Anche l'appello avverso la sentenza che decide sull'impugnazione della delibera condominiale va proposto con citazione

23 Novembre 2017

Investita della questione sulla validità dell'appello, avverso la sentenza di primo grado avente ad oggetto la causa, proposta con ricorso, in cui si invocava l'annullamento di una delibera condominiale, nonché della questione relativa alla data di riferimento per determinarne la tempestività, la Suprema Corte finalmente...
Massima

In tema di condominio, l'appello avverso la sentenza che abbia deciso sull'impugnazione, avanzata nelle forme del ricorso (secondo la formulazione dell'art. 1137 c.c. antecedente alla l. n. 220/2012), di una delibera assembleare, va proposto, in assenza di specifiche previsioni di legge, mediante citazione, in conformità alla regola generale di cui all'art. 342 c.p.c., sicché la tempestività del gravame va verificata in base alla data di notifica dell'atto e non a quella di deposito dello stesso nella cancelleria del giudice ad quem.

Il caso

Un condomino, con atto avente la forma del ricorso, aveva adito il Tribunale, impugnando la delibera adottata nell'assemblea del suo condominio e invocandone l'annullamento per erronea elaborazione delle voci di conguaglio a scapito degli istanti e per mancata rendicontazione delle spese straordinarie.

Sulla resistenza del suddetto condominio, il magistrato adìto aveva rigettato l'impugnazione, condannando il ricorrente alle spese di lite ed anche al pagamento di una determinata somma ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c.

Il soccombente aveva proposto appello con ricorso depositato presso la cancelleria della Corte d'appello, chiedendo la riforma della sentenza impugnata e reiterando i motivi di doglianza già sollevati nel giudizio di prime cure.

Il giudice distrettuale aveva dichiarato inammissibile il gravame, perché proposto tardivamente, dovendo farsi riferimento alla data di notifica del ricorso, poiché per il giudizio di impugnazione delle delibere condominiali si doveva essere seguito il rito ordinario.

La questione

Si trattava di verificare se, nel caso di specie, risultasse violato l'art. 327 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che il tempestivo deposito del ricorso in appello non fosse idoneo al raggiungimento dello scopo di costituire validamente il rapporto contrattuale entro il termine lungo semestrale per la proposizione del gravame.

Le soluzioni giuridiche

Ad avviso degli ermellini, l'appello avverso la sentenza che abbia pronunciato sull'impugnazione di una delibera dell'assemblea di condominio, ai sensi dell'art. 1137 c.c. - nella formulazione applicabile ratione temporis, antecedente alla modifica operatane dalla l. n. 220/2012, che ha eliminato il riferimento al termine «ricorso» - va proposto, in assenza di specifiche previsioni di legge, mediante citazione, in conformità alla regola generale di cui all'art. 342 c.p.c., sicché la tempestività del gravame va verificata in base alla data di notifica dell'atto e non a quella di deposito dello stesso nella cancelleria del giudice ad quem (Cass. civ., sez. II, 6 novembre 2014, n. 23692; Cass. civ., sez. II, 21 marzo 2011, n. 6412; Cass. civ., sez. II, 8 aprile 2009, n. 8536).

L'avverso orientamento, invocato dal condomino, secondo cui, in tema di impugnazione delle delibere assembleari del condominio, poteva essere introdotto con ricorso anche il giudizio di appello, dovendosi, in questo caso, intendere assicurato il rispetto del termine di gravame già dal deposito del ricorso in cancelleria, a prescindere dalla sua successiva notificazione - come sostenuto, tra le altre, da Cass. civ., sez. II, 3 settembre 2014, n. 18573 - deve intendersi superato a seguito di Cass. civ., sez. un., 10 febbraio 2014, n. 2907, la quale ha ritenuto di portata generale il principio per cui un appello erroneamente introdotto con ricorso, anziché con citazione, è suscettibile di sanatoria, a condizione, appunto, che nel termine previsto dalla legge l'atto sia stato non solo depositato nella cancelleria del giudice, ma anche notificato alla controparte, mentre la deroga, nel senso di un'assoluta equipollenza o indifferenza delle forme, delineata da Cass. civ., sez. un., 14 aprile 2011, n. 8491, trovava giustificazione soltanto per l'atto introduttivo del giudizio di primo grado di impugnazione delle delibere dell'assemblea condominiale, stante la formulazione dell'art. 1137 c.c., ante Riforma del 2012.

