Atto di citazione di risarcimento danni da perdita di chance lavorativa a seguito di sinistro stradale

Andrea Penta
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

Con l'atto di citazione, l'attore chiede al giudice la condanna del convenuto al risarcimento del danno subìto a titolo di danno da perdita di chance lavorativa, cagionato da un incidente stradale, evidenziando le ripercussioni negative che quest'ultimo ha avuto sulla sua futura capacità lavorativa e di guadagno.

Formula

TRIBUNALE CIVILE DI .... 1

ATTO DI CITAZIONE

Nell'interesse di ...., nato a ..... il .... (C.F. .... 2), residente in ...., alla via/p.za .... n. ...., (oppure) [la Società ...., in persona del suo legale rappresentante pro tempore in carica 3 Dott. 3 ...., con sede in .... ( ....), via/p.za .... n. ...., C.F ....P.I. ....)] , rappresentato e difeso, con procura 4 in calce al presente atto, dall'Avv .... 5 (C.F..... 6 fax .... 7), del Foro di ...., presso il cui studio è elettivamente domiciliato 8

CONTRO

Il Sig. ...., residente in ....

-convenuto-

Espone quanto segue

IN FATTO

1. in data ....in .... alla località .... sulla Strada ...., mentre l'attore si trovava a bordo dell'autovettura .... targata ...., di proprietà di ....e condotta da ...., veniva investito dall'autovettura ....targata ..., di proprietà del convenuto e dalla stessa condotta, la quale, provenendo dalla corsia opposta, invadeva la corsia di marcia della macchina dell'attore; (doc. 1)

2. l'incidente si verificava all'altezza del chilometro ...., precisamente alla località ...., all'uscita di una curva a destra, a causa della velocità particolarmente elevata osservata dal conducente del veicolo antagonista;

3. la condotta tenuta dal deducente è immune da censure, in quanto egli procedeva alla velocità di ....km/h, di molto inferiore al limite di ....km/h presente in zona, mantenendosi rigorosamente lungo il margine destro della carreggiata, ben distante dalla linea di mezzeria;

4. a causa dell'urto, riportava gravi lesioni, per cui veniva trasportato all'Ospedale di ...., ove gli veniva diagnosticata un politrauma, nonché la lesione .... 9; (doc. 2)

5. dalla consulenza medica di parte emerge una compromissione della mobilità di entrambe le braccia; (doc. 2 bis)

6. sul luogo dell'incidente intervenivano degli agenti della PS, che redigevano una relazione di servizio; (doc. 3)

7. il ricorrente, che svolgeva stabilmente l'attività di .... 10 al momento dell'incidente, ha subito una contrazione della possibilità di svolgere tale mestiere e in più ha visto ridursi le sue capacità lavorative sul mercato del lavoro anche sotto il profilo concorrenziale, subendo un danno attuale destinato a produrre i suoi affetti nel futuro, che deve essergli liquidato in via equitativa come perdita di chance o come danno futuro certo 11;

8. l'attore ha adempiuto alle condizioni di cui all'art. 148 del codice della assicurazioni private legge n. 209/2005 12, mediante l'invio della richiesta di risarcimento del danno in data ...., ricevuta dalla compagnia assicuratrice convenuta in data ...., abbondantemente prima quindi del termine di sessanta giorni previsto dalla norma; (c.f.r. doc. 4)

9. nonostante i vari solleciti, non si è addivenuti ad una soluzione bonaria della controversia;

10. in data ....è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data ....con raccomandata a/r n. ...., in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità .... 13;

11. tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a) del d.l. n. 132/2014, citato, come risulta da .... (doc. 8).

Sicché, allo stato altra soluzione non è offerta all'attore, se non quella di far accertare, in sede giudiziale, la fondatezza dei propri assunti. Il tutto alla stregua delle seguenti ragioni di

DIRITTO

Sussistono tutti i presupposti legittimanti il risarcimento del danno.

La vittima ha iniziato la propria attività lavorativa all'età di sedici anni. Non avendo completato gli studi, il suo mestiere era e potrà essere la sua unica fonte di guadagno. In seguito all'incidente, l'attore non è attualmente idoneo al lavoro, poiché l'attività esercitata richiede una buona abilità manuale, e subirà senz'altro una perdita della sua futura, specifica capacità di guadagno.

Per chance14 si intende quella perdita attuale della possibilità di ottenere un futuro risultato utile, cioè una effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato vantaggio economico, qualificabile e quantificabile. Si noti come la “chance” non sia una semplice aspettativa, ma una vera e propria probabilità statistica di conseguire un arricchimento, configurandosi la stessa come un'entità giuridicamente indipendente e, se provata, sicuramente liquidabile, consistente nell'assicurazione di un reddito e di un sostentamento per sé e per la propria famiglia.

Nel caso di specie esiste un nesso causale tra il fatto lesivo accaduto (incidente) e la probabile verificazione futura della perdita del lavoro 15. In particolare, attraverso la documentazione prodotta vengono provate le concrete ed effettive occasioni favorevoli che l'attore ha perso a causa ed in conseguenza dell'incidente subito, non potendo più collaborare con alcuna delle imprese presso le quali prestava la propria attività lavorativa che, infatti, hanno provveduto ad interrompere i rapporti (c.f.r. doc. 5). Non potrà, inoltre, più lavorare in proprio, essendo gravemente compromessa la funzionalità degli arti superiori, la cui regolare mobilità gli consentiva di adempiere al meglio ai compiti assegnatigli.

