Ricorso per occupazione illegittima (usurpativa) della Pubblica Amministrazione dei fondi privati. Fondamento e misura dei danni

Maria Carolina De Falco

Inquadramento

Costituisce pronuncia fondamentale, per approcciarsi alla tematica dell'occupazione illegittima della P.A. sui fondi privati e per individuare gli ultimi approdi di una travagliata vicenda legislativa e giurisprudenziale, la pronuncia dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 2016 secondo cui “Quale che sia la sua forma di manifestazione (vie di fatto, occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva), la condotta illecita dell'amministrazione incidente sul diritto di proprietà non può comportare l'acquisizione del fondo e configura un illecito permanente ex art. 2043 c.c.... che viene a cessare solo in conseguenza: a) della restituzione del fondo; b) di un accordo transattivo; c) della rinunzia abdicativa (e non traslativa) da parte del proprietario implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte della irreversibile trasformazione del fondo; d) di una compiuta usucapione, ma a condizione che: I) sia effettivamente configurabile il carattere non violento della condotta; II) si possa individuare il momento esatto della interversio possessionis; III) si faccia decorrere la prescrizione acquisitiva dalla data di entrata in vigore del t.u. espropriazioni (30 giugno 2003) perché solo l'art. 43 del medesimo t.u. aveva sancito il superamento dell'istituto dell'occupazione acquisitiva e dunque solo da questo momento potrebbe ritenersi individuato, ex art. 2935 c.c., il “giorno in cui il diritto può essere fatto valere”; e) di un provvedimento emanato ex art. 42-bis t.u. espropriazioni (d.P.R. n. 327/2001)”.

La pronuncia in esame, infatti, fa corrispondere alla condotta della pubblica amministrazione che occupa un suolo altrui (con o senza titolo poi eventualmente decaduto o annullato) un illecito permanente, di cui vengono delineati i contorni temporali, accanto a tutte le vicende che, soprattutto con riguardo alla sua cessazione, sono collegate.

Naturalmente non si può prescindere dall'analisi dell'art. 42 bis del T.U. Espropriazioni ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte Costituzionale (n. 71/2015).

Nel presente ricorso all'Autorità Giudiziaria Amministrativa, il proprietario di un fondo occupato in via d'urgenza nell'ambito di una procedura di espropriazione pubblica per la realizzazione di un'opera pubblica, chiede l'annullamento del decreto di occupazione nonché il risarcimento dei danni conseguenti all'occupazione illegittima ravvisabile, non solo quando manchi a monte il provvedimento amministrativo che legittimi la P.A. ad impossessarsi del suolo altrui, ma anche quanto il provvedimento iniziale (nel caso occupazione temporanea d'urgenza) sia decaduto.

Formula

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA ....

RICORSO

Nell'interesse del Sig. .... (C.F. .... [1]), nato a .... il ..../..../.... residente in .... alla via .... n. .... rappresentato e difeso dall'Avv. .... (C.F. ....) [2], con domicilio eletto in .... alla via .... n. .... presso lo studio dell'Avv. .... giusta procura in calce al presente atto e reso su foglio separato, dichiarando di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui all'art. 136, comma 1, c.p.a., anche al seguente numero di fax .... [3], ovvero al seguente indirizzo PEC ....@.... [4],

CONTRO

Consorzio per lo sviluppo industriale di .... in persona del legale rapp.te p.t.

AVVERSO E PER L'ANNULLAMENTO

del provvedimento emesso dal Prefetto di.... in data .... prot. n. .... notificato in data .... con cui ....;

nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.

FATTO

 Il Sig. .... è proprietario sin dal .... di un terreno sito in .... alla Via ....;

 In data .... il terreno fu oggetto di un decreto prefettizio di occupazione temporanea (emesso nel .... con scadenza al ....) nell'ambito di una procedura espropriativa per la realizzazione di una strada di collegamento tra il porto di .... marina e l'agglomerato industriale di .... posta in essere dal Consorzio per lo sviluppo industriale di ....;

 In data .... il suddetto Consorzio per lo sviluppo industriale di .... costruiva un manufatto sul terreno di proprietà dell'odierno attore;

 Il decreto di esproprio però non è mai stato emanato, dunque, non vi è mai stato il trasferimento della proprietà in capo all'autorità espropriante;

