Modifiche contrattuali sulla scadenza e sulla misura del canone di locazione: limiti e conseguenze

08 Gennaio 2018

La questione sottoposta al giudice di primo grado ha riguardato un rapporto locativo rispetto al quale si sono succeduti due distinti contratti con decorrenza ed importo del canone differenti. La questione da risolvere riguardava, dunque, la validità del secondo contratto di locazione, si trattava cioè di stabilire se...
Massima

Vigente un primo contratto di locazione, una seconda scrittura negoziale tra le stesse parti, riferita al medesimo immobile, senza un espresso intento novativo, non può qualificarsi come novazione vera e propria dal contratto di locazione. Da ciò consegue che la scadenza contrattuale resta quella stabilita nel primo contratto. Ulteriore corollario di quanto precede è che la determinazione di un canone maggiore nel secondo contratto deve considerarsi nulla per violazione dell'art. 79, comma 1, della l. 27 luglio 1978, n. 392, sicché le somme eventualmente pagate in eccesso, sulla base della seconda scrittura, rispetto al canone originariamente stabilito, devono considerarsi non dovute e possono essere ripetute dal conduttore che le abbia già corrisposte.

Il caso

La fattispecie giunta al vaglio del Tribunale avellinese presenta diverse problematiche legate alle domande ed alle eccezioni rispettivamente svolte dalle parti in merito ad un rapporto di locazione relativo ad un immobile ad uso commerciale.

Operando una sintesi delle diverse questioni controverse, va evidenziato come il locatore abbia promosso il giudizio come sfratto per finita locazione. L'intimante, nel costituirsi in giudizio, eccepiva e poi confermava, in esito al mutamento del rito, che la scadenza contrattuale sarebbe stata diversa da quella indicata dal locatore in quanto successivamente sarebbe stato stipulato un nuovo contratto, novativo del primo, che avrebbe modificato, tra l'altro, il canone nella misura poi effettivamente pagata e la decorrenza contrattuale. In conseguenza di tale eccezione il conduttore chiedeva, subordinatamente, la restituzione dei canoni pagati in eccesso in relazione alla eventuale nullità del secondo contratto in relazione a quanto previsto dall'art. 79, comma 1, della l. 27 luglio 1978, n. 392. A queste problematiche si aggiungevano le domande dell'intimato relative alla determinazione dell'indennità di avviamento. A fonte di tali questioni si poneva altresì un problema di successione nel contratto ex latere locatore, essendo quest'ultimo succeduto alcuni anni prima all'originario locatore. Il Tribunale di Avellino ha affrontato le varie questioni con una decisione articolata che ha affrontato le varie e complesse al suo esame dalle parti.

La questione

A prescindere dagli altri aspetti della controversia, che costituivano un corollario dell'argomento principale affrontato dalla sentenza in esame, la questione centrale su cui si è soffermato il Tribunale avellinese ha riguardato la successione all'originario contratto di locazione di una successiva scrittura contrattuale con la quale le parti hanno determinato un diverso ammontare del canone ed una differente decorrenza e scadenza contrattuale. In particolare, la seconda scrittura sottoscritta dalle pari è stata invocata dall'intimato per far valere una scadenza del contratto diversa da quella allegata dall'intimante sulla base del primo contratto di locazione stipulato dalle parti. In linea subordinata, lo stesso intimante ha rilevato che qualora si fosse ritenuto nullo il secondo accordo negoziale, in tal caso il locatore avrebbe dovuto restituirgli i canoni pagati, sulla base di tale seconda scrittura, in eccesso rispetto al canone originariamente convenuto con il primo contratto. La medesima seconda scrittura negoziale, regolatrice dei rapporti inter partes, è stata dunque utilizzata alternativamente come eccezione rispetto alla domanda attrice, rispetto alla scadenza contrattuale, ovvero, subordinatamente, come fondamento di una domanda subordinata volta alla restituzione dei canoni pagati, in eccesso rispetto al primo contratto, sulle base di tale seconda scrittura.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in rassegna ha preso posizione rispetto ai due successivi contratti, alla luce di un attento esame della seconda scrittura contrattuale, sulla base della quale l'intimato aveva dedotto una diversa e successiva scadenza del contratto di locazione. Il Tribunale ha tuttavia ritenuto di non poter ravvisare nella seconda scheda negoziale una valida scrittura di contenuto novativo rispetto al contratto originario. A tale conclusione il Giudice di primo grado è pervenuto sulla base della considerazione che la novazione oggettiva del rapporto postula il mutamento delle parti, dell'oggetto o del titolo della prestazione, ai sensi dell'art. 1230 c.c. mentre la stessa scrittura non sarebbe ricollegabile alle mere modificazioni accessorie di cui all'art. 1231 c.c. Secondo la sentenza in rassegna le sole variazioni del canone e del termine di scadenza non sono di per sé indice della novazione del rapporto di locazione, trattandosi solo di modificazioni accessorie della correlata obbligazione e di modalità, secondo la sentenza, non determinanti ai fini della configurabilità della novazione. Per giungere a tale soluzione nella sentenza in esame si fa riferimento ad una serie di decisioni della Corte di Cassazione sulla base delle quali (tra le altre, v. Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2010, n. 5665) il canone ed il termine di scadenza contrattuale vengono qualificati come elementi secondari rispetto a quelli essenziali del contratto che sarebbero, in particolare, individuati dalle parti, dall'immobile locato e dalla finalità del contratto (nelle specie la locazione). La conclusione poc'anzi indicata ha portato con sé l'ulteriore conseguenza della nullità, per violazione dell'art. 79 della l. 27 luglio 1978, n. 392, della previsione del canone, doppio rispetto a quello stabilito nel contratto originario, contenuta nel secondo contratto. Il Tribunale ha infatti ritenuto che non potendosi qualificare il contratto come novativo del precedente l'aumento contrattuale del canone cui era stata data esecuzione contravveniva al divieto posto dall'art. 79 cit.Per tale ragione la sentenza, dichiarata la nullità dell'art. 2 del secondo contratto del 2006, che aveva aumentato il canone di locazione rispetto a quello previsto dal contratto del 2001, per violazione del medesimo art. 79, ha condannato l'intimante alla restituzione in favore dell'intimato di quanto da questi pagato in eccesso rispetto al primo contratto.

