Atto di citazione per la responsabilità della banca per fatto dei dipendentiInquadramentoCon l'atto di citazione, il danneggiato da un fatto illecito posto in essere dal dipendente della banca, in occasione delle attività cui è adibito dall'istituto di credito, chiede all'istituto il risarcimento del danno patrimoniale subito FormulaTRIBUNALE DI ... 1
ATTO DI CITAZIONE
PER Il Sig. ......, nato a ... il ... (C.F. ......) 2 , residente in ..., via/piazza ... n. ..., elettivamente domiciliato in ..., via ..., n. , presso lo studio dell'Avvocato 3 ..., C.F. ... 4 , fax ... 5 , PEC (presso cui dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui agli artt. 133,134,170 comma 3 e 176 comma 2 c.p.c.) che lo rappresenta e difende in forza di procura alle liti ...... 6 FATTO 1.in data ... il Sig. ... recandosi presso la filiale della banca ... S.p.A., veniva ricevuto dal Dott. ..., il quale, nella qualità di addetto alla gestione dei titoli, prospettava all'odierno attore, una operazione di finanziamento, presentata come particolarmente lucrosa; 2.il Sig. ..., allettato dalla redditività dell'operazione, aderiva alla proposta del funzionario, versando allo stesso la provvista necessaria alla realizzazione dell'investimento; 3.il funzionario però, contrariamente agli accordi conclusi con il Sig...., non effettuava l'investimento e, nel tentativo di celare la mancata esecuzione dello stesso, versava sul conto corrente dell'investitore una somma di danaro distratta da conti correnti di terzi estranei, ignari della subdola manovra in atto; 4.soltanto a distanza di qualche mese i responsabili dell'istituto di credito si accorgevano dell'inganno e provvedevano a stornare la somma accreditata dal conto corrente del Sig. ...; 5.Con lettera raccomandata a/r l'odierno attore chiedeva alla Banca ... il ristoro di tutti i danni subiti dallo stesso; 6.In data ... è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 del Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito in Legge 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data con raccomandata a/r n. ..., in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità ... 7 ; 7.Tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a) del Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito in Legge 10 novembre 2014, n. 162, come risulta da ... Alla luce di quanto esposto, sussiste la responsabilità della banca ... per i danni subiti dall'attore sulla scorta dei seguenti motivi in DIRITTO 8 Nel caso di specie sussiste la responsabilità dell'istituto di credito ai sensi dell'art. 2049 c.c., infatti la responsabilità oggettiva del datore ai sensi del citato articolo non viene reciso dalla circostanza che il dipendente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, o persino trasgredendo gli ordini ricevuti, purché sempre entro l'ambito delle proprie mansioni. In alcuni casi la giurisprudenza è giunta ad affermare la responsabilità del datore anche nell'ipotesi di illecito commesso dal dipendente con dolo Pertanto, ai fini della sussistenza della presunzione di responsabilità del datore, è sufficiente che l'incombenza svolta dal dipendente abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito ed il conseguente evento dannoso Nel caso di specie è di palmare evidenza la responsabilità dell'istituto di credito circa la riferibilità dell'operato del funzionario infedele alle mansioni in concreto svolte nell'ambito della banca. In particolare l'intera operazione finanziaria si è perfezionata all'interno della banca datrice di lavoro, che, inoltre, aveva fatto proprio l'operato del dipendente omettendo di vigilare sulla provenienza della somma indebitamente accreditata al cliente deceptus e continuando a trasmettere all'interessato i relativi estratti conto. Per quanto sopra, il Sig. ..., come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, con il presente atto CITA La Banca ... (C.F. ...), in persona del legale rapp.te p.t. Dott. ... a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del ....9, ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis, AVVERTE la convenuta che:
per ivi sentire accogliere le seguenti:
CONCLUSIONI 1)accertare e dichiarare la responsabilità della Banca ... per le ragioni tutte di cui al presente atto, nei confronti del Sig. ... per i danni subiti quale conseguenza immediata e diretta della condotta del suo dipendente; 2)per l'effetto, condannare la Banca... al risarcimento dei danni sofferti dal Sig. ..., quale conseguenza immediata e diretta di detta condotta illecita, che si quantificano in complessivi Euro... , oltre interessi, ovvero in via subordinata, condannare la convenuta al pagamento in favore del Sig. ... di quella diversa somma che il Tribunale adito dovesse ritenere comunque dovuta ed accertata a titolo di risarcimento del danno, se del caso anche a mezzo CTU estimativa ovvero, in via di estremo subordine, in via equitativa; 3)condannare, infine, la Banca... alla refusione delle spese e competenze del presente giudizio, oltre accessori nella misura di legge. Con riserva di formulare le istanze istruttorie nei termini di cui all'art. 183 comma 6, c.p.c., che sin d'ora si richiedono. Si depositano i seguenti documenti in copia: 1)messa in mora del ...; 2)invito alla negoziazione assistita del ...; Ai sensi dell'art. 14 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro .... Pertanto l'importo del contributo unificato è di Euro .... 