La problematica individuazione della competenza territoriale nel reato di diffamazione a mezzo stampa

Ettore Zanoni
07 Dicembre 2017

Il tema della competenza territoriale nel reato di diffamazione a mezzo stampa ha da sempre impegnato la dottrina e la giurisprudenza. Come noto, la diffamazione è un reato istantaneo, che si consuma nel momento in cui più persone ...
Abstract

Il tema della competenza territoriale nel reato di diffamazione a mezzo stampa ha da sempre impegnato la dottrina e la giurisprudenza.

Come noto, la diffamazione è un reato istantaneo, che si consuma nel momento in cui più persone vengono a conoscenza del contenuto di un testo stampato.

Per determinare la competenza territoriale è dunque necessario individuare il luogo in cui è avvenuta la prima diffusione della notizia.

La determinazione della competenza territoriale nel reato di diffamazione a mezzo stampa

La difficoltà nella determinazione della competenza territoriale nel reato di diffamazione a mezzo stampa discende dal fatto che i soggetti che apprendono la notizia (ossia i lettori del periodico) si trovano in luoghi diversi, cosicché risulta sostanzialmente impossibile stabilire con certezza dove, per la prima volta, la notizia si è diffusa o, più correttamente, è stata appresa da due o più persone.

Per superare questa problematica, la Suprema Corte ha stabilito che «la competenza per territorio, nel caso di reati commessi con il mezzo della stampa, va determinata con riferimento al luogo di prima diffusione dello stampato, di regola coincidente con quello della stampa, nella ragionevole presunzione che, una volta uscito lo stampato dalla tipografia, si verifichi l'immediata possibilità che esso venga letto da terzi, e quindi la sua diffusione, intesa in senso potenziale. (cfr., ex multis, Cass., Sez. 1^, 18.10/4.12.1991, confl. comp. in proc. Cantasso)» (Cass. pen., Sez. V, 26 gennaio 2006, n. 15523; in senso conforme Cass. pen., Sez. I, 12 giugno 2007, n. 25804 e Cass. pen., Sez. I, 26 novembre 2002, n. 41038).

Il locus commissi delicti viene determinato avendo come riferimento lo stabilimento presso cui è stata effettuata la stampa, sul presupposto che ivi avviene il "distacco" dello scritto dalla disponibilità di chi lo ha materialmente prodotto e, potenzialmente, la diffusione del suo contenuto.

A questo orientamento se ne affiancava un altro, che faceva riferimento al luogo nel quale erano situate la prefettura o la procura della Repubblica presso cui venivano depositate le c.d. copie d'obbligo, sul presupposto che tale momento costituisse di per sé la prima pubblicazione in senso tecnico (Cass. pen., Sez. fer., 28 luglio 1990, CP, 1992, p. 644 e Giust. Pen., 1991, II, p.389; Cass. pen., Sez. I, 21 maggio 1974, in Giur. It., 1975, II, p. 177. Soluzione questa adottata anche dalla procura generale presso la Corte di cassazione, intervenuta per risolvere un contrasto negativo ai sensi dell'art. 54 in D&G, 2005, 15, 11. In dottrina POLVANI, cit., p. 61).

Benché tale soluzione non sia più attuabile, in ragione dell'abrogazione della legge 2 febbraio 1939, n. 374 ad opera della legge 15 aprile 2004 n. 106, è interessante notare che, anche in questo caso, la Corte mirava ad individuare il luogo in cui avveniva il distacco dello stampato (sul punto si segnala Gup Milano, ord. 22 settembre 2006, in Dir. Inf. 2007, p. 582, ove si evidenziava che tale soluzione giungeva a conclusioni avulse dal reale luogo di commissione della diffamazione, poiché le copie d'obbligo venivano depositate in un momento successivo alla effettiva messa in circolazione del periodico).

Negli anni, dunque, la Suprema Corte ha proposto soluzioni fondate su ragionamenti presuntivi o convenzionali, avendo come finalità, non tanto l'individuazione certa del primo luogo di effettiva consumazione del reato (operazione pressoché impossibile) – quanto, piuttosto, l'elaborazione di un criterio generale capace di superare le incertezze ed evitare così conseguenze negative, quali la difficoltà per le parti di individuare l'autorità giudiziaria competente a cui indirizzare la querela, i contrasti negativi tra organi inquirenti, i conflitti di competenza, l'annullamento di sentenze nei successivi gradi di giudizio; in sintesi, di evitare lo spreco di risorse e di tempo e le gravi ricadute sotto il profilo dei termini prescrizionali.

Come ben osservato dalla dottrina, la giurisprudenza ha da sempre fatto riferimento ai luoghi di stampa o di consegna delle copie d'obbligo per ragioni di pragmatismo, essendo gli stessi noti (G. CORRIAS LUCENTE, p. 225).

Per tale ragione la Suprema Corte ha ripetutamente affermato che «ai fini della determinazione del momento consumativo dei reati commessi a mezzo della stampa, è sufficiente accertare il luogo ove sia eseguita la stampa, essendo del tutto irrilevanti i luoghi ove poi sia avvenuta la messa in vendita dello stampato», sul presupposto che, una volta uscito dalla tipografia e prima della messa in vendita, esiste l'immediata possibilità che lo stesso venga letto da più persone (Cass. pen., Sez. I, 27 giugno 1978, in Cass. Pen., 1979, p. 1349).

