Atto di citazione di risarcimento danni per illegittima segnalazione alla Centrale dei RischiInquadramentoCon l'atto di citazione i mutuatari di un istituto di credito chiedono a quest'ultimo il risarcimento dei danni non patrimoniali (per lesione alla onorabilità) subìti in conseguenza della illegittima segnalazione di un inadempimento alla Centrale dei Rischi, nonostante il regolare versamento delle rate del mutuo. FormulaTRIBUNALE ORDINARIO DI .... ATTO DI CITAZIONE Sig. ...., nata a .... il ...(C.F. 1 n. ....), Sig. ...., nata a .... il ...(C.F. n. ....), e Sig. ...., nata a .... il ...(C.F. n. ....), residenti tutti in ...., alla via .... n. ...., ed elettivamente domiciliati in ...., alla via .... n. ...., presso lo studio dell'avvocato .... (C.F. .... - fax .... - PEC .... 2), che li rappresenta e difende, in forza di procura speciale in calce (oppure a margine) del presente atto; PREMESSO CHE - Gli attori, nel ...., richiesero ed ottennero dalla Banca .... s.p.a. un mutuo di complessivi euro ...., da restituire in .... rate semestrali (v. atto per Notar .... del ...., n. .... rep.; doc. n. 1); - nonostante l'assoluta mancanza di ritardi nel pagamento delle rate (la rata in scadenza il 31 dicembre ...., pagabile entro cinque giorni dalla scadenza senza aggravio alcuno – e, quindi, entro il 5 gennaio ...), era, infatti, stata prontamente onorata il 4 gennaio ...., con regolare versamento effettuato presso la filiale di .... (v. ricevuta di pagamento, doc. n. 2 della produzione di parte attrice), i coniugi ...., in data ...., nel richiedere alla società .... s.p.a. di Trani un piccolo finanziamento per l'acquisto di un computer, in quell'occasione apprendevano che essi erano segnalati presso la banca dati della CRIF s.p.a. per il mancato pagamento di sei rate mensili, dell'importo di euro .... ciascuna, del mutuo la loro contratto con la Banca .... s.p.a. nel .... DIRITTO La CRIF s.p.a. è un gestore privato di dati, utilizzato dagli istituti bancari per conoscere la solvibilità dei soggetti che richiedono di accedere al credito. Trattasi di una società privata che ha finalità sostanzialmente analoghe a quella della Centrale Rischi presso la Banca d'Italia, e cioè quella di fornire un canale informativo agli istituti di credito circa l'affidabilità creditizia dei clienti delle banche. Orbene, nel caso di specie, non è contestato il fatto che la Banca .... s.p.a. abbia effettuato la segnalazione in oggetto, che peraltro è confermata dalla ampia documentazione versata in atti (v. in particolare, raccomandata a/r della CRIF s.p.a. in data ...., doc. n. 3 della produzione di parte attrice). La segnalazione operata è assolutamente erronea sotto tre ordini di profili: 1) è stato segnalato un mancato pagamento in realtà inesistente, in quanto il pagamento della rata in scadenza il 31 dicembre .... è avvenuto entro cinque giorni dalla scadenza, possibilità riconosciuta al mutuatario, in quanto in tale caso non vi è aggravio di costi e maturazione di interessi di mora; 2) non risultano altri ritardi nel pagamento delle rate precedenti, mentre quelle successive non erano ancora maturate, trattandosi di rate semestrali; 3) l'importo della rata non era di euro .... L'erroneità di tale segnalazione è stata sostanzialmente confermata anche dalla Banca .... s.p.a., la quale, dopo un carteggio epistolare, con missiva del .... ha comunicato che aveva chiesto alla filiale di .... di richiedere alla CRIF di "pulire il profilo insolvenze" del contratto di finanziamento in oggetto (doc. n. 4). In definitiva, quindi, è pacifico l'errore in cui è incorsa la Banca .... s.p.a. nel segnalare alla CRIF un mancato pagamento di rata in realtà inesistente. Trattasi di un fatto illecito ascrivibile alla colpa dei funzionari dell'istituto di credito, i quali hanno operato una segnalazione di mancato pagamento in assenza dei presupposti, e per lo più erronea nei suoi dati essenziali. Tale comportamento integra un fatto illecito produttivo di danno, sotto il profilo del diritto all'immagine ad alla propria onorabilità, diritto che si fonda su interesse