Memoria di costituzione per danno da ritardo della pubblica amministrazioneInquadramentoL'atto ha ad oggetto una memoria di costituzione nell'interesse di una P.A., in un giudizio amministrativo instaurato da un soggetto privato per ottenere il risarcimento dei danni cagionati dal ritardo dell'Amministrazione nell'adozione di un provvedimento. FormulaTRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER .... [1] SEZIONE ....R.G. ....UDIENZA .... MEMORIA DI COSTITUZIONE [2] PER Regione ...., C.F. [3] /P.I. ...., in persona del legale rapp.te p.t., dom.to per la carica in ...., via ...., rapp.ta e difesa, in virtù di delibera di Giunta n. ...., del ...., protocollo ...., e con mandato a margine/in calce al presente atto, dall'Avv. ...., C.F. ...., con il quale elett.te domicilia in ...., via .... Si dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax ...., ovvero all'indirizzo PEC .... [4], -resistente- CONTRO Società ...., C.F./P.I. ...., in persona del legale rapp.te p.t., con l'Avv. .... -ricorrente- FATTO Con ricorso notificato il ...., depositato il ....la società ricorrente assumeva: — di aver domandato in data .... il rilascio di un'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio nel territorio di .... di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica di potenza nominale pari a ....(doc. 1); — la Regione, con nota del .... (doc. 2), aveva chiesto l'integrazione della documentazione già prodotta; nota riscontrata dalla ricorrente il ....(doc. 3); — la Regione, con nota del .... (doc. 4), aveva comunicato l'avvio del procedimento e, con successiva nota del .... (doc.5), aveva convocato, per il giorno ...., la prima riunione della conferenza di servizi; — la ricorrente, con domanda del .... (doc. 6), aveva richiesto alla Provincia di .... la verifica dell'assoggettabilità a VIA dell'intervento proposto e, con nota del .... (doc. 7) aveva trasmesso alla Regione una variante al progetto definitivo nonché ulteriore documentazione; — il Comune di Taranto aveva rilasciato il proprio parere paesaggistico il ....(doc. 8). Tanto premesso chiedeva di accertarsi l'inadempimento della Regione .... al proprio obbligo generale di conclusione del procedimento di cui alla l. n. 241/1990, art. 2, comma 1, e all'obbligo di concludere nel termine di cui al d.lgs. n. 387/2003, art. 12, il procedimento avviato con istanza di autorizzazione unica protocollata agli atti del servizio industria ed industria energetica in data ...., nonché la condanna della stessa Regione al risarcimento del danno da ritardo ex art. 30 d.lgs. n. 104/2010, art. 2 bis l. n. 241/1990, per violazione del termine i cui al d.lgs. n. 387/2003, art. 12. Con il presente atto si costituisce la Regione ...., in persona del legale rapp.te p.t., la quale preliminarmente rileva che, con nota del .... (doc. 9), comunicava il preavviso di rigetto ex l. n. 241/1990, art. 10 bis, e con successiva nota del .... (doc. 10) comunicava il diniego al rilascio dell'autorizzazione unica. Pertanto, chiede rigettarsi il ricorso, in quanto inammissibile, improcedibile ed infondato, per le seguenti ragioni in DIRITTO 1. Cessata materia del contendere in ordine alla violazione dell'obbligo di cui alla l. n. 241/1990, art. 2, comma 1, e all'obbligo di concludere il procedimento nel termine di cui al d.lgs. n. 387/2003, art. 12. Invero, così come premesso, la Regione ...., successivamente al ricorso, comunicava alla ricorrente il definitivo provvedimento di diniego; in tal modo, è onere di controparte impugnare il citato ultimo provvedimento, attraverso motivi aggiunti, qualora ritenesse lo stesso illegittimo. IN ORDINE ALLA DOMANDA RISARCITORIA PER RITARDO 2. Com'è noto la l. 69/2009 ha introdotto con l'art. 2-bis (l. n. 241/1990) una disciplina sul danno da ritardo stabilendo che le pubbliche amministrazioni sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento (comma 1). Sul punto, è stato chiarito che il tempo è un bene della vita per il cittadino e che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell'attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica. In particolare, è stato evidenziato che il danno risarcibile non sarebbe più legato al