Alla luce di quanto esposto, sussiste la responsabilità della Pubblica Amministrazione per i danni subiti dall'attore sulla scorta dei seguenti motivi in

DIRITTO

Nel caso di specie, l'odierno attore ha provato la titolarità del bene mediante il deposito dell'atto di provenienza dell'immobile del ....;

L'occupazione del suolo privato è ancora in atto e, dopo il decreto prefettizio scaduto, non è mai intervenuto alcun titolo giustificativo;

È di palmare evidenza, dunque, l'illegittimità della costruzione e conseguente esclusione di qualunque effetto acquisitivo della proprietà o di altro diritto sull'area in capo al Consorzio.;

Data la persistenza del diritto di proprietà in capo all'odierno attore deriva l'inquadramento del risarcimento alla perdita di disponibilità del bene, a partire dalla cessazione della occupazione legittima sino all'attualità;

La giurisprudenza della Corte di Cassazione è ormai consolidata nel ritenere che«Nel giudizio di risarcimento dei danni derivati ad un bene immobile da un illecito comportamento del convenuto, atteso che oggetto della pretesa azionata è, non già il diretto e rigoroso accertamento della proprietà del fondo, bensì l'individuazione del titolare del bene avente diritto al risarcimento, non è richiesta la prova rigorosa della proprietà (cd. probatio diabolica), potendo il convincimento del giudice in ordine alla legittimazione alla pretesa risarcitoria formarsi sulla base di qualsiasi elemento documentale e presuntivo sufficiente ad escludere un'erronea destinazione del pagamento dovuto» [5].

Principio che è stato affermato anche in riferimento specifico alla occupazione da parte della Pubblica Amministrazione [6].

Per quanto concerne il tema di danno da occupazione illegittima di un immobile, la giurisprudenza della Corte di legittimità ricorre alla categoria del dannoin re ipsa.

Ricollega, dunque, il danno alla perdita di disponibilità del bene, la cui natura è naturalmente fruttifera, e alla impossibilità di conseguire l'utilità da esso ricavabile nell'esercizio delle facoltà di godimento e disponibilità, insite nel diritto dominicale.

Alle medesime conclusioni perviene la giurisprudenza amministrativa [7].

Il ricorrente si riserva di proporre motivi aggiunti di ricorso a seguito del deposito in giudizio da parte dell'amministrazione degli atti del procedimento.

In via istruttoria si chiede che il giudice acquisisca dall'amministrazione tutti gli atti del procedimento e, in particolare, i seguenti atti e documenti, non in possesso del ricorrente:

In via istruttoria si chiede che il giudice assuma i seguenti mezzi di prova:

....

Si allegano i seguenti atti:

- copia del provvedimento impugnato;

- istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito;

- nota spesa e parcella del difensore;

- documenti di cui il ricorrente intende avvalersi in giudizio: ....

P.Q.M.

Si chiede l'annullamento dell' atto impugnato, nonché accertare e dichiarare la responsabilità del per le ragioni tutte di cui al presente atto, nei confronti del Sig. .... per i danni subiti e per l'effetto, condannare il Consorzio industriale di .... al risarcimento dei danni sofferti dal Sig. .... quale conseguenza immediata e diretta del dedotto inadempimento, che si quantificano in complessivi Euro .... oltre interessi, ovvero in via subordinata, condannare la convenuta al pagamento in favore del Sig. .... diversa somma che il Tribunale adito dovesse ritenere comunque dovuta ed accertata a titolo di risarcimento del danno, se del caso anche a mezzo CTU estimativa ovvero, in via di estremo subordine, in via equitativa ed infine condannarsi, infine, il Consorzio industriale di .... alla refusione delle spese e competenze del presente giudizio, oltre accessori nella misura di legge

Luogo e data ....

Firma Avv. .....

PROCURA AD LITEM

Il sottoscritto Sig. .... (C.F. ....), nato a .... il .... e residente in .... alla Via .... informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, con la presente conferisco incarico all'Avv. .... (C.F. ....) a rappresentarmi e difendermi nel giudizio da promuovere dinanzi al Giudice di Pace / Tribunale di .... ivi comprese le fasi esecutive e di impugnazione che da questo conseguono, con ogni più ampia facoltà di legge; a tal uopo conferisco, altresì, al nominato procuratore ogni facoltà di legge, comprese quelle di conciliare, incassare, quietanzare, rinunziare e transigere, con promessa di rato e fermo del suo operato; lo autorizzo, infine, al trattamento dei miei dati personali, conformemente alle norme del d.lgs. n. 196/2003 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Eleggo domicilio presso il suo studio in .... alla Via .... n. ....

