Sulla (il)legittimità del rifiuto del conservatore di "purgare" il bene pignorato dai vincoli pregiudizievoli

Pasqualina Farina
13 Dicembre 2017

La vicenda di cui si è occupato il tribunale di Lucca trae origine dal reclamo proposto dal professionista delegato di fronte al rifiuto del conservatore di purgare il bene pignorato dai vincoli pregiudizievoli.
Massima

È legittimo il rifiuto del conservatore di procedere alla cancellazione di un'iscrizione ipotecaria o della trascrizione del pignoramento ordinata con decreto di trasferimento per il quale non consti l'inutile decorso del termine di venti giorni dalla conoscenza legale dell'atto; ovvero avverso il quale sia stata proposta opposizione agli atti esecutivi non definita con sentenza passata in giudicato.

Il caso

Nella fase finale di un'espropriazione immobiliare i comproprietari, terzi datori di ipoteca, proponevano opposizione ex art. 617 c.p.c., avverso l'ordine del giudice di cancellare i vincoli pregiudizievoli (nel caso di specie pignoramento ed ipoteca).

Per gli opponenti il provvedimento sarebbe stato illegittimo, in quanto avverso il decreto di trasferimento avevano già proposto opposizione ex art. 617 c.p.c., indipendentemente dal rilievo che il giudice dell'esecuzione avesse già respinto l'istanza di sospensiva ed assegnato termine di giorni 60 per il giudizio di merito. Ed infatti in pendenza del termine per introdurre il giudizio di merito, il decreto, ad avviso degli opponenti, non avrebbe acquisito il carattere della definitività. Ciò in quanto stando all'art. 2884 c.c., la cancellazione dell'ipoteca va eseguita dal conservatore, se ordinata con sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti.

Di fronte al rifiuto del conservatore di purgare il bene dai vincoli pregiudizievoli, il professionista delegato proponeva reclamo al tribunale ex artt. 2888 c.c., 113 disp. att. c.c. e 739 c.p.c..

La questione

La questione sulla quale il Tribunale di Lucca è stato chiamato a pronunciarsi trae origine dalla circostanza che prima si è escluso in capo al conservatore il potere di sindacare i motivi di opposizione ed i riflessi sulla stabilità dell'atto del processo esecutivo e, poi, si è ritenuto: «legittimo il rifiuto di procedere alla cancellazione di un'iscrizione ipotecaria o della trascrizione del pignoramento ordinata con decreto di trasferimento per il quale non consti l'inutile decorso del termine di venti giorni dalla conoscenza legale dell'atto; ovvero avverso il quale sia stata proposta opposizione agli atti esecutivi non definita con sentenza passata in giudicato, costituendo dette condizioni il presupposto per annettere al decreto la qualifica di provvedimento definitivo richiesta dall'art. 2884 c.c. per l'esecuzione dell'ordine di cancellazione».

L'innovativa pronuncia del Collegio è, a ben guardare, volta a scongiurare il rischio che, cancellato il pignoramento e le iscrizioni ipotecarie, il decreto di trasferimento venga caducato per effetto di nullità inerenti alla fase della vendita e perciò opponibili all'aggiudicatario ex art. 2929 c.c.. Con la conseguenza che dichiarata la nullità dell'aggiudicazione e/o del decreto di trasferimento, il giudice dovrebbe indire un nuovo tentativo di vendita di un bene ormai libero dal vincolo del pignoramento e dalle ipoteche. Del resto, anche se il giudice dell'esecuzione ordinasse una nuova trascrizione del pignoramento, rimarrebbe il rischio per i creditori di essere pregiudicati da atti dispositivi compiuti dal debitore nel lasso di tempo tra la annotazione cancellata e quella nuova.

Le soluzioni giuridiche

La decisione in commento rappresenta un novum nella (scarna) giurisprudenza che si rinviene in materia di decreto di trasferimento: recepisce, invero, una prassi attuata presso alcune agenzie del territorio (ex conservatorie) fondata su una particolare interpretazione dell'art. 2884 c.c.. Tale disposizione prevede che «la cancellazione (dell'ipoteca) deve essere eseguita dal conservatore, quando è ordinata con sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento definitivo», e, pertanto, non più soggetto ad impugnazione.