di rilievo costituzionale (art. 2 e 3 Cost.). Agli attori spetta, quindi, il risarcimento del danno non patrimoniale, ai sensi dell'art. 2059 c.c. Ed invero, è noto che la giurisprudenza più recente ha fornito una interpretazione costituzionalmente orientata della norma in esame, riconoscendo il risarcimento del danno non patrimoniale nei casi previsti dalla legge, tra i quali rientrano anche le violazioni di interessi di rango costituzionale, dal momento che la legge fondamentale riconosce dei diritti inviolabili di natura personale, il che ne esige necessariamente la tutela risarcitoria, in modo da configurare un caso di risarcimento di danno non patrimoniale prevista dalla legge al massimo livello (Cass. n. 8827/2003; Cass. S.U., n. 26972/2008). Nel caso di specie, non vi è dubbio che il comportamento della Banca convenuta abbia leso un interesse degli attori di rilievo costituzionale, qual è indubbiamente il diritto alla propria onorabilità e reputazione, anche sotto il profilo commerciale (art. 2 e 3 Cost.). L'essere stati ingiustamente segnalati presso una Centrale Rischi Interbancaria, sia pure di natura privata, ha rappresentato senza dubbio una lesione dell'onorabilità degli attori, i quali sono stimati professionisti che avevano sempre onorato i loro debiti, così come risultante dalla stessa comunicazione della CRIF s.p.a. in data ...., in cui è indicato, per gli altri debiti, "nessuna segnalazione". Si è verificata, quindi, nella specie, una lesione di un interesse non patrimoniale di rilievo costituzionale, che deve essere risarcita. Il danno non patrimoniale in questione, in assenza di parametri specifici, deve essere liquidato in via equitativa, e, a tal proposito, appare equo liquidare detta voce di danno ai valori attuali in una misura non inferiore ad euro ....,00 per ciascuno degli attori. In data .... è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data .... con raccomandata a/r n. ...., in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità ... 3; - tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a) del d.l. n. 132/2014 citato, come risulta da .... Tutto ciò premesso, i Sigg. ...., come sopra rappresentati e difesi, CITA l la Banca ...., con sede legale in ...., alla via .... n. .... (C.F. e P.I. n. ....), in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. ...., nato a .... il .... (C.F. ....), residente in .... nella via .... n. ...., a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del ..., ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis, AVVERTE il convenuto che:
per ivi sentire accogliere le seguenti CONCLUSIONI Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, deduzione o eccezione: 1) accertata e dichiarata la responsabilità della Banca .... per avere attuato erronee segnalazioni alla CRIF s.p.a. nei confronti di essi attori, condannarla al risarcimento dei danni contrattuali ed extracontrattuali per fatto illecito, quantificati in euro ....,00 o in quell'altra somma inferiore da determinarsi in via equitativa, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria; 2) condannare la convenuta alla rifusione delle spese e competenze di causa, oltre IVA e CPA come per legge. Si deduce prova per testi sui seguenti capitoli: 1) Vero che ....; 2) .... Si indicano quali testimoni i signori .... Si depositano i seguenti documenti indicati in narrativa: 1) ....; 2) ....; 3) ....; 4) ....; 5) ....; 6) .... Si riserva di produrre altri documenti e di articolare ulteriori mezzi istruttori con le memorie di cui all'art. 183, co. 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta. Ai sensi dell'art. 14 d.p.R. 30 maggio 2002, n. 115 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro .... e, pertanto, il contributo unificato è dovuto nella misura di Euro ....