La questione – che poteva dirsi sostanzialmente superata dal progressivo consolidamento giurisprudenziale – è tornata di attualità nell'ultimo decennio a causa delle c.d. edizioni teletrasmesse, ossia periodici, per lo più quotidiani, stampati simultaneamente in diversi luoghi e non più, come accadeva in precedenza, presso un solo stabilimento tipografico (F. VERRI e V. CARDONE, p. 508; M. POLVANI, cit., p. 312).

Per quasi tutti i quotidiani a tiratura nazionale, infatti, terminato il lavoro redazionale, la pubblicazione viene inviata telematicamente a molteplici centri di stampa (per alcuni quotidiani addirittura otto), dislocati in varie località del territorio nazionale.

Le conseguenze di tale evoluzione tecnologica sono certamente rilevanti sotto il profilo della competenza territoriale.

Risulta del tutto evidente, infatti, che l'affermazione, secondo cui il reato si consuma laddove avviene la stampa, risulta del tutto inadeguata alla individuazione del giudice competente, poiché, in questi casi, i luoghi di stampa sono molteplici.

Per tale ragione la giurisprudenza di merito ha, con numerosi interventi di cui si darà conto in seguito, cercato di individuare, seppur nel solco degli insegnamenti della Suprema Corte, soluzioni alternative.

Recentemente è nuovamente intervenuta su questo tema la Corte d'Appello di Milano che, accogliendo l'eccezione di incompetenza territoriale respinta in primo grado e riproposta dalle difese degli imputati, ha stabilito la competenza territoriale dell'autorità giudiziaria del luogo in cui è situato lo stabilimento tipografico che per primo ha concluso il procedimento di stampa del quotidiano (Corte d'app. Milano, Sez. V, 24 gennaio 2017, n. 316).

La determinazione della competenza territoriale nei casi di c.d. teletrasmissione. Criticità dei differenti orientamenti giurisprudenziali

Per comprendere correttamente i termini della questione e verificare la correttezza delle diverse soluzioni proposte, è necessario ricapitolare sinteticamente le procedure che portano alla formazione del periodico ed, infine, alla stampa dello stesso (procedura che è stata ricostruita in M. POLVANI, cit., p. 312 e in due ordinanze che spiccano per l'approfondimento del tema: trib. Monza, 12 aprile 2012 e Gup Milano, 22 settembre 2006, in Dir. Inf. 2007, p. 579, con nota BOVIO-GRASSO).

Per quanto qui di interesse, va ricordato che le attività di redazione e di tipografia del quotidiano consistono nel "raccogliere" e inserire nel corpo del quotidiano gli articoli, le immagini e gli altri elementi tra cui titoli, sottotitoli, occhielli, didascalie, pubblicità ecc.

Questo processo di formazione e impaginazione telematico porta alla creazione dei filedelle singole pagine, generalmente,in formato pdf (tale ultima attività può avvenire, a seconda dei singoli quotidiani, internamente alla struttura del giornale o esternamente, presso società specializzate).

A questo punto, la versione digitale del quotidiano viene teletrasmessa ai singoli centri di stampa, attraverso un processo di invio telematico dei file delle singole pagine (in alcuni casi sono i centri di stampa a "prelevare" i file delle pagine del quotidiano direttamente da un server su cui sono state precedentemente caricate da personale del periodico).

Una volta conclusa la fase di teletrasmissione, presso ciascun centro di stampa vengono create le lastre delle pagine, che vengono poi montate sulla rotativa per poter procedere alla stampa. Tra il momento iniziale della trasmissione dei filee il momento iniziale della stampa possono trascorrere anche alcune ore.

A tal proposito è bene osservare che la durata del processo di stampa dipende dall'efficienza dei macchinari dei centri di stampa e dal numero di copie demandato a ciascuno di essi.

Una volta iniziato il processo di stampa e realizzate le prime copie del quotidiano, queste vengono progressivamente confezionate in pacchi e inviate a centri specializzati che procederanno alla distribuzione capillare e, dunque, all'effettiva diffusione del quotidiano tra il pubblico.

A tal proposito è necessario chiarire immediatamente un dato di centrale importanza: la consegna delle prime copie dei quotidiani ai centri di distribuzione non avviene al termine del processo di stampa di tutte le migliaia di copie demandate a ciascuno stabilimento, ma in un momento assai precedente.

Ed infatti, al termine della stampa di un determinato numero di copie, che varia a seconda dei casi, queste vengono immediatamente imballate ed inviate ai centri di distribuzione, mentre il processo di stampa delle successive copie è ancora in corso.

Questo fatto è confermato dagli orari presenti sui bollettini delle rotative, che solitamente si riferiscono a) all'inizio e alla fine delle operazioni di trasmissione dei file dalla redazione agli stabilimenti tipografici, b) all'inizio e alla fine della stampa e c) all'inizio e alla fine della spedizione dei quotidiani ai centri di distribuzione.