Tale soluzione non può essere condivisa.

In primo luogo perché, da sempre, il decreto di trasferimento costituisce un «provvedimento definitivo che impone al conservatore l'immediata cancellazione dei gravami, pur essendo l'atto impugnabile; ciò sul presupposto che definisce la fase liquidatoria e non è revocabile se ormai posto in esecuzione, quando cioè siano state espletate le formalità successive alla sua emanazione» (Cass. civ.,16 novembre 2011, n. 24001). Per vero, la definitività di cui all'art. 2884 c.c. è caratteristica diversa dalla inoppugnabilità per gli atti diversi dalle sentenze: si tratta, in effetti, di atti definitivi, seppur impugnabili.

Quanto al decreto di trasferimento va precisato che il carattere immediatamente esecutivo deriva dal fatto che è provvedimento esclusivo del g.e.; senza trascurare, più in generale, che i provvedimenti del giudice dell'esecuzione sono intrinsecamente esecutivi perché impartiti per attuare il comando portato dal titolo su cui è fondata l'espropriazione ex art. 474 c.p.c. (così Cass. civ., 31 marzo 1949, n. 744, sia pure in relazione all'ordinanza che disponeva la sostituzione di altra persona al debitore nelle funzioni di custode dei beni pignorati).

In secondo luogo, l'intrinseca esecutività del decreto di trasferimento e dell'effetto purgativo della vendita forzata è confermata dalla circostanza che costituisce titolo esecutivo per il rilascio, ex art. 586, ult. comma, c.p.c..

Da ultimo, va detto che l'art. 2884 c.c. richiamato dal tribunale di Lucca, disciplina l'ipotesi del creditore che, dopo il pagamento dell'obbligazione, non acconsente alla cancellazione dell'iscrizione ipotecaria. In questa ipotesi il debitore, il terzo acquirente del bene ipotecato, il terzo datore d'ipoteca e coloro che possono essere pregiudicati dalla permanenza della iscrizione ipotecaria, possono chiedere l'accertamento dell'estinzione del credito e della garanzia che lo assiste. Pertanto la sentenza che accoglie la domanda è attuata dal conservatore solo una volta passata in giudicato.

La norma che governa il caso di specie sembra, invece, da individuarsi nel n. 7) dell'art. 2878 c.c. che, nell'elencare le cause di estinzione dell'ipoteca, annovera espressamente tra queste ultime la pronunzia del «provvedimento che trasferisce all'acquirente il diritto espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche», e cioè il decreto di trasferimento emesso dal giudice dell'esecuzione. Qui la cancellazione prescinde dal rispetto del principio del contraddittorio perché il soggetto che subisce la cancellazione è parte del processo esecutivo (creditore pignorante) oppure ha ricevuto l'avviso del pignoramento (creditore ipotecario, sequestrante), ed è, pertanto, consapevole che la vendita forzata comporta ex lege l'ordine di cancellazione del vincolo e/o garanzia. Non occorre, dunque, disporre l'audizione dell'interessato prima di ordinare la cancellazione. Emerge così chiaramente la differente funzione svolta dall'art. 2878, n. 7 c.c. (e dall'art. 586 c.p.c.) rispetto all'art. 2884 c.c. in forza del quale la cancellazione dell'ipoteca va eseguita dal conservatore «quando è ordinata con sentenza passata in giudicato» e perciò previo radicamento del necessario contraddittorio tra le parti.

Resta da dire che anche a voler aderire – a tutto concedere – alla particolare interpretazione dell'art. 2884 c.c. fornita dal tribunale di Lucca, il rifiuto del conservatore non potrebbe mai estendersi al vincolo del pignoramento, del tutto privo di addentellato normativo.

