I limiti al potere del giudice dell'esecuzione per applicare una “sentenza pilota”

Redazione Scientifica
06 Dicembre 2017

In materia di adeguamento dell'ordinamento interno a una decisione definitiva della Corte Edu (nel caso di specie trattasi della nota decisione Contrada c. Italia), lo strumento dell'incidente di esecuzione di cui all'art. 673 c.p.p. è utilizzabile solo quando l'intervento di rimozione o di modifica del giudicato sia privo di contenuto discrezionale ...

In materia di adeguamento dell'ordinamento interno a una decisione definitiva della Corte Edu (nel caso di specie trattasi della nota decisione Contrada c. Italia), lo strumento dell'incidente di esecuzione di cui all'art. 673 c.p.p. è utilizzabile solo quando l'intervento di rimozione o di modifica del giudicato sia privo di contenuto discrezionale, risolvendosi nell'applicazione di altro e ben identificato precetto, senza necessità della previa declaratoria di illegittimità costituzionale di alcuna norma, fermo restando che, qualora l'incidente di esecuzione sia promosso per estendere gli effetti favorevoli della sentenza della Corte Edu a un soggetto diverso da quello che l'aveva adita, è necessario anche che la predetta decisione – pur non adottata nelle forme della sentenza pilota – abbia una obiettiva ed effettiva portata generale e che la posizione dell'istante sia identica a quella del caso deciso.

Quando non ricorrano tali elementi dovrà farsi ricorso alla revisione introdotta della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 113/2011, applicabile sia nelle ipotesi di vizi procedurali rilevanti ex art. 6 Cedu che nelle ipotesi di violazione dell'art. 7 Cedu che non implichino un vizio assoluto di responsabilità ma solo un difetto di prevedibilità della sanzione – ferma restando la responsabilità penale – o che comunque lascino aperte più soluzioni del caso.

Per tali ragioni la Cassazione, Sez. I, sentenza n. 53610, depositata il 27 novembre 2017, ha dichiarato infondato il ricorso presentato avverso ordinanza del tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell'esecuzione, che dichiarava inammissibile l'istanza proposta da un soggetto condannato per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa.

L'istanza si fondava sulla pronuncia delle Corte Edu n. 3/2015 con riferimento alla condanna di Bruno Contrada per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa con la quale era stata riconosciuta violazione dell'art. 7 Cedu. Il ricorrente sosteneva trattarsi di caso analogo essendo stato anch'esso condannato per condotte anteriori al 1994.

Rilevano però i giudici di legittimità che a differenza di Contrada, le condotte ascritte al ricorrente erano continuate fino a marzo 1993 e quindi in un'epoca in cui erano già state emesse le note sentenze di questa Corte che confermavano la configurabilità del concorso esterno in associazione esterna. Conclude quindi la Cassazione che «si deve escludere in radice che l'incidente di esecuzione possa ritenersi la sede idonea per la ridiscussione della legalità convenzionale della decisione definitiva emessa nei confronti di […], atteso che non emerge alcuna conclusione obbligata nel senso della rimozione della affermazione di penale responsabilità».

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