Il danno patrimoniale comprensivo del profilo della perdita economica definita come mancata “chance” di guadagno ricorre quando sia fornita prova della riduzione della capacità di lavoro specifica - cioè della impossibilità totale o parziale del soggetto di svolgere, anche in una prospettiva futura, un'attività lavorativa produttiva di reddito - e della conseguente riduzione della capacità di guadagno.

L'istante riusciva ad assicurarsi, per mezzo del proprio lavoro, un reddito annuo pari a circa Euro .... (c.f.r. doc. 6). Va altresì considerato che il reddito dallo stesso percepito rappresentava l'unica fonte di sostentamento per il proprio nucleo familiare, essendo la moglie in cerca di occupazione (c.f.r. doc. 7).

Per tutto quanto precede, il Sig. .... come sopra rappresentato e difeso

CITA

Il Sig. ...., residente in ...., a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del ...., ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis,

AVVERTE

il convenuto che:

  • la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.,
  • la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 c.p.c. o da leggi speciali,
  • la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

per ivi sentire accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il Tribunale rigettata ogni contraria domanda, eccezione, richiesta e deduzione sia di merito che istruttoria,

NEL MERITO

— Accertare e dichiarare la responsabilità del convenuto Sig. .... in ordine alla causazione del danno occorso al Sig. .... in occasione del sinistro;

— per l'effetto, condannarlo al pagamento della somma di Euro ....o alla diversa somma risultante dal giudizio, a titolo di danno cagionato all'attore, anche con liquidazione in via equitativa 16 del danno da perdita di chance17;

— in ogni caso, con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio con rimborso delle spese generali al 12,5% maggiorati dei contributi fiscali e previdenziali, come per legge.

IN VIA ISTRUTTORIA

— Si richiede l'interrogatorio formale del convenuto sui seguenti capitoli: Vero che ( ....)

— Si richiede l'ammissione della prova per testi sui seguenti capitoli: Vero che ( ....).

— Si indicano come testimoni i signori: ( ....)

— Nella denegata ipotesi di ammissione della prova, eventualmente ex adverso articolata, si richiede sin da ora di essere ammessi a prova contraria con termine per l'indicazione dei testi.

Inoltre si chiede che il Giudice adito voglia disporre la nomina di CTU, al fine di ( ....).

Con riserva di ulteriori argomentazioni, precisazioni e modificazioni, nonché di deduzioni istruttorie, anche alla luce delle eventuali istanze difensive della controparte, nei termini previsti dall'art. 183, comma 6, c.p.c., dei quali si chiede sin d'ora la concessione.

Si allegano in copia i seguenti documenti

1) documentazione fotografica autovettura condotta dall'odierno attore;

2) certificato medico di pronto soccorso;

2 bis) relazione peritale a firma del Dott. ....;

3) relazione di intervento della PS;

4) richiesta di risarcimento danni;

5) raccomandate a/r del ....di interruzione dei rapporti di lavoro;

6) dichiarazioni dei redditi per l'anno ....;

7) attestazione dello stato di disoccupazione di ....;

8) informativa exd.lgs. n. 28/2010;

9) (verbale di mediazione obbligatoria con esito negativo);

Il sottoscritto procuratore dichiara che il valore della presente cause è ....

Luogo e data ....

Firma Avv. .... 18

PROCURA ALLE LITI

Io sottoscritto ...., residente in ...., informato ai sensi del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione e dei benefici fiscali ivi previsti, come da atto allegato, delego l'Avv. ...., a rappresentarmi e difendermi in tutto il giudizio, conferendogli ogni potere e facoltà di legge. Eleggo domicilio, ai fini del presente processo, presso il mio difensore, con studio in ...., alla via ....

Dichiaro di aver ricevuto tutte le informazioni previste dal d.lgs. n. 196/2003 e presto il consenso al trattamento dei dati personali per l'espletamento del mandato conferito.

Luogo e data ....

Firma ....

La firma è autografa

Firma Avv. ....

[1] [1] Si applicano i criteri ordinari degli articoli 18,19 e 20 c.p.c. per la determinazione del giudice competente per territorio.

[2] [2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale, e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011 n. 98, conv., con modif., in l. 15 luglio 2011, n. 111).

[3] [3] Quando attore o convenuto sia “una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio”: art. 163 comma 3, n. 2.

[4] [4] La procura può essere generale o speciale (art. 83 c.p.c.). Nel caso di procura generale alle liti, redatta per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, dovranno esserne indicati gli estremi. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine del ricorso. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico del ricorso (art. 16-bis comma 1-bis D.L. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: “giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente ricorso ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.”.

Solitamente la procura è rilasciata a margine o in calce all'atto di citazione. Se è conferita con atto notarile, il medesimo va allegato all'atto. L'art. 125, comma 2 prevede la possibilità che la procura al difensore dell'attore sia rilasciata in data posteriore alla notificazione, purché prima della costituzione in giudizio.

[5] [5] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore, è sufficiente l'indicazione del numero di fax, poiché l'indirizzo PEC è un dato ormai acquisito nei rapporti con la cancelleria: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dalla l. n. 114/2014.

[6] [6] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata.

[7] [7] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 2. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[8] [8] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c.

[9] [9] Indicare le lesioni riportate a seguito dell'incidente, se del caso richiamando la cartella clinica.

[10] [10] Indicare l'attività lavorativa svolta, stabilmente o saltuariamente, dall'attore.

