L'avvocato può opporre l'eccezione d'inadempimento al cliente che non anticipa le spese?

Vito Amendolagine
30 Novembre 2017

Alla Corte di Cassazione viene sottoposta la seguente questione: l'avvocato che oppone al proprio cliente l'eccezione ex art. 1460 c.c. deve intendersi responsabile delle possibili conseguenze dannose verificatesi successivamente a carico del medesimo cliente?
Massima

In materia di contratto d'opera intellettuale, avente ad oggetto l'assistenza legale nel procedimento di separazione consensuale dei coniugi comprensiva anche della trascrizione nei RR.II. del verbale omologato contenente la disposizione del trasferimento ad uno dei coniugi di una quota proprietaria dell'immobile adibito a casa familiare, è legittimamente esperibile da entrambe le parti il rimedio contrattuale della eccezione ex art. 1460 c.c., ed il professionista può avvalersi della eccezione anche nel caso in cui - non derogando il contratto all'obbligo del cliente di fornire anticipatamente la provvista necessaria alle spese ex art. 2234 c.c. - il cliente non abbia anticipato le spese necessarie ad eseguire la trascrizione, purchè la sospensione della prestazione non venga attuata in modo tale da determinare al cliente un pregiudizio irreparabile, essendo comunque tenuto il professionista - in virtù del principio di buona fede - a salvaguardare l'interesse o l'utilità dell'altra parte nei limiti in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrificio, dovendo aversi riguardo, a tale fine, anche alla tempestività con la quale il professionista ha contestato l'inadempimento alla controparte, in modo da metterla in grado di assumere le iniziative opportune a risolvere la situazione di stallo in cui versa il rapporto ed a conservare l'utilità perseguita con l'attuazione del contratto.

Il caso

La fattispecie esaminata dalla Cassazione, trae origine dall'affermata concorrente responsabilità dell'avvocato e della cliente, rispettivamente nella misura del 40% e del 60%, nella produzione del danno patrimoniale da quest'ultima subito per la mancata trascrizione da parte del legale, cui era seguita l'ingiustificata inerzia della stessa cliente, del verbale omologato di separazione consensuale dei coniugi - con il quale era stata disposta la cessione a titolo gratuito, a favore della moglie, della quota del 50% della proprietà dell'immobile adibito a casa familiare -, essendo stata successivamente iscritta sull'immobile, ipoteca da parte di un terzo. Il Tribunale, giudice di prima istanza, condannava pertanto il legale al risarcimento del danno che quantificava, in misura proporzionale alla responsabilità accertata con riferimento al valore commerciale della quota di proprietà trasferita. La Corte d'appello rigettava il proposto gravame, rilevando che risultava comprovato il conferimento al legale dell'incarico di trascrizione del verbale di separazione, l'omessa anticipazione da parte della cliente delle spese per eseguire la trascrizione e la conoscenza di quest'ultima dell'intenzione manifestata dal legale di non procedere ad ulteriore esecuzione dell'incarico in difetto del saldo dei compensi maturati.

Il Giudice d'appello riteneva che il legittimo esercizio dell'eccezione ex art. 1460 c.c. da parte del legale non consentiva comunque a questi di pregiudicare gli interessi dei clienti e che il danno patrimoniale non poteva identificarsi nell'importo del credito ipotecario, dovendo invece essere liquidato tenendo in conto sia il rischio attuale e serio di un'azione revocatoria dell'atto di trasferimento della quota proprietaria - non risultando comprovato il titolo oneroso della cessione - sia del concorso causale attribuito alla cliente che non si era attivata tempestivamente per provvedere autonomamente alla trascrizione del verbale di separazione.

La questione

L'avvocato che oppone al proprio cliente l'eccezione ex art. 1460 c.c. deve intendersi responsabile delle possibili conseguenze dannose verificatesi successivamente a carico del medesimo cliente?

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione con l'ordinanza che si annota, rilevato che l'art. 2237, commi 2 e 3, c.c., disciplina le condizioni e le modalità dell'esercizio del diritto di recesso del prestatore dal contratto d'opera intellettuale, subordinando il legittimo esercizio del diritto ad una giusta causa, ed imponendo, comunque, al prestatore d'opera di evitare ogni pregiudizio al cliente, ha ritenuto che la disposizione non possa ritenersi ostativa all'applicazione del rimedio sospensivo di cui all'art. 1460 c.c., che bene può trovare ingresso tutte le volte in cui l'esecuzione della prestazione inadempiuta sia ancora possibile ed il professionista non intenda fare valere una giusta causa di recesso.

Nell'affermare tale principio, i Giudici di legittimità osservano che nel caso di specie, l'esecuzione della prestazione avrebbe implicato l'onere per l'avvocato dell'anticipazione delle spese di trascrizione dell'atto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, e, dunque l'assunzione di un aggravio economico, eccedente il normale sacrificio richiesto ai sensi dell'art. 1375 c.c., peraltro escluso dalla disciplina del tipo legale del contratto d'opera intellettuale.

L'art. 2234 c.c. dispone, infatti, che il cliente, salva diversa pattuizione, deve anticipare al prestatore d'opera le spese occorrenti al compimento dell'opera e corrispondere, secondo gli usi, gli acconti sul compenso, non risultando dagli atti che le parti abbiano disposto alcuna pattuizione in deroga.