Luogo e data...... Firma Avv........ PROCURA SPECIALE SE NON APPOSTA A MARGINE [1] La competenza per valore spetta al Giudice di Pace ove la somma richiesta sia inferiore ad euro venticinquemila e la relativa domanda si propone con ricorso chiedendo la fissazione, ai sensi dell'art. 2814 undecies comma 2 c.p.c., con decreto emesso entro cinque giorni dalla designazione del Giudice, l'udienza di comparizione delle parti, con concessione del termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza e assegnazione del termine per la costituzione dei convenuti che dovrà avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza, con avvertimento che la mancata costituzione o la costituzione oltre i termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38,167 e 281 undecies, comma 3 e 4 c.p.c., che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali, e che esso convenuto, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che in caso di mancata costituzione si procederà in sua legittima e dichiaranda contumacia. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111). L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. 98/2011, conv. con modif. dalla legge 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. 193/2009 conv. con modif. dalla legge 24/2010. [2] [2] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., dalla legge 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014, conv. con modif., dalla legge 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [3] [3] E' obbligatorio il ricorso alla procedura di negoziazione assistita (che costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale) nelle ipotesi in cui la somma pretesa non superi l'importo di 50.000 euro (art. 3 d.l. 132/2014, conv. con modif. in l. 162/2014) e dovrà essere prodotta la relativa documentazione. Va, in proposito, ricordato che la negoziazione è prescritta, quando si intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 euro, ad eccezione delle controversie assoggettate alla disciplina della c.d. mediazione obbligatoria (in altri termini, la procedura di negoziazione assistita non opera quando è prevista la mediazione obbligatoria). Ebbene, quest'ultima non è prescritta in subiecta materia, se si fa eccezione per il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica. In ogni caso, la negoziazione non è condizione di procedibilità della domanda giudiziale (e, quindi, è sempre e solo volontaria) per le controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori (art. 3 legge 162/14). CommentoIngiusta segnalazione centrale rischi. In termini generali, sussiste l'obbligo di risarcire i danni d'immagine e patrimoniali subiti da chi è stato ingiustamente segnalato alla centrale rischi (della Banca d'Italia) per un assegno indebitamente protestato e per l'inserimento del nominativo della società nell'apposito registro della camera di commercio (Trib. Torino 19 agosto 2011). La segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d'Italia è equiparabile, ai fini della responsabilità da erronea segnalazione, alla levata del protesto e, pertanto, se illegittima comporta il diritto al risarcimento dei danni (così Trib. Napoli 12 marzo 2007, in una fattispecie di insussistenza dello stato di insolvenza, ovvero di situazione equiparabile). Invero, l'errore in cui incorre una banca nel segnalare alla CRIF un mancato pagamento in realtà inesistente integra un fatto illecito ascrivibile alla colpa dei funzionari della stessa banca ed è produttivo di danno, sotto il profilo del diritto all'immagine ed alla onorabilità, anche sul piano commerciale, risultando fondato su un interesse di rilievo costituzionale ex artt. 2 e 3 Cost., la cui lesione comporta il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, ai sensi dell'art. 2059 c.c. (così Trib. Bari 27 giugno 2011 n. 2189, in una fattispecie in cui l'essere stati ingiustamente segnalati presso una Centrale Rischi Interbancaria aveva rappresentato senza dubbio una lesione dell'onorabilità, perpetrata in danno di soggetti che in precedenza avevano sempre onorato i loro debiti, così come risultante dalla stessa comunicazione della CRIF s.p.a. in cui era stato indicato, per gli altri debiti, "nessuna segnalazione"). In siffatta evenienza la lesione deve essere risarcita, in assenza di parametri specifici, in via equitativa. Di recente questo principio è stato ribadito da