Dal confronto dei dati relativi alla stampa di migliaia di copie (tali sono i volumi che interessano i quotidiani che si avvalgono della teletrasmissione), emerge che l'orario di inizio della spedizione delle copie ai centri di distribuzione è successivo all'orario di inizio della stampa di soli pochi minuti e precede di parecchi minuti (in alcuni casi più di un'ora) l'orario di fine stampa.

Peraltro, com'è intuibile, la trasmissione telematica dalla redazione alle varie stamperie avviene ad orari alquanto ravvicinati, cosicché il processo di stampa inizia in luoghi diversi a distanza di pochissimi minuti, se non addirittura al medesimo orario.

La distribuzione, come detto, avviene progressivamente attraverso l'invio (c.d. trasporto primario), tramite furgoni, di pacchi di quotidiani da parte dei centri di stampa a società incaricate della distribuzione, che si occupano di smistarli (c.d. trasporto secondario) ai diversi destinatari (edicole, punti vendita, ferrovie, compagnie aeree ecc.).

Le società editrici dei principali quotidiani si appoggiano ad uno o più centri di distribuzione per ciascuna regione. Le prime copie ad essere spedite sono quelle destinate ai centri di distribuzione più distanti dai rispettivi centri di stampa, così da garantire orari di diffusione omogenei tra le località più vicine e quelle più lontane.

Infine, va rilevato che le prime copie ad essere distribuite sono quelle destinate alle poche edicole notturne presenti in alcune grandi città.

Le procedure di formazione, di stampa e di distribuzione del periodico

A fronte di tale sviluppo tecnologico, non è più possibile determinare la competenza territoriale facendo riferimento tout court al luogo in cui avviene la stampa.

La giurisprudenza di merito ha pertanto formulato criteri differenti per individuare, caso per caso, il luogo di "prima diffusione" del quotidiano.

L'orientamento maggioritario individua l'autorità giudiziaria competente facendo riferimento al luogo in cui è situato lo stabilimento che per primo ha concluso le operazione di stampa.

In tali pronunce si giunge ad «individuare il luogo di consumazione del reato de quo in quello in cui è avvenuta la diffusione della notizia diffamatoria sul territorio, cioè nel luogo in cui è stata per prima ultimata la stampa del quotidiano" sul presupposto che "appare verosimile che le copie partite dalla stamperia di Cagliari, che ha finito per prima di ultimare il processo di stampa, per prime abbiano raggiunto le edicole» (trib. Milano, Sez. IV, 23 gennaio 2013, n. 415. Nello stesso senso trib. Lodi, 14 marzo 2017, n. 203 in cui si opta per il criterio sopra richiamato «apparendo evidente come, soltanto con l'ultimazione di esso, trovi realizzazione la richiamata potenziale diffusione dello stampato»).

Tale impostazione, come detto, è stata condivisa da molte sentenza di merito (Trib. Milano, 17 gennaio 2017, n. 370; Gup Monza, 10 marzo 2015, n. 192; Gup Brescia, 27 marzo 2015, n. 521; trib. Milano, Sez. IV, 4 luglio 2014, n. 7524; Gup Monza, 13 giugno 2014, n. 611; Gup Roma, 28 maggio 2014 n. 1170; Gup Milano, 8 maggio 2014, n. 1490; Gup Milano, 2 aprile 2014, n. 1097; Gup Milano, 26 febbraio 2014, n. 634; trib. Milano, 24 febbraio 2014, n. 2012; Gup Milano, 5 febbraio 2014 n. 363; Gup Milano, 10 luglio 2014, n. 2432; Gup Monza, 3 ottobre 2014, n. 940; Gup Monza, 3 ottobre 2014, n. 849; trib. Milano, Sez. IV, 23 gennaio 2013, n. 415; Gup Roma, 21 novembre 2013, n. 2505; Gup Milano, 19 dicembre 2012, n. 3450; Gup Milano, 25 gennaio 2012, n. 166; trib. Milano, Sez. IV, 20 ottobre 2011, n. 11717; Gup Milano, 19 aprile 2011, n. 1024; Gup Monza, 13 maggio 2011, n. 408; Trib. Milano, Sez. IV, 20 ottobre 2011, n. 11717; Gup Milano, 14 dicembre 2010, n. 2753.).

Anche nella sentenza della Corte d'appello di Milano sopra richiamata si legge che «il luogo di commissione del reato non può essere identificato altro che nella sede di prima distribuzione, che va identificata con il sito geografico in cui ha sede la stamperia che per prima ha concluso le operazioni di stampa» (Corte d'app., Milano, Sez. V, 24 gennaio 2017, n. 316).

Va da subito evidenziato che valorizzare l'orario di fine stampa porta alla paradossale conclusione di determinare la competenza territoriale facendo riferimento ad un momento temporale di gran lunga successivo al reale tempus commissi delicti. E infatti, come detto, nel momento in cui uno dei tanti stabilimenti conclude - per primo - la stampa dell'ultima copia, le prime copie stampate nei diversi stabilimenti dislocati sul territorio nazionale sono già state, progressivamente, avviate alla distribuzione da tempo, con conseguente diffusione della notizia diffamatoria.

