La legittimazione dell'AGCM sugli atti amministrativi che determinano distorsioni della concorrenza

Redazione Scientifica
11 Dicembre 2017

L'art. 21-bis, l. n. 287 del 1990 ha una struttura sostanzialmente bifasica che consente di individuare una prima fase a carattere consultivo, che concerne l'emissione del parere motivato dell'AGCM nel quale sono indicati gli specifici profili delle...

L'art. 21-bis, l. n. 287 del 1990 ha una struttura sostanzialmente bifasica che consente di individuare una prima fase a carattere consultivo, che concerne l'emissione del parere motivato dell'AGCM nel quale sono indicati gli specifici profili delle violazioni riscontrate e una seconda fase in sede giurisdizionale.

Nell'ambito di tale struttura l'instaurazione del ricorso da parte dell'AGCM è configurata come un rimedio solo eventuale e, comunque, successivo all'esercizio di un potere prettamente amministrativo e, ciò, in considerazione del fatto che il ricorso potrebbe anche non essere depositato, nell'eventualità in cui la stessa Amministrazione abbia ritenuto di procedere in autotutela o, ancora, nell'ipotesi in cui l'AGCM consideri esaustivi i chiarimenti e le osservazioni proposte dall'Amministrazione.

Il ricorso ai sensi dell'art. 21-bis, l. n. 287 del 1990 non configura un'ipotesi di “giurisdizione oggettiva” (così come già ritenuto dalla giurisprudenza: Tar Lazio, Sez. III bis, n. 2720 del 2013) posto che l'AGCM fa valere un interesse soggettivo all'annullamento dei provvedimenti adottati in violazione dei principi di concorrenza ed al perseguimento di un fine di tutela collettivo.

Ne consegue la compatibilità di detta disposizione con gli artt. 24, 103 e 113 Cost. in base ai quali il processo amministrativo è configurato come presidio a tutela dei diritti e degli interessi dei singoli e, non, come strumento di attuazione dell'interesse generale alla legalità dell'azione amministrativa.

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