La sussistenza della doppia incriminazione per l'esecuzione del Mae in un caso truffa contrattuale in Paese Ue

Gaetano Bonifacio
19 Dicembre 2017

La sentenza in commento si caratterizza per l'analisi del principio rispetto al quale l'autorità giudiziaria italiana deve eseguire il mandato di arresto ogni qual volta sussistano gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei confronti della quale si deve eseguire la consegna, senza che sia necessaria un attività di valutazione in ordine alla responsabilità per il fatto addebitato.
Massima

L'esecuzione del mandato di arresto europeo è consentita nei casi in cui la richiesta dello Stato emittente sia basata su gravi indizi di colpevolezza, risultanti dalle fonti di prova fornite nella relazione allegata al mandato di arresto, in maniera che sia “evocabile” da essa la figura criminosa su cui la richiesta si fonda, essendo poi la valutazione di responsabilità del soggetto, riservata all'autorità richiedente, in base al principio di sovranità degli Stati membri nell'esercizio della giurisdizione in materia penale.

Il caso

La Corte di appello, disponeva la consegna di persona in esecuzione del mandato di arresto europeo, per l'esecuzione di un titolo cautelare relativo al reato di truffa contrattuale.

Avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per Cassazione dall'arrestato, il quale lamentava violazione di legge e carenza di motivazione; in particolare lamentava l'insufficienza probatoria degli atti forniti quali elementi di prova, in quanto a suo avviso su di essi non era possibile fondare un compendio indiziario sufficiente alla configurazione della condotta di artifici e raggiri, necessari all'integrazione della fattispecie di truffa.

Tale carenza del quadro probatorio, ad avviso del ricorrente, avrebbe dovuta essere valutata come indice della mancanza sia del requisito richiesto dall'art. 7 l. 69/2005, ossia che il reato sia previsto anche dalla legge nazionale, sia di quello di cui all'art. 17, comma 4, l. 69/2005, ove ai fini dell'emissione del mandato di arresto si richiede la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ovvero se esiste una sentenza irrevocabile di condanna.

La questione

Il Supremo Collegio evidenzia come ai fini dell'esecuzione del mandato di arresto europeo sia necessario che nella richiesta lo Stato emittente evidenzi quali siano gli elementi fattuali che ne sono posti a fondamento, e le fonti di prova.

Non è necessario che l'autorità richiesta dell'emissione del Mae, al fine di darne esecuzione, valuti, sulla base del compendio probatorio fornito, la responsabilità del soggetto, essendo sufficiente, ai fini del rispetto della clausola della doppia incriminazione, che il fatto posto a base della richiesta, “evochi” una fattispecie prevista come reato anche nell'ordinamento del paese richiesto.

Le soluzioni giuridcihe

Il mandato di arresto europeo è regolamentato dalla legge 22 aprile 2005, n. 69, attuativa dalla decisione quadro 2002/584/Gai del Consiglio del 13 giugno 2002.

Presupposto per la sua esecuzione in base al disposto di cui all'art. 7 legge 69/2005, è la clausola della doppia incriminazione, ovvero che il fatto per il quale si chiede la consegna, sia previsto come reato anche nel nostro ordinamento.

Unica deroga a questo principio è descritta nel successivo art. 8 l. 69/2005, nel quale vi è un elencazione dei reati che danno luogo a consegna indipendentemente dal riscontro della doppia incriminazione; essa non è indicativa di specifiche fattispecie di reato, bensì di categorie di reati, in base ad una tecnica descrittiva finalizzata a rendere comprensibile tra i vari paesi dell'Unione europea, l'oggetto del procedimento penale.

La disposizione dell'art. 7 l. 69/2005, dovrebbe trovare applicazione tutte le volte in cui il fatto oggetto del mandato di arresto, sia sussumibile entro un ipotesi astrattamente prevista come reato anche nel nostro ordinamento, a nulla rilevando la divergenza di trattamento sanzionatorio, e le eventuali differenze sussistenti a livello di elementi descrittivi di fattispecie, non essendo necessario che la norma violata nel paese emittente, trovi un esatto corrispondente nel suo schema descrittivo, anche nel nostro ordinamento.

L'attuazione pratica di tale principio, si basa sul potere attribuito al giudice nazionale, di valutazione del materiale probatorio sul quale si fonda la richiesta, al fine di poter verificare la sussistenza di elementi dai quali potersi desumere che il fatto posto in essere nel Paese emittente, sia astrattamente riconducibile, anche nel nostro ordinamento, a una fattispecie di reato.

Per tali motivi sarebbero da escludere dal novero dei casi in cui poter dare attuazione al mandato di arresto, le ipotesi nelle quali si ravvisano fatti riconducibili a mere violazioni di natura civilistica.