mancato guadagno sofferto a causa del mancato rilascio del provvedimento favorevole, ma discenderebbe dal tempo perduto e dall'incertezza prodottasi a causa dell'inosservanza, dolosa o colposa, del termine di conclusione del procedimento. Ciò sul presupposto che la certezza ed il rispetto dei tempi dell'azione amministrazione costituiscano un autonomo bene della vita, sul quale il privato, tanto più se operatore economico, debba poter fare ragionevole affidamento al fine di autodeterminarsi ed orientare la propria libertà economica [5]. È da evidenziare comunque che l'esistenza del danno non può presumersi iuris tantum, cioè non deriva direttamente dal ritardo nell'adozione del provvedimento, ma è comunque necessario che il danneggiato provi tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda, ossia oltre al danno, l'elemento soggettivo del dolo o della colpa ed il nesso di causalità tra danno ed evento. In definitiva, il riconoscimento della responsabilità della P.A. per il tardivo esercizio della funzione amministrativa richiede, oltre alla constatazione della violazione dei termini del procedimento, l'accertamento che l'inosservanza delle cadenze procedimentali sia imputabile a colpa o dolo dell'Amministrazione medesima, che il danno lamentato sia conseguenza diretta ed immediata del ritardo dell'Amministrazione, nonché la prova del danno lamentato. Posti questi principi, è da rilevare anzitutto che il danno richiesto non risulta provato. Nel caso in esame, la ricorrente ha depositato una perizia nella quale il danno è stato individuato nella illegittima immobilizzazione delle somme predisposte per la realizzazione dell'intervento in questione. Tuttavia, non è stata data la prova di aver effettivamente immobilizzato le somme individuate, in quanto manca qualsiasi attestazione bancaria in tal senso, ma al contrario dalla perizia emerge che la società non avesse la disponibilità finanziaria per la realizzazione dell'intervento. Ad ogni buon conto, è da rilevare che nella fattispecie in esame non è rinvenibile nemmeno l'elemento soggettivo della colpa dell'amministrazione. È stato precisato, in proposito che la responsabilità dell'amministrazione non è data dalla mera “inosservanza di leggi regolamenti, ordini o discipline”, ma dalla violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero da negligenze, omissioni o anche errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili. La mancata osservanza del termine non dimostra di per sé l'imputabilità del ritardo, potendo la particolare complessità della fattispecie o il sopraggiungere di evenienze non imputabili all'amministrazione escludere l'esistenza della colpa. In particolare, il comportamento dell'amministrazione va valutato unitamente a quello tenuto dal danneggiato, il quale riveste il ruolo di parte essenziale e attiva del procedimento, e in tale veste dispone di poteri idonei ad incidere sulla tempistica e sull'esito del procedimento medesimo, attraverso il ricorso ai rimedi amministrativi e giustiziali riconosciutigli dall'ordinamento giuridico [6]. Posti questi principi, è da rilevare come, nel caso in esame, il danno lamentato dalla ricorrente non sia ascrivibile alla Regione, e questo perché da un lato non è rinvenibile alcuna colpa dell'amministrazione procedente e dall'altro perché il ritardo è stato determinato, in gran parte, dalla condotta della stessa ricorrente. In particolare, la società ricorrente ha chiesto il rilascio dell'autorizzazione unica il .... e la Regione, con nota ...., ha richiesto l'integrazione della documentazione, inviata dalla ricorrente il .... La Regione ha convocato la conferenza di servizi per il .... La ricorrente, con domanda del .... ha richiesto alla Provincia di .... la verifica dell'assoggettabilità a VIA dell'intervento proposto, intervenuta il .... L'Arpa, il ...., ha chiesto alla ricorrente un'integrazione della documentazione e quest'ultima, il ...., ha trasmesso una variante al progetto originario, individuando una modifica al tracciato dell'elettrodotto. L'Autorità di Bacino, a seguito della modifica del tracciato dell'elettrodotto, ha richiesto alla ricorrente, il ...., “ulteriori approfondimenti sulle problematiche idrauliche”; documentazione inviata dalla ricorrente con note del .... e .... L'autorizzazione paesaggistica è stata richiesta dalla ricorrente il .... CONCLUSIONI Alla luce di tutto quanto sopra evidenziato, voglia l'Ecc.mo Tribunale adito rigettare il ricorso, in quanto inammissibile, improcedibile ed improponibile, nonché infondato in fatto e diritto. IN VIA ISTRUTTORIA si allegano i seguenti documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati presente atto. Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA [1] Dal 1° gennaio 2017 è entrato in vigore il processo amministrativo telematico. A norma del CPA art. 136 tutti i procedimenti iscritti a ruolo dal 1 gennaio 2017 dovranno essere obbligatoriamente depositati in telematico. [2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., dalla l. n. 111/2011). [3] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla l. n. 24/2010. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014. [4] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [5] Cons. St. III, n. 4639/2011. [6] T.A.R. Campania (Napoli) VIII, 26 ottobre 2011, n. 4942. CommentoFondamento e nozioni Il risarcimento del danno da ritardo identifica quelle conseguenze pregiudizievoli per un soggetto privato derivanti dalla mancata, ovvero tardiva adozione di un provvedimento da parte della P.A. Tale tipologia risarcitoria tutela il fattore - tempo e l'affidamento che il privato cittadino, legittimamente, pone a che la P.A. concluda un procedimento amministrativo entro i termini di legge. Invero, il fattore - tempo sortisce indubbio rilievo, altresì, nell'ambito dell'azione amministrativa, laddove mette in correlazione l'esercizio del potere autoritativo della P.A. con i termini di conclusione della relativa cadenza procedimentale. A livello normativo, rileva la previsione di cui all'art. 2 bis, l. n. 241/1990, (conseguenze per il ritardo dell'amministrazione nella conclusione del procedimento), a mente del quale le pubbliche amministrazioni e i soggetti privati che esercitano una pubblica funzione, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. Tale norma ha attribuito definitiva cittadinanza giuridica nel nostro ordinamento alla figura del danno da ritardo nell'azione amministrativa. Prima di tale espressa previsione normativa, la tipologia di pregiudizio in parola era stata riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa, le cui pronunce avevano offerto tutela al privato leso dalla lentezza dell'azione amministrativa. Massima espressione degli orientamenti giurisprudenziali formatisi sul punto, prima dell'entrata in vigore del precitato art. 2-bis, era costituita dalla sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 7/2005, la quale aveva ritenuto risarcibile il danno provocato dall'inerzia della P.A. solo quando emergesse la spettanza del bene della vita che la tempestiva emanazione del provvedimento amministrativo avrebbe garantito. Orbene, a tal riguardo, la generale formulazione del comma 1 dell'art. 2-bis l. n. 241/1990, che ancora il ristoro dei pregiudizi da ritardo al dato fattuale dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo, consente, innanzitutto, la risarcibilità della lesione della situazione giuridica soggettiva attinente al rispetto da parte della P.A. del principio di cui all'art. 2 l. n. 241/1990, non solo nell'ipotesi di mancata conclusione del procedimento (cd. “danno da silenzio”), ma anche nel caso di adozione del provvedimento conclusivo dopo la scadenza del termine fissato ai sensi della disposizione da ultimo citata (cd. “danno da ritardo”). Inoltre, la disposizione normativa in esame, ha indotto la giurisprudenza amministrativa, di contrario avviso rispetto all'orientamento espresso dalla richiamata Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, a ritenere meritevole di tutela anche esclusivamente la situazione giuridica del privato ad ottenere una sollecita definizione della propria istanza, in tal guisa, dunque, ammettendo la risarcibilità del cd. “danno da ritardo puro”, ovvero di quel pregiudizio derivante dalla semplice inosservanza del termine per l'adozione del provvedimento, indipendentemente