Atto di citazione di risarcimento danni per indebita utilizzazione carta bancomat

Andrea Penta
aggiornata da Francesco Agnino

inquadramento

La natura professionale della diligenza cui la banca è tenuta nello svolgimento della propria attività costituisce ius receptum, essendo stata costantemente ribadita dalla Suprema Corte in riferimento non solo all'adempimento degli obblighi assunti nei confronti dei clienti, ma anche in relazione ai danni eventualmente arrecati ai terzi.

Premesso, infatti, che nel nostro ordinamento tale attività risulta disciplinata, nel suo complesso, in modo tale da configurare non solo una delle tante forme di esercizio di impresa, già di per sé sottoposto a particolari forme di controllo, ma, in quanto riservata agli istituti di credito ed assoggettata a tipiche forme di autorizzazione, vigilanza e trasparenza, in conformità al principio costituzionale della tutela del risparmio, anche un servizio per il pubblico, si è affermato che i profili di responsabilità connessi all'espletamento di tale servizio vanno individuati e sanzionati alla stregua dell'elevato grado di professionalità a tal fine richiesto (cfr. Cass. n. 6756/2001; Cass. n. 2058/2000).

In particolare, la banca, svolgendo attività professionale, deve adempiere a tutte le obbligazioni, con la diligenza particolarmente qualificata dell'accorto banchiere, assunte nei confronti dei propri clienti, non solo con riguardo all'attività di esecuzione di contratti bancari in senso stretto, ma anche in relazione ad ogni tipo di operazione oggettivamente esplicata (art. 1176 c.c.). Pertanto, l'istituto di credito risponde di tutti i rischi tipici della sua sfera professionale per la cui eliminazione non ha provveduto alla adozione di mezzi idonei.

Con l'atto di citazione il correntista di un istituto di credito chiede a quest'ultimo il risarcimento dei danni patrimoniali subìti in conseguenza della illecita utilizzazione, da parte di un terzo, della sua carta bancomat, a causa della mancata adozione delle misure idonee a garantire la sicurezza del servizio da eventuali manomissioni.

Formula

TRIBUNALE ORDINARIO DI .... 1

ATTO DI CITAZIONE 2

Sig. ...., nata a .... il .... (C.F. .... 3 n. .... ), Sig. ...., nata a .... il .... (C.F. ....), e Sig. ...., nata a .... il .... (C.F. ....), residenti tutte in ...., alla via .... n. ...., ed elettivamente domiciliate in ...., alla via .... n. ...., presso lo studio dell'Avv. .... (C.F. .... - fax .... - PEC .... 4 ), che le rappresenta e difende, in forza di procura speciale in calce (oppure a margine) del presente atto;

PREMESSO CHE

— è correntista della banca ....;

— in data .... ha tentato di eseguire un prelievo bancomat presso lo sportello automatico (ATM) dell'istituto senza riuscirci, perché l'apparecchio, dopo aver trattenuto la carta, visualizzava la scritta “carta illeggibile” e, successivamente, “sportello fuori servizio”;

— ha immediatamente segnalato l'inconveniente al vicedirettore della filiale che si trovava presso l'istituto ed ha ricevuto l'indicazione di tornare il giorno dopo;

— in questa occasione ha constatato il mancato rinvenimento della carta predetta;

— i giorni .... ignoti effettuavano consistenti prelievi per oltre ....Euro;

— ha comunicato per iscritto l'evento al vice direttore ed ha sporto denuncia all'autorità giudiziaria il successivo ....;

DIRITTO

Come è noto, tenuto conto della natura dell'attività esercitata da una banca, il grado di diligenza esigibile da quest'ultima, per i servizi dalla stessa prestati, deve essere superiore a quella del buon padre di famiglia di cui al primo comma dell'art. 1176 c.c., in quanto si tratta di una diligenza il cui livello, seppur non stabilito dalla norma, ha natura tecnica e deve essere determinato tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di appartenenza.

In ambito bancario, il metro di riferimento per valutare la diligenza rilevante è, dunque, la figura dell'accorto banchiere, nel senso che la banca deve agire improntando la propria condotta ad un livello di diligenza proporzionato alla natura qualificata dei servizi prestati.

Ciò comporta che è obbligo della banca predisporre tutte le misure necessarie a prevenire i rischi legati alla propria attività imprenditoriale, attività che non si può considerare limitata alla mera attività di raccolta ed erogazione del credito, ma ha un raggio più ampio, comprendente tutti i servizi di cui il cliente può usufruire nell'ambito del proprio rapporto con la banca.

