Comparsa di costituzione a fronte di atto di citazione di risarcimento danni per asserita illegittima elevazione protesto cambialiInquadramentoA seguito della notifica di un atto di citazione con il quale un soggetto chiedeva il risarcimento dei danni asseritamente subìti a causa dell'illegittimo protesto di quattro effetti cambiari, l'istituto di credito, nel costituirsi, chiede il rigetto della domanda, deducendo che pubblicazione sul bollettino dei protesti era avvenuta con la causale "firma contestata" ed era già intervenuta sul bollettino dei protesti la seguente annotazione: "con riferimento a ciascun protesto la firma di .... è risultata apocrifa", e che, in ogni caso, va escluso, in tema di danno non patrimoniale, il risarcimento del c.d. danno in re ipsa, richiedendosi, peraltro, che anche la lesione di diritti inviolabili si fondi su allegazioni precise. FormulaTRIBUNALE DI.... COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA [1] Per Banca ...., P.I. n. ...., in persona dell'Amministratore Unico Sig. ...., nato a .... il ...., C. F. ... [2], con sede legale in ...., alla via .... n. ...., rappresentata e difesa dall'Avv.... C.F.... [3] ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in.... alla via.... n.... [4], giusta procura in calce al presente atto [5]. L'Avv. dichiara di voler ricevere le comunicazioni al numero fax [6].... e all'indirizzo di posta elettronica certificata [7]....già comunicato al Consiglio dell'ordine .... -convenuta- CONTRO il Sig.... nato a.... il....C.F....residente in...., alla via .... n..., rappresentato e difeso dall'Avv.... -attore- PREMESSO CHE Con atto di citazione ritualmente notificato in data.... il sig.... ha convenuto in giudizio .... al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni, patrimoniali e no, subìti a causa del protesto nei confronti di.... avvenuto in data .... A tal fine l'attore deduceva che [8]: - avendo ricevuto un avviso di pagamento di quattro effetti cambiari di euro ciascuno, aveva diffidato la Banca di .... dal farli protestare, evidenziando che la sottoscrizione su di essi apposta era apocrifa; - essendo stato, ciò nonostante, levato il protesto, a suo dire illegittimamente, aveva proposto ricorso al Tribunale di Roma perchè fosse annotato a margine dei protesti e pubblicata declaratoria di falsità della sua sottoscrizione. Ottenuto il provvedimento cautelare, l'attore, nel presente giudizio, ne chiede la conferma e nel merito propone la detta domanda risarcitoria. Con il presente atto, .... si costituisce in giudizio e chiede l'integrale rigetto della domanda attorea per i seguenti motivi in DIRITTO [9] L'avversa domanda risarcitoria va rigettata, non potendo nella specie riconoscersi un danno in re ipsa conseguente alla condotta asseritamente illecita della banca, in mancanza di qualsiasi elemento probatorio in ordine all'effettivo pregiudizio subito, tenuto conto che la pubblicazione sul bollettino dei protesti era avvenuto con la causale "firma contestata" ed era già intervenuta sul bollettino dei protesti la seguente annotazione: "con riferimento a ciascun protesto la firma di .... è risultata apocrifa". In particolare, quanto al mancato riconoscimento del risarcimento dal c.d. danno in re ipsa derivante dalla lesione dell'onore e della reputazione dell'attore indipendentemente dall'allegazione di pregiudizi effettivi di natura patrimoniale, deve osservarsi che l'orientamento giurisprudenziale ex adverso citato, fondato sulla pronuncia n. 11103 del 1998, non viene correttamente interpretato dalla parte attrice. In tale pronuncia ed in quelle successive che hanno seguito la medesima impostazione (Cass. nn. 4881 del 2001, 14977 del 2006 e 9233 del 2007) il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno alla persona, in quanto non riconducibile ad una lesione attinente alla sfera commerciale e patrimoniale del protestato, si fonda sul positivo riscontro di due condizioni: a) la prima consiste nella mancanza di un'efficace rettifica; b) la seconda nell'accertamento della lesione dell'onore e della reputazione del protestato "come persona". Solo dal positivo accertamento di tale due requisiti scaturisce l'eventuale riconoscimento del c.d. danno in re ipsa, da qualificarsi, pertanto, alla luce di una corretta lettura dell'orientamento, come un risarcimento di natura equitativa. Non può, di conseguenza, il protestato, neanche alla luce di tali orientamenti estensivi, omettere quanto meno di allegare