Cass. I n. 207/2019, a tenore della quale, in caso di illegittima segnalazione della banca alla Crif (Centrale rischi finanziaria), l'imprenditore, ingiustamente indicato come cattivo pagatore, non può avere de plano il risarcimento del danno, ma deve provarlo, non essendosi al cospetto di un pregiudizio in re ipsa. Pertanto, l'accertata violazione nell'utilizzo dei dati personali del cliente erroneamente additato dalla banca non solleva il danneggiato dal dimostrare il danno alla sua reputazione ed offrire mezzi di prova per quantificarlo. Secondo la Suprema Corte e la giurisprudenza di merito, la lesione dell'immagine sociale della persona che si vede ingiustamente indicata come insolvente costituisce (non diversamente da quanto si verifica in caso di illegittimo protesto di una cambiale) un danno reale che deve essere risarcito senza necessità per il danneggiato di fornire la prova della sua esistenza. In quest'ottica, è corretto il ricorso alla liquidazione del danno con criteri equitativi (ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c.), ammissibile, come è noto, qualora l'attività istruttoria svolta non consenta di dare certezza alla misura del danno stesso, come avviene quando, essendone certa l'esistenza, risulti impossibile o estremamente difficoltoso provare la precisa entità del pregiudizio economico subito (Cass. n. 12626/2010; Trib. Bari 7 febbraio 2011 n. 410; in tema di illegittima levata di protesto, cfr. Cass. n. 14977/2006). Ciò in quanto il discredito che deriva dalla segnalazione è tale da ingenerare una presunzione di scarso affidamento dell'impresa e da connotare come rischiosi gli affidamenti già concessi; con inevitabile perturbazione dei suoi rapporti economici ed una perdita di tipo analogo a quella indicata dall'art. 1223 c.c., costituita dalla diminuzione o dalla privazione di un valore del soggetto e del suo patrimonio alla quale il risarcimento deve essere commisurato (Cass. n. 20120/2009). Tuttavia, essendosi comunque al cospetto di un danno-conseguenza (dovendosi respingere l'individuazione del pregiudizio nel cd. danno-evento rappresentato dal fatto in sé della stessa lesione a favore della tesi per cui il danno si deve identificare sempre in un accadimento ricollegantesi alla lesione della situazione protetta sulla base di un nesso di causalità), appare più condivisibile l'orientamento secondo cui, pur non potendosi negare l'insorgere di un pregiudizio economicamente valutabile a carico del soggetto "segnalato" ed essendo innegabile in tal caso, l'esistenza di una lesione alla cd. “reputazione economica o commerciale” (che si sostanzia nel discredito commerciale suscettibile di recar nocumento soprattutto a chi svolga un'attività commerciale, laddove la violazione della reputazione personale consiste nella lesione alla dignità e al prestigio che, come tale, può colpire ogni persona indipendentemente dall'attività che essa svolge), l'esistenza di tale lesione postula altresì la prova del pregiudizio economico conseguente e può essere fornita anche mediante presunzioni, mentre, una volta accertata l'insorgenza del danno, la liquidazione può anche essere determinata in via equitativa (Trib. Bari 24 gennaio 2008 n. 201). Tale danno-conseguenza deve presumersi di norma esistente, sulla base di una massima di esperienza per cui la lesione dell'immagine soprattutto della persona giuridica o dell'ente si riverbera sul loro agire, perché percepita dalle persone fisiche che agiscono come loro organi. Invero, non si può non ritenere normalmente sussistente un condizionamento degli organi dell'ente ingiustamente segnalato, che sanno, nelle relazioni con i terzi, di dover far fronte alla sussistenza della segnalazione, ad esempio per sofferenza (così Trib. Bari 19 maggio 2011). In tal senso Cass. n. 4881/2001 ha precisato che con la formula danno in re ipsa "non si intende dire che viene risarcita la lesione in sé e non la perdita o diminuzione del valore leso, secondo gli schemi operativi della consequenzialità giuridica", ma che, una volta provata - anche a mezzo di presunzioni - la lesione