Le numerose sentenze di merito sopra richiamate non valgono in alcun modo a superare tale elemento critico. Ed infatti, ognuna di quelle decisioni si basa sull'equivoco che la spedizione dei quotidiani ai centri di distribuzione, e da lì alle varie edicole, avvenga solo al termine della stampa dell'ultima copia.

In conclusione tali sentenze si fondano sull'erroneo convincimento che «la diffusione degli stampati presuppone che la stampa sia terminata» e, presumibilmente per tale ragione, omettono di soffermarsi sull'orario di inizio della spedizione, che rappresenta il momento iniziale del processo di distribuzione (si segnala Gup Milano, 21 febbraio 2011, n. 455, in cui il giudice si sofferma «sull'orario in cui i quotidiani stampati sono stati consegnati per la diffusione, con conseguente uscita dalla stamperia, momento in cui la potenziale diffusione dello stampato acquista connotazioni di effettività e concretezza in quanto, una volta pervenuta alle edicole, la pubblicazione è effettivamente conoscibile dal suo naturale fruitore»).

Vi è poi un secondo orientamento che fa coincidere il luogo di commissione del reato con il luogo in cui è situato il centro di stampa che per primo inizia le operazioni di stampa (trib. Milano, Sez. IV, 26 gennaio 2012, n. 763; trib. Monza, 12 maggio 2010, n. 474; Gup Monza, 20 ottobre 2010, n. 920; Gup Milano, 25 maggio 2009, n. 1087).

Anche tale criterio non è esente da critiche.

Ed' infatti, l'orario di inizio della stampa precede certamente il momento di diffusione della notizia diffamatoria tra il pubblico. Tale dato non è di poco conto e rende altrettanto incerta la determinazione del luogo di commissione del reato. Successivamente all'inizio della stampa e prima dell'inizio della distribuzione del quotidiano, infatti, intervengono tutta una serie di variabili che non consentono di affermare che, nel luogo in cui si inizia a stampare prima, si verificherà la prima diffusione del quotidiano: per falsare questo assunto è sufficiente che il numero di copie necessario per iniziare la distribuzione sia differente tra i vari centri di stampa (il che potrebbe comportare una distribuzione anticipata laddove la stampa sia iniziata successivamente); o che vi siano significative differenze di distanza tra gli stabilimenti di stampa e i rispettivi centri di distribuzione (problematica che non è sfuggita in Gup Milano, 9 giugno 2014 n. 6300, ove si afferma che è «impossibile stabilire, in città di grandi dimensioni tutte dotate di edicole notturne, in quale di esse sia giunto il primo corriere, trattandosi di elemento sulla cui variabilità incidono aspetti di strade percorribili, il mezzo (terrestre o aereo) utilizzato»); o che si verifichi un blocco temporaneo della rotativa tra l'inizio della stampa e l'inizio della distribuzione; o ancora, che non siano sufficientemente precisi gli orari indicati sui bollettini di stampa.

A tal proposito è stato osservato che i bollettini delle rotative, su cui si fondano le decisioni di merito, non risultano del tutto attendibili: in molti casi gli stessi sono compilati a mano dall'operatore; solitamente non vengono sottoscritti; spesso risultano incompleti anche perché, è bene ricordarlo, sono finalizzati semplicemente a fornire un riscontro delle operazioni di stampa per esigenze contrattuali, senza che sia necessaria una indicazione eccessivamente precisa delle tempistiche.

Come ben osservato dal tribunale di Monza, «questi criteri di determinazione della competenza (ossia ancorati agli orari di stampa n.d.r.) non possono essere condivisi perché si fondano su documentazione priva di valore certificativo. Si tratta, infatti, di documenti provenienti dallo stampatore, alcuni privi peraltro di sottoscrizione, dei quali non è dato conoscere il dato relativo allo strumento usato per determinare l'esatta ora di inizio o fine delle operazioni, la precisione dello strumento, la sua eventuale taratura. In molti casi la differenza tra l'operazione svolta in una stamperia e la medesima operazione svolta in altra stamperia è di pochi minuti, ma non è dato sapere quale sia il grado di precisione degli orologi utilizzati» (trib. Monza, ord. 12 aprile 2012).

Senza considerare che i singoli stabilimenti hanno dimensioni e capacità produttive molto differenti tra loro, con differenti velocità di stampa.

Tutto ciò risulta ancor più rilevante se si considera che, in molti casi, i vari stabilimenti iniziano le operazioni di stampa a distanza di pochi minuti.

In conclusione, non vi è alcuna certezza nell'affermazione, contenuta in queste pronunce, secondo cui chi prima inizia a stampare, prima procede alla distribuzione.

Al contrario risulta condivisibile la conclusione contenuta nell'ordinanza del Gup di Monza secondo cui «la circostanza che il quotidiano sia materialmente prodotto in quattro stamperie dislocate sul territorio nazionale, non autorizza l'interprete a ritenere la competenza in base al mero orario di avvio o ultimazione delle operazioni di stampa, giacché esse non coincidono con le successive attività di trasporto e diffusione delle copie stampate» (Gup Monza, ord. 13 marzo 2008).

