Reformatio in pejus. Nessun obbligo di rinnovazione dibattimentale del teste subornato

Redazione Scientifica
15 Dicembre 2017

L'acquisizione in primo grado delle testimonianze cartolari all'esito dell'incidente previsto dall'art. 500 c.p.p., comma 4, non implica in grado di appello alcun obbligo di rinnovazione dibattimentale, essendo la matrice della cartolarizzazione individuabile nella subornazione, ovvero in una condizione del testimone ...

«L'acquisizione in primo grado delle testimonianze cartolari all'esito dell'incidente previsto dall'art. 500 c.p.p., comma 4, non implica in grado di appello alcun obbligo di rinnovazione dibattimentale, essendo la matrice della cartolarizzazione individuabile nella subornazione, ovvero in una condizione del testimone incompatibile con l'assunzione diretta della prova dichiarativa (ritenuta necessaria dalle Sezioni unite Dasgupta e Patalano, e oggi introdotta nel codice con la riforma dell'art. 603 c.p.p. conseguente all'entrata in vigore della l. 103/2017)».

Il principio è stato affermato da Cass. pen., Sez. II, 26 settembre 2017, n. 55068.

L'obbligo di rinnovazione della testimonianza decisiva in caso di condanna emessa in riforma di una sentenza assolutoria – affermato con le sentenze Dasgupta e Patalano e successivamente recepito con le modifiche apportate dalla riforma Orlando all'art. 603 c.p.p. – presuppone infatti che la testimonianza sia “assumibile” e tale circostanza non si verifica qualora venga accertato che il teste sia subornato in quanto la sua audizione non garantisce l'ingresso nel processo di contenuti probatori credibili e non supporta un percorso valutativo affidabile del compendio probatorio disponibile.

Spiegano sul punto i giudici di legittimità che «il meccanismo acquisitivo previsto dall'art. 500 c.p.p., comma 4 presuppone dunque la valutazione della inidoneità del teste al confronto dibattimentale, ovvero l'accertamento di una sorta di "incapacità sopravvenuta" a rendere una testimonianza, di matrice esogena ed imprevedibile, ovvero non riconducibile a stati patologici o psicologici del dichiarante, ma a violenze e minacce agite da altri.

Si ritiene dunque che l'accertamento della subornazione del teste effettuata sulla base delle regole previste dall'art. 500 c.p.p., comma 4 renda il teste inidoneo a testimoniare, in quanto eventi esterni ed imprevedibili hanno inciso sulla sua capacità di fornire contribuiti dichiarativi credibili. Tale stato, in assenza di emergenze indicative della sua eventuale modifica è incompatibile con la assunzione della testimonianza in qualunque fase processuale e, dunque, anche nel giudizio di appello».

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