della reputazione personale, "ciò comporta la prova anche della riduzione o della perdita del relativo valore”. Del resto, come evidenziato da Trib. Milano 18 agosto 2005, potrebbe, nel caso concreto, anche emergere la mancanza di un adeguato nesso eziologico tra condotta della banca convenuta (segnalazione) ed evento di danno (nel caso di specie, il mancato rilascio della carta di credito), rilevando come "la mancata concessione della carta di credito (...sia unicamente...) motivata, nelle due lettere di diniego in atti, dalla mancata conformità delle informazioni fornite (... dall'attore...) ai parametri di accettazione dell'emittente” (ciò a prescindere dal dubbio in ordine alla traducibilità del diniego della carta di credito, di per sé, in un pregiudizio economicamente apprezzabile). Non si condivide l'orientamento propugnato da Cass. n. 11103/1998, secondo cui, mentre il protesto illegittimamente levato è atto di per sé idoneo a ledere la reputazione personale del protestato, sicché in questa ipotesi il danno sarebbe in re ipsa e dovrebbe essere risarcito senza che il danneggiato debba fornire la prova della sua esistenza (per un approfondimento si rinvia alla relativa formula), qualora il protestato deduca (solo o anche) la lesione della propria reputazione economica, chiedendo il risarcimento delle conseguenze economiche pregiudizievoli arrecategli nell'esercizio dell'attività commerciale esercitata, dovrebbe fornirne la prova effettiva. Invero non si giustifica sulla base di elementi oggettivi la diversificazione dell'estensione degli oneri probatori in relazione al fatto che venga lesa la reputazione commerciale o quella personale. Nel senso che l'istituto di credito è responsabile, ex art. 2050 c.c. dell'errata segnalazione del nominativo di un soggetto alla centrale rischi e il cliente della banca che assume aver subito danni a seguito di tale segnalazione deve dimostrare, ai fini del risarcimento di danni, che detto fatto abbia comportato una lesione della sua reputazione personale o commerciale, non esistendo un danno in re ipsa, cfr., di recente, Trib. Salerno 7 ottobre 2016 n. 4490. In quest'ottica, ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale, arrecato all'immagine ed alla credibilità commerciale di una società il cui nominativo sia stato segnalato alla Centrale dei rischi, è necessario dimostrare, con sufficiente margine di certezza, sia il pregiudizio in concreto subito sia il nesso di causalità con il comportamento della controparte (App. Bari 11 aprile 2014). Non senza tralasciare che, posto che il danno da pubblicazione nel bollettino dei protesti viene amplificato dal fatto che tale circostanza immediatamente viene segnalata alla Centrale dei rischi interbancaria, dando luogo a revoca o congelamento delle aperture di credito o dei fidi stipulati con gli istituti bancari o similari, non ha bisogno di prova la circostanza per cui, se il soggetto è operatore commerciale, diventa automaticamente, con la pubblicazione del suo nome nel bollettino dei protesti, soggetto non solvibile e non affidabile, con conseguente (secondo notoria e comune esperienza) gravissimo danno non soltanto alla reputazione economica del soggetto, ma anche alla sfera relativa alla personalità dell'individuo, tutelata costituzionalmente dall'art. 2. Ciò che comporta, nel caso, l'obbligatorietà di un ristoro anche del danno non patrimoniale lamentato dall'individuo, sotto il profilo del danno morale (Trib. Roma 11 agosto 2003). E' anche vero, però, che in alcuni casi il pregiudizio sembra obiettivamente quasi automatico. E così la erroneità della segnalazione alla Centrale Rischi presso la Banca d'Italia, derivante a sua volta dall'originario errore nella gestione amministrativa del pagamento di una singola rata del credito, e soprattutto il suo immotivato perdurare diversi mesi dopo il pagamento, legittima la richiesta di risarcimento danni, non essendo contestabile il danno alla immagine commerciale, il quale è ritenuto risarcibile, pur trattandosi di danni non patrimoniali, in ragione della lesione di diritti fondamentali. Né