Anche la Suprema Corte e la stessa Corte d'appello di Milano hanno affrontato la questione degli orari di inizio e fine stampa.

Con sentenza 12 giugno 2007, n. 25804, la Suprema Corte è intervenuta sul tema della teletrasmissione, concludendo che la competenza deve essere individuata con riferimento alla stabilimento tipografico "principale", in quanto tale «stabilimento – a differenza degli altri, di interesse locale, sparsi sul territorio nazionale – è immediatamente prossimo al luogo in cui avvengono le attività di preparazione e teletrasmissione del testo, ed è proprio in rapporto alla sua ubicazione che veniva individuata la Prefettura competente a ricevere le copie d'obbligo».

In linea con questa pronuncia, la Corte di cassazione ha confermato la sentenza della Corte d'appello di Milano che aveva proposto tale soluzione, stabilendo che «per contestare seriamente la radicata competenza non bastava introdurre elementi di prova circa l'ora di inizio della stampa (è la sentenza di appello, alla pagina otto, ad affermare che è stato provato solo l'orario di inizio, tra l'altro solo 19 minuti di anticipo rispetto allo stabilimento di Paderno Dugnano), ma nemmeno era sufficiente indicare l'orario di conclusione del processo di stampa, dal momento che la diffusione avviene non presso lo stabilimento, ma tramite i venditori, raggiunti attraverso una complessa rete di distribuzione. Era, dunque, necessario fornire ulteriori elementi di prova in ordine al fatto che il giornale quel giorno era stato concretamente diffuso, prima che in ogni altro luogo, in territorio ricadente nel circondario di Avezzano. Ciò non è stato fatto e, dunque, deve confermarsi l'orientamento pressoché univoco di questa Corte, secondo cui per i reati commessi a mezzo dell'edizione nazionale de "Il Giornale" la competenza è del Tribunale di Monza, sezione di Desio» (Cass. pen., Sez. V, 16 aprile 2013, n. 17348).

Al di là della conclusione a cui giungono queste pronunce - che potrebbero risultare inadeguate alla complessità del problema, come lo conosciamo oggi (ossia una pluralità di luoghi di stampa e non solo due) – è significativo che la Corte di cassazione abbia chiarito che, per superare la presunzione dalla stessa elaborata, deve essere fornita una prova certa e assoluta, che non può limitarsi ad una mera allegazione e neppure ad un ragionamento di tipo presuntivo.

La sentenza della Corte d'appello di Milano, confermata dalla pronuncia sopra richiamata, si fonda proprio su tale principio, laddove si afferma che «non emergono nella fattispecie elementi univoci per superare la presunzione di cui alle citate pronunce della Suprema Corte, considerato che risulta riportato solo l'orario che, secondo la difesa, sarebbe quello di inizio del processo di stampa, senza considerare invece ad esempio altri elementi quali le modalità di esecuzione della stampa, le operazioni svolte dal personale addetto, i tempi, il momento finale con l'impaginazione e la formazione del giornale e l'uscita delle copie per essere avviate alla rivendita, tutte variabili suscettibili di influire sul momento dell'evento della diffusione» (Corte d'app. Milano, Sez. I, 25 gennaio 2012 n. 482. In linea con tale pronuncia si segnala altresì Corte d'app. Milano, Sez. I, 1 luglio 2005 n. 194).

E del resto, già in precedenza la Corte di cassazione aveva stabilito che la differenza di sedici minuti tra gli orari di stampa di due stabilimenti«costituisse un indizio troppo labile per ritenere provato il fatto (ignoto) del luogo di prima diffusione, peraltro contrastato dalle circostanze che dopo la fine della tiratura possono intervenire i fatti più disparati che ritardano la diffusione»(Cass. pen., Sez. V, 17 aprile 2007 n. 29306).

Orbene, in molti dei casi risolti con le pronunce di merito sopra richiamate, gli orari delle varie rotative risultano ancor più ravvicinati.

Ma c'è di più. I vari stabilimenti si occupano sia della stampa dell'edizione nazionale, sia di quella locale che andrà a corredare la prima. Le prime ad essere stampate e distribuite sono le edizioni destinate ai centri di distribuzione geograficamente più distanti: pertanto, le copie stampate per prime potrebbero non essere lette per prime, a causa dei tempi di trasporto.

A titolo esemplificativo si osserva che vi sono casi di stabilimenti siti in Lombardia che provvedono alla stampa anche delle edizioni locali di Liguria e Piemonte. È del tutto plausibile che le edizioni liguri e piemontesi, benché stampate per prime e per prime avviate alla distribuzione, raggiungano i punti di vendita successivamente alle edizioni della Lombardia.

Alla luce di queste incertezze, emerge evidente che, al di là degli equivoci rispetto alla ricostruzione fattuale del processo che porta alla creazione e alla distribuzione dello stampato, l'aspetto critico che accomuna le sentenze sopra richiamate è di carattere metodologico.