Nella fattispecie in esame, l'istituto di credito ha omesso di adottare le misure precauzionali finalizzate ad impedire l'utilizzo indebito della carta, omettendo, in particolare, di adottare le misure idonee a garantire la sicurezza del servizio da eventuali manomissioni di terzi (ciò a prescindere dal fatto che il titolare della carta abbia, o meno, rispettato l'obbligo di chiedere immediatamente il blocco della medesima o abbia favorito la conoscenza del PIN da parte di terzi). Inoltre, è configurabile il grave difetto di diligenza dell'istituto bancario all'esito della segnalazione sul cattivo funzionamento dello sportello bancomat. Infine, l'istituto, sebbene potesse venire a conoscenza di eventuali manomissioni dello sportello visto che questo era costantemente ripreso da una telecamera, non ha posto in essere alcuna attività per garantire i clienti contro le truffe. Senza dimenticare poi la circostanza del prelievo in misura molto superiore al limite contrattuale.

Lo scrutinio effettivo del comportamento contrattuale della banca secondo il parametro della diligenza professionale ex art. 1176, comma 2, c.c. deve essere svolto sotto due profili: il primo consistente nell'indagine della condotta del funzionario che aveva raccolto la denuncia immediata del malfunzionamento del bancomat, il quale, invece di mettersi in allarme per la sottrazione della carta da parte dello sportello, ha differito il controllo al giorno successivo; il secondo consistente nell'omessa verifica mediante il sistema di telecamere attivato dell'avvenuta manomissione del medesimo da parte di terzi.

D'altra parte, l'art. 10 del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, attuativo della PSD (Direttiva 64/2007/CE) in materia di strumenti di pagamento, stabilisce che, nel caso in cui l'utilizzatore del servizio di pagamento disconosca un'operazione, è onere dell'intermediario dimostrare che l'operazione contestata sia stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata e che non abbia subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie alla sua esecuzione o di altri inconvenienti (comma 1).

In data .... è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data .... con raccomandata a.r. n. ...., in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità .... 5;

— tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), del d.l. n. 132/2014, citato, come risulta da ....

Tutto ciò premesso, i Sigg. ...., come sopra rappresentati e difesi,

CITA

l

la ...., con sede legale in ...., alla via .... n. .... (C.F. ....P.I. ...., in persona del legale rappresentante pro tempore, Sig. ...., nato a .... il .... (C.F. ....), residente in .... nella via .... n. ...., a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del .... , ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis,

AVVERTE

il convenuto che:

  • la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.,
  • la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 c.p.c. o da leggi speciali,
  • la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

per ivi sentire accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, deduzione o eccezione:

condannare la convenuta al risarcimento della somma di Euro ...., prelevata fraudolentemente dal proprio conto corrente, oltre interessi e rivalutazione monetaria, con decorrenza dal fatto illecito;

con vittoria di spese e compensi professionali di avvocato, oltre IVA e CPA come per legge.

Si deduce prova per testi sui seguenti capitoli: 1) Vero che .... ; 2) .... Si indicano quali testimoni i Sig.ri ....

Si depositano i seguenti documenti: 1) ....; 2) ....; 3) ....; 4) ....; 5) ....; 6) ....

Si riserva di produrre altri documenti e di articolare ulteriori mezzi istruttori con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta.

Ai sensi dell'art. 14 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro .... e, pertanto, il contributo unificato è dovuto nella misura di Euro ....

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA SPECIALE

(se non apposta a margine)

[1] La competenza per valore spetta al Giudice di Pace ove la somma richiesta sia inferiore ad euro venticinquemila e la relativa domanda si propone con ricorso chiedendo la fissazione, ai sensi dell'art. 2814 undecies comma 2 c.p.c., con decreto emesso entro cinque giorni dalla designazione del Giudice, l'udienza di comparizione delle parti, con concessione del termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza e assegnazione del termine per la costituzione dei convenuti che dovrà avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza, con avvertimento che la mancata costituzione o la costituzione oltre i termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38,167 e 281 undecies, comma 3 e 4 c.p.c., che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali, e che esso convenuto, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che in caso di mancata costituzione si procederà in sua legittima e dichiaranda contumacia. In tema di competenza per territorio, ai fini della determinazione dei fori facoltativi alternativamente previsti dall'art. 20 c.p.c. (forum contractus e forum destinatae solutionis), va intesa come 'obbligazione dedotta in giudizio' l'obbligazione nascente dal controverso contratto, sia che di essa si chieda l'adempimento o l'accertamento, quale petitum della domanda giudiziale, sia che di essa venga prospettato l'inadempimento come causa petendi della domanda, mirante a conseguire, per effetto dell'inadempimento stesso, la risoluzione contrattuale ed il risarcimento dei danni. Parimenti, nell'ipotesi di sola richiesta di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, per la determinazione del foro competente deve farsi riferimento non già al luogo ove si è verificato l'inadempimento, ma a quello in cui si sarebbe dovuta eseguire la prestazione rimasta inadempiuta o non esattamente adempiuta, della quale il risarcimento è sostitutivo (vale a dire, quella originaria e primaria rimasta inadempiuta, non quella derivata e sostitutiva), e ciò anche quando il convenuto contesti in radice l'esistenza della obbligazione stessa. Pertanto, per giudice del luogo dove è sorta l'obbligazione non deve intendersi quello del luogo in cui, verificandosi il danno, è sorto il relativo diritto al risarcimento.