si può dubitare del fatto che il prolungato perdurare della presenza della segnalazione, consultabile da chiunque, comporti un immotivato disdoro e sospetto attorno ad una attività commerciale laddove la stessa, fino a prova contraria, non mostri segni di alcuna reale sofferenza (Trib. Bari 3 luglio 2012 n. 2385). I danni per la lesione della reputazione e dell'immagine possono, peraltro, essere liquidati equitativamente tenendo conto di vari parametri, quali l'ammontare del debito erroneamente segnalato, la durata dell'indebita segnalazione, la posizione personale del danneggiato, le modalità di scoperta della segnalazione (Trib. Torino 28 marzo 2007). In caso di segnalazione erronea ad una centrale rischi privata del nominativo di un soggetto finanziato, che non sia un operatore economico, l'intermediario finanziario è tenuto a risarcire il danno subito dalla persona segnalata, per la lesione alla reputazione e il conseguente patema d'animo, da quantificare in via equitativa, tenuto conto del fatto che l'archivio dei cattivi pagatori è consultabile da una cerchia ristretta di persone, del limitato periodo di tempo trascorso tra l'inserimento e la cancellazione del nominativo, nonché del carattere non particolarmente infamante della segnalazione (App. Milano 20 settembre 2006). Più in generale, i criteri cui ancorare la quantificazione sono rappresentati dalla durata della segnalazione, dall'accessibilità all'archivio informatico della Centrale Rischi sostanzialmente da parte di tutti gli operatori finanziari e dall'entità della somma iscritta a sofferenza (in un caso in cui la segnalazione si era protratta per otto mesi e la somma iscritta a sofferenza era pari ad euro 135.000, Trib. Bari 19 maggio 2011, cit., ha riconosciuto in via equitativa una somma pari ad un quinto di quest'ultima e, quindi, euro 27.000). Al soggetto il cui nominativo sia stato indebitamente segnalato alla Centrale rischi della Banca d'Italia spetta il risarcimento del danno non patrimoniale contemplato dall'art. 2059 c.c. senza la necessità che tale lesione configuri reato. Anche nei confronti della persona giuridica è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale, in riferimento ad un'indebita segnalazione da parte dell'istituto bancario di una società alla Centrale Rischi della Banca d'Italia quale soggetto in posizione di cd. sofferenza, allorquando il fatto lesivo incida su una situazione giuridica della medesima persona giuridica (o dell'ente) che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione, fra tali diritti rientrando l'immagine della persona giuridica (o dell'ente). Allorquando si verifichi la lesione di tale immagine, è risarcibile, oltre al danno patrimoniale, anche il danno non patrimoniale costituito - come danno cd. conseguenza - dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica nel che si esprime la sua immagine, sia sotto il profilo dell'incidenza negativa che tale diminuzione comporta nell'agire delle persone fisiche che ricoprano gli organi della persona giuridica (o dell'ente) e, quindi, nell'agire dell'ente, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica (o l'ente) di norma interagisca, dovendosi procedere in tal caso ad una liquidazione in via equitativa (tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto). Tale danno può essere liquidato con valutazione all'attualità, avendo come parametro di riferimento i livelli quantitativi di ricorso al credito da parte della società all'epoca del fatto illecito (Cass. n. 12929/2007; Trib. Bari 5 gennaio 2011 n. 10). Se è vero che, di regola, la segnalazione indebita riguarda proprio persone giuridiche, è altrettanto vero che, soprattutto a seguito dell'approvazione del disegno di legge governativo di modifica della legge n. 3/2012, in tema di disciplina del sovraindebitamento dei consumatori, vanno presi in considerazione anche i soggetti censiti dalle centrali rischi private, che sono quasi esclusivamente consumatori, pena la sostanziale irrisarcibilità dei danni da erronea segnalazione ai sistemi privati di informazione creditizia. |