Mancato invio della “bozza” di CTU: tra nullità astratta e sanatoria per omessa lesione del diritto di difesa

23 Novembre 2017

Nella sentenza qui in commento, la Suprema Corte ha affrontato la questione delle conseguenze processuali in caso di violazione dell'art. 195, comma 3, c.p.c..
Massima

L'omesso invio da parte del consulente tecnico della bozza di relazione alla parte integra, in quanto posta a presidio del diritto di difesa, un'ipotesi di nullità della consulenza a carattere relativo e quindi assoggettata al rigoroso limite preclusivo di cui all'art. 157 c.p.c..

Il caso

A seguito di infortunio, il giudice di primo grado riconosceva al ricorrente l'indennizzo del danno biologico nella misura del 6%. Proposto gravame, il giudice d'appello - recependo le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio nominato in secondo grado - rideterminava il danno biologico nella misura del 4%. Il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione, lamentando la violazione dell'art. 195, comma 3, c.p.c. per non aver il CTU trasmesso la bozza al proprio perito.

La questione

La questione in esame è la seguente: quali sono le conseguenze processuali in caso di violazione dell'art. 195, comma 3, c.p.c.?

Le soluzioni giuridiche

I Giudici di legittimità, pur riconoscendo che l'omesso invio da parte del consulente tecnico della bozza di relazione alla parte integra, in quanto posta a presidio del diritto di difesa, un'ipotesi di nullità della consulenza, tuttavia, rigettano il ricorso sul rilievo che il giudice d'appello aveva rimesso in termini le parti per formulare le proprie osservazioni critiche alla CTU, con conseguente sanatoria della nullità per violazione dell'art. 195, comma 3, c.p.c..

Nel sistema previgente alla nuova formulazione del comma 3 dell'art. 195 c.p.c. nessuna norma del codice di rito imponeva al consulente tecnico d'ufficio di fornire ai consulenti di parte una “bozza” della propria relazione ;; le parti, in questo regime, potevano avanzare critiche solo dopo il deposito dell'elaborato peritale, giacché il loro diritto ad intervenire alle operazioni tecniche a mezzo dei propri consulenti doveva essere inteso non come diritto a partecipare alla stesura della relazione ma soltanto all'accertamento materiale dei dati da elaborare (Cass. civ., n. 24792/2010). Pertanto, ove il consulente d'ufficio non avesse ottemperato al provvedimento del giudice che lo aveva onerato di mettere a disposizione del consulente della parte la relazione provvisoria, questo fatto non comportava nullità della consulenza, ma, al più, una irregolarità, specie qualora non avesse leso effettivamente il diritto di difesa della parte che se ne doleva, evenienza che si verificava allorquando l'elaborato del consulente d'ufficio fosse stato discusso con i consulenti di parte ovvero allorquando la parte avesse tempestivamente contestato la consulenza in maniera completa ed esaustiva.

Il novellato art. 195, comma 3, c.p.c., introdotto dalla l. n. 69/2009, stabilisce che la relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa all'udienza di cui all'art. 193 c.p.c.. Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse.

Pertanto, a seguito della modifica dell'art. 195 c.p.c., il CTU è obbligato a fornire ai consulenti di parte una “bozza” della propria relazione, essendo tale attività finalizzata a consentire alle parti l'esercizio del diritto di difesa, come del resto confermato dal fatto che, nel sistema precedente tale modifica, le parti potevano legittimamente formulare critiche solo dopo il deposito della relazione da parte del consulente tecnico d'ufficio (Cass. civ., n. 5897/2011: «in tema di consulenza tecnica d'ufficio, nel regime precedente la modifica dell'art. 195 c.p.c. ad opera della l. 18 giugno 2009, n. 69, nessuna norma del codice di rito impone al CTU di fornire ai consulenti di parte una “bozza” della propria relazione, in quanto, al contrario, le parti possono legittimamente formulare critiche solo dopo il deposito della relazione da parte del consulente tecnico d'ufficio, atteso che il diritto di esse ad intervenire alle operazioni tecniche anche a mezzo dei propri consulenti deve essere inteso non come diritto a partecipare alla stesura della relazione medesima, che è atto riservato al consulente d'ufficio, ma soltanto all'accertamento materiale dei dati da elaborare. Ne deriva che non è affetta da nullità - ma da mera irregolarità, che resta irrilevante ove non tradottasi in nocumento del diritto di difesa - la consulenza tecnica d'ufficio, qualora il consulente, pur disattendendo le prescrizioni del provvedimento di conferimento dell'incarico peritale, abbia omesso di mettere la sua relazione a disposizione delle parti per eventuali osservazioni scritte, da consegnargli prima del deposito della relazione stessa»).

