiti, perché il definitivo inadempimento statuale all'obbligo di adeguamento della normativa interna dei corsi di specializzazione medica alle direttive comunitarie è maturato il 31 dicembre 1982; né il diritto può valere per gli anni successivi a tale data, perché il corso va valutato nella sua unitarietà e, al momento del suo inizio, lo specializzando non aveva ancora alcun concreto diritto alla remunerazione. Ne consegue che il diversificato trattamento degli specializzandi in ragione dell'anno di iscrizione al corso risponde alla necessità della considerazione unitaria dello stesso (oltre che ad esigenze di finanza pubblica), sicché la relativa previsione, concretizzando un “acte claire”, esclude l'obbligo di rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di Giustizia dell'U.E.” (Cass. VI, n. 14375/2015).

Atteso tale contrasto su una questione di siffatta rilevanza, la stessa è stata sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali, con ordinanza interlocutoria n. 23581 del 21 novembre 2016, hanno ritenuto necessario effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, affinché fornisca un'interpretazione chiarificatrice delle Direttive in commento.

Nel dettaglio, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno rimesso alla Corte di Giustizia UE le seguenti questioni:

a) se la direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, debba essere interpretata nel senso che rientrino nel suo ambito di applicazione anche le formazioni di medici specialisti, a tempo pieno o ridotto, già in corso e proseguite oltre il 31.12.1982, termine fissato agli Stati Membri per conformarsi ai menzionati provvedimenti comunitari.

In caso di risposta affermativa:

b) se l'allegato, aggiunto alla direttiva n. 75/363/CEE dall'art. 13 della direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, debba essere interpretato nel senso che per i corsi di formazione specialistica già iniziati alla data del 31 dicembre 1982 l'insorgenza dell'obbligo di remunerazione adeguata per i medici specializzandi dipenda dall'assolvimento dell'obbligo di riorganizzazione o comunque di verifica di compatibilità con le prescrizioni delle predette direttive;

c) se, in favore dei medici che abbiano conseguito specializzazioni frequentando corsi di formazione che avevano già avuto inizio, ma non erano ancora conclusi all'1 gennaio 983, sia insorto, o meno, l'obbligo di adeguata remunerazione per l'intera durata del corso o per il solo periodo di tempo successivo al 31 dicembre 1982, ed a quali eventuali condizioni.

La Corte UE con sentenza del 24 gennaio 2018 hanno affermato che: “l'articolo 2, paragrafo 1, lettera c), l'articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l'allegato della direttiva 75/363/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di medico, come modificata dalla direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982, devono essere interpretati nel senso che qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista iniziata nel corso dell'anno 1982 e proseguita fino all'anno 1990 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata, ai sensi dell'allegato suddetto, a condizione che tale formazione riguardi una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri ovvero a due o più di essi e menzionata negli articoli 5 o 7 della direttiva 75/362/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. 2) L'articolo 2, paragrafo 1, lettera c), l'articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l'allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, devono essere interpretati nel senso che l'esistenza dell'obbligo, per uno Stato membro, di prevedere una remunerazione adeguata, ai sensi dell'allegato suddetto, per qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista iniziata nel corso dell'anno 1982 e proseguita fino all'anno 1990 non dipende dall'adozione, da parte di tale Stato, di misure di trasposizione della direttiva 82/76. Il giudice nazionale è tenuto, quando applica disposizioni di diritto nazionale, precedenti o successive ad una direttiva, ad interpretarle, quanto più possibile, alla luce del tenore letterale e della finalità di queste direttive. Nel caso in cui, a motivo dell'assenza di misure nazionali di trasposizione della direttiva 82/76, il risultato prescritto da quest'ultima non possa essere raggiunto per via interpretativa prendendo in considerazione il diritto interno nella sua globalità e applicando i metodi di interpretazione da questo riconosciuti, il diritto dell'Unione impone allo Stato membro in questione di risarcire i danni che esso abbia causato ai singoli in ragione della mancata trasposizione della direttiva sopra citata. Spetta al giudice del rinvio verificare se l'insieme delle condizioni enunciate in proposito dalla giurisprudenza della Corte sia soddisfatto affinché, in forza del diritto dell'Unione, sorga la responsabilità di tale Stato membro. 3) L'articolo 2, paragrafo 1, lettera c), l'articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l'allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, devono essere interpretati nel senso che una remunerazione adeguata, ai sensi dell'allegato suddetto, per la formazione a tempo pieno e a tempo ridotto dei medici specialisti iniziata nel corso dell'anno 1982 e proseguita fino all'anno 1990 deve essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 1º gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa”

