Riforma codice antimafia. Nuovi interventi sulle problematiche gestionali dell'Agenzia nazionale

Mariaivana Romano
04 Dicembre 2017

Dopo un lungo periodo di gestazione ha visto la luce la l. 161/2017, modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. Al netto di previsioni non sempre condivisibili, laddove talora disancorate dalle realtà ben note agli addetti ai lavori, il Legislatore ha, tuttavia, dimostrato sensibilità per un tema sempre più attuale e complesso, quale è l'intervento dello Stato in materia di lotta alla criminalità organizzata, con particolare riguardo alla gestione dei patrimoni sottratti alle mafie ed alla loro destinazione finale.
Abstract

L'intervento dello Stato in materia di criminalità organizzata e di sottrazione alle mafie di patrimoni illecitamente acquisiti, deve mirare ad ottenere risultati che siano socialmente auspicabili e collettivamente bramati. Perché ciò avvenga, è indispensabile che il Legislatore si faccia carico di disciplinare un sistema di reimmissione, nel tessuto socio-economico dello Stato, dei patrimoni confiscati. Le realtà economiche sequestrate e confiscate devono essere gestite in modo da generare lavoro all'interno di un sistema depurato da qualsivoglia illegalità, sì da restituire alla collettività ciò di cui le mafie la privano giorno dopo giorno. Diversamente, l'intervento della Giustizia rischia di diventare, sotto il profilo economico, il principio di un inesorabile baratro al quale vengono destinati i territori in cui la criminalità organizzata si è nel tempo sostituita allo Stato, creando realtà economiche di cui, in assenza d'altro, intere comunità hanno dovuto abituarsi a vivere.

Introduzione della Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata

Allo scopo di comprendere l'effettiva portata del fenomeno gestionale di competenza esclusiva della Agenzia nazionale, prima di affrontare l'evoluzione normativa oggetto del presente lavoro, appare opportuno chiarirne i numeri, così come risultanti dal sito dell'ANBSC aggiornati al 30 settembre 2015.

Dettaglio dei beni (immobili e aziende) definitivamente confiscati

Ebbene, con il d.l. 4 febbraio 2010, n. 4, convertito con modificazioni dalla l. 31 marzo 2010, n. 50 a oggi recepito dal d.lgs. 159 del 6 settembre 2011 (codice antimafia), il Legislatore ha istituito l'Agenzia nazionale, quale ente sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'Interno, preposto, in via definitiva, alla gestione dei beni sottratti alle organizzazioni criminali, avente personalità giuridica di diritto pubblico e dotata di autonomia organizzativa e contabile.

Lo scopo di detta previsione normativa è da rinvenirsi, evidentemente, nella necessità di assicurare una unitaria ed efficace amministrazione e destinazione dei patrimoni sequestrati e confiscati, anche mediante uno stabile raccordo tra l'autorità giudiziaria e le amministrazioni interessate, onde garantirne un rapido utilizzo. Ciò nondimeno, la normativa in materia è stata, negli anni, oggetto di plurimi interventi, tutti tesi a rendere sempre più specializzata l'Agenzia nazionale, onde stabilizzarne la funzione nell'ambito dell'incarico cui è preposta. Titolare di un potere dinamico, essa ha, infatti, fin dalla fase procedimentale del sequestro, una funzione di collaborazione con l'amministratore giudiziario, sotto la direzione dell'Autorità giudiziaria; fino ad assumere la gestione diretta dei beni, mediante un'amministrazione operosa dei patrimoni confiscati, tesa a snellire e velocizzare la fase più delicata dell'iter gestionale: la destinazione dei patrimoni sequestrati.

Allo scopo di garantire una coerente e proficua attività, la norma sancisce un potere/dovere di acquisizione dati da parte dell'Agenzia, sia con riguardo ai patrimoni sequestrati e confiscati, sia in merito allo stato dei procedimenti penali e di prevenzione nell'ambito dei quali essi sono stati ablati ai relativi titolari.