[2] [2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[3] [3] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. 98/2011, conv. con modif. dalla legge n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla legge n. 24/2010.

[4] [4] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014.

L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[5] [5] È obbligatorio il ricorso alla procedura di negoziazione assistita (che costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale) nelle ipotesi in cui la somma pretesa non superi l'importo di 50.000 Euro (art. 3 d.l. n. 132/2014, conv. con modif. in l. n. 162/2014) e dovrà essere prodotta la relativa documentazione. Va, in proposito, ricordato che la negoziazione è prescritta, quando si intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 Euro, ad eccezione delle controversie assoggettate alla disciplina della c.d. mediazione obbligatoria (in altri termini, la procedura di negoziazione assistita non opera quando è prevista la mediazione obbligatoria). Ebbene, quest'ultima non è prescritta in subiecta materia, se si fa eccezione per il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica. In ogni caso, la negoziazione non è condizione di procedibilità della domanda giudiziale (e, quindi, è sempre e solo volontaria) per le controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori (art. 3 legge n. 162/2014).

Commento

Ai fini della valutazione della responsabilità della banca per il caso di utilizzazione illecita da parte di terzi di carta bancomat, non può essere omessa, a fronte di un'esplicita richiesta della parte, la verifica dell'adozione da parte dell'istituto bancario delle misure idonee a garantire la sicurezza del servizio da eventuali manomissioni, nonostante l'intempestività della denuncia dell'avvenuta sottrazione da parte del cliente e le contrarie previsioni regolamentari; infatti, la diligenza posta a carico del professionista ha natura tecnica e deve valutarsi, tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento, assumendo come parametro la figura dell'accorto banchiere (Cass. n. 16333/2016; per Cass. n. 806/2016, la verifica del comportamento della banca, in ordine al riscontrato difetto di manutenzione e custodia del servizio bancomat, nonché alla condotta del responsabile presente in sede a seguito della segnalazione di spossessamento della carta da parte del cliente, deve essere effettuata ex art. 1176, comma 2, c.c.).

Il mancato rispetto dell'obbligo del titolare della carta di chiederne immediatamente il blocco, nei casi di sottrazione o smarrimento, non esime necessariamente da responsabilità il banchiere, allorquando la carta viene “catturata” dall'apparecchio ATM a causa di una manomissione (Cass. n. 13777/2007; Cass. n. 16102/2006).

La banca non è responsabile nei confronti del cliente per i pagamenti effettuati senza il suo consenso, con la carta bancomat smarrita o sottratta, nel caso in cui lo stesso cliente non abbia conservato in luoghi separati il bancomat e l'annotazione del codice segreto. L'inosservanza di questa buona norma di gestione e custodia della carta bancomat supera la carenza, incompletezza e tardività di informazione da parte della banca nei confronti del cliente con riguardo alla determinazione dell'importo massimo prelevabile giornalmente. Più nel dettaglio, la banca è andata esente da responsabilità seppure non avesse neppure concretamente stabilito un limite oltre il quale non fosse possibile eseguire prelievi nel corso della stessa giornata (Trib. Milano 4 aprile 2007).

La necessità di valutare il comportamento della banca alla stregua della specifica natura dell'attività da essa esercitata è stata riconosciuta anche in riferimento al c.d. «benefondi», affermandosi che l'istituto bancario che, tramite un proprio dipendente, abbia, su richiesta di un cliente correntista, fornito assicurazioni a quest'ultimo circa l'esistenza di fondi sufficienti al pagamento di un assegno di conto corrente è contrattualmente responsabile (configurandosi nella specie un rapporto di mandato) se le notizie così fornite non risultino, poi, rispondenti alla situazione di fatto esistente al momento della richiesta (cfr. Cass. n. 8983/2000).