Osservazioni

La decisione del tribunale, seppure ispirata alla migliore tutela del ceto creditorio, lascia, dunque, perplessi. Il Collegio non tiene conto che la legge processuale prevede già un particolare strumento per evitare che la cancellazione dei gravami comporti il “sacrificio definitivo” del creditore ipotecario (p. 7 del provvedimento in commento). Si tratta, in particolare, della notificazione dell'avviso effettuata, ai sensi dell'art. 498 c.p.c., dal creditore procedente nei confronti dei creditori titolari di un diritto di prelazione (risultante da pubblici registri) sui beni pignorati, che costituisce una vera e propria provocatio ad agendum, tale da condizionare la procedibilità dell'espropriazione (Cass. civ., 10 giugno 1968, n. 1827).

La rituale notifica dell'avviso addossa al creditore iscritto l'onere di intervenire, poiché il privilegio sui beni pignorati viene cancellato con il trasferimento della proprietà del bene a favore dell'aggiudicatario, stante l'effetto cd. purgativo della vendita forzata.

Quanto alla legittimazione alla deduzione del vizio, la mancata notifica dell'art. 498 c.p.c. consente al creditore privilegiato di proporre opposizione agli atti esecutivi (Cass. civ., 22 marzo 1993, n. 3379, in Giur. it., 1993, I, 2268). Sotto altro profilo, va escluso che il debitore possa reagire alla violazione dell'art. 498 c.p.c., trattandosi di strumento che presidia le sole ragioni del creditore (Cass. civ., 24 febbraio 1973, n. 548).

Non solo. I creditori iscritti che — seppure avvisati — non abbiano proposto intervento sono comunque destinatari, limitatamente all'espropriazione immobiliare, della notifica dell'ordinanza di vendita. Anche in questo caso, la pretermissione del creditore può essere dedotta con l'opposizione agli atti esecutivi, il cui termine decorre dalla conoscenza del primo degli atti compiuti senza il rispetto della norma che imponeva la convocazione; in nessun caso tale opposizione può inficiare la vendita eventualmente già avvenuta, solo residuando, la responsabilità del creditore procedente, ai sensi dell'art. 2043 c.c. (Cass. civ., 23 febbraio 2006, n. 4000, in Riv. es. forz., 2006, 422).

Ma vi è di più. All'incisiva tutela riconosciuta dalla legge processuale ai creditori privilegiati si affianca, inoltre, il duplice sistema di controlli di cui agli artt. 617 e 591-ter c.p.c. (quest'ultimo operante nell'ipotesi di espropriazione delegata). Se è vero, dunque, che solo il giudice dell'esecuzione può sospendere ex art. 618 c.p.c. ovvero modificare o revocare i propri provvedimenti, ex art. 487 c.p.c., è incontestabile che il conservatore deve ottemperare l'ordine di cancellazione, anche in pendenza dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. contro il decreto di trasferimento ogni volta che il g.e. ha ritenuto i motivi di opposizione destituiti di fondamento e, conseguentemente, rigettato l'istanza di sospensione.

In altre parole, il conservatore non può rifiutare la cancellazione, essendogli precluso interferire con la valutazione operata dal giudice sui motivi di opposizione e, pertanto, sulla stabilità dell'espropriazione.

La migliore conferma che, nel caso di specie, il rifiuto di cancellazione non sia funzionale alla effettiva tutela del ceto creditorio, come si assume nel decreto che si annota, è fornita dalla circostanza che solo i comproprietari terzi datori di ipoteca hanno aderito alle conclusioni del Conservatore, mentre i creditori ipotecari non hanno esplicato alcuna attività difensiva.

Sullo sfondo rimane, dunque, la considerazione che la pronuncia, ben lungi dal tutelare i creditori, tenda per un verso ad evitare che l'acquirente possa disporre subito del bene, allontanando i soggetti interessati dalle vendite forzate, e per altro verso ad introdurre un (illegittimo) vaglio del conservatore sul (legittimo) ordine di purgazione impartito dal giudice dell'esecuzione.

Resta sullo sfondo il rilievo che solo la notifica del decreto di trasferimento alle parti può contribuire a risolvere buona parte del problema, perché in questo modo si anticipa il decorso dei termini per la proposizione dell'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c. e, di conseguenza, la stabilizzazione della vendita forzata.

Guida all'approfondimento

Astuni, Il trasferimento dell'immobile. stabilità dell'aggiudicazione e della vendita, in AA.VV., Il processo di esecuzione, Padova 2011, 790 ss..

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