In queste pronunce, infatti, si è cercato di adeguare il ragionamento presuntivo – elaborato dalla Suprema Corte per i casi di stampa avvenuta in un unico luogo – all'ipotesi, radicalmente differente, della teletrasmissione.

L'argomentazione della Corte di cassazione, però, prende le mosse da un dato certo: il luogo in cui avviene la stampa. In tale luogo – noto – i giudici di legittimità hanno ritenuto, presuntivamente, che si verifichi la prima diffusione della notizia.

Al contrario, le pronunce di merito sopra richiamate, qualunque soluzione abbiano adottato, muovono da un dato incerto ed equivoco, ossia una pluralità di luoghi in cui vengono poste in essere attività di stampa in momenti temporali molto ravvicinati, se non addirittura coincidenti.

In sintesi, tali pronunce si sviluppano sul seguente assunto: presumendo che ove prima inizia (o termina) il processo di stampa si verifichi il primo "distacco" del quotidiano e presumendo che in tal luogo si abbia la prima diffusione della notizia diffamatoria, si giunge a determinare il luogo di commissione del reato.

La conseguenza non è di poco conto se si considera che, da un dato incerto, si pretende, presuntivamente, di far discendere la prova di un fatto ignoto, qual è la diffusione della notizia diffamatoria, giungendo così a formulare un ragionamento doppiamente presuntivo, che di discosta dalla ragionevole presunzione richiesta dalla Suprema Corte.

Vi è poi un ulteriore elemento di criticità: sia che si opti per l'inizio, che per la fine, della stampa, non ci si sofferma sull'orario di inizio della distribuzione dello stampato (momento che, come detto, precede la fine della stampa), benché tale dato sia a disposizione degli stabilimenti tipografici e, spesso, sia indicato nei bollettini delle rotative.

Ebbene, a voler optare per una soluzione che miri a risolvere presuntivamente il singolo caso, il fatto noto da cui procedere dovrebbe essere necessariamente l'orario di inizio della spedizione (ossia il momento del "distacco" dello stampato) e non momenti antecedenti (inizio stampa) o addirittura successivi (fine stampa).

Soluzioni alternative e relative criticità

Queste criticità sono state colte in un provvedimento del Gup di Milano che ha evidenziato l'impossibilità di determinare la competenza territoriale in caso di edizioni teletrasmesse ed ha ritenuto di non poter applicare le argomentazioni della Suprema Corte relative all'officina grafica prossima alla redazione (Gup Milano, ord. 1 dicembre 2011, Dir. pen. cont., con commento di CERQUA). Per tali ragioni, il giudice ha applicato l'art. 9, comma 1, c.p.p., individuando «l'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione» nella redazione, in ragione della composizione del quotidiano e della sua teletrasmissione.

Anche questa soluzione non è priva di criticità, come osservato nella sentenza del trib. Milano, Sez. IV, 26 gennaio 2012, n. 763, che ha confutato la decisione del Gup e, in accogliendo la tesi dalla difesa, ha determinato la competenza territoriale facendo riferimento all'orario di inizio della stampa.

La giurisprudenza di merito, salve alcune rare eccezioni, ha ritenuto non applicabile il primo comma dell'art. 9 c.p.p., sul presupposto che «fino a quando (gli articoli n.d.r.) non sono trasfusi nei supporti cartacei, e, soprattutto, fino a quando non sono posti in circolazione, il reato non si concretizza, dato che non vi è un'effettiva comunicazione con più persone. Ne discende che l'evento delittuoso viene integrato solo dopo la riproduzione tipografica ed al momento della distribuzione al pubblico» (Corte d'app. Milano, Sez. V, 24 gennaio 2017, n. 316);

Tale argomentazione non appare però convincente, perché rende di fatto inapplicabile l'art. 9 co. 1 c.p.p. ai reati di evento, qual è la diffamazione (Cass. pen., Sez. I, 26 aprile 2011, n. 16307 e Cass. pen., Sez. I, 26 gennaio 2011, n. 2739).

Al contrario, è evidente che valorizzando una "parte dell'azione", il Legislatore abbia voluto proprio far riferimento ad un momento antecedente alla consumazione del reato.

La Suprema Corte, del resto, in una pronuncia risalente, ha risolto la questione proprio facendo riferimento a una parte dell'azione, affermando che la competenza «si radicherà sempre nel luogo di redazione, ove è avvenuta l'operazione tipografica del montaggio dello stampato costituente l'ultimo atto certo antecedente alla consumazione del reato», ritenendo però opportuno osservare che tale luogo è anche quello in cui «si è effettuata l'omissione del controllo imposto al responsabile del giornale dell'art. 57 c.p.» (Cass. pen., Sez. I, 6 novembre 1984, in Cass. Pen., 1986, p.936).

Anche tale conclusione, non è però esente da critiche, perché nella diffamazione a mezzo stampa, l'ultimo luogo in cui è avvenuta parte dell'azione è per lo più ignoto, dovendo con tale accezione farsi riferimento al luogo in cui l'autore ha redatto lo scritto o da cui lo ha inviato alla redazione del periodico.