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione,  a seguito della sentenza della Corte Europea hanno affermato che il diritto al risarcimento del danno per mancata attuazione della direttiva comunitaria, in caso di corsi di specializzazione iniziati prima del 1° gennaio 1983, compete anche per l'anno accademico 1982-1983, limitatamente alla frazione temporale successiva al 1° gennaio 1983, e fino al termine della formazione (Cass. S.U., n. 19107/2018).

La questione , tutt'altro che sopita o definitivamente composta , viene nuovamente attenzionata dalla CGUE . C on pronuncia del 3 marzo 2022, in C-590/2020, intervenuta a valle dell'ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione n. 23901/2020, chiarisce che: 1.  la formazione medico specialistica, a tempo pieno o ridotto, iniziata prima del 29 gennaio 1982 (con iscrizione al corso prima di tale data) e proseguita oltre, deve ricevere una remunerazione adeguata;  2. la remunerazione deve essere corrisposta solo a decorrere dal 1^ gennaio 1983, tempo di scadenza dell'obbligo di adeguamento; 3. il principio attiene unicamente alle specializzazioni mediche comuni a tutti gli Stati membri, oppure a due o più, e menzionate agli artt. 5 o 7 della dir.75/362/CEE”. Nel percorso motivazionale antistante alla cennata decisione, la CGUE ricorre ad un principio consolidato in giurisprudenza , sulla scorta del quale l'applicazione di una determinata norma è successiva e conseguente all'entrata in vigore dell'atto che la introduce, con un a duplice conseguenza : l'inapplicabilità alle situazioni giuridiche sorte prima della sua entrata in vigore e definitivamente acquisite; l'applicabilità alle situazioni giuridiche nuove , nonché a quelle sorte prima della sua entrata in vigore , ma ancora non definitivamente acquisite. Ebbene, nel caso dei medici specializzandi e dell'ammissione alla scuola di specializzazione prima della data di entrata in vigore della direttiva 82/76 , mancando di efficacia retroattiva la normativa in esame , tali situazioni devono ritenersi escluse dall'ambito di applicazione –  ratione temporis  – della direttiva comunitaria. Dunque, solo a far data dal 1° gennaio 1983 (scadenza del termine di attuazione della direttiva a livello nazionale) tale direttiva ha fatto entrare nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione gli effetti di un'iscrizione effettuata prima dell'entrata in vigore della direttiva in parola .

Adeguandosi alla decisione così confezionata dalla Corte di Lussemburgo, con la pronuncia n. 20278/2022, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno deciso la questione relativa al diritto al compenso e, de relato , al risarcimento del danno da mancato recepimento d elle direttive comunitarie per i medici specializzandi , iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici antece denti al 1982-1983, enunciando il seguente principio di diritto, così massimato: “ i l diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/Cee, riassuntiva delle direttive n. 75/362/Cee e n. 75/363/Cee, spetta anche in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici anteriori al 1982-1983, ma solo a partire dal primo gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, sempre che si tratti di una sp ecializzazione medica comune a tutti gli Stati membri, oppure a due o più, come menzionate agli artt. 5 e 7 della direttiva 75/362/Cee.