La Cassazione conclude affermando che risponde al principio di buona fede l'esercizio dei diritti e dei rimedi contrattuali esperiti dal professionista - al di fuori dei casi in cui sia richiesto il compimento di atti urgenti - qualora l'altra parte risulti tempestivamente avvertita dell'esercizio del diritto di recesso o della eccezione inadimpleti contractus, e ciò nonostante mantenga una condotta ingiustificatamente inerte, perché in tale ipotesi, il pregiudizio eventualmente subito dal cliente non può evidentemente ascriversi a violazione del dovere di buona fede cui è tenuto il prestatore d'opera intellettuale per non aver eseguito la necessaria prestazione contrattuale, in quanto l'insorgere della situazione di urgenza era imputabile in via esclusiva alla negligente condotta tenuta dalla stessa controparte, ed in quanto tale, non vale a ripristinare un obbligo di salvaguardia che deve ritenersi compiutamente assolto dal professionista che ha messo in mora, in tempo utile, il proprio cliente.

Osservazioni

L'esperibilità nell'ambito del rapporto d'opera intellettuale della exceptio inadimpleti seu non rite adimpleti contractus, ha trovato accoglimento nella giurisprudenza di legittimità in vari precedenti (Cass. civ., sez. II, 15 dicembre 2016, n. 25894; Cass. civ., sez. II, 5 luglio 2012, n. 11304; Cass. civ., sez. lav., 25 giugno 2007, n. 14702; Cass. civ., sez. lav., 11 giugno 1999, n. 5775) in cui era il cliente a sollevare l'eccezione nei confronti del professionista.

La Cassazione con l'ordinanza in epigrafe rispolvera il suddetto principio in una fattispecie però caratterizzata dalla circostanza che è l'avvocato ad eccepire l'inadempimento del proprio cliente, evidenziando che nel caso di specie, l'esecuzione della prestazione rimasta “sospesa” avrebbe implicato l'onere per l'avvocato di dovere anticipare le ingenti spese di trascrizione dell'atto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, e, dunque, l'assunzione di un aggravio economico eccedente il normale sacrificio richiesto ai sensi dell'art. 1375 c.c., ed escluso dalla disciplina del tipo legale del contratto d'opera intellettuale.

Viene quindi correttamente richiamato ed interpretato l'art. 2234 c.c. laddove dispone che il cliente, salva diversa pattuizione, deve anticipare al prestatore d'opera le spese occorrenti al compimento dell'opera e corrispondere, secondo gli usi, gli acconti sul compenso, atteso che detta norma individua un obbligo di collaborazione gravante sul cliente al fine di mettere la controparte in grado di dare inizio all'opera e proseguirla utilmente, rispondendo alla finalità di mitigare la regola della post-numerazione, in virtù della quale il diritto al compenso ed al rimborso delle spese matura solo a seguito dell'effettuazione di una prestazione tecnicamente idonea a conseguire il risultato cui è normalmente destinata.

Nell'addivenire alle conclusioni di cui in motivazione, i Giudici di legittimità precisano altresì che il limite nel quale l'eccipiente deve preservare l'utilità della controparte, non può coincidere con l'obbligo di eseguire la medesima prestazione sospesa, diversamente venendo ad essere annichilito lo stesso rimedio contrattuale previsto dall'art. 1460 c.c., in quanto l'onere di cautela e salvaguardia dell'interesse altrui richiesto a colui che esercita il diritto deve individuarsi nel compimento di quelle attività che appaiono idonee a conservare alla controparte la possibilità di conseguire in altro modo la soddisfazione dell'interesse o del risultato perseguito, e che normalmente si risolvono nella tempestiva informativa della volontà di recedere dal rapporto ovvero nella tempestiva contestazione dell'altrui inadempimento e della volontà di avvalersi del rimedio sospensivo.

Effettivamente, come rilevato dalla Corte di legittimità, il giudice di merito avrebbe dovuto verificare se la exceptio inadimpleti contractus fosse stata esercitata legittimamente dall'avvocato, in relazione agli obblighi di salvaguardia che allo stesso incombevano per il dovere di esecuzione del contratto d'opera intellettuale secondo buona fede, risultando così errata in diritto la statuizione impugnata che, da un lato, escludeva che il mancato pagamento dell'onorario potesse legittimare l'avvocato a non adempiere alla trascrizione - omettendo peraltro di verificare la compatibilità dell'obbligo di salvaguardia con l'assunzione dell'aggravio economico della anticipazione delle spese di trascrizione, non dovuta dal legale atteso il disposto dell'art. 2234 c.c., ritenendo consentito soltanto il recesso dall'incarico, non tenendo conto che il rimedio ex art. 1460 c.c. trova applicazione anche nel rapporto d'opera intellettuale, e, dall'altro, omettendo la verifica in concreto della legittimità dell'eccezione ex art. 1460 c.c. opposta dal legale, sia in relazione alle modalità con le quali tale eccezione risultava essere stata esercitata, sia in relazione alla rappresentazione delle conseguenze della sospensione della ulteriore attività di trascrizione ed alla effettiva possibilità della cliente di assumere le iniziative necessarie a provvedere altrimenti alla trascrizione dell'atto dispositivo della proprietà.

Infatti non va dimenticato che ai fini del riscontro della proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, essenziale per la fondatezza dell'exceptio non rite adimpleti contractus, legittimamente il cliente rifiuta di corrispondere il compenso all'avvocato quando costui abbia espletato il proprio mandato incorrendo in omissioni dell'attività difensiva che, sia pure sulla base di criteri necessariamente probabilistici, risultino tali da aver impedito di conseguire un risultato altrimenti ottenibile (Cass. civ., sez. II, 22 marzo 2017, n. 7309).

In buona sostanza, nella fattispecie esaminata, è stato correttamente rilevato dalla Cassazione l'errore in cui era incorso il giudice del gravame nell'affermare in diritto che l'eccezione ex art. 1460 c.c. obbligava, comunque, l'avvocato a dare corso alla trascrizione del verbale di separazione omologato ed a sostenere, anticipandole, le spese occorrenti, nonostante l'inadempimento in tale senso del proprio cliente.

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