[11] [11] La perdita di chance non è una mera aspettativa di fatto, ma una entità patrimoniale a sè stante. L'attore, quindi, deve esattamente proporre tale richiesta di risarcimento, formulandola espressamente nella domanda introduttiva, non bastando che nell'atto la parte richieda il risarcimento di tutti i danni. E invero, la richiesta nell'atto introduttivo del giudizio del risarcimento di tutti i danni derivati dal sinistro stradale - e dunque anche il danno da perdita di chance - è basata sull'equivoco di fondo che la liquidazione di quest'ultimo possa essere operata d'ufficio dal giudice, essendo la relativa domanda insita, come un minus, in quella volta a far valere il pregiudizio derivante dal fatto illecito. Trattasi, invece, di domanda tutt'affatto diversa, sulla quale, ove non proposta, il giudice non può pronunciare.

[12] [12]Quanto ai rapporti tra la condizione di procedibilità di cui alla legge n. 162/2014 (v. postea) e la condizione di proponibilità della domanda di cui all'art. 145, commi 1 e 2, d.lgs. n. 209/2005 (c.d. Codice delle assicurazioni), i due istituti convivono. Invero, la raccomandata con la quale si chiede il risarcimento del danno alla compagnia di assicurazioni è sì imposta normativamente (così come è imposta l'attesa di 60 o 90 giorni prima di potere proporre la domanda giudiziale), ma non è affatto diversa da tutte quelle altre raccomandate contenenti le più svariate richieste che normalmente precedono l'instaurazione di un giudizio. Anche quella in tema di sinistri stradali dovrà, pertanto, essere seguita, in caso di silenzio o di risposta negativa del destinatario della richiesta extragiudiziale, dal procedimento di negoziazione assistita prima di poter (eventualmente) pervenirsi alla lite giudiziale.

Peraltro, un supporto testuale alla soluzione appena indicata si rinviene nell'art. 3, comma 5, del decreto legge, che prevede, all'esito delle modifiche introdotte in sede di conversione dalla legge n. 162/2014, che: “restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati. Il termine di cui ai commi 1 e 2, per materie soggette ad altri termini di procedibilità, decorre unitamente ai medesimi”.

In questo modo si è voluto evitare che la proposizione della domanda giudiziale potesse subire eccessivi rallentamenti a causa della necessità di attendere, per il ricorso alla negoziazione assistita, che fossero prima decorsi i termini di procedibilità previsti da altre normative. In altri termini, sembra possibile, al contempo, inviare una raccomandata alla compagnia di assicurazioni contenente la richiesta risarcitoria e l'invito per la stipula della convenzione di negoziazione, non essendo richiesto che le due condizioni (di proponibilità e di procedibilità) debbano sussistere in sequenza l'una rispetto all'altra. Peraltro, la citazione, mentre non può essere notificata prima del decorso dei 60 o 90 giorni previsti per la condizione di proponibilità di cui all'art. 145 cod. ass., può essere notificata anche prima dell'instaurazione del procedimento di negoziazione assistita o anche prima del decorso del termine di tre mesi (prorogabile di 30 giorni) di durata massima di quest'ultimo.

[13] [13] È obbligatorio il ricorso alla procedura di negoziazione assistita (che costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, che deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza), attraverso l'invito, tramite l'avvocato, all'altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita, quando si vuole esercitare in giudizio un'azione in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti (non più rientrante tra i casi di mediazione obbligatoria).

[14] [14] In tema di danno da lesione della chance, intesa quale possibilità di ottenere un risultato o vantaggio utile, suscettibile di valutazione economica, la giurisprudenza da tempo ha precisato che tale tipo di pregiudizio deve considerarsi pienamente risarcibile nel nostro ordinamento giuridico. In particolare, recentemente, è stato sostenuto che: “la perdita di chance costituisce un'ipotesi di danno patrimoniale futuro. Come tale essa è risarcibile a condizione che il danneggiato dimostri, anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale fra il danno e la ragionevole probabilità della verificazione futura del danno” (Cass. III, n. 9598/1998). È stato altresì precisato che: ”la prova relativa al danno da perdita di una chance può essere raggiunta anche in base ad un calcolo di probabilità o in via presuntiva, ma che i poteri di valutazione equitativa del giudice non possono mai sopperire all'inerzia della parte nell'assolvimento del proprio onere probatorio” (Cass. sez. lav. n. 781/1992).

[15] [15] Per riconoscere il risarcimento del danno da perdita di chance, la compromissione della capacità lavorativa del danneggiato, causata dal sinistro stradale in cui viene coinvolto suo malgrado, deve determinare dei traumi tali da precludere definitivamente lo svolgimento delle attività tipiche della qualifica ricoperta.

[16] [16] Atteso che la liquidazione in via equitativa del danno rappresenta un potere discrezionale del giudice, il cui esercizio è subordinato ai presupposti della particolare difficoltà o impossibilità della prova del danno stesso, il giudice procederà a tale tipo di liquidazione solo in via residuale e qualora non ritenga sufficientemente provato l'effettivo ammontare dei danni subiti.

[17] [17] La domanda di risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, derivanti da un illecito aquiliano, esprime la volontà di riferirsi ad ogni possibile voce di danno, a differenza di quella che indichi specifiche e determinate voci, sicché, pur quando in citazione non vi sia alcun riferimento, si estende anche al lucro cessante (nella specie, perdita di ”chance” lavorativa), la cui richiesta non può, pertanto, considerarsi domanda nuova, come tale inammissibile (Cass. III, n. 7193/2015).

[18] [18] La sottoscrizione dell'avvocato è richiesta a pena di nullità dall'art. 125 c.p.c. Egli deve essere munito di procura che può essere rilasciata in calce o a margine dell'atto di citazione. In questo caso e l'autenticità della sottoscrizione deve essere autenticata dal difensore. Se la procura è, invece, rilasciata in un atto separato, la citazione deve farne menzione (art. 163, comma 4, n. 6) e deve essere autenticata da notaio.