la lesione del proprio onore e reputazione derivanti dalla mancanza o tardività/inefficacia della rettifica. Nella specie, oltre ad essere dimostrata per tabulas l'annotazione sostitutiva della causa del protesto, non è stata neanche dedotta la lesione di un diritto della persona, nè sotto il profilo dell'onore e reputazione nè sotto il profilo della lesione della vita di relazione o della salute. Peraltro negli orientamenti successivi, anche relativi al diritto al risarcimento del danno conseguente al protesto illegittimo, la Suprema Corte ha ritenuto (Cass. n. 7211/2009) che "la semplice illegittimità del protesto (ove accertata), pur costituendo un indizio in ordine alla esistenza di un danno alla reputazione, da valutare nelle sue diverse articolazioni, non è di per sè sufficiente per la liquidazione del danno, essendo necessarie la gravità della lesione e la non futilità del danno, da provarsi anche mediante presunzioni semplici, fermo restando tuttavia l'onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l'esistenza e l'entità del pregiudizio. In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la generica domanda di risarcimento in cui si accennava a spese in sede penale e per azioni tendenti a limitare il danno, senza provarle, e senza provare altri pregiudizi patrimoniali riconducibili all'attività professionale svolta (in termini anche Cass. n. 2226/2012, sempre in tema di protesto). L'insufficienza della mera illegittimità del protesto al fine di costituire il fondamento esclusivo del diritto al risarcimento, ancorchè equitativo del danno non patrimoniale da lesione dell'immagine sociale, si inscrive nella complessiva rielaborazione dei criteri di risarcimento di tale tipologia di danno alla persona che le Sezioni Unite della Corte hanno gradualmente realizzato a partire dalla sentenza n. 26972 del 2008, mirando a circoscrivere l'area risarcitoria alle lesioni d'interessi, ancorchè di rilievo costituzionale, che non siano futili e che non consistano in meri disagi o fastidi, ma siano produttive di un pregiudizio effettivo. Sulla base di queste premesse la Corte è pervenuta ad escludere, in generale, in tema di danno non patrimoniale, il risarcimento del c.d. danno in re ipsa (Cass. n. 20143/2009), richiedendo che anche la lesione di diritti inviolabili si fondi su allegazioni precise e su prove anche desumibili da presunzioni semplici (Cass. n. 7471/2012), dovendosi sempre accertare che chi agisce "abbia effettivamente patito un pregiudizio" (Cass. n. 13613/2011). Tanto premesso e considerato, .... rappresentato e difeso come in epigrafe, rassegna le seguenti CONCLUSIONI Voglia l'On.le Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione, richiesta e conclusione, rigettare la domanda di risarcimento proposta dall'attore. Con vittoria di spese e compensi. IN VIA ISTRUTTORIA Formulando sin d'ora ogni più ampia riserva di articolazione dei mezzi istruttori [10], nei termini di cui all'art. 183, comma 6, nn. 2 e 3, c.p.c., si offrono in comunicazione, mediante deposito, i seguenti documenti: 1. atto di citazione notificato il ....; 2. copia della pubblicazione sul bollettino dei protesti delle quattro cambiali; 3. ...._ [11] PROCURA [12] Io sottoscritto.... nato a.... il.... conferisco procura all'Avv. .... affichè mi rappresenti e difenda nel giudizio di imputazione di cui al presente atto. Dichiaro altresì di avere ricevuto informativa ex d.lgs. 28/2010, così come novellato a seguito della conversione del dl. 69/2013, relativamente ai procedimenti per i quali è obbligatorio esperire il tentativo di mediazione e relativamente ai benefici fiscali connessi con tale procedimento, nonché di aver ricevuto l'informativa ai sensi degli artt. 2 e segg. del d.l. 13 settembre 2014, n. 132, convertito con modifiche dalla l. 10 novembre 2014 n. 162, della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati disciplinata dagli art. 2 e segg. del suddetto d.l. Eleggo domicilio, ai fini del presente giudizio, presso il suo studio professionale in.... alla via.... e gli conferisco, altresì, ogni più ampia facoltà di legge. Acconsento, infine, al trattamento dei dati personali per l'espletamento del mandato conferito, ai sensi del d.lgs. 196/2003. Luogo e data.... Il Sig. .... E' vera ed autentica la firma del Sig. .... Firma Avv.... Il contenuto della comparsa di costituzione e di risposta è disciplinato dall'art. 167 c.p.c. Per le indicazioni da effettuare nel corpo della comparsa deve farsi riferimento all'art. 125 c.p.c. Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno settanta giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all'articolo 167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione. Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti". In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111). [2] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. 98/2011, conv. con modif. dalla legge 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. 193/2009 conv. con modif. dalla legge 24/2010. [3] L'indicazione del CF dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. [4] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio. [5] La procura può essere apposta in calce o a margine del ricorso (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. [6] L'art. 125 c.p.c. prevede che il difensore deve indicare in epigrafe il numero di fax. L'omessa indicazione, come previsto dalla legge 111/2011, modificata dalla legge 114/2014, comporta l'aumento del contributo unificato della metà. [7] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., nella legge 114/2014. [8] Ricostruire i fatti posti dall'attore alla base della sua pretesa. [9] Ove ne sussista la necessità, il convenuto può sollevare eccezioni di rito, ad es. rilevando il mancato esperimento della mediazione obbligatoria prevista dal d.lgs. 28/2010 o della negoziazione assistita prevista dal d.l. 132/2014, le quali costituiscono condizioni di procedibilità. [10] La comparsa di risposta deve contenere l'indicazione dei mezzi di prova di cui il convenuto intende valersi e i documenti che offre in comunicazione. Tuttavia, l'onere di indicare i mezzi di prova e i documenti non è sancito a pena di decadenza, in ragione della previsione di cui all'art. 183, co. 6, c.p.c. [11] Indicare gli altri documenti che, in base alla vicenda del caso di specie, si offrono in comunicazione. [12] La procura può essere apposta in calce o a margine del ricorso (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. CommentoL'ingiusta pubblicazione nel bollettino dei protesti In tema di protesto di assegno bancario, ove, all'esito di esame esterno della firma di traenza, risulti evidente che questa non corrisponde allo specimen depositato presso la banca trattaria, quest'ultima ha l'obbligo di precisare chiaramente che il titolare del conto corrente è un soggetto diverso da quello che figura come traente e che tra questi ed il correntista non sussiste alcun rapporto negoziale o legale, opponibile ad essa banca, che legittimi il traente ad obbligarsi in nome e per conto del correntista (l'assegno bancario sottoscritto con nome di emittente palesemente diverso dal titolare del conto dovrà essere protestato con riferimento al detto emittente e con indicazione negativa quanto all'esistenza di un suo conto; in particolare, la banca, al fine di evitare che il protesto dell'assegno sia levato al nome del correntista, ha l'onere di dichiarare che di quel conto di traenza è titolare un soggetto diverso da quello il cui nome figura nella sottoscrizione dell'assegno ed altresì che al nome di quest'ultimo nessun conto di traenza esiste presso di essa). Ne consegue che, nel caso in cui la banca adotti un diverso comportamento, tale da determinare il fatto ingiusto della pubblicazione del nome del correntista sul bollettino dei protesti, essa dovrà rispondere, anche contrattualmente, di tutti i danni che derivano al correntista medesimo, non essendo sufficiente a tutelarlo dal discredito sociale ed economico la circostanza della collocazione del nome in apposita categoria nell'ambito di detto bollettino (Cass. n. 16617/2010). In quest'ottica, in tema di levata illegittima del protesto, Cass. n. 18316/2007 ha affermato, in una fattispecie in cui la banca, pur in possesso dello specimen del cliente, aveva omesso di confrontare lo stesso con la firma (diversa) apposta sui titoli (assegni bancari), spiccati sul conto corrente del protestato, il diritto di quest'ultimo al risarcimento dei danni cagionati dal protesto per la pubblicità ipso facto conferita all'insolvenza del debitore e conseguente discredito tanto personale quanto patrimoniale (anche sotto il profilo della lesione dell'onore e della reputazione al protestato come persona, a prescindere dai suoi interessi commerciali), senza che al danneggiato incombesse l'onere di provare l'esistenza del pregiudizio, poiché il protesto illegittimo e non seguito da una efficace