La questione, tutt'altro che sopita o definitivamente composta, viene nuovamente attenzionata dalla CGUE. Con pronuncia del 3 marzo 2022, in C-590/2020, intervenuta a valle dell'ordinanza intelocutoria della Corte di Cassazione n. 23901/2020, chiarisce che: 1.  la formazione medico specialistica, a tempo pieno o ridotto, iniziata prima del 29 gennaio 1982 (con iscrizione al corso prima di tale data) e proseguita oltre, deve ricevere una remunerazione adeguata;2. la remunerazione deve essere corrisposta solo a decorrere dal 1^ gennaio 1983, tempo di scadenza dell'obbligo di adeguamento; 3. il principio attiene unicamente alle specializzazioni mediche comuni a tutti gli Stati membri, oppure a due o più, e menzionate agli artt. 5 o 7 della dir.75/362/CEE” . Nel percorso motivazionale antistante alla cennata decisione, la Cgue ricorre ad un principio consolidato in giurisprudenza, sulla scorta del quale l'applicazione di una determinata norma è successiva e conseguente all'entrata in vigore dell'atto che la introduce, con una duplice conseguenza: l'inapplicabilità alle situazioni giuridiche sorte prima della sua entrata in vigore e definitivamente acquisite; l'applicabilità alle situazioni giuridiche nuove, nonché a quelle sorte prima della sua entrata in vigore, ma ancora non definitivamente acquisite. Ebbene, nel caso dei medici specializzandi e dell'ammissione alla scuola di specializzazione prima della data di entrata in vigore della direttiva 82/76, mancando di efficacia retroattiva la normativa in esame, tali situazioni devono ritenersi escluse dall'ambito di applicazione – ratione temporis – della direttiva comunitaria. Dunque, solo a far data dal 1° gennaio 1983 (scadenza del termine di attuazione della direttiva a livello nazionale) tale direttiva ha fatto entrare nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione gli effetti di un'iscrizione effettuata prima dell'entrata in vigore della direttiva in parola.

Adeguandosi alla decisione così confezionata dalla Corte di Lussemburgo, con la pronuncia n. 20278/2022, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno deciso la questione relativa al diritto al compenso e, de relato, al risarcimento del danno da mancato recepimento delle direttive comunitarie per i medici specializzandi, iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici antecedenti al 1982-1983, enunciando il seguente principio di diritto, così massimato: “ il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/Cee, riassuntiva delle direttive n. 75/362/Cee e n. 75/363/Cee, spetta anche in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici anteriori al 1982-1983, ma solo a partire dal primo gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, sempre che si tratti di una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri, oppure a due o più, come menzionate agli artt. 5 e 7 della direttiva 75/362/Cee.” Si conforma a tale orientamento, da ultimo, Cass. III, n.12677/2023.

Le voci di danno ed i criteri di quantificazione

Con riguardo alle tipologie di danno invocabili dai medici lesi dall'attività dello Stato violativa del diritto comunitario in questione vengono in rilevo pregiudizi di natura economica.

In argomento, poiché lo Stato Italiano, come sopra ribadito, ha recepito con ritardo le Direttive comunitarie in questione, non avendo rispettato il termine all'uopo prescritto, nonché avendole attuate in maniera incompleta, riconoscendo il diritto a percepire la remunerazione prevista dal d.lgs. n. 257/1991 solo a coloro che hanno frequentato le scuole di specializzazione mediche a decorrere dall'anno accademico 1991-1992, ha cagionato un danno ai soggetti la cui frequenza risalga agli anni antecedenti o a cavallo dell'entrata in vigore della normativa nazionale di recepimento (Cass. VI, n. 1064/2014; Cass. VI, n. 21074/2012; Cass. III, n. 17868/2011).

Le direttive in esame, infatti, non sono autoesecutive e la tardiva o inadeguata adozione della legislazione nazionale di dettaglio fa sorgere esclusivamente il diritto degli interessati al risarcimento dei danni; tali pregiudizi vanno individuati sia in quelli connessi alla mancata percezione della remunerazione adeguata, sia di quelli conseguenti all'inidoneità del diploma di specializzazione al riconoscimento negli altri Stati membri e al suo minor valore sul piano interno ai fini dei concorsi per l'accesso ai profili professionali (Cass. VI, n. 832/2015; Cass. VI, n. 6473/2015).