Commento

Premessa

Un evento causato da terzi, che incida nella sfera soggettiva, causando le sfumare di utilità non solo non ancora entrate nel patrimonio, ma di cui non vi è neppure certezza, determina un pregiudizio definito “perdita di chances”, per tale intendendosi la perdita di una utilità non solo futura, ma anche eventuale. Per la sua incertezza, pertanto, si distingue dal danno futuro.

Il collegamento alla probabilità del danno distingue la sua risarcibilità dalla richiesta di risarcimento del danno relativo al bene giuridico cui la chance è collegata. In quest'ultimo caso è l'intero pregiudizio patrimoniale futuro a dover essere risarcito; nella perdita di chances il danno risarcibile va, invece, generalmente riconosciuto in misura proporzionale alla probabilità di raggiungimento del risultato (sperato). Dunque, come tale, la chance è autonomamente valutabile sotto il profilo economico e non si confonde con la mera aspettativa, di per sè non risarcibile.

Dottrina e giurisprudenza hanno dibattuto su due ipotesi ricostruttive, una favorevole a collocare il danno alla chance nel danno emergente, l'altra nel lucro cessante.

La comprensione nella categoria del lucro cessante può trovare addentellati, purché se ne distinguano le conseguenze in ordine alla risarcibilità, che non può coincidere con il diritto alla integrale risarcibilità del danno per il mancato conseguimento della utilità, qual è invece il dovuto quando si riconosca un danno futuro da lucro cessante, altrimenti incorrendosi nell'errore di confondere il danno da perdita di chance al conseguimento di un vantaggio con il danno al conseguimento del vantaggio stesso.

L'incertezza dell'ulteriore danno al bene, al cui raggiungimento è rivolta la chance compromessa dalla condotta lesiva, si riflette peraltro sulle difficoltà di individuazione di un criterio risarcitorio obiettivo. La perdita, che deve essere quantificata, non solo è relazionata ad una utilità non ancora acquisita al patrimonio del soggetto, ma, nella sua futuribile acquisibilità, non è neppure certo che potrà mai entrarvi. Essa non costituisce una astratta possibilità, ma non deve superare, per restare nell'alveo della chance, il concetto di significativa probabilità, altrimenti coincidendo in tutto con il danno futuro al bene principale e non alla chance di conseguirlo.

Altrettanto importante è il nesso causale tra la lesione e la perdita di chance, per il quale è stato correttamente affermato che la chance (e la sua perdita dunque) deve incidere sul danno e non sul nesso causale, con ciò volendo significare che la chance deve afferire alla seria probabilità del conseguimento di un qualcosa, sia esso un evento patrimonialmente vantaggioso, ossia un risultato, oppure un diritto non patrimoniale ma comunque liquidabile per equivalente; non deve riguardare, invece, il nesso causale tra condotta illecita e lesione medesima della chance. Il nesso causale deve essere, infatti, certo e non solo probabile. Sarebbe, invece, un errore logico collegare la chance al nesso causale, perché verrebbe meno lo stesso principio di imputabilità del fatto illecito (condotta + evento lesivo, nella forma del danno-conseguenza) alla condotta del terzo.

Quanto all'accertamento del nesso causale, trattandosi di responsabilità civile, vige il criterio d'imputazione del “più probabile che non”. Lo scrutinio circa la possibilità di conseguire un vantaggio economico deve avvenire sulla base di una valutazione ex ante da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito abbia inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale (Cass. III, n. 2737/2015).

Altra questione è se la richiesta risarcitoria per danni da perdita di chance renda necessaria una specifica domanda oppure se essa possa considerarsi inclusa in un generico petitum risarcitorio. La giurisprudenza tendenzialmente ritiene che, mentre per la perdita di chance di natura patrimoniale, attesa la sua variegata prospettabilità, sia necessaria una specifica domanda risarcitoria, per quella di natura non patrimoniale debba tenersi conto della evoluzione interpretativa impressa dalle sentenze nn. 26972 e da quelle gemelle del novembre 2008, che pur confermando il sistema bipolare (danno patrimoniale-danno non patrimoniale), hanno ricondotto in una unica voce di danno il secondo, collocandolo nell'art. 2043 c.c., quale norma a generale presidio del sistema di tutela, adoperando l'art. 2059 c.c. come contenitore delle situazioni giuridiche ritenute meritevoli di risarcimento per equivalente a fronte delle lesioni lamentate. Questa specificità fa comprendere come non sia necessaria la formulazione di una espressa domanda, pur occorrendo che la domanda introduttiva evidenzi le tipologie di lesione che si lamenta aver subito dalla condotta illecita del terzo.

In tema di danni alla persona, l'invalidità di gravità tale (nella specie, dell'80 per cento) da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro, e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, integra non già lesione di un modo di essere del soggetto, rientrante nell'aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, quanto un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di "chance", ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica, danno che, ove accertato sulla base delle prove, anche presuntive, offerte dal danneggiato, va stimato con valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c. (Cass. n. 26641/2023).

Casistica

Il danno da perdita di chance può configurarsi quale danno conseguente all'inadempimento di obblighi assunti in un rapporto contrattuale, oppure per violazione degli obblighi nella fase precontrattuale, o ancora quale conseguenza della illecita condotta ex art. 2043 c.c., ricompresa dunque nell'alveo della responsabilità extracontrattuale.

In tutte queste ipotesi la compromissione della chance può determinare un danno patrimoniale.