Luogo e data ....

Sig. ....

È autentica

Firma Avv. ....

[1] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., dalla l. n. 111/2011).

[2] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla l. n. 24/2010.

[3] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45 bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[4] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45 bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014.

[5] Cfr. da ultimo, Cass., n. 18841/2016.

[6] Cfr. Cass., n. 10294/2002; Cass., n. 7904/2012

[7] Cfr. da ultimo Cons. St. IV, n. 4636/2016.

Commento

L'art. 42 T.U. Espropriazioni: l'acquisizione sanante e il superamento della cd. occupazione acquisitiva.

L'art. 42 T.U. Espropriazioni recita ai primi tre commi: “1. Valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest'ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene. 2. Il provvedimento di acquisizione può essere adottato anche quando sia stato annullato l'atto da cui sia sorto il vincolo preordinato all'esproprio, l'atto che abbia dichiarato la pubblica utilità di un'opera o il decreto di esproprio. Il provvedimento di acquisizione può essere adottato anche durante la pendenza di un giudizio per l'annullamento degli atti di cui al primo periodo del presente comma, se l'amministrazione che ha adottato l'atto impugnato lo ritira. In tali casi, le somme eventualmente già erogate al proprietario a titolo di indennizzo, maggiorate dell'interesse legale, sono detratte da quelle dovute ai sensi del presente articolo.

3. Salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, l'indennizzo per il pregiudizio patrimoniale di cui al comma 1 è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l'occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell'articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l'interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma”.

La norma attiene all'istituto, introdotto dall'art. 34 comma 1, d.l. n. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 111/2011 a seguito della declaratoria di incostituzionalità dell'art. 43 T.U. Espropriazioni, che consente all'Amministrazione, in caso di occupazione usurpativa (ovvero nata in assenza di provvedimento abilitativo) o divenuta tale (per annullamento, caducazione o scadenza dei titoli provvisori) dei fondi dei privati destinati all'utilizzo per esigenze pubbliche, di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, facendo venire meno la situazione di occupazione sine titulo dell'immobile, mediante l'adozione di un provvedimento di acquisizione sanante, nel rispetto delle prescrizioni stabilite dalla norma.

A mezzo di tale istituto, infatti, deve ritenersi definitivamente superato l'istituto di elaborazione pretoria dell'occupazione appropriativa (o accessione invertita), secondo il quale la realizzazione di un'opera pubblica, con la conseguente irreversibile trasformazione dell'area (illegittimamente) utilizzata, comportava la perdita del diritto di proprietà da parte dell'intestatario del bene e il conseguente acquisto (a titolo originario) del medesimo da parte della P.A. procedente (cfr. T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 4452/2016).

Nel superamento del precedente approdo giurisprudenziale, un ruolo fondamentale hanno avuto la Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, secondo la quale, indipendentemente dalla natura dell'occupazione (appropriativa o usurpativa), un comportamento contra legem (illegittimo o, addirittura, illecito) non può costituire il presupposto per l'acquisto di un diritto e la realizzazione dell'opera pubblica non costituisce impedimento alla restituzione dell'area illegittimamente occupata (Corte di Strasburgo, 30 maggio 2000, n. 31524/1996).

Si veda, tra le più importanti e significativa pronunce sull'abbandono dell'istituto dell'occupazione appropriativa, la sentenza della Cass. S.U., n. 735/2015, secondo cui “La giurisprudenza della Corte EDU fa... cadere il presupposto della possibilità di affermare in via interpretativa che da una attività illecita della P.A. possa derivare la perdita del diritto di proprietà da parte del privato. Caduto tale presupposto, diviene applicabile lo schema generale degli artt. 2043 e 2058 c.c., il quale non solo non consente l'acquisizione autoritativa del bene alla mano pubblica, ma attribuisce al proprietario, rimasto tale, la tutela reale e cautelare apprestata nei confronti di qualsiasi soggetto dell'ordinamento (restituzione, riduzione in pristino stato dell'immobile, provvedimenti di urgenza per impedirne la trasformazione ecc), oltre al consueto risarcimento del danno, ancorato ai parametri dell'art. 2043 c.c.: esattamente come sinora ritenuto per la c.d. occupazione usurpativa” (nel medesimo senso, ex multis, Cons. St. IV, n. 4193/2015; Cons. St. IV, n. 5189/2012; Cons. St. IV, n. 4650/2012, Cons. St. IV, n. 4970/2011; Cons. St. IV, n. 4833/2011; Cons. St. IV, n. 4408/2011; Cons. St. IV, n. 3331/2011; Cons. St. IV, n. 3561/2011).