rettifica è risultato lesivo di diritti della persona. La semplice illegittimità del protesto (ove accertata), pur costituendo un indizio quanto all'esistenza di un danno alla reputazione (recte, all'immagine), da valutare nelle sue diverse articolazioni, non è, però, di per sé sufficiente per la liquidazione del danno medesimo, essendo necessarie la gravità della lesione e la non futilità del pregiudizio conseguente: elementi, questi, che possono essere provati anche mediante presunzioni semplici, fermo restando l'onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l'esistenza e l'entità del pregiudizio (Cass. n. 15224/2010; conf. Cass. n. 2226/2012, la quale ha, in una fattispecie in cui il soggetto nei confronti del quale era stato elevato l'illegittimo protesto era pluriprotestato, stabilito che questi aveva l'onere di provare che il protesto in oggetto aveva leso la sua reputazione professionale già compromessa dalla pluralità dei precedenti protesti – ovviamente elevati legittimamente -, procurandogli un danno sul piano dell'affidabilità commerciale ed una lesione all'immagine sociale ulteriore rispetto alla già maturata compromissione di tali valori). In applicazione di tale principio Cass. n. 7211/2009 ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la generica domanda di risarcimento in cui si accennava a spese in sede penale e per azioni tendenti a limitare il danno, senza provarle, e senza provare altri pregiudizi patrimoniali riconducibili all'attività professionale svolta. Non avendo il danneggiato provato l'esistenza e la rilevante entità della lesione e del pregiudizio, Cass. n. 18476/2011 ha riconosciuto il risarcimento dei danni limitatamente alle spese che la società protestata aveva dovuto sostenere per evitare il fallimento, ma non di quelli relativi ai pregiudizi per danni all'immagine. Pur tuttavia, occorre segnalare che il protesto cambiario, conferendo, di fatto, pubblicità all'insolvenza del debitore, si risolve in una più complessa vicenda di indubitabile discredito tanto personale quanto patrimoniale, così che, ove illegittimamente sollevato (ed ove privo di una conseguente, efficace rettifica), esso deve ritenersi del tutto idoneo a provocare un danno in re ipsa anche sotto il profilo della lesione dell'onore e della reputazione del protestato, al di là ed a prescindere dai suoi interessi commerciali (così Cass. n. 7495/2008, in una fattispecie in cui un notaio aveva erroneamente riportato nel verbale di protesto il nome sbagliato della persona protestata, ingenerando così uno scambio di persona, con conseguenti danni per il soggetto illegittimamente protestato; conf. Cass. 4881/2001; Cass. n. 11103/1998; Trib. Salerno 20 agosto 2003; Trib. Crotone 3 luglio 2000). In particolare, qualora l'illegittimo protesto venga riconosciuto lesivo di diritti della persona, come quello alla reputazione, il danno, da ritenersi in re ipsa, andrà senz'altro risarcito senza che incomba, sul danneggiato, l'onere di fornire la prova della sua esistenza, mentre nella (diversa) ipotesi in cui sia dedotta specificamente una lesione della reputazione commerciale per effetto dell'illegittimità del protesto, questa ultima costituirà semplice indizio della esistenza di un danno alla reputazione, da valutare nel contesto di tutti gli altri elementi della situazione cui inerisce (Cass. n. 18316/2007, cit.; nella giurisprudenza di merito, Trib. Latina 21 maggio 2013; in questi termini altresì Cass. n. 14977/2006, in una fattispecie relativa a domanda di risarcimento del "danno all'immagine" conseguente all'avvenuto protesto di cambiali di favore, provocato dal favorito in violazione degli impegni assunti verso il favorente, emittente dei titoli). Si tratta di un passaggio comunque delicato e dubbioso, in quanto, se da un lato la specifica giurisprudenza in tema di protesto illegittimo pare maggiormente orientata verso la configurazione in termini di danno «evento», dall'altro lato la concezione del danno «conseguenza» è stata recentemente ribadita in via generale in materia di danno non patrimoniale dalle note pronunce delle Sezioni Unite del 2008, meglio note come sentenze di San Martino. In quest'ottica, si lascia far preferire la tesi (App. Bari 11 dicembre 2012 n. 1281) per cui il danno non patrimoniale debba essere provato, quantunque sia possibile il ricorso da parte del giudice allo strumento delle presunzioni (tale soluzione sarebbe coerente con la sentenza n. 26972/2008, secondo cui il