La liquidazione del danno patito dai medici specializzandi deve avvenire sul piano equitativo, dovendo utilizzarsi come parametro di riferimento le indicazioni contenute nella l. 19 ottobre 1999, n. 370, con cui lo Stato italiano ha proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo nei confronti di tutte le categorie astratte in relazione alle quali, dopo il 31 dicembre 1982, si erano potute verificare le condizioni fattuali idonee all'acquisizione dei diritti previsti dalle citate direttive comunitarie senza però essere ricomprese nel d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257. (Cass. III, n. 23635/2014 e Cass. III, n. 11941/2013).

Nel dettaglio, a tal fine, si prevede una somma, determinata secondo le previsioni di cui all'art. 11 l. 19 ottobre 1999, n. 370, per ciascuno degli anni di durata del corso di specializzazione frequentato in costanza di inadempimento dello Stato Italiano alle direttive comunitarie (Cass. III, n. 5533/2012 e Cass. VI, n. 17682/2011).

La legittimazione passiva

Legittimato passivo verso cui indirizzare la pretesa risarcitoria in oggetto è lo Stato Italiano, e segnatamente, per esso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Amministrazione centrale), in quanto organo di direzione politica generale dell'esecutivo, chiamato a promuovere e coordinare l'azione del governo anche per assicurare la piena partecipazione dell'Italia all'Unione Europea e lo sviluppo del processo d'integrazione europea, nonché in quanto organo cui spetta la responsabilità per l'attuazione degli impegni assunti nell'ambito dell'Unione Europea, ai sensi dell'art. 3, comma 2, d.lgs. 30 luglio 1999, n. 303 (Cass. VI, n. 647/2015).

L'onere della prova

Quanto alla prova degli elementi costitutivi della pretesa risarcitoria in oggetto, attesa la evidenziata natura contrattuale dell'obbligazione risarcitoria dello Stato nel caso de quo, il soggetto che agisce per i relativi danni deve provare esclusivamente la sussistenza del rapporto sui cui fonda la propria azione.

Invero, sul punto, la giurisprudenza ha concordemente statuito che grava sul medico specializzando, che agisca in giudizio per ottenere il risarcimento del danno a seguito del mancato adempimento delle direttive 75/362/CEE e 82/76/CEE da parte dello Stato Italiano, l'onere di provare, quale fatto costitutivo del danno-evento costituito dalla perdita dell'adeguata remunerazione, esclusivamente di avere frequentato - con iscrizione collocantesi a far tempo dall'anno accademico 1983-1984 fino a quello 1990-1991 - un corso di specializzazione comune a tutti gli Stati membri e, quindi, rientrante nell'elenco di cui all'art. 5, n. 2, della direttiva 75/362/CEE o ad almeno due o più fra essi e, quindi, rientrante nell'elenco di cui all'art. 7, n. 2 della medesima direttiva, potendo le concrete modalità di svolgimento del corso (tempo pieno o parziale) venire in rilievo, al più, quali circostanze incidenti sulla quantificazione del pregiudizio. I medici non possono essere gravati della prova di non aver percepito, durante il periodo di formazione, altre remunerazioni o borse di studio, trattandosi di circostanze, eventualmente rilevanti a titolo di aliunde perceptum, l'onere della cui prova va posto a carico del soggetto inadempiente (Cass. VI, n. 22480/2014; Cass. III, n. 16104/2013 e Cass. III, n. 1917/2012).