Osservazioni

In precedenza, la Corte di Cassazione era stata investita della questione relativa alla validità dell'impugnazione avverso la sentenza di primo grado avente ad oggetto l'annullamento di una delibera condominiale proposta con ricorso, nonché di quella relativa alla data di riferimento per determinare la tempestività dell'appello.

In quella occasione, la Corte aveva rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ma il Primo Presidente Aggiunto, con provvedimento del 19 novembre 2012, rilevato che il supremo organo di nomofilachia si era già espresso con riferimento alla forma ed alla tempestività dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado per l'impugnazione delle delibere condominiali, ha rimesso gli atti alla Sezione II della medesima Corte, ritenendo applicabili i principi di diritto espressi nella citata sentenza anche all'ipotesi di impugnazione della sentenza di primo grado avente ad oggetto l'annullamento di delibere condominiali.

La Sezione semplice (Cass. civ., sez. II, 26 luglio 2013, n. 18117), reinvestita del ricorso, ha affermato che: «se l'impugnazione di una sentenza relativa alla validità delle delibere assembleari sia stata effettuata con la forma del ricorso, il termine per la notificazione è rispettato con il deposito in cancelleria del ricorso e non, invece, con la notificazione del ricorso stesso» (in realtà, a dover essere rispettato non è il termine per la notificazione ma il termine per l'impugnazione della gravata sentenza).

Anche nel caso allora affrontato, quindi, facendo applicazione del principio testè riportato, sussisteva la tempestività dell'appello: infatti - ad avviso dei giudici di Piazza Cavour - essa deve essere “computata” con riferimento alla data del deposito del ricorso in appello e non a quella della sua notificazione, con conseguente ammissibilità del ricorso in appello.

In buona sostanza, sembrava di capire che, qualora si impugnasse la delibera condominiale con “ricorso”, la stessa forma, ossia il ricorso, doveva essere adoperata anche per impugnare la sentenza di primo grado, che aveva deciso sulla suddetta impugnazione.

Una sorta di “ultrattività” (non del rito, ma) delle forme degli atti processuali, tuttavia applicata a diversi istituti: in realtà, una cosa è la “impugnazione” di una delibera assembleare (atto privato, di competenza esclusiva dell'assemblea dei condomini) e altro è la “impugnazione” di una sentenza (atto pubblico, appannaggio dell'autorità giudiziaria).

A prescindere dall'equivocità del termine «ricorso» adoperato nel corpo del vecchio testo dell'art. 1137 c.c. - vigente ratione temporis nella fattispecie ante Riforma del 2013, ma opportunamente eliminato a decorrere dal 18 giugno 2013 - e, quindi, della forma introduttiva della causa, rimane pacifico che il giudizio, in cui si discute e si decide circa la fondatezza dell'impugnazione della delibera condominiale, resta pur sempre un ordinario giudizio contenzioso, con i consueti ritmi dell'udienza di prima comparizione delle parti e trattazione della causa delineata dall'art. 183 c.p.c. (e non dell'udienza di discussione di cui all'art. 420 c.p.c.) nonché i normali modelli decisori contemplati negli artt. 281-quinquiese 281-sexies c.p.c. (e non con la lettura del dispositivo in udienza prescritto dall'art. 429 c.p.c.).

La situazione non muta se, al fine di opporsi ad una delibera condominiale, si opti per il procedimento sommario di cognizione regolamentato dagli artt. 702-bis ss. c.p.c. (introdotti dalla l. n. 69/2009), perché, a parte il fatto che la domanda va proposta con “ricorso”, trattasi di un ordinario giudizio di cognizione, ancorché caratterizzato da canoni procedurali più semplificati, che si chiude con un'ordinanza, appellabile secondo le modalità ordinarie.