Diversamente, le attività di composizione del giornale (da intendersi come definitivo inserimento delle varie parti dello stampato), di creazione dei file delle singole pagine e di teletrasmissione, sono svolte da personale di redazione o di società terze. Si tratta dunque di attività che risultano necessarie per la successiva produzione e circolazione del testo stampato, ma che non sono rilevanti per la determinazione della competenza territoriale ai sensi dell'art. 9, comma 1, c.p.p.

Non sembra infatti possibile far rientrare nel concetto di azione l'attività svolta nella redazione, perché tale condotta non è riferibile all'autore del reato, né costituisce parte della condotta tipica, tanto da non risultare mai oggetto di imputazione, neppure in concorso con l'autore dello scritto.

Soluzione non priva di criticità è poi quella di ritenere che il locus commissi delicti coincida con il luogo ove è situata la redazione del quotidiano, ma non in applicazione dell'art. 9, comma 1, c.p.p., quanto piuttosto perché in quel luogo si verifica la consumazione del reato.

In effetti, nei casi di quotidiani a tiratura nazionale (quali sono quelli che utilizzano il sistema della teletrasmissione), la notizia diffamatoria viene conosciuta da diverse persone interne (capo-redattore, redattori, titolista ecc.) ed esterne alla redazione (si pensi ai grafici, ai tipografi, ai tecnici informatici, ecc.; sul punto M. POLVANI, cit., p. 310 e AA.VV., Codice Penale a cura di T. Padovani, Milano, 2014, p. 3282). Dunque, a ben vedere, prima della composizione definitiva dello stampato vi è già stata una lesione della reputazione della persona offesa.

Questa soluzione è stata contrastata da autorevole dottrina sulla scorta del fatto che tali soggetti non rappresenterebbero i destinatari della comunicazione diffamatoria, risultando essi stessi compartecipi sotto il profilo materiale del reato e che, in ogni caso, la consumazione del reato avverrebbe nel luogo di distribuzione del quotidiano, in linea con la ratio essendi della norma, che è finalizzata a punire la più grave offesa che la sola pubblicità è in grado di realizzare (NUVOLONE).

La giurisprudenza di merito, come detto, ha ritenuto di non poter individuare il locus commissi delicti nella redazione, ritenendo che prima della stampa del quotidiano il reato non si sarebbe ancora realizzato.

A tal proposito va però ricordato che dottrina e giurisprudenza prevalenti sono ormai ferme nel ritenere che il mezzo della stampa rappresenta semplicemente una aggravante (e non già un elemento costitutivo del reato), la cui sussistenza, pertanto, non dovrebbe incidere sulla consumazione del reato, né sulla determinazione del luogo di commissione dello stesso.

A tal proposito va però ricordato come parte della dottrina abbia sostenuto che «quando il mezzo usato sposta l‘oggettività giuridica del reato, e non vi sono argomenti decisivi di tecnica formale per ritenere la configurazione di una circostanza aggravante, si deve ritenere che il mezzo è elemento costitutivo del reato». NUVOLONE, p. 31).

In conclusione

Le criticità sopra accennate e l'incertezza derivante dalle differenti pronunce di merito rendono certamente auspicabile un intervento del Legislatore, che potrebbe risolvere agevolmente il problema, come è accaduto per la diffamazione aggravata dal mezzo televisivo e radiofonico, per la quale, all'art. 30, comma 5, l. 223 del 6 agosto 1990, è stato stabilito che la competenza è determinata dal luogo di residenza della persona offesa, sul presupposto che in quel luogo si verifica, in maniera più incisiva, la lesione della reputazione.

Una soluzione analoga è stata assunta dal Gup di Milano, che ha fatto riferimento all'«effetto diffamatorio percepibile» (Gup Milano, 22 settembre 2006, in Dir. Inf. 2007, 579 con nota di BOVIO-GRASSO).

Il provvedimento risulta di grande interesse per l'analisi approfondita dell'argomento e per l'estremo sforzo di addivenire ad una soluzione svincolata da «schemi di interpretazione ripetitivi e fittizi», anche attraverso l'audizione di testimoni qualificati. Il Gup ha preliminarmente osservato che le tecniche di formazione del quotidiano «rendono pressoché impossibile stabilire il momento preciso in cui venga letto il primo giornale uscito dalla prima rotativa, rendendo così aleatorio il concetto di prima diffusione». Per tale ragione, dopo aver comunque ritenuto applicabile l'art. 9, comma 2, c.p.p., il giudice si è spinto oltre e,alla luce delle peculiarità del caso concreto (notizia pubblicata sulle pagine locali del quotidiano e avente carattere offensivo nei confronti non di un personaggio pubblico, ma di un comune cittadino), è giunto ad individuare la commissione della diffamazione nel luogo di residenza della persona offesa sul presupposto che in quel luogo, e non altrove, è stato cagionato «l'evento costituito dall'aggressione al patrimonio morale della persona offesa» (per l'estremo tentativo di individuare la competenza con attenzione alle peculiarità del caso concreto, si segnala altresì Gup Milano, 2 gennaio 2003, Foro Ambrosiano,2003, p. 61, con nota di MALAVENDA, in cui il locus commissi delicti è stato determinato con riferimento alla presenza di edicole notturne).

Al di là di qualche isolata pronuncia, però, le soluzioni proposte dalla giurisprudenza di merito risultano frutto di schemi predeterminati che mal si adeguano alla complessità delle procedure tecnologiche e comportano soluzioni non coerenti con i dati fattuali.

I diversi interventi della Corte di Cassazione, in tema di edizioni teletrasmesse, non sono riusciti a dissipare i dubbi e le perplessità, ma si sono limitati a risolvere conflitti o a respingere eccezioni di competenza per territorio con argomentazioni poco incisive (Cass. pen., Sez. I, 17 luglio 2007, n. 28454; Cass. pen., Sez. I, 28 maggio 2007, n. 21083; Cass. pen., Sez. I, 21 dicembre 2006, n. 42145; Cass. pen., Sez. I, 3 maggio 2006, n. 15333; Cass. pen., Sez. I, 3 luglio2006, n. 22862; Cass. pen., Sez. I, 14 novembre 2006, n. 37534; Cass. pen., Sez. I, 12 dicembre 2006, n. 40419).

Fintanto che non vi sarà un intervento a livello normativo, si dovrebbe prendere spunto dalla giurisprudenza della Suprema Corte che, in tema di reati di diffamazione commessi sul web, ha affrontato e risolto una problematica del tutto assimilabile a quella in esame. Anche in questi casi, infatti, non è possibile stabilire dove la notizia diffamatoria si diffonda in precedenza, essendo la stessa accessibile, simultaneamente, da una pluralità di soggetti che si trovano in luoghi diversi (come avviene per la stampa teletrasmessa).

La Corte di cassazione ha ritenuto che, in tali ipotesi, non siano utilizzabili criteri oggettivi «quali, ad esempio, quelli di prima pubblicazione, di immissione della notizia nella rete, di accesso del primo visitatore», «in quanto di difficilissima, se non impossibile, individuazione» (Cass. pen., Sez. I, 26 gennaio 2011 n. 2739; Cass. pen., Sez. I, 26 aprile 2011, n. 16307; Cass. pen., Sez. V, 2 dicembre 2014, n. 50330). Per tale ragione, ritenuti inadeguati sia l'art. 8 c.p.p. che l'art. 9, comma 1, c.p.p., è stato applicato l'art. 9, comma 2, c.p.p., che stabilisce la competenza dell'autorità giudiziaria del luogo in cui ha residenza, dimora o domicilio l'imputato.

Ebbene, anche nei casi di "stampa teletrasmessa" – quantomeno laddove i dati che emergono dai bollettini delle varie rotative non risultino univoci e non forniscano elementi completi, certi e dirimenti in merito all'orario di spedizione – l'art. 8 c.p.p. risulta del tutto inadeguato.

Si è già detto delle difficoltà di applicazione dell'art. 9, comma 1, c.p.p.

Al contrario, il comma 2 dell'art. 9 c.p.p., rappresenta una soluzione convenzionale e, dunque, di agevole applicazione.

In presenza di più imputati con residenze differenti - ipotesi non rara nei casi di concorso o nei procedimenti che vedono a giudizio l'autore dello scritto ed il direttore del quotidiano - la competenza verrebbe determinata ai sensi del terzo comma della medesima norma (ossia nel luogo ove ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo all'iscrizione della notizia di reato).

Come detto si tratta di soluzioni convenzionali, che consentirebbero però di superare il concetto della "prima diffusione" e l'incertezza che ne consegue.

Si assicurerebbe così la possibilità per le persone offese di rivolgersi all'ufficio del pubblico ministero competente, garantendo di conseguenza una corretta instaurazione del giudizio, senza sprechi di preziose risorse giudiziarie (si pensi al caso in cui l'eccezione di incompetenza, respinta in fase di udienza preliminare, sia accolta nella fase preliminare al dibattimento o addirittura nei successivi gradi di giudizio) ed evitando rilevanti perdite di tempo che portano, frequentemente, alla estinzione del reato per decorrenza dei termini di prescrizione.

Guida all'approfondimento

G. M. BACCARI, La cognizione e la competenza del giudice, II, Milano, 2011, p. 262;

G. CORRIAS LUCENTE, Il diritto penale dei mezzi di comunicazione di massa, Padova, 2000, p. 222;

A. GULLO, La diffamazione a mezzo stampa, in M. T. COLLICA – A. GULLO – T. VITARELLI, I delitti contro l'onore, 2001, Torino, p. 88;

A. JANNUZZI - U. FERRANTE, I Reati nella legislazione sulla stampa, Milano, 1978, p. 144;

NUVOLONE, Reati di stampa, Milano, 1951, p. 35 e 44;

M. POLVANI, La diffamazione a mezzo stampa, Padova, 1998, p. 307;

F. VERRI e V. CARDONE, Diffamazione a mezzo stampa e risarcimento del danno, Milano, 2007, p. 502.

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