L'istituto, dunque, risponde alla ragione di introdurre uno strumento atto ad eliminare la situazione di fatto del tutto contrastante con quella di diritto, derivante dall'occupazione sine titulo di beni immobili appartenenti a privati, ed all'esigenza per cui la P.A. deve tempestivamente adoperarsi per ripristinare una situazione di legalità.

In base a tale norma il privato può, quindi, legittimamente domandare o l'emissione del provvedimento di acquisizione o, in difetto, la restituzione del fondo con la sua riduzione in pristino, fermo il carattere discrezionale della valutazione rimessa alla P.A., anche se l'esercizio di tale potestà non può protrarsi indefinitamente nel tempo, altrimenti l'inerzia della P.A. si tradurrebbe in un illecito permanente

Pertanto, sebbene l'art. 42 bis non contempli un avvio del procedimento ad istanza di parte, deve ritenersi che il privato possa sollecitare la P.A. ad avviare il relativo procedimento e che la P.A. abbia l'obbligo di provvedere al riguardo, essendo l'eventuale inerzia configurabile quale silenzio-inadempimento impugnabile dinanzi al G.A. (Cons. St. IV, n. 1713/2013; Cons. St. VI, n. 5841/2015).

Invero, “Poiché l'art. 42 bis t.u. espropriazioni... non ha previsto un termine per adottare l'atto di acquisizione dell'area occupata ed utilizzata illegittimamente, il giudice amministrativo può condannare l'amministrazione a scegliere, entro un termine fissato, tra l'adozione del provvedimento di acquisizione o la restituzione del bene” (T.A.R. Abruzzo, (L'Aquila) I, n. 340/2015).

Tuttavia, l'adozione dell'atto di acquisizione ex art. 42 bis costituisce extrema ratio ed è praticabile solo quando siano state escluse, all'esito di una effettiva comparazione di contrapposti interessi privati, altre opzioni, compresa la cessione volontaria mediante atto di compravendita, e non sia ragionevolmente possibile la restituzione, totale o parziale, del bene, previa riduzione in pristino, al privato illecitamente inciso nel suo diritto di proprietà (Cons. St. IV, n. 4696/2014).

Il diritto al risarcimento dei danni. La rinuncia del privato alla restituzione del bene.

Ciò premesso, in ordine al fondamento dell'art. 42 bis T.U. Espropriazioni, se ne deduce che “In mancanza di un titolo idoneo al trasferimento della proprietà (decreto di esproprio, contratto o provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis, T.U. Espropri, usucapione), deve essere affermata la permanenza della situazione di illiceità in cui il versa il Comune, per far cessare la quale il Comune stesso è tenuto a restituire l'area illegittimamente occupata, provvedendo alla sua rimessione nel pristino stato, fatta salva tuttavia la possibilità da parte dell'Amministrazione Comunale di verificare la sussistenza dei presupposti per l'emanazione di un provvedimento di acquisizione sanante, ai sensi dell'art. 42 bis, d.P.R. n. 327/2001 e s.m.i. (non è di ostacolo all'applicazione dell'art. 42 bis, citato il fatto che l'occupazione sia avvenuta antecedentemente all'emanazione della predetta disposizione normativa, atteso che il comma 8 del'art. 42 bis, d.P.R. n. 327/2001 e s.m.i. ne estende l'applicazione anche ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore), provvedendo in tal caso al risarcimento in favore del privato del danno patrimoniale da determinarsi nella misura del valore venale dell'area alla data di emissione del provvedimento di acquisizione sanante, del danno non patrimoniale da determinarsi nella misura del 10% del valore venale dell'area occupata, del danno ulteriore costituito dal deprezzamento del fondo residuo” (T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 4/2015).