Nel corso delle operazioni peritali, del loro svolgimento, il legislatore ha previsto che sia assicurato e garantito il rispetto del contraddittorio processuale nella fase di formazione della consulenza tecnica d'ufficio e, conseguentemente, del valido esercizio del diritto alla difesa (tecnica) delle parti in tale delicata fase procedimentale.

Il legislatore per tale via ha inteso conseguire un duplice risultato, rappresentato, da un lato, da un consistente risparmio sulle attività processuali (e quindi, su tempi e costi del processo civile) e, dall'altro, per attuare e garantire il rispetto del diritto, in favore delle parti, al contraddittorio processuale sull'attività – ed i risultati della stessa, in termini di contenuto – espletata in sede di CTU.

È noto che già prima della riforma intervenuta con l. n. 69/2009, all'art. 195, comma 2, c.p.c., che prevede l'obbligo per il consulente tecnico d'ufficio di inserire nella relazione scritta le «osservazioni» e le istanze delle parti, era attribuita la funzione di consentire al giudice di valutare la fondatezza delle osservazioni delle parti e i chiarimenti forniti dal medesimo consulente d'ufficio in risposta alle dette osservazioni, nella duplice prospettiva di evitare successive richieste di convocazione del consulente d'ufficio e di salvaguardia del principio del contraddittorio all'interno del procedimento di consulenza tecnica.

Tale funzione si è rafforzata grazie alla modifica apportata dalla l. n. 69/2009, che ha introdotto il terzo comma all'art. 195 c.p.c., così procedimentalizzando lo scambio tra il consulente tecnico d'ufficio, le parti e i propri consulenti, i quali si auspica diventino i veri protagonisti di questa fase processuale; in tal senso, può dirsi oggi formalizzato un vero e proprio contraddittorio nella formazione della conoscenza del fatto a mezzo dell'esperto, che certamente favorisce l'eliminazione di alcuni passaggi processuali non necessari, ma nello stesso tempo sembra rinvigorire ed estendere i poteri in capo alle parti.

Da quanto precede, discende che il mancato svolgimento delle attività da parte del CTU in contraddittorio con i consulenti di parte dovrebbe giustificare la eventuale richiesta delle parti perché siano disposte a cura dell'esperto ulteriori indagini suppletive o comunque di chiamare lo stesso a chiarimenti; deve condividersi, allora, l'opinione secondo cui l'intervento posto in essere dal legislatore con la l. n. 69/2009 alla disciplina del comma 3 dell'art. 195 c.p.c. persegue l'obiettivo di valorizzare, in modo indubbiamente significativo, ruolo e funzione dei consulenti di parte, dal momento che la loro formazione della prova scientifica potrà trasformarsi da occasionale o eventuale a fisiologica nella formazione dei complessivi risultati posti a disposizione del giudice, con la conseguenza che la dialettica fra l'esperto nominato (CTU) e i consulenti di parte può consentire al giudice maggiori possibilità di verifica e di controllo dei risultati forniti dall'esperto sia sotto il profilo della coerenza logica della complessiva elaborazione sia della affidabilità delle informazioni sotto il profilo tecnico scientifico.

In ogni caso, sulla validità della relazione del consulente tecnico d'ufficio non incide l'eventuale nullità di alcune rilevazioni od accertamenti compiuti dal consulente medesimo, per violazione del principio del contraddittorio e conseguente pregiudizio del diritto di difesa delle parti, ove tali rilevazioni od accertamenti non abbiano spiegato alcun effetto sul contenuto della consulenza e sulle relative conclusioni finali (Cass. civ., n. 3893/2017; Cass. civ., n. 13892/2011, ad avviso della quale circostanza essenziale è che i CTP partecipino alle operazioni peritali ed abbiano la possibilità di esprimere il loro parere, indipendentemente dalle modalità con cui ciò avviene. L'invio della bozza della relazione non è prescritto dalla legge ed è irrilevante, ove il CTP sia stato comunque sentito).

Osservazioni

Nel regime previgente alla riforma del 2009 il diritto delle parti di intervenire alle operazioni tecniche anche a mezzo dei propri consulenti doveva essere inteso non come diritto a partecipare alla stesura della relazione medesima ma soltanto all'accertamento materiale dei dati da elaborare. A seguito della novella del 2009 è venuto ad esistenza un nuovo diritto di partecipare alla stesura della relazione, con conseguente previsione di un contraddittorio tecnico che si deve ora svolgere non più dinanzi al giudice, in una dimensione statica, cioè quando la relazione è stata già depositata, bensì dinanzi al consulente, quando gli esiti della perizia sono ancora in divenire.