dall'accertamento relativo alla lesione del bene della vita finale, al cui conseguimento si rivolgeva l'istanza non accolta tempestivamente. In proposito, gli orientamenti giurisprudenziali in parola hanno anche attribuito diversa natura alla situazione giuridica soggettiva tutelata dall'art. 2-bis, l. n. 241/1990, di volta in volta configurata quale interesse legittimo, interesse a carattere procedimentale o, addirittura, quale diritto soggettivo, in ogni caso previo riconoscimento di autonoma dignità e tutelabilità rispetto all'interesse concreto riguardato dal procedimento amministrativo. Invero, è stato osservato che, in caso di domanda risarcitoria proposta in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il bene protetto sarebbe dato proprio dall'interesse all'osservanza del detto termine, bene qualificato ora quale interesse procedimentale, ora in termini di vero e proprio diritto soggettivo, a prescindere dalla fondatezza o meno della pretesa sostanziale fatta valere ovvero, detto in altri termini, dell'interesse legittimo pretensivo di cui si assume titolare il privato (Cons. St. III, n. 4639/2011). In tal caso, dunque, il danno risarcibile non sarebbe più legato al mancato guadagno sofferto a causa dell'omesso rilascio del provvedimento favorevole, ma discenderebbe dal tempo perduto e dall'incertezza prodottasi a causa dell'inosservanza, dolosa o colposa, del termine di conclusione del procedimento. Ciò, in quanto la certezza ed il rispetto dei tempi dell'azione amministrazione assurgono a rango di distinti ed autonomi beni della vita, sui quali il privato deve poter fare ragionevole affidamento al fine di autodeterminarsi ed orientare le proprie scelte (Cons. Giust. Amm. Sic., n. 1368/2010). Ancora, in tale ottica, ulteriori sentenze del giudice amministrativo hanno riconosciuto alla situazione giuridica lesa dal ritardo e/o dall'inerzia dell'azione amministrativa natura di interesse legittimo a vedere definito il procedimento entro i termini di legge. Pertanto, l'ordinamento giuridico avrebbe tipizzato come fattispecie autonoma, rispetto alla lesione del corrispondente interesse legittimo pretensivo, la risarcibilità del pregiudizio da ritardo nella conclusione di un procedimento amministrativo, così definitivamente riconoscendo il rilievo economico del fattore “tempo” quale componente essenziale per la organizzazione ed attuazione di interventi programmati la cui esecuzione resti subordinata ad atti di assenso amministrativi (T.A.R. Campania (Napoli) VIII, n. 4942/2011). In argomento, tuttavia, va segnalato un recente arresto del Consiglio di Stato (Cons. St. V, n. 3920/2016) in cui si afferma che l'art. 2-bis, l. n. 241/1990 debba essere interpretato nel senso che il riconoscimento del danno da ritardo non può restare avulso da una valutazione di merito sulla spettanza del bene sostanziale della vita e che deve essere subordinato (anche) alla dimostrazione che l'aspirazione al provvedimento era probabilmente destinata ad un esito favorevole e, dunque, alla prova della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse. Con riguardo alla natura della responsabilità della P.A. per violazione dei termini di conclusione del procedimento amministrativo, dal tenore letterale della norma di cui all'art. 2-bis, l. 241/1990, in particolare dall'utilizzo delle espressioni “danno ingiusto” ed “inosservanza dolosa o colposa”, può ricavarsi la volontà legislativa di ricondurre la detta responsabilità al modello della responsabilità extracontrattuale (o aquiliana). In argomento, la natura extracontrattuale dell'illecito in oggetto è stata, altresì, riconosciuta dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, la quale, tra l'altro, ha affermato che la richiesta di accertamento del danno da ritardo ovvero del danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento favorevole, se da un lato deve essere ricondotta al danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, per l'ontologica natura delle posizioni fatte valere, dall'altro, in ossequio al principio dell'atipicità dell'illecito civile, costituisce una fattispecie sui generis, di natura del tutto specifica e peculiare, che deve essere ricondotta nell'alveo dell'articolo 2043 c.c.