Il perimetro entro il quale operare l'accertamento del fatto è circoscritto alla valutazione degli elementi contenuti nella relazione trasmessa dall'autorità richiedente l'emissione del Mae, che devono essere tali da consentire una valutazione di merito in ordine alla riconducibilità del fatto a una fattispecie di reato anche nel nostro ordinamento, confidando, per quanto riguarda le altre garanzie esecutive a tutela della persona, nella condivisione del rispetto dei diritti fondamentali che caratterizza l'ordinamento dell'Unione europea.

La mancata allegazione da parte dell'autorità richiedente di una relazione o di un atto a essa equipollente, dalla quale si possano evincere elementi quali l'indicazione delle fonti di prova, del tempo e del luogo di commissione dei fatti, e della loro qualificazione giuridica, ai sensi dell'art. 6, comma 4, lett. a) l. 69 del 2005, o il fatto di non ottemperare alla richiesta dell'autorità giudiziaria italiana di integrare la suddetta documentazione, rende legittima la decisione della Corte di appello di non dare corso alla richiesta di consegna, qualora le valutazioni del giudice italiano sulla legittimità della consegna previste dalla normativa nazionale, non siano rese possibili a causa della mancanza di tale elemento.

Differente sarebbe il caso di mancata allegazione di quanto richiesto dal testo dell'art. 6, comma 4, lett. b) l. 69/2005, ovvero del testo delle disposizioni di legge applicabili, in quanto trattandosi di documentazione necessaria solo ai fini della risoluzione di particolari problemi di interpretazione della normativa straniera, per cui sia necessaria l'esatta cognizione del suo testo, ad esempio ai fini della verifica della “doppia punibilità”, tale mancata allegazione non costituisce di per sé causa di rifiuto della consegna.

Altro profilo oggetto di valutazione dei giudici del Supremo Collegio, riguarda la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza di cui al disposto dell'art. 17, comma 4, l. 69/2005.

I gravi indizi di colpevolezza devono poter essere ravvisati nella presenza di un quadro indiziario emergente dalla documentazione probatoria raccolta nel corso del procedimento, e fornita all'autorità giudiziaria italiana.

Non è necessario che l'autorità giudiziaria italiana effettui una valutazione del fatto in relazione al compendio indiziario fornito, che deve consistere almeno nella indicazione delle fonti di prova, dalla quale risulti secondi gravi indizi, che il fatto è stato posto in essere dalla persona per la quale si chiede l'emissione del Mae, valutazione che invece è di competenza dell'autorità giudiziaria emittente, secondo il principio di sovranità nell'esercizio della giurisdizione penale nazionale, vigente tra i vari stati dell'Unione europea, di tal che non sarebbe ammissibile da parte dell'autorità giudiziaria richiesta, la pretesa del compimento di alcun atto istruttorio non ancora compiuto.

È invece necessario ai fini della consegna, che il giudice nazionale, secondo quanto dispone l'art. 5 l. 69/2015, debba essere in grado di decidere, sulla sussistenza nel fatto di un ipotesi di reato, non essendo necessario lo studio analitico di tali elementi in maniera tale da poterli ricomporre in un ipotesi di accusa, di tal che, se da tale compendio probatorio non emerge neppure “l'evocabilità” di alcun fatto riconducibile ad una fattispecie di reato, l'autorità giudiziaria dovrà negare la consegna.

Osservazione

La sentenza in commento si caratterizza per l'analisi del principio rispetto al quale l'autorità giudiziaria italiana deve eseguire il mandato di arresto ogni qual volta sussistano gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei confronti della quale si deve eseguire la consegna, senza che sia necessaria un attività di valutazione in ordine alla responsabilità per il fatto addebitato.

Tale “regola” limita la valutazione dell'autorità giudiziaria italiana, all'adeguatezza degli elementi “indiziari” che sono posti a fondamento del provvedimento invocato.

Questo principio comporta la rinuncia, entro un certo grado, e limitatamente all'ipotesi in discorso, alla sovranità nazionale in materia di giurisdizione penale, rendendo sufficiente il semplice controllo degli elementi formali della procedura di consegna, che è resa possibile in base al principio di mutuo riconoscimento dei provvedimenti giurisdizionali tra i vari stati dell'Unione europea, basato sulla fiducia nella condivisione reciproca del rispetto dei diritti fondamentali della persona, che caratterizza i vari stati dell'Unione europea.

In sostanza, ben venga il principio dettato dal Supremo Collegio in ordine alla sufficienza della valutazione del quadro indiziario riportato nella relazione allegata al mandato di arresto e del rispetto della clausola della doppia punibilità, ogni qual volta si abbia la certezza del rispetto delle garanzie fondamentali, e del giusto processo proprie della nostra Costituzione, anche nel paese verso il quale deve essere disposta la consegna.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.