Pertanto, non registrandosi la presenza di alcun rito speciale (segnatamente, quello del lavoro) nel giudizio promosso ai sensi dell'art. 1137 c.c., quanto all'eventuale gravame vige la regola generale di cui all'art. 342 c.p.c., secondo la quale «l'appello si propone con citazione».

Pertanto, deve ritenersi - in linea con quanto correttamente sostenuto, da ultimo, dalla Suprema Corte - che, non essendo contemplata, in materia di impugnazione delle delibere condominiali, una forma di gravame della sentenza conclusiva del relativo giudizio di primo grado diversa dalla citazione, risulta giocoforza concludere nel senso che l'appello avverso tale sentenza dovesse essere ritualmente proposto con atto di citazione, e la tempestività del gravame deve essere verificata - onde accertare il rispetto del termine c.d. breve di 30 giorni ex art. 325 c.p.c. decorrente dalla notifica della statuizione del giudice di prime cure o il termine lungo ex art. 327 c.p.c. (attualmente dimezzato dalla l. n. 69/2009) decorrente dalla sua pubblicazione - con esclusivo riferimento alla data di notificazione dell'appello.

Qualora, invece, si adotti irritualmente la forma del ricorso, la tempestività dell'impugnazione - della sentenza (e non della delibera) - va correlata unicamente al momento della notifica di tale atto, unitamente al pedissequo decreto di fissazione dell'udienza, alla controparte vittoriosa nel giudizio di primo grado, e non al momento del deposito del medesimo ricorso nella cancelleria del giudice adìto.

In quest'ordine di concetti, proporre l'appello con “ricorso” significa utilizzare una forma impropria, che comporta l'invalidità dell'atto ma non ne esclude la convalidazione qualora lo stesso raggiunga lo scopo, argomentando ex art. 156, comma 3, c.p.c., ossia - non al momento del deposito del ricorso in cancelleria, ma - a quello della notifica alla controparte (in argomento, v., da ultimo, Cass. civ., sez. VI/III, 1 marzo 2017, n. 5195, ad avviso della quale l'appello avverso sentenze in materia di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, pronunciate ai sensi dell'art. 23 della l. n. 689/1981, in giudizi iniziati prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2011, ove erroneamente introdotto con ricorso anziché con citazione, è suscettibile di sanatoria, a condizione che, nel termine previsto dalla legge, l'atto sia stato non solo depositato nella cancelleria del giudice, ma anche notificato alla controparte, puntualizzando che «non trova applicazione il diverso principio, non suscettibile di applicazione al di fuori dello specifico àmbito, affermato con riguardo alla sanatoria delle impugnazioni delle delibere di assemblea di condominio spiegate mediante ricorso, e senza che sia possibile rimettere in termini l'appellante, non ricorrendo i presupposti della pregressa esistenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale poi disatteso da un successivo pronunciamento»).

Guida all'approfondimento

Celeste, A piazza Cavour regna ancora suprema la confusione sulle impugnazioni (di delibere condominiali e di sentenze), in Immob. & proprietà, 2014, 726;

Cirla, L'impugnazione della delibera condominiale si propone con citazione, in Immob. & proprietà, 2011, 580;

Costabile, L'impugnazione delle delibere condominiali ex art. 1137 c.c.: i problemi processuali connessi alla scelta del ricorso, in Giur. merito, 2008, 2459;

De Scrilli, Forma e tempestività dell'impugnazione della delibera condominiale, in Vita notar., 2007, 593;

Izzo, L'impugnativa della delibera deve essere fatta con citazione, in Immob. & diritto, 2006, fasc. 1, 33;

Terzago, L'impugnativa delle delibere assembleari: ricorso o citazione?, in Arch. loc. e cond., 1998, 568.

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