Funzione dell'Ente è, pertanto, quella di verificare lo stato dei beni accertandone la consistenza, la destinazione e l'utilizzo, allo scopo di programmarne la relativa assegnazione e destinazione, previa analisi dei dati acquisiti e delle criticità rilevate.

Con l'intervento del d.lgs. 159/2011 e delle successive modifiche apportate dal d.lgs. 15 novembre 2012, n. 218 e dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228 (c.d. legge di stabilità), la disciplina ha visto l'introduzione di disposizioni volte, da un lato, a potenziare ed a rendere più funzionale l'Agenzia Nazionale, mediante la previsione di una struttura organica interna composta di soggetti specializzati ed esperti nella materia gestionale; dall'altro, a contemperare i costi per lo Stato, tentando di sfruttare l'organico già disponibile ed applicato alla emergenza della lotta alla criminalità organizzata. E, tuttavia, proprio la determinazione nel limitare i costi di gestione della Agenzia Nazionale ha rappresentato il vero vulnus della previsione normativa, laddove non ha tenuto conto delle concrete esigenze gestionali dell'Ente, rese imprescindibili dalla vastità del territorio nazionale sul quale esse si estendono e della imponenza del patrimonio complessivo da amministrare, direttamente proporzionale alla gravità ed alla diffusione del fenomeno mafioso in Italia.

Modifiche al codice antimafia ed introduzione di norme tese alla riorganizzazione e al potenziamento dell'Agenzia nazionale

L'elaborazione di un testo di modifica al codice antimafia, con riguardo al tema della gestione dei patrimoni confiscati, è la prova della costante evoluzione del fenomeno e della necessità che lo Stato vi si adegui, onde garantire un'azione di contrasto foriera di risultati utili alla collettività. Ciò in quanto non appare assolutamente sufficiente una normativa che preveda la sottrazione di beni nei confronti di soggetti fortemente indiziati di attività illecite, senza, nel contempo, stabilire in che modo detti patrimoni debbano essere restituiti al sociale.

Ebbene, tra le modifiche organizzative apportate alla struttura della Agenzia nazionale con la legge 161/2017, il primo cambiamento introdotto consistenello spostamento della sedeprincipale a Roma e di una sede secondaria in Reggio Calabria.

In sostanza, il Legislatore, pur senza rinnegare in toto l'esigenza, in passato avvertita dalle Istituzioni, di dare un segnale della presenza dello Stato in Calabria, a seguito degli eventi di cronaca aventi ad oggetto attentati alla Giustizia da parte della ‘ndrangheta calabrese, ha concretizzato uno spostamento che, dal punto di vista logistico-operativo, in un'ottica di collaborazione con le diverse amministrazioni nazionali, appare obbiettivamente più efficace.

Il numero delle sedi ha, però, subito una significativa riduzione, determinando un appesantimento delle già gravose competenze territoriali e delle significative distanze che intercorrono tra le prime e la gran parte dei beni da gestire in concreto.

Al contrario, più in linea con la effettiva capacità gestionale della Agenzia nazionale è la previsione che ne posticipa l'assunzione dell'incarico di amministratore, stabilendo che essa mantenga una sostanziale collaborazione con l'autorità giudiziaria, quale coadiutore di quest'ultima, fino al provvedimento di confisca emesso dalla corte di appello.

Sotto il profilo organizzativo, la modifica normativa in parola consente di registrare un ampliamento dell'organico che, oltre a contemplare un cospicuo aumento della dotazione organica, portata a duecento unità complessive, vede anche l'introduzione del comitato consultivo di indirizzo tra i preesistenti organi, quali il direttore, il consiglio direttivo ed il collegio dei revisori. Inoltre, la scelta degli organi costitutivi dell'Agenzia avviene tra figure professionali aventi esperienza specifica nella gestione dei beni e delle aziende; mentre la carica di direttore non è più di assegnazione esclusiva ai prefetti, ben potendo ricoprire l'incarico anche magistrati e professionisti, che abbiano maturato un'esperienza almeno quinquennale nel settore della gestione dei patrimoni sequestrati.