(cfr., ex multis, Cons. St. Ad. Pl., n.7428/2021 che, richiamando Cons. St. Ad. Pl., n.7/2021, chiarisce come “con l'espressione “danno da ritardo” si ha riguardo all'ipotesi in cui l'amministrazione abbia adottato tardivamente il provvedimento richiesto, all'ipotesi in cui il procedimento si sia concluso (tardivamente) con l'emanazione di un provvedimento negativo, o ancora al caso della mera inezia, ossia il caso in cui l'inerzia dell'amministrazione si sia protratta oltre la durata del termine previsto per la conclusione del procedimento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 agosto 2021, n. 5648)”; Cons. St. IV, n. 1406/2013). Dalla qualificazione della responsabilità della PA in termini di responsabilità extracontrattuale, come si espliciterà meglio infra, discende che elemento costitutivo del diritto al risarcimento del danno non è solo la condotta lesiva dell'amministrazione, ma anche l'evento dannoso, il c.d. danno – conseguenza, il nesso di causalità correlante la condotta ad entrambi i danni, e l'elemento soggettivo del dolo e della colpa (unico elemento espressamente richiamato nell'art. 2-bis l. n. 241 del 1990). Pertanto, l'assenza di anche uno solo di tali questi elementi condurrà al rigetto della domanda di condanna al risarcimento, per inconfigurabilità della responsabilità della pubblica amministrazione. Da ciò consegue che la domanda risarcitoria, in ossequio al principio di specificità dei motivi ex art. 40, co. 1, lett. D), dovrà contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione del danno subito e degli altri elementi che integrano la responsabilità amministrativa (cfr. TAR ROMA, V., n.5461/2022). In riferimento all'ambito applicativo della disposizione in esame, e del risarcimento danni ivi previsto, il dato testuale normativo richiede si verta in ambito di attività procedimentalizzate della P.A. Infatti, come ha sostenuto un pacifico orientamento giurisprudenziale sul punto, la risarcibilità dei danni da inerzia della P.A. presuppone che ci si trovi nell'ambito di un procedimento amministrativo, non potendo le norme applicarsi a casi di attività della Pubblica Amministrazione diversa da quella procedimentalizzata, per tale intendendosi quella attività caratterizzata dalla presenza di un potere amministrativo da esercitare e destinata a concludersi, all'esito di una determinata cadenza procedimentale, con l'emanazione di un provvedimento autoritativo. Ne discende che non ricorre alcuna ipotesi di procedimento amministrativo né vi sono provvedimenti da emanare a conclusione del medesimo, con conseguente inoperatività della fattispecie dei danni da ritardo, nelle ipotesi di mera attività materiale (Cons. St. IV, n. 2638/2014). Elementi dell'illecito Come anticipato, nella configurazione della struttura dell'illecito aquiliano per inosservanza dei termini di conclusione di un procedimento amministrativo, il sopracitato art. 2-bis, l. n. 241/1990 si riferisce espressamente al solo danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inerzia, dolosa o colposa, della P.A. nell'adozione di un provvedimento amministrativo. Logico corollario di tale affermazione è che il legislatore, nel prevedere la risarcibilità dei danni da ritardo nell'azione amministrativa, ha escluso la configurabilità di una relativa responsabilità della P.A. di natura oggettiva, all'uopo richiedendo l'imputabilità della condotta illecita, a titolo di dolo o colpa, all'agente pubblico e confermando la natura riparatoria del risarcimento in oggetto, in conformità col generale paradigma di cui all'art. 2043 c.c., cui l'art. 2-bis in oggetto si richiama quanto alla connotazione dolosa o colposa della condotta della P.A., nonché per quanto concerne la necessità che i pregiudizi derivanti da tale condotta siano contraddistinti dal carattere di ingiustizia. Pertanto, l'accertamento della responsabilità della Pubblica Amministrazione per il tardivo esercizio della funzione amministrativa non può ricollegarsi, quale effetto automatico, alla mera constatazione della violazione dei termini del procedimento. A tal riguardo occorre, inoltre, che l'inosservanza dei termini procedimentali sia imputabile a colpa o dolo dell'Amministrazione medesima e che da tale inosservanza sia derivato un danno, il quale si ponga, in tal modo, come conseguenza diretta ed immediata del ritardo della P.A. Per quanto attiene, più da vicino, agli elementi costitutivi di tale tipologia di illecito, la giurisprudenza amministrativa consolidata ha sostenuto che la colpa della Pubblica Amministrazione è data dalla violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, cioè da negligenze, omissioni o anche errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili (ad esempio, indici sintomatici della colpa della P.A. si rinvengono nella gravità della violazione, nel carattere vincolato dell'azione amministrativa, nell'univocità della normativa di riferimento). Viceversa, rappresentano fattori idonei ad escludere l'elemento soggettivo della colpa le fattispecie di procedimenti caratterizzati da particolare complessità, la novità della questione di diritto affrontata, la natura dubbia della normativa di riferimento (cfr., ex multis, T.A.R. Campania (Napoli) VIII, n. 4942/2011, e T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 1720/2011). Quanto al nesso di causalità, è stato osservato che, nell'ipotesi di responsabilità della P.A. per illeciti di tipo omissivo, quali quelli in esame, ai fini della sussistenza della responsabilità risarcitoria dell'Amministrazione occorre uno stretto legame tra l'evento dannoso e la condotta omissiva del soggetto pubblico, nel senso il detto evento non si sarebbe evitato neppure adottando il comportamento giuridicamente imposto, in quanto, in caso contrario, l'omissione non potrebbe configurarsi quale causa del danno, che, anche tenendo la condotta attiva normativamente prevista, si sarebbe comunque prodotto (cfr., ex multis, T.A.R. Campania (Napoli) VIII, n. 4942/2011). Dunque, nelle fattispecie di danno da ritardo della Pubblica Amministrazione, occorre aver riguardo al complesso della vicenda nel suo insieme onde verificare l'esistenza e/o l'eventuale concorso di altri fattori causali o concausali che possano aver esplicato efficacia più o meno determinante rispetto alla produzione del danno. In proposito, rileva il comportamento del soggetto che si assume danneggiato dall'inerzia della P.A., la cui condotta assume precipuo rilievo giuridico sia ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c., per il quale il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza, sia, con più specifico riguardo alla materia amministrativa, ai sensi dell'art. 30, comma 3, d.lgs. n. 104/2010, secondo cui, nel determinare il risarcimento, il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti. In tale ottica, la condotta del soggetto privato assume un ruolo essenziale nella ricostruzione della fattispecie dei danni da ritardo nell'azione amministrativa, in quanto, ai sensi della normativa da ultimo citata, tale soggetto deve cooperare con la P.A., non solo per agevolarne l'adempimento, ma anche per non aggravare la sua posizione una volta verificatasi la violazione dell'impegno obbligatorio, a tal fine disponendo di poteri e rimedi giurisdizionali idonei ad incidere sulla tempistica e sull'esito del procedimento amministrativo (Cons. St. Ad. plen., n. 3/2011, e Cons. St. VI, n. 7124/2010). Nella specie, pertanto, onde apprezzare la rilevanza causale del comportamento del soggetto privato nella produzione dei pregiudizi nell'ipotesi di violazione dei termini di conclusione di un procedimento amministrativo, si devono enucleare, nell'ambito dei comportamenti esigibili da un soggetto di media od ordinaria diligenza, le condotte astrattamente idonee per il privato ad impedire il verificarsi dell'evento dannoso, onde accertare se il danno poteva essere evitato attraverso un uso corretto e tempestivo degli strumenti predisposti dall'ordinamento a tutela della propria posizione soggettiva (T.A.R. Campania (Napoli) VIII, n. 4942/2011). Quanto alla proponibilità dell'azione per il risarcimento dell'eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il comma 4 dell'art. 30, d.lgs. n. 104/2010, stabilisce che il relativo termine decadenziale di 120 giorni non decorre fintanto che perdura l'inadempimento, con ciò sancendo la natura permanente dell'illecito de quo. Tuttavia, la norma - in un'ottica di ragionevole contemperamento tra la natura dell'illecito in oggetto e le esigenze di certezza delle situazioni giuridiche soggettive riguardate dall'azione amministrativa, al fine di evitare che rimangano sine die assoggettabili ad azione giudiziaria - ha statuito, al secondo periodo, che il detto termine decandenziale comunque decorre trascorso un anno dalla scadenza del termine per provvedere, normativamente assegnato alla P.A. In punto di giurisdizione in tema di danno da ritardo, si è pronunciata la sopracitata Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (15 settembre 2005, n. 7), la quale ha chiarito che si radica la giurisdizione amministrativa per i casi di mancato tempestivo soddisfacimento dell'obbligo della autorità amministrativa di assolvere adempimenti pubblicistici, aventi ad oggetto lo svolgimento di funzioni amministrative. In tali casi, configurandosi il danno da ritardo quale ipotesi di lesione di un interesse legittimo di natura pretensiva, esso ricade per sua intrinseca natura nella giurisdizione del giudice amministrativo. A livello normativo, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. a), n. 1), d.lgs. n. 104/2010, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo (cfr. Cass. S.U.,n. 3099/2022). Risarcimento danni e indennizzo Vale segnalare che la previsione normativa di cui all'art. 2-bis, l. n. 241/1990, dopo aver sancito la risarcibilità dei danni ingiusti cagionati al privato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa dei termini previsti per l'adozione di un provvedimento amministrativo, al suo comma 1 bis prevede, in consimili ipotesi, altresì, un indennizzo per il soggetto privato. Nel dettaglio, il comma da ultimo citato sancisce che, salvo il diritto al risarcimento danni e ad esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della l. n. 400/1988. In tal caso, le somme corrisposte o da corrispondere a titolo di indennizzo sono detratte dal risarcimento. Dall'analisi complessiva dei due commi in esame risulta che risarcimento danni ed indennizzo ben possono concorrere, allorquando, nel caso concreto, sussistano le condizioni normativamente previste per il riconoscimento di entrambi. Al riguardo, si faccia riferimento all'ultimo periodo del comma 1 bis da ultimo citato, secondo cui, riconosciuto al privato l'indennizzo per l'inerzia della P.A., le somme da corrispondersi a tale titolo vanno detratte da quelle eventualmente spettanti a titolo risarcitorio. Il diritto all'indennizzo in parola sorge per il solo fatto del ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo e con riguardo a quei procedimenti ad istanza di parte ed in relazione ai quali sussiste un obbligo della P.A. di adottare un provvedimento espresso. sul punto, l'esclusione dell'indennizzabilità del ritardo nelle procedure concorsuali si fonda sulla particolare natura e complessità di tali procedimenti, nei quali di frequente può accadere che, per il numero elevato dei candidati e per la molteplicità di atti da adottare, la P.A. non riesca a concluderli nei tempi previsti. L'ulteriore esclusione dell'indennizzabilità relativa alle ipotesi di silenzio qualificato discende dal fatto che, in tali casi, dal decorso del tempo senza che la P.A. si pronunci, la legge fa direttamente derivare la sussistenza di un determinato provvedimento, qualificando in tal modo l'inerzia dell'Amministrazione, che, decorso il termine di legge, anziché perdurare, lascerà il posto al provvedimento amministrativo. In definitiva, l'inosservanza del termine di conclusione procedimentale comporta: in generale, il risarcimento del danno ingiusto, qualora - con dimostrazione del nesso di causalità - questo consegua alla predetta inosservanza colposa o dolosa della Pubblica Amministrazione; nei casi espressamente previsti, il riconoscimento di un indennizzo, il diritto al quale sorge per il solo fatto del superamento del termine e che - ove concorra con la distinta obbligazione risarcitoria - è detratto dalle somme complessivamente riconosciuta a tale ultimo titolo (Cons. St. IV, n. 2638/2014). |