L'implementazione dei poteri delle parti e dei propri consulenti si accompagna a una maggiore responsabilità, che si traduce anche nell'onere di reazione ai fatti emersi nel corso dell'accertamento peritale mediante l'allegazione di quegli altri fatti (secondari) tendenti a confutare o infirmare le conclusioni che potrebbero trarsi dai primi.

In ogni caso, il mancato rispetto dell'ordine di porre la bozza della relazione ai periti di parte, pur incidendo astrattamente sull'esplicazione del diritto di difesa delle parti, non comporta conseguenze di carattere processuale quante volte non risulti concretamente compresso tale diritto, ove la parte, a beneficio della quale sia stato previsto l'invio della bozza del consulente tecnico d'ufficio, esamini la relazione finale e controdeduca su di essa all'interno del processo, sia pur non nello specifico ambito del subprocedimento di consulenza tecnica (sulla necessità della lesione in concreto del diritto di difesa, Cass. civ., n. 10933/2016: «l'omessa comunicazione, da parte del consulente tecnico d'ufficio, della data di inizio delle operazioni, dà luogo a nullità, sempreché - peraltro - dalla stessa sia derivato un concreto pregiudizio del diritto di difesa, nella specie, ha osservato la Suprema Corte, il ricorrente non ha dedotto, se non astrattamente, tale pregiudizio, con riferimento alla necessità che la comunicazione dell'inizio delle operazioni peritali avvenga nei confronti del difensore costituito e non della parte personalmente, come avvenuto nel caso in esame con riguardo a un giudizio di accertamento della paternità naturale e nel quale il ricorrente si era reiteratamente rifiutato di sottoporsi ai prelievi del caso»).

Il verificarsi del deposito della relazione finale del consulente tecnico d'ufficio senza il preventivo scambio delle ;bozze, dando luogo a fattispecie di nullità processuali, dovrebbe comportare il potere/dovere del giudice di attivarsi ex art. 162, comma 1, c.p.c. in modo da impedire che la nullità prodottasi possa riverberarsi sulla decisione finale, essendo state le parti, di fatto, private di diritti processuali (anche se inerenti all'accertamento tecnico) di cui devono godere secondo legge.

In altri termini, considerato che tale contraddittorio tecnico è espressamente previsto dalla legge che si svolga dinanzi al consulente dell'ufficio, in quanto è finalizzato anche ad incidere sulla stessa relazione finale e non solo a favorire il controllo delle parti, a mezzo dei loro consulenti, sullo svolgimento dell'accertamento peritale, deve ritenersi che il mancato invio da parte del consulente tecnico d'ufficio alle parti della bozza di relazione finale, comporti una nullità che impone al giudice di attivarsi per la relativa sanatoria in tempo utile perché il vizio non si propaghi alla sentenza, o assegnando alle parti i termini che egli stesso ha mancato di assegnare in un primo momento, ovvero rimettendole ;dinanzi al consulente tecnico e disponendo l'invio delle osservazioni alla relazione depositata direttamente in cancelleria. Così, in applicazione del principio generale di conversione degli atti processuali ricavabile dall'art. 159, comma 3, c.p.c., secondo il quale se il vizio impedisce un certo effetto non si esclude che l'atto possa produrre quegli altri ai quali è idoneo, sempre che possegga gli elementi essenziali del diverso atto del quale ambisce a produrre gli effetti, si potrebbe considerare il deposito della relazione direttamente in cancelleria, in spregio dell'ordine del giudice di inviarla alle parti nei termini fissati, come invio della bozza ; della relazione medesima, cui dovrebbe seguire una nuova ordinanza con la quale siano fissati i soli termini di invio delle osservazioni ;alla (riconvertita) bozza, il cui rispetto graverà sulle parti, e quello per il deposito della relazione finale nella cancelleria del giudice, imposto invece nuovamente al consulente del giudice (Cass. civ., n. 3893/2017, ove si è affermato che «il principio fissato dall'art. 159, comma 2, c.p.c., a tenore del quale la nullità parziale di un atto non colpisce le altre parti che ne siano indipendenti, trova applicazione anche con riguardo agli atti processuali che costituiscono il risultato di una pluralità di distinte ed autonome attività, sicché la validità di una consulenza tecnica d'ufficio non è inficiata dalla eventuale nullità, per violazione del principio del contraddittorio per omessa convocazione alle operazioni peritali di una delle parti, di alcuni accertamenti o rilevazioni compiuti dal consulente, salvo che si dimostri che ciò abbia inciso in concreto sul suo atto conclusivo, ossia sulla relazione di consulenza»).

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