In riferimento alla diversa ipotesi di smarrimento o furto di una carta di credito, alcune sentenze di merito hanno, invece, affermato la responsabilità dell'istituto di credito nei confronti del cliente per l'addebito delle somme corrispondenti alle spese effettuate successivamente alla tempestiva denuncia del titolare (cfr. Giudice pace Palermo 26 giugno 2003; Giudice pace Palermo 15 aprile 2003).

In tema di rapporto contrattuale che preveda l'accesso al conto corrente del cliente tramite il servizio home banking, per la giurisprudenza di legittimità, v. Cass. n. 23412/2009. Nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Milano 4 dicembre 2014; Trib. Verona 2 ottobre 2012; in tema di operazioni su conto corrente, Trib. Genova 15 maggio 2007 ha ribadito l'obbligo professionale della banca di prevenire i possibili eventi pregiudizievoli adeguando il livello di sicurezza della propria organizzazione imprenditoriale all'operazione posta in essere; in tema di assegni bancari v. tra le più recenti pronunce di legittimità: Cass. n. 10534/2015, Cass. n. 20573/2010, Cass., n. 14712/2007, che hanno tutte ribadito l'obbligo professionale di protezione, gravante sulla banca, nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine dell'operazione posta in essere.

Importante, per la soluzione di casi simili, è stata l'introduzione del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, attuativo della PSD (Direttiva 64/2007/CE) in materia di strumenti di pagamento. In particolare, rilevano gli artt. 10 e 11, disciplinanti, rispettivamente, la prova ed esecuzione delle operazioni di pagamento e la responsabilità del prestatore del servizio di pagamento per le operazioni di pagamento non autorizzate. Infatti, l'art. 10 stabilisce che, nel caso in cui l'utilizzatore del servizio di pagamento disconosca un'operazione, è onere dell'intermediario dimostrare che l'operazione contestata è stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata e che non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie alla sua esecuzione o di altri inconvenienti (comma 1). Tale prova, inoltre, non è di per sé sufficiente a dimostrare che l'operazione è stata effettivamente autorizzata dal titolare dello strumento di pagamento. Infatti, ogni qualvolta l'operazione posta in essere venga disconosciuta dall'utilizzatore dello strumento di pagamento, vi è un'inversione dell'onere probatorio per cui la banca deve fornire i cosiddetti “log” delle operazioni, ovvero che il sistema, messo a disposizione del cliente, ha funzionato regolarmente, senza anomalie.

L'art. 12 del menzionato decreto legislativo, confermando l'orientamento della Cassazione, ha fissato alcuni punti per ciò che riguarda la responsabilità del possessore dello strumento di pagamento, specificando che quest'ultimo risponde per dolo o colpa grave nell'utilizzo non autorizzato dello strumento stesso e nei limiti di una franchigia sino a un massimo di Euro 150,00 per le operazioni effettuate prima della comunicazione di furto o smarrimento all'intermediario. La disposizione del d.lgs. è, quindi, sostanzialmente in linea con l'orientamento dottrinale in tema di concorso di colpa del creditore, confermando che le conseguenze pregiudizievoli di un utilizzo fraudolento dello strumento di pagamento, quando sono causate solo o anche da un comportamento negligente del cliente, influiscono sul rimborso a questo spettante.

Infine, si deve segnalare che il 13 gennaio 2016 è entrata in vigore la nuova direttiva europea 2015/2366/UE sui servizi di pagamento nel mercato interno (cosiddetta PSD2), la quale mira a promuovere lo sviluppo di un mercato interno dei pagamenti al dettaglio efficiente e sicuro rafforzando la tutela fornita agli utenti dei servizi di pagamento, sostenendo l'innovazione dei sistemi tecnologici e aumentando il livello di sicurezza dei servizi di pagamento elettronici. In particolare, per ciò che attiene all'argomento in esame, il punto 91 della direttiva stabilisce che i prestatori dei servizi di pagamento sono responsabili delle misure di sicurezza che devono essere proporzionate ai relativi rischi; è ritenuto, pertanto, opportuno che gli stati membri adottino un quadro normativo per attenuare i rischi e mantenere procedure efficaci di gestione degli incidenti.

Secondo quanto stabilito dalla direttiva, in caso di operazione non autorizzata o disconosciuta dall'utente il prestatore del servizio dovrebbe immediatamente rimborsare l'importo al pagatore o, se sussiste il forte sospetto, basato su ragioni obiettive, di un comportamento fraudolento da parte di quest'ultimo, il prestatore dello stesso dovrebbe avere a disposizione gli strumenti per svolgere una celere indagine prima di provvedere al ristoro.

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