danno in re ipsa “snatura la funzione del risarcimento, che verrebbe concesso non in conseguenza dell'effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo”). Non vi è dubbio, peraltro, che, nel caso di illegittimo protesto di una cambiale (ad esempio, presentata ad un istituto diverso da quello indicato dalla debitrice come banca di appoggio), sussiste il danno da lesione dell'immagine sociale della persona che si vede ingiustamente inserita nel cartello dei cittadini insolventi e sarebbe, quindi, contraddittorio ed erroneo, dopo aver affermato la responsabilità per il protesto, negare la liquidazione equitativa del danno da lesione dell'immagine sociale e professionale, la quale di per sé costituisce danno reale che deve essere risarcito sia a titolo di responsabilità contrattuale per inadempimento che di responsabilità extracontrattuale, in modo satisfattivo ed equitativo se la peculiare figura del danno lo richiede (Cass. n. 9233/2007; Cass. n. 8787/2012). In siffatta evenienza il medesimo danneggiato è, pertanto, legittimato ad invocare in proprio favore l'uso, da parte del giudice, del relativo potere di liquidazione equitativa (Trib. Modena 29 marzo 2007; conf. Trib. Benevento 10 gennaio 2007 n. 90, in un caso di assenza di elementi istruttori). Ovviamente, va valutato se la cd. reputazione commerciale fosse già compromessa, perché, ad esempio, il soggetto era stato protestato per l'ennesima volta (v. infra). Rileva altresì la circostanza che la notizia del protesto sofferto non abbia avuto diffusione in una cerchia di persone più vasta di quella circoscritta ai soggetti che, istituzionalmente, devono comunque averla appresa. In ogni caso, i precedenti giurisprudenziali sembravano inclini a richiedere l'assolvimento di un rigoroso onere probatorio per quanto concerne le ripercussioni di carattere patrimoniale, laddove sussisteva una generale tendenza a ritenere scontata la ricorrenza di compromissioni di ordine personale (Cass. n. 4881/2001; Cass. n. 6732/2005; Cass. n. 9233/2007). A seguito dell'intervento delle Sezioni Unite nel 2008, si ritiene, invece, che la tutela sul versante non patrimoniale possa essere assicurata esclusivamente ove la vittima alleghi fatti idonei a desumere la gravità della lesione (alla reputazione) e la non futilità del pregiudizio conseguente, al fine di evitare il ristoro di danni bagatellari (nel senso che il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come nel caso di lesione al diritto alla reputazione quale conseguenza di un ingiusto protesto, non è in re ipsa, ma costituisce un danno conseguenza, che deve essere allegato e provato da chi ne domandi il risarcimento, cfr. Cass. n. 21865/2013). Non inficia la predetta impostazione l'indirizzo secondo cui il danneggiato che deduca un danno alla reputazione commerciale ha l'onere di fornire la prova rigorosa delle sfavorevoli conseguenze economiche subite a causa dell'illegittimo protesto (Trib. Bari 6 febbraio 2007 n. 323). Occorre, infatti, tenere ben distinti i due differenti piani: il danno alla persona (sotto forma di danno all'onore ed alla reputazione) in quanto tale è tendenzialmente in re ipsa e deve liquidarsi in via equitativa anche in assenza di elementi istruttori; quello collegato al discredito in ambito economico-commerciale presuppone l'assolvimento da parte del danneggiato dell'onere probatorio circa le sfavorevoli conseguenze patrimoniali derivate dal protesto (a tal ultimo riguardo, Trib. Modena 29 marzo 2006, ad esempio, ha liquidato il danno prendendo anche a parametro la documentazione contabile dell'imprenditore, da cui era emerso che – con un'inversione rispetto al trend economico fino ad allora nettamente positivo – il discredito per l'illegittima levata del protesto aveva prodotto una dimidazione del reddito d'impresa, con revoca dei fidi bancari perché ritenuta non più affidabile finanziariamente). Trib. Palermo 20 settembre 2004 ha ritenuto che il protesto illegittimo produce una lesione di diritti della persona (alla reputazione) tale che il danno è in re ipsa, in quanto al momento in cui si consuma l'illecito, con la levata del protesto, al tempo stesso si realizza il danno, se non altro perché la notizia dell'insolvenza viene appresa dal pubblico ufficiale che procede al protesto stesso, laddove l'ulteriore ed eventuale diffusione della notizia rileva ai fini della quantificazione di un danno che comunque si è già verificato. Si ritiene che, in caso di illegittima