All'art. 110 d.lgs. 159/2011 viene, inoltre, introdotta la previsione di uno stanziamento di fondi – ottenuto mediante una corrispondente riduzione di altre voci di bilancio – finalizzati alla acquisizione di dati e di informazioni indispensabili per la realizzazione dei compiti istituzionali conferiti all'Ente.

In sostanza, leitmotiv dell'intervento legislativo in questione risulta essere il potenziamento dell'Ente, sotto il profilo strettamente pratico; nonché l'attribuzione allo stesso di poteri di acquisizione di flussi informativi, da un lato, e di intervento fattivo, dall'altro, onde assolvere al delicato ruolo di garante della assegnazione agli enti, alle associazioni ed alle cooperative, già dalla fase del sequestro, dei beni immobili e delle aziende per fini istituzionali o sociali.

La norma postula, infatti, la necessità che l'Agenzia nazionale intervenga a facilitare e garantire la collaborazione tra amministratori giudiziari e tra coadiutori, favorendo l'instaurazione e la prosecuzione di rapporti commerciali tra le imprese confiscate e sequestrate; nonché, le attribuisce poteri di intervento volti a verificare le capacità di prosecuzione o ripresa delle attività imprenditoriali delle aziende ablate; oltre che l'autorità per predisporre protocolli operativi su base nazionale, per concordare, con la Banca d'Italia e l'Associazione bancaria italiana, modalità di rinegoziazione dei rapporti bancari già in essere con le aziende in sequestro ovvero confiscate.

Detto ultimo intervento appare di particolare interesse ove si consideri la rilevanza rivestita dai rapporti bancari delle società in sequestro/confisca, allorquando, in fase di amministrazione giudiziaria, si paventi la possibilità concreta di proseguire l'attività passando, evidentemente, attraverso i necessari costi di legalizzazione della stessa, pur nel tentativo di contemperare tutti gli interessi in gioco. Da qui l'importanza del ruolo finanziario che le banche rivestono nella gestione delle aziende, laddove i finanziamenti o, semplicemente, il mantenimento delle condizioni contrattuali esistenti fino al momento del sequestro rappresentano un concreto supporto pratico alla capacità di prosecuzione dell'impresa.

Seppur in qualche modo smussata, resta viva, invece, la problematica di carattere pratico della gestione dei patrimoni nella fase anteriore alla confisca definitiva. Ciò in quanto, la previsione della natura prefettizia della Agenzia Nazionale non appare compatibile con la competenza, esclusiva della A.G., a decidere nella fase procedimentale – dall'assunzione del primo provvedimento ablativo fino alla sua definitività – in cui lo spossessamento del bene da gestire è solo temporaneo e non definitivo.

Sotto il profilo strettamente pratico, invece, mentre l'amministratore giudiziario viene notiziato del sequestro mediante formale notifica dell'atto di conferimento di incarico, non è, invece, precisato né il momento né l'atto mediante il quale deve essere informata l'Agenzia affinché coadiuvi l'autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 110 e ss. del codice antimafia.

In conclusione

Con le modifiche legislative apportate al codice antimafia in materia di Agenzia nazionale, il Legislatore ha dato atto di aver individuato le problematiche gestionali e la imponenza dell'incarico conferito all'Ente.

Tuttavia, l'ampiezza del fenomeno sul quale l'Agenzia deve intervenire, in uno con la complessità della funzione che la stessa è chiamata a svolgere, mediante l'attivazione di servizi di coordinamento e di iniziativa, indispensabili per il corretto adempimento del suo compito, rende ancora insufficiente la struttura organica attribuitale dalla norma, che sembra non avere ancora la piena cognizione dell'ampiezza del fenomeno e delle relative difficoltà.