La permanenza della situazione di illiceità corrisponde anche al mantenimento in capo al privato della titolarità del fondo ai fini tributari e ciò fino alla completa ultimazione della procedura di espropriazione semplificata di cui all'art. 42 bis, d.P.R. n. 327 del 2001 tanto che il primo, pertanto, non può successivamente chiederne il rimborso all'Amministrazione (Corte appello Napoli II, 19/09/2019, n.4559).

La proposizione della sola domanda di risarcimento per equivalente, anche a seguito di rinuncia alla domanda restitutoria, non può costituire un implicito atto di rinuncia del diritto di proprietà.

Infatti, la configurazione dell'azione risarcitoria alla stregua di negozio unilaterale con effetto abdicativo nei confronti del precedente proprietario non rende ragione, per la stessa natura di atto unilaterale del negozio, dell'effetto ulteriore che dovrebbe conseguire all'atto di rinuncia della proprietà, vale a dire l'acquisto in capo all'Amministrazione della proprietà stessa, “essendo, peraltro, tale configurazione in contrasto con lo stesso principio di tipicità dei modi di acquisto della proprietà di cui all'art. 922 c.c.” (cfr. Cons. St. Ad. plen., n. 2/2016; nello stesso senso, tra le tante T.A.R. Sicilia (Catania) II, n. 755/2015 per cui, “Nell'ipotesi in cui alla dichiarazione di pubblica utilità non abbia fatto seguito l'emanazione di tempestivi decreti di esproprio, in base all'attuale quadro normativo l'Amministrazione ha l'obbligo giuridico di far venir meno l'occupazione sine titulo e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, restituendo l'immobile al legittimo titolare dopo aver demolito quanto ivi realizzato, atteso che la realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato costituisce un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto e come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, in quanto tale trasferimento può dipendere solo da un formale atto di acquisizione dell'Amministrazione, mentre deve escludersi che il diritto alla restituzione possa essere limitato da altri atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà o da altri comportamenti, fatti o contegni”; T.A.R. Lazio (Roma) II, n, 10767/2016).

In definitiva, ai sensi dell'art. 42 bis, d.P.R. n. 327/2001, l'acquisizione sanante comporta il passaggio del diritto di proprietà sotto condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute a titolo di a) danno patrimoniale, da determinarsi nella misura del valore venale dell'area alla data di emissione del provvedimento di acquisizione sanante; b) danno non patrimoniale (nella misura del 10% del valore venale dell'area occupata); c) danno da occupazione illegittima (da quantificarsi nella misura del 5% annuo del valore venale delle aree occupate), dall'inizio del periodo di occupazione illegittima fino a quella di adozione del provvedimento traslativo (T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 1252/2017), il risarcimento del danno assurgendo addirittura a condizione del trasferimento della proprietà dal privato alla Pubblica Amministrazione.

La misura del danno anche in caso di restituzione del bene.

La misura dei danni da liquidarsi al privato, in conseguenza del provvedimento di acquisizione sanante, è prevista per legge (art. 42 comma 2 bis T.U. Espropriazioni), si distingue in liquidazione del danno patrimoniale e non patrimoniale, ed è in entrambi casi commisurato al valore venale del bene, incorrendo, in caso contrario, la P.A. in una violazione amministrativa (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 18 febbraio 2016, n. 47).

Per la liquidazione del risarcimento del danno, collegato al mancato godimento del bene dalla data dell'occupazione e sino all'effettiva restituzione, ove l'Amministrazione scelga tale modalità per ristabilire la legalità a seguito dell'illecito, può farsi applicazione equitativa dei criteri risarcitori dettati dall'art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, il quale, pur fissando una disciplina speciale in tema di espropriazioni senza titolo di un bene privato, non ha inteso discostarsi dai principi civilistici in tema di risarcimento del danno, “dettando una disciplina normativa che chiaramente è volta a favorire e non a sacrificare gli interessi dei proprietari incisi; ne consegue che il risarcimento del pregiudizio patrimoniale va liquidato onnicomprensivamente ed all'attualità, nel 5% annuo del “valore del terreno”, calcolato ai sensi e nelle forme indicate dallo stesso articolo 42-bis, dalla data di occupazione e fino all'effettiva restituzione dei terreni, mentre il pregiudizio non patrimoniale viene stimato, sempre onnicomprensivamente ed all'attualità, nel 10% dello stesso valore, da corrispondere non su base annua, ma una tantum” (cfr. Cons. St. IV n. 5844/2011; Cons. St. IV, n. 3929/2016; contra T.A.R. Puglia (Bari) I, n. 1/2016).

Si intende, in ogni caso, che “Ai fini della determinazione del valore venale del bene, da valutarsi unicamente per definire il parametro di determinazione del danno patrimoniale da illegittima occupazione (pari al 5%), l'ente comunale deve tenere conto della destinazione urbanistica dell'area e utilizzare il metodo di stima diretta (o sintetica), che consiste nella determinazione del più probabile valore di mercato di un bene mediante la comparazione di valori di beni della stessa tipologia di quello oggetto di stima (atti di compravendita di terreni finitimi e simili), avuto riguardo anche alle indicazioni delle ricorrenti quanto alla stima e all'accertamento del valore di mercato per suoli limitrofi con riferimento alla sentenza depositata” (T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 4152/2016) e ciò in ossequio “con i principi che informano l'attività espropriativa della Pubblica amministrazione, a fronte della quale il diritto al giusto indennizzo da parte del titolare dei diritti dominicali esistenti sul suolo ablato deve essere rapportato necessariamente al valore degli immobili come desunto dal loro stato e dalla condizione esistenti al tempo dell'espropriazione” (cfr. Cons. St. IV, n. 5163/2015).

In ipotesi di più comproprietari, “L'espropriazione o l'occupazione illegittima non implica solidarietà attiva in un unico credito risarcitorio, ma comporta l'insorgenza dell'autonomo diritto di ciascuno di detti comproprietari al ristoro del pregiudizio verificatosi nel rispettivo patrimonio, e la possibilità per ciascuno di essi di agire in giudizio per il risarcimento del danno nei limiti della quota di comproprietà del bene”

(T.A.R. Sicilia (Palermo), n. 2831/2016).

Per il caso di procedimento inizialmente assistito da dichiarazione di pubblica utilità, e successivamente divenuto illegittimo per la mancata emanazione del decreto di esproprio nel termine di legge,   l'inefficacia di detta dichiarazione opera ex nunc, non verificandosi alcun travolgimento "ex post" delle attività legittimamente compiute dalla P.A. sulla base del decreto di occupazione e in pendenza del termine di efficacia della dichiarazione di p.u. Ne consegue che al privato è dovuta l'indennità di occupazione legittima a far data dall'immissione in possesso nel bene fino alla perdita di efficacia della dichiarazione di p.u., che determina in ogni caso la sopravvenuta carenza di potere ablatorio della P.A. (Cass. I, n.16509/2019).

Il vaglio positivo della Corte costituzionale: la sentenza n. 71 del 2015

La Corte Costituzionale ha avallato la formulazione dell'art. 42 bis T.U. Espropriazioni.

Invero, la stessa ha assunto che “Deve escludersi altresì la disparità di trattamento tra la quantificazione dell'indennizzo ai sensi della impugnata disposizione e l'indennità dovuta per l'espropriazione in via ordinaria dello stesso immobile, atteso che la norma attribuisce al privato proprietario il diritto ad ottenere il ristoro del danno patrimoniale nella misura pari al valore venale del bene (così come accade per l'espropriazione condotta nelle forme ordinarie), oltre ad una somma a titolo di danno non patrimoniale, quantificata in misura pari al 10 per cento del valore venale del bene, mentre il riferimento al "valore venale del bene" consente di ritenere riconducibili ad esso anche le somme corrispondenti al valore delle colture effettivamente praticate sul fondo e al valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati e di tenere conto, nell'ipotesi di espropriazione parziale, della diminuzione di valore del fondo residuo. Quanto all'indennità dovuta per il periodo di occupazione illegittima antecedente al provvedimento di acquisizione, essa viene determinata in base ad un parametro riduttivo rispetto a quello cui è commisurato l'analogo indennizzo per la (legittima) occupazione temporanea dell'immobile, ma il comma 3 della norma impugnata contiene una clausola di salvaguardia, in base alla quale viene fatta salva la prova di una diversa entità del danno. La violazione del principio di eguaglianza è insussistente anche quanto alla mancata previsione di un termine per l'esercizio del potere riconosciuto alla p.a., in quanto il privato può reagire all'inerzia della p.a. autrice dell'illecito o mediante il procedimento di messa in mora, per poi impugnare l'eventuale silenzio-rifiuto dell'amministrazione, o chiedendo al g.a. di assegnare all'amministrazione un termine per scegliere tra l'adozione del provvedimento di cui all'art. 42 bis e la restituzione dell'immobile. Infine è insussistente la violazione del principio di ragionevolezza rispetto alla previsione dell'indennizzo, come tale non rivalutabile, piuttosto che del risarcimento del danno, in quanto l'indennizzo è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene e con riferimento al momento del trasferimento della proprietà di esso, sicché non vengono in considerazione somme che necessitano di una rivalutazione” (sentenze Cass., n. 138/1981, Cass., n. 1130/1988, Cass., n. 237/2007, Cass., n. 20/2009, Cass., n. 15/2012, Cass., n. 85/2013, Cass., n. 155/2014, Cass., n. 235/2014; Cass. ord., n. 109/2004, Cass., n. 213/2005, Cass., n. 180/2007, Cass., n. 41/2009, Cass., n. 244/2009, Cass., n. 32/2013).

La stessa ha dichiarato la conformità a Costituzione del sistema anche nella parte propriamente relativa alla quantificazione del risarcimento, vista la presenza di una clausola di salvaguardia che consente la prova del maggior danno (cfr. “In tema di indennità dovuta per il periodo di occupazione illegittima antecedente al provvedimento di acquisizione, è vero che essa viene determinata in base ad un parametro riduttivo rispetto a quello cui è commisurato l'analogo indennizzo per la (legittima) occupazione temporanea dell'immobile, ma il comma 3 dell'art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) contiene una clausola di salvaguardia, in base alla quale viene fatta salva la prova di una diversa entità del danno. La disciplina in questione, pertanto, non viola il principio di uguaglianza”).

Illecito permanente e prescrizione

Il danno da occupazione illegittima si ricollega ad una condotta antigiuridica con carattere permanente, in quanto si protrae nel tempo e dà luogo ad una serie di fatti illeciti, a partire dall'iniziale apprensione del bene, con riferimento a ciascun periodo in relazione al quale si determina la perdita di detti frutti, con la conseguenza che in ogni momento sorge per il proprietario il diritto al risarcimento del danno già verificatosi e, nello stesso momento, decorre il relativo termine di prescrizione quinquennale; pertanto, il diritto al risarcimento dei danni rimane colpito dalla prescrizione per il periodo anteriore al quinquennio precedente la proposizione della domanda, anche qualora i frutti vengano richiesti secondo il criterio dell'attribuzione degli interessi compensativi sulla somma corrispondente al valore venale dell'immobile; “nel caso di illecito permanente, protraendosi la verificazione dell'evento in ogni momento della durata del danno e della condotta che lo produce, la prescrizione ricomincia a decorrere ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della predetta condotta dannosa, sicché il diritto al risarcimento sorge in modo continuo via via che il danno si produce, ed in modo continuo si prescrive se non esercitato entro cinque anni dal momento in cui si verifica” (Cons. St. IV, n. 4193/2015) .

Resta, inteso, però che, come chiarito nella premessa, la permanenza in capo al privato della proprietà non fa scattare il termine di prescrizione fino alla restituzione del bene (anche in forma di cessione volontaria) o al riconoscimento della proprietà in capo alla P.A. (in forma di acquisizione sanante o di usucapione pubblica alle condizioni supra previste): così si veda la sentenza del T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 3997/2016 (ma sul punto, anche Cons. St. IV, n. 389/2016).

Cass. I,  n.6867/2022 conferma l’orientamento in parola: «l'occupazione illegittima costituisce una condotta antigiuridica configurabile come illecito a carattere permanente, che si protrae nel tempo, a partire dall'iniziale apprensione del bene, e determina un pregiudizio destinato a rinnovarsi continuamente, in relazione alla privazione del godimento ed alla perdita dei frutti dell'immobile, con la conseguenza che il diritto del proprietario al risarcimento sorge in ogni momento, in relazione al danno già verificatosi, e nello stesso momento comincia a decorrere il relativo termine di prescrizione quinquennale, la cui maturazione impedisce il riconoscimento del diritto in questione per il periodo anteriore al quinquennio che precede la proposizione della domanda, a meno che il danneggiato non abbia nel frattempo compiuto validi atti interruttivi».

