Atto di citazione responsabilità della pubblica amministrazione nelle procedure ad evidenza pubblicaInquadramentoCostituisce approdo consolidato in giurisprudenza la sussunzione della responsabilità della Pubblica Amministrazione per atto amministrativo illegittimo al paradigma della responsabilità extracontrattuale (cfr. tra le tante T.A.R. Lazio (Roma) III, n. 11808/2014). In conseguenza di tale assunto, in applicazione delle regole di cui all'articolo 2697 c.c., spetta a colui che si assume danneggiato dall'azione della Amministrazione provare tutti gli elementi costituitivi dell'illecito aquiliano (cfr., tra le altre, T.A.R. Piemonte I, n. 411/2014), ovvero il danno ingiusto, l'elemento soggettivo in capo al danneggiante e il nesso di causalità tra la condotta e il nocumento. Occorre stabilire, cioè, se l'adozione e l'esecuzione dell'atto amministrativo che si assume lesivo sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, alle quali l'esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi, dovendosi affermare la responsabilità della Pubblica Amministrazione solo quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimento normativo e giuridico tali da palesare la negligenza e l'imperizia nell'assunzione del provvedimento viziato, e dovendosi, di contro, escludere la suddetta responsabilità quando sussiste un'ipotesi di errore scusabile per via di un contrasto giurisprudenziale, della complessità della vicenda fattuale, per l'incertezza o la novità della normativa da applicarsi (cfr., Cons. St. III, n. 1272/2015). Con particolare riferimento all'elemento soggettivo ed all'onere della prova circa la sua esistenza in capo al danneggiato, l'unica eccezione è prevista per le procedure di affidamento dei contratti di appalto di lavori, servizi e forniture assoggettati alla disciplina europea, in tutte le altre ipotesi il danno da atto amministrativo presuppone che l'Amministrazione abbia agito con dolo o colpa (cfr., Cons. St. VI, n. 1099/2015). Invero, la disciplina da ultimo citata introduce l'argomento oggetto del presente commento, consistente nell'individuare i presupposti e la misura del risarcimento dei danni nell'ambito delle procedure ad evidenza pubblica ed, in particolar modo, nel caso di revoca legittima del provvedimento di aggiudicazione. Con il presente atto di citazione, un'impresa edile, sulla scorta del presupposto del legittimo affidamento che aveva riposto nella corretta conduzione del procedimento amministrativo riferibile alla conclusione ed espletamento di un contratto di appalto, agisce in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni consistenti all'interesse negativo che identifica nel rimborso delle spese sostenute in vista dell'esecuzione della commessa nel risarcimento della perdita di chance. Si tratta, nel caso di specie, di invocare una responsabilità extracontrattuale da coinvolgimento in trattative contrattuali illegittime e ciò, indipendentemente, dalla efficacia e validità dei sottesi provvedimenti amministrativi (in questo caso di revoca). FormulaTRIBUNALE CIVILE DI .... Atto di citazione Per la .... C.F. .... [1], in persona del legale rapp.te p.t. Sig. .... con sede legale in .... alla via .... n. .... elettivamente domiciliata in .... alla via .... n. .... [2] presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. .... [3] che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce del presente atto, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni al n. di fax .... o all'indirizzo di posta elettronica ....@.... [4] espongo quanto segue in FATTO [5] In data .... la Comunità Montana .... bandiva dei lavori relativi a condotte sottomarine; La società .... risultava aggiudicatrice dei suddetti lavori come rappresentato dalla comunicazione del .... fatta a mezzo posta elettronica dalla stessa Comunità Montana di ....; A conferma di ciò, in data .... l'assessore al settore idrico e fognario della Comunità montana di .... comunicava alla ...., tramite lettera raccomandata, la variazione di bilancio per consentire l'affidamento alla ricorrente dei lavori di riparazione di alcune condotte sottomarine e si annunciava anche lo svolgimento delle procedure necessarie ad introitare le "all risk" al fine di estendere l'impegno di spesa e l'affidamento per un ulteriore importo. La Comunità Montana di .... si sarebbe dunque impegnata ad affidare alla .... srl i suddetti lavori ma non avrebbe proceduto alla stipulazione dei relativi contratti ed anzi, con comunicazione del proprio legale in data ....conseguente ad una diffida inviatale, ha negato di avere assunto qualsiasi impegno in ordine all'affidamento dei lavori in questione. Alla luce di quanto esposto, sussiste la responsabilità della Comunità montana di .... per i danni subiti dall'attore sulla scorta dei seguenti motivi in DIRITTO L'odierna attrice chiede a questo Tribunale di accertare la colpevolezza del comportamento tenuto dalla Comunità montana per avere violato le norme di correttezza di cui all'art.1337 c.c., e che la stessa venga condannata al risarcimento dei danni con riguardo all'interesse negativo che identifica nel rimborso delle spese sostenute in vista dell'esecuzione della commessa, e al risarcimento della perdita di chance nella misura quantificabile nel .... per cento del valore della commessa perduta. Nella fattispecie in oggetto si è da tempo affermata in giurisprudenza la teoria secondo la quale anche gli enti pubblici possono essere chiamati a rispondere a tale titolo ex artt.1337 e 1338 c.c., laddove abbiano ingenerato legittimi affidamenti che poi non sono stati rispettati. In tal caso si verifica una lesione non ad un interesse