L'uso improprio dell'autovettura può integrare il delitto di violenza privata

22 Dicembre 2017

Sempre più spesso comportamenti posti in violazione del codice della strada si trasformano da illeciti amministrativi in fattispecie di reato. Ciò è dovuto, da un lato, al Legislatore che, sempre più spesso, procede a ripenalizzare – operazione inversa a quella di depenalizzazione – talune violazioni in materia; dall'altro, all'interpretazione giurisprudenziale che procede a ...
Massima

Ai fini della configurabilità del delitto di violenza privata, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione.

Il caso

Un conducente veniva condannato, sia in primo che in secondo grado, per violenza privata perché facendo uso improprio della propria autovettura, aveva parcheggiato a distanza di pochi centimetri da un'altra auto, in maniera tale da non consentire al conducente di quest'ultima di utilizzare lo sportello guidatore e costringendolo a dover scendere dal lato passeggero.

La questione

Sempre più spesso comportamenti posti in violazione del codice della strada si trasformano da illeciti amministrativi in fattispecie di reato.

Ciò è dovuto, da un lato, al Legislatore che, sempre più spesso, procede a ripenalizzare – operazione inversa a quella di depenalizzazione – talune violazioni in materia; dall'altro, all'interpretazione giurisprudenziale che procede a inscrivere determinate condotte nell'area del penalmente rilevante.

Nel caso di specie, la Cassazione – dichiarato il ricorso inammissibile – ha confermato le sentenze di condanna nel merito.

In realtà, si è trattato di un litigio stradale perché, come osserva la Suprema Corte, l'imputato si era posizionato con la propria autovettura a pochi centimetri dallo sportello lato autista dell'autovettura della persona offesa, la quale, per la presenza di autovetture parcheggiate avanti e dietro, non poteva in alcun modo spostarsi, così costringendo la stessa persona offesa a scendere dal proprio mezzo per affrontarlo in una discussione, allo scopo di ottenere lo spostamento del mezzo.

Ai sensi dell'art. 610 c.p. il delitto di violenza privata si configura quando «chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa»; l'elemento soggettivo richiesto è il dolo generico: è sufficiente che si realizzi la costrizione mediante violenza o minaccia a fare, tollerare o omettere qualcosa per consumare il reato (Cass. pen., n. 4526/2010).

La disposizione mira a reprimere quei fatti di coercizione, in modo da tutelare il bene giuridico della libertà morale, fisica e di locomozione dei soggetti.

Fin da antica giurisprudenza è stato ravvisato il reato:

  • per avere l'imputato costretto il conducente di un'auto a fermarsi contro la sua volontà (Cass. pen., Sez. V, 30 settembre 1982, n. 8418);
  • nella condotta consistita nell'avere parcheggiato la propria autovettura in modo da bloccare quella della persona offesa e nel rifiuto dell'invito a spostarla (Cass. pen., 4 luglio 2005 n. 24614);
  • per aver ostruito con il proprio veicolo l'unica via di uscita da un fondo con il preciso intento di impedire la libera uscita dallo stesso (Cass. pen., Sez. V, 23 luglio 2014, n.32720);
  • nei confronti di chi parcheggia nel posto riservato ai disabili (Cass. pen., 7 aprile 2017 n. 17794).
Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte osserva che ai fini della configurabilità del delitto di violenza privata, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione.

Nel caso de quo l'imputato ha posto in essere un atto di costrizione nei confronti della persona offesa.

La circostanza, poi, che quest'ultima sia stata comunque in grado di scendere dal veicolo sebbene dal lato passeggero risulta irrilevante avendo l'imputato pesantemente condizionato la libertà di autodeterminazione e movimento della persona offesa.

Osservazioni

Da qui a dire che parcheggiare l'auto troppo vicina a un'altra è reato ce ne passa.

Si pensi alle ipotesi di parcheggio effettuato nelle zone antistanti le ferrovie, tanto care ai pendolari.

In questi casi, un po' per la fretta di prendere il treno, un po' per l'assenza di spazi sufficienti, capita spesso che i veicoli vengano posizionati, senza dolo, veramente uno molto vicino all'altro.

Diversamente ragionando, il conducente che arrivando nel parcheggio (magari la sera) trovi un veicolo che gli impedisce l'accesso al proprio dovrà, preliminarmente ricordare e verificare se sia stato lui (magari la mattina), prima ancora che quell'altro, a posizionare il veicolo in quelle condizioni.

Peraltro, ai sensi dell'art. 351, comma 2, regolamento di esecuzione del codice della strada «nelle zone di sosta nelle quali siano delimitati, mediante segnaletica orizzontale, gli spazi destinati a ciascun veicolo, i conducenti sono tenuti a sistemare il proprio veicolo entro lo spazio ad esso destinato, senza invadere gli spazi contigui».

Anche in questi casi, in ipotesi di parcheggio fuori dagli spazi, sarà necessario procedere alla ricognizione di chi per primo abbia costretto gli altri ad andare oltre i limiti.

Guida all'approfondimento

F. PICCIONI E AAVV, Nuovo codice della strada commentato. Annotato con la giurisprudenza, Rimini, 2016;

F. PICCIONI, Codice della strada per l'Udienza, con normativa complementare selezionata, Milano 2016.

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