Responsabilità solidale di più enti

Nell'ipotesi di collaborazione di più enti alla realizzazione di un'opera pubblica, qualora l'occupazione risulti "ab initio" illegittima (nella specie, in ragione dell'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità per mancata indicazione dei termini), tutta l'attività svolta nel corso dell'occupazione, da chiunque esplicata, risulta illegittima, ove causalmente collegata al danno, nonché fonte di responsabilità per gli enti autori, i quali sono tenuti al risarcimento, ai sensi degli artt. 2043 e 2055 c.c., avendo perseverato nell'occupazione del terreno e nella costruzione dei manufatti, pur essendo (o dovendo ritenersi) a conoscenza della illegittimità del loro comportamento, a prescindere dal fatto che l'opera eseguita rientri, o meno, nel patrimonio dell'autore della condotta illecita (cfr. Cass. I, n. 1814/2000; Cass. I, n. 1870/2016).

Anche per la giurisprudenza amministrativa, “Si configura la responsabilità solidale tra delegante e delegato nel caso in cui la P.A. abbia non solo affidato ad altro soggetto la realizzazione dell'opera pubblica, ma anche delegato lo stesso per lo svolgimento delle procedure espropriative, in caso di danni cagionati all'espropriato per occupazione illegittima, quante volte vi siano elementi idonei a evidenziare un concorso di colpa fra di essi (anche solo per omesso controllo del primo sul secondo), e salva la diversa conclusione cui può pervenirsi sulla base di concreti e specifici elementi che escludano la responsabilità dell'uno o dell'altro dei predetti soggetti (Nel caso di specie veniva condannata, assieme alla società che aveva realizzato l'intervento di trasformazione, la P.A. che aveva delegato detto intervento che ha comportato un'occupazione illegittima)” (Cons. St. IV, n. 3416/2016).

QUESTIONI DI GIURISDIZIONE

Quanto, poi, al riparto di giurisdizione nella materia del risarcimento dei danni da occupazione illegittima, salvo il caso dell'occupazione ab origine sine titulo che rientra nella giurisdizione del G.O., le controversie aventi ad oggetto le domande volte ad ottenere la declaratoria della perdurante illegittimità dell'occupazione del fondo di proprietà della ricorrente, la condanna dell'Amministrazione alla restituzione dello stesso e al risarcimento del danno subito per il periodo di occupazione illegittima rientrano nella giurisdizione amministrativa esclusiva del G.A. (cfr. T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 1252/2017 per cui “sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva tutte le controversie nelle quali si faccia questione di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti, anche se il procedimento all'interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo e formale atto traslativo della proprietà”; cfr. anche T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 904/2014; T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 5892/2014; Cons. St. IV, n. 2113/2011; Cass. S.U., n. 12179/2015).

È stato, altresì, puntualizzato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite che “Rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, istituita dalla l. n. 205 del 2000, art. 7, e ribadita dall'art. 133, comma 1, lett. g), c.p.a., le occupazioni illegittime preordinate all'espropriazione attuate in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto e alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano e tutte quelle in cui l'esercizio del potere si è manifestato con l'adozione della dichiarazione di pubblica utilità, pur se poi l'ingerenza nella proprietà privata e/o la sua utilizzazione, nonché la sua irreversibile trasformazione, sono avvenute senza alcun titolo che le consentiva, ovvero malgrado detto titolo sia stato annullato dalla stessa autorità amministrativa che lo aveva emesso oppure dal giudice amministrativo; appartiene, invece, alla giurisdizione ordinaria la cognizione dei comportamenti posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto” (Cass. S.U., n. 25044/2016).

Invece, “sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, e non di quello amministrativo, nella controversia proposta dal privato proprietario di un fondo per l'annullamento della delibera con la quale la Pubblica amministrazione, che lo aveva illegittimamente occupato, ne ha disposto l'acquisizione sanante ex art. 42 bis, d.P.R. n. 327/2001, ove la controversia attenga esclusivamente alla quantificazione dell'importo dovuto in applicazione di detto articolo, non venendo in contestazione l'utilizzo, da parte dell'Amministrazione, di tale strumento né la legittimità dello stesso in relazione alla sussistenza dei presupposti normativamente previsti per la emanazione di un provvedimento di acquisizione sanante” (Cons. St. IV, n. 1778/2017).

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