Da ultimo, va segnalata la pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 26603/2024 che esclude il diritto al risarcimento del danno nei confronti dello Stato per la tardiva attuazione delle direttive europee per  i medici che, prima del 1991, hanno iniziato a frequentare una scuola di specializzazione non contemplata dalle direttive 75/362/CEE e 75/363/CEE e successive integrazioni - e della quale non sia stata dimostrata l'equipollenza di fatto a quelle ivi previste - , a nulla rilevando che la specializzazione conseguita sia stata successivamente inclusa tra quelle qualificate "conformi alle norme delle Comunità economiche europee" dal d.m. 31 ottobre 1991.  Le Sezioni Unite osservano come il diritto al risarcimento non possa trovare fondamento, nel caso di specie, nel criterio della “equipollenza di fatto” dei corsi frequentati dai ricorrenti a uno di quelli comuni ad almeno due Stati membri. Invero, premessa la rilevabilità d'ufficio di tale “eccezione” (avendo, essa, ad oggetto “un fatto estintivo della pretesa attorea, e cioè la mancanza di nesso causale tra l'inadempimento dello Stato ed il danno”), il relativo accoglimento avrebbe postulato la puntuale allegazione e prova, da parte degli attori, dei relativi presupposti, mentre invece questi ultimi, nel caso di specie, si erano limitati ad elencare le specializzazioni conseguite.

La prescrizione della pretesa risarcitoria

La natura contrattuale della responsabilità dello Stato per ritardata e/o inesatta attuazione delle direttive comunitarie in oggetto, ha indotto la giurisprudenza a ritenere il relativo diritto al risarcimento danni assoggettabile a prescrizione decennale.

Al riguardo, infatti, è stato chiarito che il risarcimento del danno riconosciuto ai medici è assoggettato all'ordinario termine decennale di prescrizione, trattandosi di danno conseguente all'inadempimento di una obbligazione ex lege riconducibile all'area della responsabilità contrattuale (Cass. n. 22972/2013).

Quanto alla sua decorrenza, il termine di prescrizione decennale in oggetto inizia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore dell'art. 11, legge 19 ottobre 1999, n. 370, con il quale il legislatore ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio unicamente in favore degli specializzandi medici ammessi alle scuole negli anni 1983-1991 e destinatari delle sentenze passate in giudicato del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, poiché solo da detta data l'obbligo risarcitorio è divenuto per i soggetti esclusi, e quindi per i medici non destinatari delle pronunzie del giudice amministrativo, apprezzabile come un effetto della condotta di inadempimento ormai definitivo, con il conseguente venir meno, a quella data, della permanenza del medesimo obbligo altrimenti perpetuantesi de die in diem (Cass. III, n. 10815/2011; Cass. III, n. 10814/2011 e Cass. III, n. 10813/2011).

Tuttavia, con riguardo al tema più generale della prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da mancato recepimento nell'ordinamento dello Stato di direttive o altri provvedimenti obbligatori comunitari, è intervenuto il legislatore, riconducendola all'alveo della prescrizione da fatto illecito, con ciò, in conseguenza, sposando la tesi della natura extracontrattuale della fattispecie risarcitoria in oggetto.

Infatti, l'art. 4, comma 43, legge 12 novembre 2011, n. 183, ha sancito che la prescrizione del diritto al risarcimento danni derivanti dalla responsabilità statale per violazione degli obblighi comunitari soggiace, in ogni caso, alla disciplina di cui all'articolo 2947, c.c. e decorre dalla data in cui il fatto, dal quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si e' effettivamente verificato.

Tuttavia, con riferimento ai danni subiti dai medici specializzandi per aver lo Stato tardivamente ed inadeguatamente trasposto nell'ordinamento interno le direttive sui loro compensi, la giurisprudenza ha chiarito che, in detta situazione, nessuna influenza può avere la sopravvenuta disposizione di cui al citato art. 4, comma 43, legge 12 novembre 2011, n. 183, trattandosi di norma che, in difetto di espressa previsione, non può che spiegare la sua efficacia rispetto a fatti verificatisi successivamente alla sua entrata in vigore (1° gennaio 2012), e dunque non ha efficacia retroattiva, a ciò conseguendo che, per i fatti verificatisi prima della sua vigenza, opera la prescrizione decennale, secondo la qualificazione giurisprudenziale nei termini dell'inadempimento contrattuale (Cass. III, n. 2737/2015 e Cass. n. 22972/2013).

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