levata di protesto, sia risarcibile altresì il danno esistenziale, che però non può ritenersi sussistente in re ipsa; la prova può essere anche presuntiva, desunta mediante elementi indicativi di una lesione degli assetti relazionali, come la qualità di professionista e imprenditore, e la pubblicazione, nel bollettino, del domicilio della sede principale dell'attività del cliente (Cass. n. 22819/2010). Dunque, la giurisprudenza pretende la prova del danno-conseguenza, potendosi valorizzare al riguardo due circostanze: a) l'attività lavorativa (di professionista ed imprenditore), particolarmente sensibile a tutto ciò che può mettere a repentaglio la reputazione, l'essere riconosciuto dagli altri quale persona affidabile; e b) la pubblicazione del protesto con l'indirizzo concernente la sede principale dell'attività del cliente. Anche la giurisprudenza di merito è orientata nel senso che l'illegittima levata di protesto operata dall'istituto bancario nei confronti del proprio correntista, offrendo pubblicità all'insolvenza del debitore, comporta lesione dell'onore e della reputazione, tutelati dalla Costituzione, da cui discende l'obbligo di risarcimento del danno esistenziale cagionato (Trib. Lecce 11 febbraio 2009). Talvolta possono venire in rilievo contemporaneamente sia il danno cd. esistenziale che quello morale. Si pensi ad ipotesi in cui il protesto derivi da un comportamento doloso: qui vi è una sofferenza emotiva — derivante dal sentirsi vittima di un comportamento doloso — che eccede il danno oggettivo/esteriore (quello colto dal danno esistenziale). La sofferenza che eccede (o che residua una volta tolto) il danno oggettivo può trovare ristoro sotto specie di danno morale. Addirittura, nell'ipotesi in cui l'erronea levata concerna numerosi protesti bancari e sia stata eseguita sulla base della erronea segnalazione del nominativo e della data di nascita dell'interessato all'ufficiale giudiziario che ha curato l'elevazione dei protesti, il comportamento della banca può ledere, oltre che il diritto all'onorabilità, un interesse di rilievo costituzionale, qual è il diritto alla salute del soggetto nei cui confronti si è illegittimamente proceduto all'elevazione del protesto sulla scorta di dati anagrafici errati (Trib. Bari 20 gennaio 2009 n. 4). L'illegittima levata di un protesto crea nell'attuale regime di mercato, che si fonda, in via principale, sul credito, un'inevitabile lesione dell'immagine del soggetto protestato, comportando una maggiore difficoltà di accesso al credito, idonea a tradursi nella negazione o riduzione di futuri prestiti ovvero nella richiesta immediata di esazione di crediti, e determinando un danno, la cui liquidazione può essere effettuata dal giudice anche in via equitativa (Cass. n. 3427/2014; Cass. n. 23194/2013 ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto il danno non provato, attesa la pubblicazione sul bollettino con la causale "firma contestata" e l'annotazione che la firma fosse risultata "apocrifa"). Ovviamente, in sede di liquidazione, premesso che di regola l'attività istruttoria svolta non consente in subiecta materia di dare certezza alla misura del danno, occorre tener presente il principio generale secondo cui la liquidazione equitativa da parte del giudice, ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c., è subordinata all'impossibilità o alla rilevante difficoltà, in concreto, dell'esatta quantificazione di un pregiudizio comunque certo nella sua esistenza (cfr., infra alios, Cass. n. 19883/2005). Di recente, Cass. n. 10904/2017 ha enunciato sul tema i seguenti principi: 1) in tema di risarcimento del danno da protesto illegittimo di assegno bancario, la semplice illegittimità del protesto, pur costituendo un indizio in ordine all'esistenza di un danno alla reputazione, non è, di per sè sufficiente per la liquidazione del danno, essendo necessarie la gravità della lesione e la non futilità del danno, da provarsi anche mediante presunzioni semplici, fermo restando, tuttavia, l'onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali potersi desumere l'esistenza e l'entità del pregiudizio; 2) il soggetto pluriprotestato ha l'onere di provare che il protesto, benchè illegittimamente elevato, ha leso la sua reputazione professionale, procurandogli un danno sul piano dell'affidabilità commerciale e dell'immagine sociale ulteriore rispetto alla già maturata compromissione di tali valori conseguente ai precedenti plurimi protesti. |