La casistica offerta dalla giurisprudenza quanto al danno patrimoniale da perdita di chance di natura contrattuale è vasta.

L'elemento comune a tutte le ipotesi sussunte nella figura è quello della ripartizione dell'onere della prova, spettando al creditore l'allegazione di quei fatti e atti che dimostrino il nesso causale tra l'illecita condotta e la lesione della chance, nonché il danno conseguente alla lesione medesima, quale mancata fruibilità di quella occasione per il raggiungimento del risultato utile, mentre resta a carico del debitore la prova della non imputabilità dell'inadempimento. Le maggiori difficoltà si rivelano nella prova del danno, perché il risultato non è più conseguibile.

La giurisprudenza che si occupa del danno da perdita di chances relativo ai rapporti di lavoro rivela una interpretazione evolutiva, sensibile a sollevare il lavoratore da oneri probatori eccessivi quanto a prova del danno e sua quantificazione.

Al datore di lavoro spetta poi la prova della non imputabilità della condotta illecita e, in particolare, su di lui grava anche la produzione di tutta quella documentazione che, pur astrattamente costituendo onere di allegazione del creditore-danneggiato, non sarebbe mai allegabile da questi perché nella disponibilità della controparte datoriale. Così si applica il principio di vicinanza della prova.

In tema di procedure di selezione del personale per l'accesso a qualifica superiore, nel caso in cui il datore di lavoro privato non rispetti i principi di correttezza e buona fede, incombe sul lavoratore, che agisca per il risarcimento del danno da perdita di “chance”, l'onere di provare, seppure in via presuntiva e probabilistica, il nesso causale tra l'inadempimento e l'evento dannoso, ossia la sua concreta e non ipotetica possibilità di conseguire la promozione, qualora la comparazione tra i concorrenti si fosse svolta in modo corretto e trasparente (così Cass. sez. lav. n. 4014/2016, ha confermato la sentenza di merito in cui la prova che il ricorrente avesse il novanta per cento di probabilità di essere promosso era stata desunta dalla disamina della graduatoria dei partecipanti e dei criteri di attribuzione dei punteggi). Tale possibilità non può derivare dal calcolo matematico tra numero dei concorrenti e funzioni da assegnare, dovendo essere comparati titoli e requisiti posseduti dai candidati (Cass. sez. lav., n. 495/2016).

Particolarmente interessante si rivela anche la tematica del danno patrimoniale da perdita di chance di natura extracontrattuale, che trova la casistica più frequente nei danni da sinistro stradale. Estremamente complesse si rivelano l'identificazione e la determinazione del suddetto danno, atteso che nella maggior parte dei casi si tratta di illeciti che attingono l'integrità fisica del danneggiato, rispetto alla quale deve porsi la prospettiva del nesso causale tra il fatto commesso e il danno lamentato, o, più precisamente, della relazione tra la condotta illecita commessa, il danno alla integrità fisica, il danno patrimoniale conseguente. Molta attenzione è polarizzata sulla riduzione della capacità lavorativa generica, causata dalla gravità delle lesioni conseguenti un sinistro. Si riscontra la diffusa opinione che l'invalidità grave, che non consente alla vittima di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro (e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali), integra non già lesione di un modo di essere del soggetto, rientrante nell'aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, quanto un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di “chance”, ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica. Nel caso, ad esempio, di lesioni sofferte da un soggetto minore, al momento del sinistro ancora studente, e che abbiano determinato un'invalidità permanente di non lieve entità, il giudice di merito, investito della domanda di riconoscimento del conseguente danno futuro patrimoniale per perdita di capacità lavorativa generica, non compie un corretto procedimento di sussunzione della fattispecie, allorquando ritenga di procedere alla liquidazione di tale danno all'interno della liquidazione del danno non patrimoniale, essendo tale possibilità limitata al caso di lesioni personali di lieve entità e, peraltro, limitatamente all'ipotesi in cui la loro concreta incidenza sulla futura capacità lavorativa pur generica rimanga oscura (Cass. III, n. 5880/2016). In siffatta evenienza la valutazione sarà necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c. (Cass. III, n. 12211/2015).

Si rileva che sia proprio questa compromissione della capacità lavorativa futura del danneggiato a consentire il riconoscimento della risarcibilità delle lesioni macropermanenti, ancorché al momento del sinistro la vittima fosse un disoccupato. Stesso riconoscimento viene attribuito alla casalinga. In ordine a queste ultime due fattispecie, si rinvia alle specifiche formule loro dedicate.

Con riferimento al danno patrimoniale da perdita di chances per l'illegittima attività della P.A., soprattutto in materia di gare per esecuzione di opera pubblica, la giurisprudenza chiarisce come in tal caso i danni non corrispondano affatto al solo interesse negativo, cioè ai soli costi di partecipazione alla gara, ma alla perdita di utilità corrispondente. Ad esempio, con riguardo agli interessi e all'immagine della impresa non aggiudicataria, si rileva che il fatto di poter eseguire un appalto pubblico, oltre che del guadagno che l'impresa consegue, comporta ulteriori vantaggi, quali l'accrescimento della capacità di competere sul mercato. Ciò si traduce nella chance di aggiudicazione di ulteriori e futuri appalti. D'altronde, la mancata esecuzione di un appalto, oltre che sottrarre guadagni, può incidere sulla immagine dell'impresa nel contesto socio-economico, accrescendo, di contro, le imprese concorrenti che si siano illegittimamente aggiudicate la gara.