legittimo bensì al diritto soggettivo alla libertà negoziale di coloro che sono entrati in trattative con l'ente. Non si tratta, quindi, di valutare il corretto esercizio della discrezionalità amministrativa poiché non viene in rilievo alcun bilanciamento di interessi; ciò che si deve verificare è, invece, se l'amministrazione si sia comportata da corretto contraente, senza ingenerare falsi affidamenti in terzi e rispettando legittimi affidamenti comunque creati. Nel caso di specie dunque, non si ha riguardo alla spettanza dell'aggiudicazione di un determinato contratto pubblico, bensì alla lesione dell'affidamento che sia stato ingenerato in un terzo dal comportamento tenuto da una pubblica amministrazione, la quale l'abbia coinvolto in una trattativa che, successivamente, sia stata colposamente posta nel nulla, anche se il provvedimento di annullamento o di revoca della procedura attivata possa reputarsi legittimo. La pretesa risarcitoria dell'odierna attrice riguarda non l'utile che avrebbe potuto ricavare dall'esecuzione del contratto pubblico, poiché non è della spettanza di questo che si discute, bensì le spese sostenute per avere partecipato inutilmente alla procedura e il lucro cessante consistente nelle occasioni di lavoro perdute a causa di detta partecipazione, cd. "chance contrattuale alternativa". Venendo alla richiesta di risarcimento delle spese che la ricorrente assume di avere subito a causa dell'affidamento ingenerato dalla Comunità montana ...., essa si fonda sulla lettera inviata dall'Assessore al settore idrico e fognario della stessa in data ...., prot. ...., con la quale si annunciava la variazione di bilancio per consentire l'affidamento alla ricorrente dei lavori di riparazione di alcune condotte sottomarine e si annunciava anche lo svolgimento delle procedure necessarie ad introitare le "all risk" al fine di estendere l'impegno di spesa e l'affidamento per un ulteriore importo. Per quanto sopra, la ....srl, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata, con il presente atto CITA La Comunità montana di .... in persona del legale rapp.te p.t. a comparire innanzi al Tribunale di ...., Giudice e sezione a designarsi, all'udienza del giorno ...., soliti locali, ora di rito e col prosieguo, con l'invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire all'udienza indicata, dinanzi al Giudice designato ai sensi dell'art. 168 bis c.p.c., con avvertenza che, in mancanza della sua costituzione entro i suddetti termini, si verificheranno le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c. e, in mancanza, si procederà, anche in sua contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti CONCLUSIONI 1) accertare e dichiarare la responsabilità da inadempimento della Comunità montana di .... per le ragioni tutte di cui al presente atto, nei confronti della .... per i danni subiti quale conseguenza immediata e diretta del suo inadempimento; 2) per l'effetto, condannare la Comunità montana di .... al risarcimento dei danni sofferti dalla ...., quale conseguenza immediata e diretta del dedotto inadempimento, che si quantificano in complessivi Euro ...., oltre interessi, ovvero in via subordinata, condannare la convenuta al pagamento in favore della .... srl diversa somma che il Tribunale adito dovesse ritenere comunque dovuta ed accertata a titolo di risarcimento del danno, se del caso anche a mezzo CTU estimativa ovvero, in via di estremo subordine, in via equitativa; 3) condannare, infine, la Comunità Montana di .... alla refusione delle spese e competenze del presente giudizio, oltre accessori nella misura di legge. Con riserva di formulare le istanze istruttorie nei termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c., che sin d'ora si richiedono. Si depositano i seguenti documenti in copia: 1) Bando di gara del ....; 2) lettera raccomandata del'assessore del ....; 3) comunicazione del legale del ....; 4) ..... Ai sensi e per gli effetti del d.P.R. n. 115/2002, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro .... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA AD LITEM Il sottoscritto Sig. .... (C.F. ....) n.q. di amministratore pt della ...., nato a .... il .... e residente in .... alla via ...., informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, con la presente conferisco incarico all'Avv. .... (C.F. ....) a rappresentarmi e difendermi nel giudizio da promuovere dinanzi al Giudice di Pace/Tribunale di ...., ivi comprese le fasi esecutive e di impugnazione che da questo conseguono, con ogni più ampia facoltà di legge; a tal uopo conferisco, altresì, al nominato procuratore ogni facoltà di legge, comprese quelle di conciliare, incassare, quietanzare, rinunziare e transigere, con promessa di rato e fermo del suo operato; lo autorizzo, infine, al trattamento dei miei dati personali, conformemente alle norme del d.lgs. 196/2003 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Eleggo domicilio presso il suo studio in .... alla via .... n. ..... Luogo e data .... Sig. .... È autentica Firma Avv. .... [1] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., dalla l. n. 111/2011). L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla l. n. 24/2010 [2] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c. [3] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata. [4] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45 bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [5] L'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragione della domanda dell'attore rappresenta un elemento essenziale della citazione. L'indicazione della causa petendi, e cioè del titolo della domanda, è