10 Luogo e data... Firma Avv.... [1] La competenza per valore spetta al Giudice di Pace ove la somma richiesta sia inferiore ad euro venticinquemila e la relativa domanda si propone con ricorso chiedendo la fissazione, ai sensi dell'art. 281 undecies comma 2 c.p.c., con decreto emesso entro cinque giorni dalla designazione del Giudice, l'udienza di comparizione delle parti, con concessione del termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza e assegnazione del termine per la costituzione dei convenuti che dovrà avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza, con avvertimento che la mancata costituzione o la costituzione oltre i termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38,167 e 281 undecies, comma 3 e 4 c.p.c., che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali, e che esso convenuto, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che in caso di mancata costituzione si procederà in sua legittima e dichiaranda contumacia . Competente per territorio è il Tribunale o il Giudice di Pace del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora ai sensi dell'art. 18 c.p.c.In alternativa è competente, ai sensi dell'art.20 c.p.c., il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione. Trattandosi di responsabilità per fatto illecito sarà competente il giudice del luogo in cui il danno si è prodotto (forum commissi delicti). [2] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio. [3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., nella legge n. 114/2014. [4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3. [5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata,«Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale ... il contributo unificato è aumentato della metà». [6] La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine della citazione. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico della citazione (art. 16-bis comma 1-bis d.l. n. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: 'giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente atto di citazione ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.'. [7] L'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita è obbligatorio per le domande di pagamento, a qualsiasi titolo, di somme non eccedenti cinquantamila euro, ai sensi dell'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014 n. 132. [8] Il corpo dell'atto di citazione, normalmente introdotto dalla locuzione 'diritto', contiene l'esposizione della causa petendi, cioè dei fatti costitutivi e delle ragioni di diritto poste alla base della domanda. L'art. 164 c.p.c. prevede tale contenuto a pena di nullità dell'atto. [9] Il termine a comparire deve essere non inferiore a 120 giorni se il convenuto è residente in Italia e non inferiore a 150 giorni se è residente all'estero. [10] La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 secondo cui «Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito». L'art. 13, comma 6 del medesimo decreto stabilisce che 'Se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)...'; pertanto, si presume che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento di un contributo unificato più elevato. CommentoLa responsabilità dell'istituto di credito nei confronti del cliente per il danno cagionato da un dipendente si inquadra nell'ampio tema della responsabilitàex art. 2049 c.c. dei padroni e committenti, ma presenta aspetti peculiari che meritano un approfondimento specifico. Per una ricostruzione del quadro normativo di riferimento, oltre alla già menzionata disposizione codicistica, viene in rilievo anche la previsione di cui all'art. 31, comma 3, d.lgs. n. 58/1998-TUIF, per la quale: 'il soggetto abilitato che conferisce l'incarico è responsabile in solido dei danni arrecati ai terzi dal consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede, anche se danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale'. Le fattispecie esaminate dalla giurisprudenza sono disparate, in genere riconducibili a operazioni di investimento, realizzate da promotori, collegati a un istituto di credito o a una società finanziaria o assicurativa, non andate a buon fine per fatto imputabile, a titolo di dolo o colpa, al promotore. Le ragioni della responsabilità dell'istituto di credito, per il danno cagionato dal preposto