I danni non patrimoniali da perdita di chance entrano in gioco altresì nell'ambito delle numerose fattispecie di responsabilità medica. Si parla in questo caso di perdita di chance de survivre (il danno non patrimoniale da perdita di chance di sopravvivenza sussiste tutte le volte in cui il superstite, nonostante l'evento morte sarebbe stato ineluttabile pur in presenza di una condotta ineccepibile dei sanitari, si dolga del fatto che l'accertato erroneo intervento chirurgico abbia fatto perdere al paziente le possibilità di sopravvivenza che le sarebbero spettate se l'intervento fosse stato eseguito correttamente - i.e., di vedere rallentato il decorso della malattia e, quindi, aumentata la durata della sopravvivenza -), relazionata alla diagnosi errata o inadeguata, che si ritiene integri di per sé un inadempimento alla prestazione sanitaria, aggravando la possibilità che l'evento negativo si produca e così producendo in capo al paziente la perdita delle chances di conseguire un risultato utile, e non la perdita del risultato stesso. Le questioni che la perdita di chance de survivre pone si polarizzano sulla sorte, la dimensione ed il ruolo del nesso causale, sull'oggetto della tutela, sulla sufficienza dei criteri di liquidazione che la giurisprudenza ha inteso applicare. È lo stesso concetto di chance a dover essere reinterpretato alla luce della peculiarità della fattispecie. Quindi, analizzando il nesso causale, è posto in evidenza come essa, per come interpretata nel danno da responsabilità medica, porta a concludere che, accertata la condotta erronea del sanitario, per ciò stesso debba ritenersi che sia stata lesa, qualunque sia poi la sua incidenza sull'evento costituente il risultato (sperato). Il rischio di tale ragionamento è il superamento dell'onere della prova del nesso causale tra erronea condotta sanitaria e perdita della chance, risultando sufficiente constatare l'illiceità della condotta medica per reputare compromessa una occasione utile per conseguire il risultato sperato.

Per Cass. III, n. 7195/2014, genera una ipotesi risarcitoria l'errata esecuzione di un intervento chirurgico praticabile per rallentare l'esito certamente infausto di una malattia, che abbia comportato la perdita per il paziente della chance di vivere per un periodo di tempo più lungo rispetto a quello poi effettivamente vissuto.

Occorre domandarsi se possano applicarsi alla perdita di chance de survivre le regole della perdita di chance di carattere patrimoniale. Così dà luogo a danno risarcibile l'errata esecuzione di un intervento chirurgico praticabile per rallentare l'esito certamente infausto di una malattia, che abbia comportato la perdita per il paziente della “chance” di vivere per un periodo di tempo più lungo rispetto a quello poi effettivamente vissuto (Cass. III, n. 7195/2014). Ad esempio, tenendo conto che si ritiene ricorrente un danno alla chance quando essa assuma una concreta consistenza - che diffusamente è stata collegata al superamento della soglia del 50% delle probabilità di raggiungimento del risultato sperato -, è sorto il dubbio se sia possibile applicare il medesimo criterio anche quando sia in gioco la chance di sopravvivenza. In giurisprudenza si constata, invece, che qui si riconosce rilevanza a qualunque lesione prodotta dal colpevole trattamento sanitario, a prescindere dalla entità della sua incidenza negativa. Si avverte, dunque, un progressivo svuotamento del presupposto probabilistico, con il rischio di sovrapporre la probabilità con la mera possibilità di raggiungere la guarigione. In tal modo, però, si rischia di svuotare la causalità nella responsabilità medica, soppiantando, ai fini risarcitori, la responsabilità per il mancato conseguimento del risultato (quando non dimostrabile il nesso causale tra condotta ed evento) con la compromissione della chance di guarigione.

In relazione ai criteri di liquidazione che la giurisprudenza ha adottato per la perdita di chance de survivre, il criterio assunto è sempre quello del calcolo percentuale sul bene oggetto della occasione perduta, che nel caso specifico viene rappresentato dal danno biologico. Tale scelta ha generato, tuttavia, perplessità, poiché il pregiudizio oggetto di liquidazione non si rapporta ad una entità riconducibile ad un bene compreso in un patrimonio, ma alla salute medesima. A ciò aggiungasi anche che la prospettiva della indipendenza da una percentuale apprezzabile di ottenimento del risultato sperato (intesa quale probabilità di risultato), propria della risarcibilità del danno patrimoniale da perdita di chance, non è applicabile alla compromissione della chance de survivre (si pensi al caso delle cure cd. palliative).

Per Trib. Napoli VII, 27 aprile 2016, n. 5256, la liquidazione del danno da perdita di chance di aspettativa di vita deve ovviamente essere inferiore a quella minima prevista per il danno della perdita della vita stessa ed essere ragionevolmente minore della metà di tale danno. In tale eventualità, le possibilità di sopravvivenza, misurate in astratto secondo criteri percentuali, rilevano ai fini della liquidazione equitativa del danno, che dovrà altresì tenere conto dello scarto temporale tra la durata della sopravvivenza effettiva e quella della sopravvivenza possibile in caso di intervento chirurgico corretto.

La liquidazione del danno eventuale non potrà che essere rapportata alla riduzione del periodo di sopravvivenza provocata dall'errore medico, nonché alla percentuale di possibilità astratta di conseguire il risultato massimo raggiungibile, data la situazione concreta.

Esso consiste in un danno concreto ed attuale, si trasmette jure hereditario, e la sua quantificazione deve avvenire secondo un criterio equitativo puro.

Nel caso di perdita di chance di sopravvivenza, ai familiari della vittima spetta altresì jure hereditario il risarcimento del danno biologico terminale, e jure proprio il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale.