richiesto dall'art. 163 comma 3, n. 4 c.p.c. Tuttavia solo la mancanza dell'indicazione dei fatti posti a fondamento della domanda produce la nullità della citazione a norma dell'art. 164, comma 4, c.p.c. CommentoRISARCIMENTO DA ILLEGITTIMA AGGIUDICAZIONE APPALTO. IL REGIME DELLA PRESCRIZIONE. Come accennato in premessa, differentemente dalle altre ipotesi di responsabilità da provvedimento amministrativo, “La responsabilità per danni conseguenti all'illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell'elemento soggettivo della colpa; la responsabilità, negli appalti pubblici, infatti, è un modello di responsabilità di tipo oggettivo, disancorato dall'elemento soggettivo, coerente con l'esigenza di assicurare l'effettività del rimedio risarcitorio. (Nel caso in esame una società illegittimamente esclusa da una gara d'appalto, che venne aggiudicata ad un'altra società, chiedeva, oltre alla pronuncia di annullamento, il risarcimento del danno da illegittima aggiudicazione a prescindere dall'assenza di colpa della stazione appaltante)” (Cons. St. V, n. 772/2016) e ciò sulla scia della giurisprudenza comunitaria (sentenza del 30 settembre 2010, C-314/09 Stadt-Graz) nella quale è specificato che nei giudizi sugli appalti pubblici il rimedio del risarcimento per equivalente monetario ”può costituire, se del caso, un'alternativa procedurale compatibile con il principio di effettività, sotteso all'obiettivo di efficacia dei ricorsi perseguito dalla citata direttiva (...) soltanto a condizione che la possibilità di riconoscere un risarcimento in caso di violazione delle norme sugli appalti pubblici non sia subordinata — così come non lo sono gli altri mezzi di ricorso previsti dal citato art. 2, n. 1 — alla constatazione dell'esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall'amministrazione aggiudicatrice”. Ancor prima la C. giust. UE, in base al diritto comunitario degli appalti aveva statuito il principio per cui il risarcimento dei danni non è subordinato alla prova, da parte del danneggiato, del dolo o della colpa della pubblica amministrazione; era stata ritenuta non conforme al diritto eurounitario la legge portoghese, che subordinava il risarcimento del danno in materia di appalti alla prova della colpa della p.a., con onere probatorio a carico del danneggiato [C. giust. CE, 14.10.2004 C - 275/2003, in UA 2005, 36, nt. Protto]. La giurisprudenza del Consiglio di Stato sul punto è praticamente unanime (in termini, ex pluribus, Cons. St. III, n. 1839/2015; Cons. St. IV, n. 802/2014; Cons. St., n. 6000/2013; Cons. St. V, n. 285/2015, Cons. St., n. 6450/2014; Cons. St., n. 3397/2013; Cons. St., n. 933/2013; Cons. St. VI, n. 4283/2015; Cons. St., n. 3728/2015). Di recente è stato annoverato quale eccezione al principio predetto, ovvero tra i casi in cui va vagliata la condizione soggettiva della colpa in capo alla Pubblica Amministrazione quello relativo al ritiro di atti di gara quale conseguenza di una interdittiva antimafia ostativa; si è affermato che “tale tipologia di atti è fuori dal perimetro degli appalti in senso stretto sicché riprende vita il parametro dell’elemento soggettivo della p.a. quale componente essenziale per l’affermazione della responsabilità: “i provvedimenti informativi e interdittivi dell’autorità di pubblica sicurezza si collocano al di fuori della procedura a evidenza pubblica e attengono a profili di prevenzione (…) del tutto tipici del nostro sistema nazionale. Nello stesso senso debbono essere vagliate le scelte dell’amministrazione appaltante che dei citati provvedimenti in-formativi e interdittivi costituiscono diretta e immediata conseguenza, fuoriuscendo anch’essi dall’ “ordinario” schema della responsabilità operante nella materia dei pubblici appalti, definito dalla giurisprudenza comunitaria. Di conseguenza nella fattispecie in esame la valutazione sulla dedotta responsabilità della stazione appaltante non può prescindere dall’indagine sull’esistenza o meno del profilo soggettivo del dolo o della colpa” (Cons. St., V, 12.11.2019 n. 7751; Cons. St, III, 26.6.2019 n. 4401, Cons. St,, III, 5.3.2018 n. 1401). La giurisdizione spetta al G.A. per quanto concerne le controversie in cui sia dedotta la validità e/o l'efficacia di contratti pubblici, limitatamente ai casi in cui tali contratti siano stati preceduti da una procedura di aggiudicazione pubblica. Ove la causa riguardi esclusivamente questioni attinenti, di per sé, l'efficacia e/o la validità di un contratto (e non come effetto di illegittimità della procedura di gara dalla quale il contratto sortisce), la cognizione è del giudice ordinario. Con riguardo a quest’ultima tematica afferente il riparto di giurisdizione tra GA e GO in ipotesi di annullamento di provvedimento illegittimo favorevole, si segnala un recente arresto dell’ Adunanza Plenaria (Cons. St., Ad. Plen., n. 20/2021 e n. 21/2021), ai sensi del quale: “E' devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione sulle controversie in cui si faccia questione di danni da lesione dell'affidamento sul provvedimento favorevole, posto che in base al richiamato art. 7, comma 1, cod. proc. amm., la giurisdizione generale amministrativa di legittimità include i «comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni»; ed inoltre che «nelle particolari materie indicate dalla legge» di giurisdizione esclusiva - quale quella sugli «atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia» di cui all'art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm., essa si manifesta «attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela», anche dei diritti soggettivi, oltre che dell'affidamento sulla legittimità dei provvedimenti emessi dall'amministrazione”. Nella prospettiva della Ad. Plen. la giurisdizione è devoluta al giudice amministrativo perché la "fiducia" su cui riposava la relazione giuridica tra amministrazione e privato, asseritamente lesa, si riferisce non già ad un comportamento privato o materiale - a un "mero comportamento" - ma al potere pubblico, nell'esercizio del quale l'amministrazione è tenuta ad osservare le regole speciali che connotano il suo agire autoritativo e al quale si contrappongono situazioni soggettive del privato aventi la consistenza di interesse legittimo. Deve quindi essere affermata la giurisdizione amministrativa, poiché anche quando il comportamento non si sia manifestato in atti amministrativi , nondimeno l'operato dell'amministrazione costituisce comunque espressione dei poteri ad essa attribuiti per il perseguimento delle finalità di carattere pubblico devolute alla sua cura. (Cons. St., Ad. Plen., n. 20/2021) Con riguardo specificamente al profilo della prescrizione del diritto al risarcimento del danno nel caso di mancato esperimento da parte della P.A. di una procedura di aggiudicazione, secondo il costante orientamento della Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass. S.U., n. 9040/2008), “la possibilità di agire per il risarcimento del danno ingiusto causato da atto amministrativo illegittimo senza la necessaria pregiudiziale impugnazione dell'atto lesivo, sussistente già prima che l'art. 35 del d.lgs. n. 80/1998, come sostituito dall'art. 7 della l. n. 205/2000, concentrasse nella cognizione del g.a. la tutela demolitoria e quella risarcitoria, comporta che il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento decorre dalla data dell'illecito e non da quella del passaggio in giudicato della sentenza di annullamento da parte del giudice amministrativo, non costituendo l'esistenza dell'atto amministrativo un impedimento all'esercizio dell'azione” (in senso contrario T.A.R. Lombardia (Milano) I, n. 679/2014 per cui “La domanda di annullamento dell'atto proposta al g.a. prima della concentrazione davanti allo stesso anche della tutela risarcitoria, pur non costituendo il prodromo necessario per conseguire il risarcimento dei danni, dimostra la volontà della parte di reagire all'azione amministrativa reputata illegittima ed è idonea ad interrompere per tutta la durata di quel processo il termine di prescrizione dell'azione risarcitoria proposta dinanzi al g.o., dovendosi al riguardo fare applicazione del principio, affermato da Corte cost. n. 77/2007, per cui la pluralità dei giudici ha la funzione di assicurare una più adeguata risposta alla domanda di giustizia e non può risolversi in una minore effettività o addirittura in una vanificazione della tutela giurisdizionale”; così anche Cons. St. III, n. 3267/2011). Più recentemente, con riguardo a fattispecie di illegittima aggiudicazione antecedente all'entrata in vigore del Codice degli Appalti Pubblici, è stata puntualizzata la natura quinquennale della prescrizione. Invero, “Ove la fonte di responsabilità aquiliana della Pubblica Amministrazione si sia perfezionata prima dell'entrata in vigore del nuovo c.p.a. deve trovare applicazione la disciplina previgente con la conseguenza che all'azione risarcitoria da illegittimo esercizio della funzione amministrativa proposta in via autonoma dopo l'annullamento degli atti amministrativi, si applica il termine di prescrizione quinquennale di cui all'art. 2947, comma 1, c.c. (Nel caso in esame un soggetto domandava il risarcimento del danno a seguito dell'annullamento del provvedimento di esclusione di un concorso pubblico che veniva negato per tardività della domanda risarcitoria e per difetto di colpa in capo alla P.A.)” (Cons. St. IV, n. 361/2017). Quanto all'ambito applicativo del diritto al risarcimento dei danni da illegittima aggiudicazione dell'appalto, si è precisato che il rispetto della normativa comunitaria non è subordinata al valore dell'appalto. Invero, “Se le procedure specifiche e rigorose previste dalle direttive comunitarie che coordinano le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici si applicano soltanto ai contratti il cui valore supera la soglia espressamente prevista, e che pertanto le disposizioni di tali direttive non si applicano agli appalti il cui valore non raggiunge la soglia fissata da queste ultime, ciò non significa che questi appalti siano del tutto esclusi dall'ambito di applicazione del diritto comunitario, in quanto le amministrazioni aggiudicatrici sono comunque tenute a rispettare le norme fondamentali del trattato Ce, con particolare riferimento al principio di parità di trattamento e non discriminazione; conseguentemente il principio espresso dalla sentenza della Corte di Giustizia 30 settembre 2010 numero C-314/09 - circa l'irrilevanza, al fine di riconoscere il risarcimento in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, della colpevolezza della riscontrata violazione di legge - va applicato anche in relazione agli appalti il cui importo si collochi al di sotto della c.d. soglia comunitaria; pena una ingiustificabile disparità di trattamento tra imprese che partecipano a gare sopra la soglia, che si vedrebbero riconoscere il risarcimento in base a tale nuovo principio, ed imprese che, partecipando a gare sotto quella soglia, se lo vedrebbero invece negare a causa di difficoltà interpretative della normativa, o della riscontrata esistenza di un qualsivoglia errore scusabile dell'Amministrazione” (T.A.R. Sicilia (Catania) IV, n. 4624/2010). RISARCIMENTO DA REVOCA LEGITTIMA. RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE DELLA PA Diverso è il caso e il conseguente inquadramento dal revoca illegittima dell'aggiudicazione dell'appalto (o anche di un concorso pubblico) per sopravvenuto interesse contrario della Pubblica Amministrazione. Invero, con riferimento, in particolare, alla revoca degli atti di una procedura di aggiudicazione pubblica, tale provvedimento è espressione del potere di autotutela decisoria della P.A., espressamente disciplinata dall'art. 21 quinquies della l. n. 241/1990. È, altresì, noto che, in virtù della norma ora menzionata, l'amministrazione ben può revocare un atto amministrativo, ove sussistano sopravvenute ragioni di interesse pubblico, un mutamento delle circostanze di fatto ovvero una rivalutazione dell'interesse pubblico originario (c.d. ius poenitendi). Con tale potere, quindi, la Pubblica Amministrazione non procede all'eliminazione di un provvedimento illegittimo, bensì revoca ex nunc un provvedimento amministrativo per ragioni di merito e di opportunità, sulla base di valutazioni discrezionali che inducono a ritenere l'atto amministrativo non più funzionale al perseguimento del pubblico interesse. Sulla scorta di ciò, la giurisprudenza di legittimità ha elaborato i seguenti principi: “Nel caso di procedure di evidenza pubblica la responsabilità precontrattuale della Pubblica amministrazione è indifferentemente configurabile sia in presenza del preventivo annullamento per illegittimità di atti della sequenza procedimentale, sia nell'assodato presupposto della loro validità ed efficacia: a) nel caso di revoca dell'indizione della gara e dell'aggiudicazione per esigenze di una ampia revisione del progetto, disposta vari anni dopo l'espletamento della gara; b) per impossibilità di realizzare l'opera prevista per essere mutate le condizioni dell'intervento; c) nel caso di annullamento d'ufficio degli atti di gara per un vizio rilevato dall'amministrazione solo successivamente all'aggiudicazione definitiva o che avrebbe potuto rilevare già all'inizio della procedura; d) nel caso di revoca dell'aggiudicazione, o rifiuto a stipulare il contratto dopo l'aggiudicazione, per mancanza dei fondi” (Cons. St. IV, n. 4674/2014). Il presupposto del risarcimento, dunque, non è la condotta procedimentale o provvedimentale contraria ai principi di trasparenza ed efficienza della P.A., quanto piuttosto la condotta tenuta dall'ente (al pari di qualunque privato) nelle trattative precedenti all'aggiudicazione. Invero, sempre secondo il menzionato precedente, “in seno ad un procedimento ad evidenza pubblica è configurabile, accanto ad una responsabilità civile per lesione dell'interesse legittimo, derivante dalla illegittimità degli atti o dei provvedimenti relativi al procedimento amministrativo di scelta del contraente, una responsabilità di tipo precontrattuale per violazione di norme imperative che pongono "regole di condotta", da osservarsi durante l'intero svolgimento della procedura di evidenza pubblica; le regole "di validità" e "di condotta", come ribadito più volte dalla giurisprudenza amministrativa, operano su piani distinti: non è necessaria la violazione delle regole di validità per aversi responsabilità precontrattuale e, viceversa, la inosservanza delle regole di condotta può non determinare l'invalidità della procedura di affidamento” (cfr. vedi anche T.A.R. n. 9704/2016; T.A.R. Lombardia (Milano) III, n. 1918/2015). In definitiva, ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale della p.a. per mancata conclusione di una procedura di gara ad evidenza pubblica, non si deve tener conto della legittimità dell'esercizio della funzione pubblica, cristallizzato nel provvedimento amministrativo, ma della correttezza del comportamento da essa complessivamente tenuto durante il corso delle trattative e della formazione del contratto, alla luce dell'obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede ai sensi dell'art. 1337 c.c. (Cons. St. IV, n. 1142/2015), la responsabilità della P.A. derivando piuttosto dalla violazione del diritto di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali e, pertanto, della libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell'altrui scorrettezza. In sostanza, anche i soggetti pubblici, sia nell'ambito di trattative negoziali condotte senza procedura di evidenza pubblica, sia nell'ambito di procedure di gara, sono tenuti ad improntare la propria condotta al canone di buona fede e correttezza, omettendo di determinare nella controparte privata affidamenti ingiustificati ovvero di tradire, senza giusta causa, affidamenti legittimamente ingenerati (Cfr. T.A.R. Puglia (Lecce) I, n. 579/2015; T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 11008/2015). Il fondamento, dunque, del diritto al risarcimento del soggetto che ha subito la revoca dell'aggiudicazione (anche in caso di concorso pubblico) è l'aver confidato, senza sua colpa, nella disponibilità di un titolo che l'abilitava ad accedere alla stipula del contratto stesso (T.A.R. Campania (Napoli) VIII, n. 5625/2015). LE IPOTESI ESCLUSE Vengono, pertanto, escluse dall'ambito del diritto al risarcimento alcune ipotesi caratterizzate dall'impossibilità di ravvisare il cd. legittimo affidamento in capo all'aggiudicatario (nel caso di responsabilità da revoca legittima), o viceversa, dall'esistenza di un errore scusabile in capo alla P.A. (nel caso di responsabilità da illegittima esclusione dalla procedura di gara). Se nelle gare pubbliche, affinché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, è necessario che le trattative siano giunte ad uno stadio avanzato ed idoneo a far sorgere nella parte, che invoca l'altrui responsabilità, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto e che, inoltre, la controparte pubblica, cui si addebita la responsabilità, le abbia interrotte senza un giustificato motivo e, infine, che, pur nell'ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, è stato affermato che “Non sussiste il diritto al risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale quando in capo al concorrente di un appalto, anche aggiudicatario provvisorio, manchi un legittimo affidamento generato della condotta dell'Amministrazione (Nel caso in esame veniva negato il risarcimento del danno, a titolo di responsabilità precontrattuale, ad una società che non poteva dimostrare di aver riposto un legittimo affidamento nella procedura di evidenza pubblica alla quale aveva partecipato, poiché la procedura presentava anomalie così evidenti e violazioni tali che la società non avrebbe potuto trascurare)” (T.A.R. Piemonte II, n. 1238/2015). Nella sentenza indicata il T.A.R. precisava che l'affidamento riposto dalla società non può ritenersi idoneo a sostenere la domanda risarcitoria poiché “Nel caso di specie l'intera procedura si presentava caratterizzata da tali anomalie e palesi violazioni dei principi di evidenza pubblica da non poter essere considerata idonea a suscitare alcun tipo di legittimo affidamento in un ragionevole operatore del mercato”, visto che “la scorretta qualificazione giuridica del rapporto non costituisce una mero errore di valutazione “interno” alla sfera giuridica dell'amministrazione (come tale ragionevolmente ignorabile da una controparte in buona fede), né nasce da “asimmetrie informative” e nozioni solo a conoscenza della parte pubblica e sconosciute alla controparte privata; lo scollamento tra oggetto della gara e procedure adottate si evince ex se dagli atti di gara”. Nell'altra ipotesi, invece, “Non sussiste il diritto al risarcimento del danno da responsabilità per danni patiti in conseguenza dell'accertata illegittimità di un provvedimento amministrativo per mancanza dell'elemento soggettivo della responsabilità aquiliana dovuta ad un contrasto giurisprudenziale. (Nel caso in esame veniva negato il risarcimento del danno, a titolo di responsabilità da provvedimento illegittimo, poiché sussisteva un errore scusabile in capo al Comune resistente dovuto ad un contrasto giurisprudenziale in materia di diritto all'accesso agli atti amministrativi, che ha determinato la carenza dell'elemento soggettivo della responsabilità aquiliana)” (T.A.R. Friuli-Venezia Giulia I, n. 391/2015). Tale errore scusabile sarebbe consistito nel contrasto giurisprudenziale “in punto di interesse a conoscere atti di soggetti privati di impulso all'attivazione da parte dell'Amministrazione dei poteri di indagine o repressivi che le competono e che in seguito sono stati normalmente esercitati. La sussistenza di un contrasto giurisprudenziale non consente, pertanto, di configurare come colpevole l'azione del Comune: e, in assenza dell'elemento soggettivo, non sono integrati gli estremi della responsabilità aquiliana e con essa dell'obbligo di risarcire il danno”. Le tesi sopra esposte trovano conferma nelle già citate pronunce gemelle (Cons. St., Ad. plen., n. 20/2021 e n. 21/2021), secondo cui, rispettivamente «La responsabilità dell'amministrazione per lesione dell'affidamento ingenerato nel destinatario di un suo provvedimento favorevole, poi annullato in sede giurisdizionale, postula che sia insorto un ragionevole convincimento sulla legittimità dell'atto, il quale è escluso in caso di illegittimità evidente o quando il medesimo destinatario abbia conoscenza dell'impugnazione contro lo stesso provvedimento». Parimenti, «nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell'amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa». LA MISURA DEL DANNO. IN PARTICOLARE IL DANNO CURRICULARE In ordine alla misura del danno deve obbligatoriamente premettersi che se la chance, intesa come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato, non è una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile d’autonoma valutazione, onde la sua perdita, vale a dire la perdita della possibilità consistente di conseguire il risultato utile del quale risulti provata la sussistenza, configura un danno concreto ed attuale (Cass., III, 4.3.2004 n. 4400; Cons. St., VI, 20.10.2010 n. 7593), si esclude la ricorrenza di una chance quando il conseguimento del bene della vita sia aleatorio; in ogni caso, l’annullamento di un provvedimento amministrativo, con salvezza del riesercizio, ad esito libero, del potere da parte della medesima amministrazione, non può mai fondare l’accoglimento di una domanda risarcitoria non venendo in rilievo un giudicato di spettanza (Cons. St., IV, 16.5.2018 n. 2907; Cons. St., IV, n. 1615/2017, Cons. St., n. 826//2018). Si distingue, allora, tra rilevante probabilità (chance risarcibile) e mera possibilità (chance irrisarcibile): tanto che “occorre distinguere fra probabilità di riuscita, che va considerata quale chance risarcibile e mera possibilità di conseguire l'utilità sperata, da ritenersi chance irrisarcibile; il risarcimento del danno da perdita di chance richiede dunque l'accertamento di indefettibili presupposti di certezza del-lo stesso danno, dovendo viceversa escludersi tale risarcimento nel caso in cui l'atto, ancorché illegittimo, abbia determinato solo la perdita di una mera ed ipotetica eventualità di conseguimento del bene della vita (…). Il risarcimento del danno da perdita di chance (…) esprime uno schema di reintegrazione patrimoniale riguardo un bene della vita connesso ad una situazione soggettiva che, quando è sostitutiva di una reintegrazione in forma specifica come nei contratti pubblici, poggia sul fatto che un operatore economico che partecipa ammissibilmente a una procedura di evidenza pubblica, per ciò solo, è stimabile come portatore di un’astratta e potenziale chance di aggiudicarsi il contratto (così come chiunque, in generale, partecipi ad una procedura comparativa per la possibilità di conseguire il bene o l’utilità messi a concorso). La chance iniziale e virtuale, che muove dall’ essere in potenza la medesima per tutti i concorrenti, varia poi nel concretizzarsi e diviene misurabile in termini: non trattandosi di competizione di azzardo ma di contesa professionale in cui occorre mostrare titoli e capacità, di-viene effettiva e aumenta o diminuisce nel corso della procedura fino a concentrarsi nella dimensione più elevata in capo all’operatore primo classificato al momento della formulazione della graduatoria finale, sfumando progressivamente in capo agli altri. Perciò se, nel corso della procedura, condotte illegittime dell’amministrazione contrastano la normale affermazione della chance di aggiudicazione, viene leso l’interesse legittimo dell’operatore economico e – se è precluso anche il bene della vita cui l’interesse è orientato – è lui dovuto il risarcimento del danno nella misura stimabile della sua chance perduta. La tecnica risarcitoria della chance impone un ulteriore necessario passaggio: posto che l’illegittima condotta dell’amministrazione ha determinato un danno risarcibile nei termini indicati, per la sua quantificazione occorre definire la misura percentuale che nella situazione data presentava per l’interessato la probabilità di aggiudicazione – la chance appunto – tenendo conto della fase della procedura in cui è stato adottato l’atto illegittimo e come poi si sarebbe evoluta. Si tratta di passaggio necessario: per la giurisprudenza l’operatore può beneficiare del risarcimento per equivalente solo se la sua chance di aggiudicazione ha effettivamente raggiunto un’apprezzabile consistenza, di solito indicata dalle formule “probabilità seria e concreta” o anche “significativa probabilità” di aggiudicazione del contratto. Al di sotto di tale livello, dove c’è la “mera possibilità” di aggiudicazione, vi è solo un ipotetico danno comunque non meritevole di reintegrazione, poiché in pratica nemmeno distinguibile dalla lesione di una mera aspettativa di fatto” (Cons. St., V, 11.7.2018 n. 4225). Ove superato tale step e ritenuta risarcibile la chance perduta, nel caso di mancata aggiudicazione, il danno conseguente al lucro cessante si identifica con l'interesse c.d. positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l'impresa avrebbe ricavato dall'esecuzione dell'appalto), sia il danno c.d. curricolare (ovvero il pregiudizio subìto dall'impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell'immagine professionale, per non poter indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto): cfr. Consiglio di Stato III, n. 2181/2019 “Mentre i danni da mancata aggiudicazione sono parametrati al c.d. interesse positivo e consistono nell'utile netto ritraibile dal contratto, oltre che nei pregiudizi di tipo curriculare e all'immagine commerciale della società, ingiustamente privata di una commessa pubblica, nel caso di responsabilità precontrattuale i danni sono limitati al solo interesse negativo, ravvisabile nel caso delle procedure ad evidenza pubblica nelle spese inutilmente sopportate per parteciparvi e nella perdita di occasioni di guadagno alternative”). Spetta, in ogni caso, all'impresa danneggiata offrire, senza poter ricorrere a criteri forfettari, la prova rigorosa dell'utile che in concreto avrebbe conseguito qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, poiché nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo, proprio dell'azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.), e la valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare. Il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell'aggiudicazione impugnata e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questo dimostri di non aver utilizzato o potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa. In difetto di tale dimostrazione, può presumersi che l'impresa abbia riutilizzato o potuto riutilizzare mezzi e manodopera per altri lavori, a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum (cfr. Cons. St. Ad. Plen., n. 2/2017). L'importante e recente pronuncia dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha, così, posto fine al ricorso generalizzato all'equità, sia nella liquidazione dell'interesse positivo da mancata aggiudicazione, sia da cd. danno curriculare (cfr. quale esempio della precedente impostazione cfr. T.A.R. Emilia-Romagna (Parma) I, n. 387/2016 per cui “Il danno da mancata aggiudicazione, in assenza di allegazione probatoria, deve essere liquidato nella misura del 5 per cento dell'offerta, in quanto è ragionevole ritenere che essa abbia riutilizzato mezzi e manodopera impiegati per la gara da cui è stata esclusa illegittimamente per lo svolgimento di altri lavori analoghi o di servizi e forniture, vedendo così ridotta la propria perdita di utilità, sicché la richiamata percentuale dell'offerta, in mancanza di ulteriori puntuali allegazioni e anche in applicazione dell'articolo 1226 del codice civile, deve ritenersi idonea a ristorare anche il c.d. danno curriculare patito dalla società appellante in conseguenza della illegittima mancata aggiudicazione”). Nel senso che il danno da illegittima aggiudicazione (o esclusione) da una procedura ad evidenza pubblica sia da qualificarsi quale danno conseguenza, e dunque, debba essere allegato e provato (si veda (T.A.R. Emilia-Romagna (Parma) I, n. 314/2015; cfr, anche Cons. St. V, n.1386/2019 “Il concorrente pretermesso, affinché possa conseguire il risarcimento del danno per equivalente da mancata aggiudicazione di una procedura di gara pubblica, in sede processuale deve dimostrare che, in assenza dell'illegittima aggiudicazione, avrebbe conseguito con ogni evidenza o comunque con un elevato grado di probabilità, l'affidamento dell'appalto”). Il cd. danno curriculare si sostanzia nel pregiudizio consistente nell'impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico pari al valore dell'appalto non eseguito, ovvero nel mancato arricchimento del curriculum e dell'immagine professionale, per non poter vantare l'avvenuta esecuzione dell'appalto. Esso costituisce propriamente una voce della componente del lucro cessante. La responsabilità dell'Amministrazione, infatti, non si configura con riferimento ad una interruzione delle trattative che determina la mancata stipula del contratto — intervenuta in un generico momento delle stesse — bensì laddove si è già addivenuti alla sicura individuazione del contraente, per il tramite dell'aggiudicazione definitiva e in presenza di un contenuto contrattuale già compiutamente definito, per il tramite del bando di gara e dell'offerta aggiudicataria. Quanto, agli accessori, “Le somme da riconoscersi a titolo di lucro cessante, di danno curriculare e di danno da perdita di chance per mancata aggiudicazione dell'appalto costituiscono un debito di valore. Conseguentemente, esse devono essere maggiorate della rivalutazione monetaria, secondo gli indici Istat, da computarsi alla data di stipula dei contratti con le imprese risultate illegittimamente aggiudicatarie fino alla data del deposito della sentenza. Sull'importo totale così computato decorreranno, comunque, gli interessi legali dalla data del deposito della sentenza fino all'effettivo soddisfo” (T.A.R. Campania (Napoli) I, n. 4256/2016). In caso di responsabilità precontrattuale della P.A., invece, non può essere richiesto il danno da esecuzione del contratto (che non vi è stato), né il danno curriculare, il quale presuppone l'aggiudicazione e l'esecuzione della prestazione contrattuale, attenendo entrambi all'interesse positivo. In favore della società danneggiata, pertanto, può essere riconosciuto soltanto il danno emergente costituito dalle spese inutilmente sostenute per la partecipazione alla gara, ove non sia fornito alcun principio di prova in ordine al lucro cessante; si tratta dell'interesse legittimo. Anche nella giurisprudenza amministrativa, come riconosciuto in quella civile, “l'affidamento deluso, in questo caso, che è ben altra cosa dall'utile di impresa non concretamente realizzato, attesa l'illegittimità della procedura, può e deve essere riconosciuto, nei limiti del c.d. interesse negativo, “da intendersi come interesse a non investire inutilmente tempo e risorse economiche, partecipando a trattative destinate a rilevarsi inutili a causa del comportamento scorretto della controparte” (T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 11008/2015; T.A.R. Lombardia (Milano) III, n. 1918/2015). Per quanto attiene, dunque, alla liquidazione del danno da revoca legittima dell'aggiudicazione, è stato sintetizzato e puntualizzato (cfr. ex multis, Cons. St. V, n. 6406/2014; Cons. St. IV, n. 4674/2014; Cons. St., n. 790/2014; Cons. St., n. 633/2013; Cons. St. V, n. 6529/2009): a) il danno precontrattuale è riconducibile al solo interesse negativo, include il danno emergente (per le spese sostenute per la partecipazione alla gara e in previsione della conclusione del contratto) e il lucro cessante (dovuto alla perdita di ulteriori occasioni contrattuali, vanificate a causa dell'impegno derivante dall'aggiudicazione non sfociata nella stipulazione); b) non rientra nel prisma del danno precontrattuale l'interesse positivo, sub specie di utile di impresa, ossia i vantaggi economici che sarebbero derivati dall'esecuzione del contratto non venuto ad esistenza; c) non è altresì risarcibile il danno c.d. curriculare (ovvero il pregiudizio subìto dall'impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non poter indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto), trattandosi di danno-evento ex art. 1223 c.c., conseguente alla mancata stipulazione del contratto, dunque incompatibile con la struttura della responsabilità precontrattuale; d) sebbene la dimostrazione del danno derivante dalla mancata aggiudicazione di altri appalti sia più difficoltosa rispetto a quella delle spese vive, l'impresa deve provare, anche in via presuntiva, ma sulla base di allegazioni di fatto certe e precise, di non aver potuto impiegare altrimenti le maestranze e i mezzi che aveva impegnato per l'esecuzione del contratto non concluso e, quindi, il nesso di causalità fra condotta lesiva e ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto. Conclusivamente, anche sul piano della misura del danno si differenzia il caso della illegittima o legittima esclusione dall'appalto, visto che “mentre per i danni da mancata aggiudicazione essi sono parametrati al c.d. interesse positivo e consistono nell'utile netto ritraibile dal contratto, oltre che nei pregiudizi di tipo curriculare e all'immagine commerciale della società, ingiustamente privata di una commessa pubblica, nel caso di responsabilità precontrattuale i danni sono limitati all'interesse negativo ravvisabile, nel caso delle procedure ad evidenza pubblica, nelle spese inutilmente sopportate per parteciparvi e nella perdita di occasioni di guadagno alternative” (Cons. St. V, n. 1364/2017). |