o da un intermediario nella negoziazione di titoli al cliente, vengono ricondotte, da un lato, al disposto dell'art. 31, comma 3, TUIF, dall'altro, alla violazione di un asserito obbligo di vigilanza sull'agire del proprio promotore o intermediario. Sotto tale profilo, secondo l'orientamento prevalente in giurisprudenza, la Banca sarebbe tenuta a rispondere dell'illecito commesso al proprio dipendente, nello svolgimento delle mansioni affidategli, ai sensi dell'art. 2049 c.c., per il fatto di aver colposamente omesso l'attività di vigilanza richiesta, quanto meno là dove emergono indici che possano far sospettare irregolarità gestionali, secondo canoni di normale diligenza. Un primo aspetto problematico da affrontare è quello della natura del rapporto che deve legare il dipendente alla Banca, al fine del sorgere di una responsabilità di quest'ultima per il danno ascrivibile alla condotta illecita del primo. La Suprema Corte ha più volte affermato che la responsabilità del preponente ex art. 2049 c.c. sorge per il solo fatto dell'inserimento dell'agente nell'impresa, senza che assumano rilievo né la continuità dell'incarico affidatogli, né l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato: basta che il comportamento illecito del preposto sia stato agevolato o reso possibile dalle incombenze a lui demandate dall'imprenditore e che il 'commesso' abbia svolto la sua attività sotto il controllo del primo (ex multis, Cass. n. 10580/2002, Cass. n. 4005/2000). Con specifico riguardo, ad esempio, per non limitare l'indagine al contenzioso nei confronti degli istituti di credito, al caso dell'illecito commesso dall'agente assicurativo, ancorché privo del potere di rappresentanza, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto applicabile l'art. 2049 c.c. e sussistente la responsabilità dell'assicuratrice, reputando irrilevante la sussistenza o meno di un rapporto di lavoro subordinato tra agente e preponente e sufficiente la circostanza che il comportamento illecito dell'agente fosse stato determinato, agevolato o comunque reso possibile dalle incombenze demandategli, su cui l'impresa di assicurazioni aveva la possibilità di esercitare poteri di direttiva e vigilanza (Cass. 14086/2011; Cass. III, n. 3095/2010; Cass. III, n. 14578/2007). La ratio della responsabilità indiretta dell'intermediario è quella, infatti, di tutelare chi abbia rapporti con un soggetto che, in virtù del suo inserimento in una struttura imprenditoriale, crea per ciò stesso, nel cliente, un legittimo affidamento allorché gli proponga l'acquisto di prodotti finanziari riconducibili all'ente preponente, affiancando alla responsabilità diretta del dipendente disonesto quella dell'istituto di credito, dell'impresa assicurativa o comunque dell'intermediario che si è avvalso della sua attività, mettendolo in condizione di provocare un danno al risparmiatore. In coerenza con tali principi, ad esempio, per le attività illecite attuate dal promotore finanziario prima dell'entrata in vigore della legge n. 1/1991, la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto la responsabilità della Banca o della società di intermediazione finanziaria, ove il dipendente o l'agente, pur privo del potere di rappresentanza, avesse avuto il compito di promuovere, per conto dell'istituto di credito o della società, la conclusione di contratti di investimento ed avesse fatto sottoscrivere tali contratti ai risparmiatori, procedendo alla riscossione delle somme da costoro versate (si veda Cass. n. 19166/2005). Si è ritenuto sufficiente, in siffatte ipotesi, che il mandatario si fosse avvalso della sua qualità di rappresentante per consumare l'illecito e che l'attività da lui posta in essere apparisse, al terzo di buona fede, come rientrante nei limiti del mandato. Occorre poi indagare il profilo del nesso causale tra danno subito dal cliente e condotta illecita del dipendente e dell'istituto di credito. Al riguardo la giurisprudenza si è attestata nel ritenere sufficiente la sussistenza di un nesso di occasionalità necessaria tra fatto illecito del preposto ed esercizio delle mansioni a lui affidate, nel senso che le suddette mansioni abbiano reso possibile o agevolato il comportamento produttivo di danno, non rilevando invece che tale comportamento abbia oltrepassato il limite delle mansioni medesime (così (da ultimo, Cass. n. 17681/2016; Cass. n. 6033/2008; Cass. n. 6756/2001, e in giurisprudenza di merito Trib. Palermo, 21 giugno 2016). La nozione di 'occasionalità necessaria' allude dunque alla necessità che il danno sia stato arrecato, se non a causa dello svolgimento delle mansioni affidate al dipendente, almeno in occasione di tali attività. Il requisito dell'occasionalità necessaria è inteso, quindi, in modo estensivo, fino a ritenere imputabili al preponente sia i danni dolosamente causati dal preposto, sia quelli causati esorbitando dalle proprie mansioni, sia quelli causati con violazione delle disposizioni impartite dal preponente, a condizione, come accennato, che la condotta illecita abbia trovato occasione nello svolgimento dell'attività affidata al preposto (cfr. Cass. n. 7348/1994; Cass. n. 2994/1987). Il nesso di occasionalità necessaria si riscontra, in altri termini, ogni qualvolta il fatto lesivo sia stato prodotto, o quanto meno agevolato, da un comportamento riconducibile allo svolgimento dell'attività lavorativa, anche se il dipendente abbia operato oltrepassando i limiti delle proprie mansioni o abbia agito all'insaputa del datore di lavoro. La regola sembra espressione di un criterio di allocazione di rischi, per il quale i danni cagionati dal dipendente sono posti a carico dell'impresa bancaria, come sua specifica componente di costo. Sembra, dunque, essersi affermata la tendenza ad indagare in maniera progressivamente meno restrittiva il nesso di causalità sussistente tra le incombenze svolte dal promotore per conto dell'istituto di credito preponente ed il danno cagionato dal dipendente ai risparmiatori, cosicché il preponente può andare esente da responsabilità solo dimostrando la ricorrenza di circostanze atte ad interrompere il nesso funzionale tra l'attività e le mansioni cui è adibito il preposto. Tale attenuazione del collegamento eziologico tra danno e condotta della banca si spinge fino a ritenere che la circostanza del perseguimento da parte del promotore finanziario esclusivamente di fini di profitto personali non costituirebbe un esimente per l'istituto di credito. Secondo l'opzione interpretativa in questione, la prova che il preposto abbia inteso procurare solo a se stesso uno specifico profitto economico non è sufficiente per mandare esente la banca dalla responsabilità patrimoniale di cui all'art. 31 TUIF, là dove l'espletamento da parte del preposto dell'incarico affidatogli abbia reso comunque possibile o anche solo agevolato la condotta illecita. Per contro, non sarebbe a carico del danneggiato la prova del dolo o della colpa della società o istituto proponente, né tanto meno la prova di aver verificato, facendo uso dell'ordinaria diligenza, la reale esistenza e la riconducibilità all'istituto di credito o all'intermediario finanziario del prodotto venduto (così Cass. n. 18860/2015). Se di regola, dunque, il comportamento doloso del preposto, anche costituente illecito penale, non è idoneo a interrompere il nesso causale fra l'esercizio delle incombenze e il danno, ciò non esclude che date circostanze possano integrare la prova della assoluta estraneità della banca al fatto del promotore, tale da interrompere quel nesso di causalità e da mandare la banca indenne da responsabilità: ciò accade, in particolare, quando la condotta del risparmiatore presenti connotati di "anomalia", intesa in termini, se non di collusione, quanto meno di consapevole e fattiva acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore (cfr. Cass. n. 6829/2011 e Cass. n. 22956/2015, che ha escluso la responsabilità dell'intermediario bancario, considerando, da un lato, l'esistenza di un accordo fra l'investitore ed il dipendente bancario volto a consentire a quest'ultimo una larghissima autonomia operativa, e, dall'altro lato, l'assoluta estraneità della banca al fatto del dipendente, onde le perdite risultanti all'esito delle numerosissime operazioni finanziarie erano derivanti proprio dalla condotta posta in essere dagli stessi investitori; ancora Cass. n. 5020/2014 e Cass. n. 27925/2013, con riguardo rispettivamente ad ipotesi in cui l'investitore aveva intenzionalmente comunicato al promotore i codici di accesso al proprio conto corrente ed in cui il consulente finanziario operava in borsa per conto dei propri clienti senza alcun vincolo di mandato; infine, per Cass. 31453/2022, la responsabilità dell'intermediario per i danni arrecati dai propri promotori finanziari è, tuttavia, esclusa ove il danneggiato ponga in essere una condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore, tra cui quella che vieta la corresponsione quest'ultimo di denaro in contanti da parte dell'investitore”). La condotta colposa del risparmiatore può, ricorrendone i presupposti, ridurre ai sensi dell'art. 1227 c.c., la responsabilità risarcitoria dell'istituto di credito o dell'intermediario. In giurisprudenza si registra comunque un atteggiamento di particolare rigore nell'applicazione della responsabilità ex art. 2049 c.c. proprio allorché il preponente sia un istituto di credito, «in considerazione della peculiare natura dell'attività di raccolta del risparmio e di esercizio del credito, dei controlli e dei vincoli pubblicistici oltre che della conseguente particolare intensità dell'affidamento del cliente in ordine alla correttezza e lealtà dei comportamenti dei preposti alle singole funzioni» (Cass. III, n. 6033/2008). |