In una fattispecie in cui era stato chiesto il risarcimento del danno da perdita della possibilità di una vita anche solo di poco più lunga o migliore, che si assumeva conseguente al ritardo nella consegna di un esame diagnostico e, conseguentemente, nell'individuazione tempestiva delle cure appropriate, Cass. III, n. 26822/2017, ha puntualizzato che la chance, pur potendo essere costituita dalla perdita di una mera possibilità presente nella sfera giuridica del danneggiato, deve tuttavia essere concreta ed effettiva, non meramente teorica ed ipotetica, e la sua compromissione, ove dedotta, deve essere provata dall'attore, identificandosi con la prova stessa del danno. In applicazione di tale principio la S.C. ha quindi confermato la sentenza impugnata, la quale aveva respinto la domanda in quanto, in base all'accertamento tecnico espletato nel corso dell'istruttoria, il ritardo lamentato, pur sussistente, era risultato assolutamente ininfluente sull'evoluzione della patologia (nella specie, di natura tumorale, particolarmente rara ed aggressiva), sicché non vi era stata alcuna menomazione della possibilità di cura, con ciò risultando accertata l'insussistenza sia della chance che si assumeva menomata, sia, conseguentemente, del danno denunciato. Sul punto si rinvia alla formula dedicata alla responsabilità medica (contrattuale o extracontrarruale).

Infine, Cass. III, n. 6488/2017, ha affrontato la questione dell'onere probatorio gravante sul creditore che voglia ottenere, oltre il rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di chance. In proposito la pronuncia citata, dopo aver ricordato che la perdita di chance, intesa quale concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, ha statuito che grava sulla parte interessata l'onere di provare, benché solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta. Il caso esaminato nella specie dalla Corte riguardava la perdita di chance lavorative future asseritamente subite da un'infortunata in un sinistro stradale; la pronuncia citata ha osservato che, configurandosi un danno patrimoniale futuro, come tale diverso ed ulteriore rispetto al danno alla salute, a carattere, invece, non patrimoniale, la perdita di futuri guadagni non poteva essere desunta in via presuntiva dalla mera esistenza di postumi invalidanti, spettando al danneggiato l'onere di provare, anche presuntivamente, che il danno alla salute gli aveva precluso l'accesso a situazioni di studio o di lavoro tali che, se realizzate, avrebbero fornito anche soltanto la possibilità di maggiori guadagni. Sul punto si rinvia alla formula dedicata al danno patrimoniale futuro.

Di recente è stato chiarito (Cass. III n. 5641/2018) che la connotazione della chance - intesa, al pari di ogni altra conseguenza della condotta illecita, come evento di danno - in termini di possibilità perduta di un risultato migliore e soltanto eventuale non esclude né elide, ditali:ti, la necessaria e preliminare indagine sul nesso causale tra la condotta e l'evento.

La Suprema Corte, nella pronuncia da ultima menzionata, ha dichiarato apertamente (seppure per inciso) che essa risponde ad una «scelta, hic et nunc, di politica del diritto, la cui risarcibilità consente (..) di temperare equitativamente il criterio risarcitorio dell'all or nothing»: su tale profilo si tornerà infra, nella parte dedicata alle “voci fuori dal coro”; qui basti dire che il successo di cui gode l'istituto non è senz'ombre. In dottrina, non è mancato chi (Vincenti, I principi della causalità e la perdita di chance, in Ridare.it), rilevando il «surplus di tassonomia che si registra in materia», ha osservato che «questo è la spia che non proprio ogni cosa è al suo posto». Che non sia facile perimetrare l'ambito d'indagine sulla perdita di chance ce lo svela il contrasto tra tesi ontologica e tesi eziologica, chance pretensiva e chance oppositiva, e ancora più di recente, chance patrimoniale e chance non patrimoniale. Si intersecano, dunque, più punti di vista.

È certo che il territorio in cui si colloca la perdita di chance – istituto tutto di matrice giurisprudenziale (premessa, questa, che occorre sempre tener bene presente) – non agevola, di per sé, le esigenze di un riordino spontaneo della materia, essendo la responsabilità civile, da più di qualche decennio, banco di prova della policy giudiziaria della tutela rimediale, soprattutto allorquando si affrontino i temi – che investono direttamente anche il problema del risarcimento della chance perduta - dell'ingiustizia del danno (per la responsabilità extracontrattuale) e quello della causalità (che rileva pure per la responsabilità contrattuale).

Da ultimo, Cass. III n. 7260/2018 ha enunciato il seguente importante principio di diritto:  la violazione del diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali in una condizione di vita affetta da patologie ad esito certamente infausto, non coincide con la perdita di chances connesse allo svolgimento di singole specifiche scelte di vita non potute compiere, ma nella lesione di un bene già di per sé autonomamente apprezzabile sul piano sostanziale, tale da non richiedere, una volta attestato il colpevole ritardo diagnostico di una condizione patologica ad esito certamente infausto (da parte dei sanitari convenuti), l'assolvimento di alcun ulteriore onere di allegazione argomentativa o probatoria, potendo giustificare una condanna al risarcimento del danno così inferto sulla base di una liquidazione equitativa.

L'orientamento della giurisprudenza nella responsabilità sanitaria

Con riferimento specifico al settore della responsabilità sanitaria, la qualificazione in termini di “danno emergente” è stata recepita dalla nota sentenza Cass. n. 21619/2007, secondo cui la «perdita di chances, attestata tout court sul versante della mera possibilità di conseguimento di un diverso risultato terapeutico », va concepita «non come mancato conseguimento di un risultato soltanto possibile, bensì come sacrificio della possibilità di conseguirlo, inteso tale aspettativa (la guarigione da parte del paziente) come “bene”, come diritto attuale, autonomo e diverso rispetto a quello alla salute».