L'ampliamento dell'organico stabilito, in assenza della previsione di nuove sedi operative della Agenzia, rischia di consentire che la distanza tra i beni e i soggetti preposti alla loro gestione non agevoli il compito di questi ultimi di conoscere e destinare il patrimonio disponibile. E se detta situazione appare di palmare criticità rispetto alla gestione di beni immobili, il livello di difficoltà patisce un aumento esponenziale laddove il bene da gestire consista in un'azienda. Ciò in quanto le esigenze di accessi quotidiani o, quantomeno, settimanali all'interno di una impresa operativa, da parte dei funzionari della sede territorialmente competente dell'Agenzia, in caso di eccessive distanze, determina un insostenibile aggravio di costi ovvero un'inesorabile impossibilità di monitoraggio adeguato.

Inoltre, il passaggio di competenza tra autorità giudiziaria ed Agenzia, in seguito alla confisca disposta dalla corte di appello, rischia di compromettere il percorso di amministrazione delle imprese, destabilizzandone l'attività e rendendone incerte le sorti.

Da qui la necessità di prevedere rapporti di collaborazione sempre più stabili tra i soggetti onerati della amministrazione dei patrimoni in sequestro, anche attraverso la previsione – derogabile nei soli casi di manifesta inopportunità – che l'Agenzia sia tenuta a confermare i professionisti già investiti della amministrazione delle aziende ablate da parte della autorità giudiziaria. Ciò, evidentemente, nell'ottica di garantire una continuità gestionale, imprescindibile per la prosecuzione delle attività in confisca.

Al riguardo, ancor più auspicabile risulterebbe essere l'intervento normativo che prevedesse espressamente criteri di acquisizione dei beni definitivamente confiscati, da parte dei privati. Ciò in quanto la manutenzione del patrimonio in confisca presenta costi talmente gravosi, che talora rendono addirittura inutilizzabili le strutture acquisite dallo Stato. Sicché l'intervento del privato consentirebbe un significativo sgravio economico, pur garantendo l'adeguata manutenzione del bene assegnato.

In tal senso si consideri che la stessa Corte dei conti, nella relazione relativa alla deliberazione n. 5/2016/G, ha evidenziato, tra i problemi rinvenibili nella gestione dei patrimoni confiscati, «le difficoltà, da parte dei comuni, nella ristrutturazione e gestione del patrimonio immobiliare loro destinato» nonché «la mancata utilizzazione di oltre metà degli immobili confiscati».Sicché, partendo da detti dati, appare quanto meno miope una legislazione che, piuttosto che consentire al singolo privato di beneficiare di un bene confiscato, preferisce mantenerlo inutilizzato e riversare sullo Stato le relative spese, siano esse di mera ordinaria amministrazione (ad es. oneri condominiali), ovvero di manutenzione indispensabile per la comune incolumità.

Al contrario, una norma che preveda bandi di aggiudicazione a favore di privati, che presentino progetti chiari a cui destinare gli immobili, identificherebbe detti patrimoni come una risorsa che lo Stato immette nell'economia locale, servendosi di cittadini meritevoli, nell'ottica di uno sviluppo economico e sociale.

In questa prospettiva, ad esempio, potrebbe trovare spazio anche la possibilità di sviluppare progetti di assegnazione di immobili ad associazioni che si occupano di accoglienza agli immigrati. Un'ipotesi di tal fatta consentirebbe un minor carico finanziario per lo Stato, poiché determinerebbe la possibilità di ridurre sensibilmente i costi di accoglienza versati dalle Prefetture alle associazioni, consentendo di scorporare gli importi previsti per le locazioni dalle somme necessarie per l'espletamento del servizio.

In definitiva, fermi restando gli innegabili pregi dell'intervento legislativo in parola, è palpabile la necessità di un ulteriore sforzo da parte del Legislatore che, partendo dalla completa cognizione del fenomeno, amplii gli strumenti a disposizione dell'Agenzia Nazionale e preveda criteri di continuità e di stabilità di gestione, oltre che di utilizzo proficuo dei patrimoni acquisiti dallo Stato.

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