Osservazioni

La soluzione offerta alla controversia dal Tribunale di Avellino è conforme ai principi dettati dalla Suprema Corte in tema di novazione e, segnatamente, di novazione del contratto di locazione (Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2010, n. 5665). In sostanza la decisione in rassegna ha fatto proprio il principio secondo cui in difetto di una modifica degli elementi essenziali del contratto ossia le parti, il bene immobile locato ovvero del tipo contrattuale prescelto non può configurarsi alla novazione del rapporto. Da ciò consegue ulteriormente che eventuali accordi successivi tra le stesse parti e le relative previsioni, ivi comprese quelle relative ad una diversa scadenza contrattuale e ad un diverso e maggiorato canone di locazione, possono risultare nulli perché in contrasto con la disciplina posta dall'art. 79 della l. 27 luglio 1978, n. 392.

Si ritiene in particolare, con riguardo a tale ultimo profilo, che ogni pattuizione avente ad oggetto non già l'aggiornamento del corrispettivo ai sensi dell'art. 32 della l. 27 luglio 1978, n. 392, ma veri e propri aumenti del canone deve ritenersi nulla ex art. 79, comma 1, di tale legge in quanto diretta ad attribuire al locatore un canone più elevato rispetto a quello previsto dalla norma, senza che il conduttore possa rinunziare al proprio diritto di non corrispondere aumenti non dovuti (Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2001, n. 10286).

Alla luce di tali principi si deve segnalare che qualora le parti intendano effettivamente modificare e novare le intese contrattuali debbano predisporre le relative intese negoziali con grande attenzione, dando puntualmente atto della finalità novativa del negozio e delle modifiche che intendono apportare al contratto: modifiche che devono essere essenziali e rilevanti e non riguardare solo aspetti accessori e secondari, in maniera tale che possa intendersi effettivamente integrata la fattispecie della novazione.

In conclusione della disamina che precede si ritiene altresì di segnalare l'opportunità di esaminare le fattispecie, sottoposte al vaglio dei tribunali, con una particolare attenzione per la volontà delle parti e per gli interessi dalle stesse rappresentati, orientando l'interpretazione degli atti e dei rapporti sub iudice alla tutela ed attuazione degli interessi meritevoli di tutela quali possono essere quelli dell'autonomia negoziale delle parti e dell'esigenza di modificare il rapporto contrattuale - quanto a durata e canone - purché tali intese non abbiano finalità elusive della disciplina posta dalla l. 27 luglio 1978, n. 392.

In sostanza, un eccesso di rigidità che non consente modifiche del rapporto nel corso dello stesso non appare conforme alla disciplina di tutela del soggetto debole e neppure alle rinnovate esigenze economiche e di mercato rispetto alle cui istanze sembrerebbe auspicabile consentire un certo ambito di autodeterminazione delle parti, soprattutto se condensato in atti negoziali liberamente stipulati e correttamente registrati.

Guida all'approfondimento

Buset, Alle Sezioni Unite il patto occulto di maggiorazione del canone e la locazione ad uso diverso, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 2, 224;

Battelli, Interpretazione contra proferentem e trasparenza contrattuale, in Contratto e impresa, 2017, 1, 194;

Di Marzio, Il canone e le altre obbligazioni pecuniarie del conduttore, in La locazione, AA.VV., Torino, 2010, 1121;

Doria, La novazione dell'obbligazione, in Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 2012.

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