La casistica si riferisce, in via preponderante, a soggetti che sono deceduti per effetto di patologia tumorale tardivamente diagnosticata (per negligenza dei medici). La linea argomentativa che dà corpo e sostanza alle sentenze si sviluppa, solitamente, in questi termini: se lo specialista interpellato avesse tempestivamente rilevato la presenza della neoplasia, il paziente avrebbe avuto una maggiore chance di sopravvivenza. Detto altrimenti: il danno consiste nell'aver perso la possibilità di vivere più a lungo (anche se di pochi mesi o anni) e “meglio” (es. l'intervento chirurgico sarebbe stato meno invasivo/demolitorio ed avrebbe provocato sofferenze maggiormente sopportabili; oppure sarebbe stato possibile praticare cure palliative ecc.).

In proposito si veda, per es., Cass. III, n. 23846/2008,  nella cui motivazione è racchiusa l'essenza della chance: si tratta, afferma la Corte, di una «entità patrimoniale giuridicamente ed economicamente valutabile, la cui perdita produce un danno attuale e risarcibile, qualora si accerti che la sua concreta utilizzazione avrebbe reso (non necessariamente probabile ma) anche solo possibile il conseguimento di un determinato vantaggio».

Qui il Collegio ha, in sostanza, aderito alla tesi secondo cui la perdita di chance è un danno emergente ed ha precisato che la “percentuale di probabilità” di ottenere un certo risultato rileva soltanto ai fini della quantificazione, nel senso che ove essa sia scarsamente significativa potrà concludersi che il “valore della perdita è nullo” (e dunque, in pratica, il risarcimento sarà pari a zero).

Cass. n. 28993/2019 ha chiarito che la chance patrimoniale presenta, in apparenza, le stimmate dell'interesse pretensivo (mutuando tale figura dalla dottrina amministrativa, sia pur soltanto in parte qua, attese le evidenti differenze morfologiche tra l'interesse legittimo e la chance: mentre il primo incarna l'aspirazione — e la pretesa — alla legittimità dell'azione amministrativa e preesiste, dunque, all'azione amministrativa stessa, la chance viene in rilievo quando essa è stata perduta e cioè quando l'attività amministrativa, ormai esauritasi, è irrimediabilmente viziata e il vizio ha cagionato un danno risarcibile), e cioè postula la preesistenza di una situazione "positiva", i.e. di un quid su cui andrà ad incidere sfavorevolmente la condotta colpevole del danneggiante impedendone la possibile evoluzione migliorativa (il partecipante ad un concorso è portatore di conoscenze e preparazione che preesistono all'intervento "soppressivo" del preposto all'esame; l'azienda che prende parte ad una gara ad evidenza pubblica è portatrice di professionalità e strutture operative che preesistono all'intervento «eliminativo» dell'ente pubblico che ha bandito la gara per poi impedirne illegittimamente la partecipazione).

La chance «non pretensiva» rappresentata anch'essa (e segnatamente nel sottosistema della responsabilità sanitaria), sul piano funzionale, dalla possibilità di conseguire un risultato migliorativo della situazione preesistente, diverge strutturalmente dalla prima, volta che l'apparire del sanitario sulla scena della vicenda patologica lamentata dal paziente coincide sincronicamente con la creazione di una chance, prima ancora che con la sua (eventuale) cancellazione colpevole, e si innesta su di una preesistente situazione «non favorevole» (una situazione, cioè, patologica) rispetto alla quale non può in alcun modo rinvenirsi un quid inteso come «un pregresso positivo», e positivamente identificabile ex ante (il paziente è portatore di una condizione di salute che, prima dell'intervento del medico, rappresenta un pejus, e non un quid in positivo, sul piano della chance, allo stato inesistente senza l'intervento medico).

Le critiche sollevate dalla più attenta dottrina e da una parte della giurisprudenza di merito dimostrano che la perdita di chance è figura ambigua e non scevra da contraddizioni; la stessa Cass. n. 5641/2018 sembra essere consapevole di tale dibattito e, pur cercando di fissare i criteri che dovrebbero dare solidità dogmatica all'istituto, si lascia sfuggire una affermazione di notevole importanza: «la possibilità perduta integra gli estremi della chance la cui risarcibilità consente,  come scelta, hic et nunc, di politica del diritto, [..] di temperare equitativamente il criterio risarcitorio dell'all or nothing». Negli assetti così definiti dalla Suprema Corte il vero fondamento della perdita di chance pare, allora, essere una ragione di giustizia sostanziale, una specie di “bilancia” che oscilla e si piega a protezione del soggetto (percepito come) più debole (così ZORZIT); ed il cui fine è quello di evitare che il danneggiato (il malato) resti privo di tutela (risarcitoria) laddove, come spesso accade nell'ambito della medicina, le leggi della scienza non siano in grado di dare risposte in termini di certezza probabilistica (ma, appunto, solo di “possibilità”). Una scelta di politica del diritto, dunque, le cui conseguenze meritano peraltro di essere indagate e, forse, ridiscusse, soprattutto in un contesto come quello attuale, che rivendica la necessità di porre argini agli effetti distorsivi di un orientamento giurisprudenziale troppo ispirato al “favor” per il paziente; ed in cui la Legge cd. Gelli ha sentito il dovere di intervenire per ristabilire un equilibrio da tempo andato perduto.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario