Conseguenze dell'omesso deposito dei verbali che documentano l'esecuzione del test alcolimetrico

10 Gennaio 2018

L'imputato, condannato per il reato di guida in stato di ebbrezza, ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento di conferma emesso in secondo grado eccependo, fra l'altro, l'omesso deposito del verbale degli accertamenti tecnici costituiti dal test alcolimetrico eseguiti sull'imputato ai sensi dell'art. 354 c.p.p.
Massima

L'omesso deposito dei verbali che documentano l'esecuzione del test alcolimetrico entro i termini di cui all'art. 366, comma 1, c.p.p. determina una mera irregolarità che non incide sulla validità e sull'utilizzabilità dell'atto e rileva ai soli fini della decorrenza del termine entro il quale è consentito l'esercizio delle attività difensive, quali l'esame dell'atto e l'acquisizione di copia.

Il caso

L'imputato, condannato per il reato di guida in stato di ebbrezza, ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento di conferma emesso in secondo grado eccependo, fra l'altro, l'omesso deposito del verbale degli accertamenti tecnici costituiti dal test alcolimetrico eseguiti sull'imputato ai sensi dell'art. 354 c.p.p.

Nell'atto di impugnazione si precisa che il rappresentante della pubblica accusa aveva dichiarato l'impossibilità di eseguire il deposito degli atti in questione (pur espressamente richiesto dalla difesa) avendo già trasmesso il fascicolo al Gip per l'emissione del decreto penale di condanna.

In punto di diritto con il ricorso è stato eccepito che l'omesso deposito dei verbali in esame avrebbe integrato la violazione dell'art. 366, comma 1, c.p.p., norma sanzionata a pena di nullità dagli artt. 178 e 179 c.p.p. (ovvero dall'art. 180 c.p.p.) per inosservanza delle disposizioni concernenti l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato a mezzo del difensore. A giudizio del ricorrente l'inosservanza in questione avrebbe in ogni caso comportato, ai sensi degli artt. 191 e 526 c.p.p., l'inutilizzabilità ai fini della decisione degli atti contenenti gli accertamenti alcolimetrici.

La Corte di cassazione, dopo aver dato atto dell'esistenza di numerosi precedenti in materia fra loro del tutto difformi, ha affermato che la questione – seppur controversa – è stata correttamente risolta dai giudici del merito secondo i quali l'omissione del deposito degli atti attestanti la misurazione alcolimetrica non avrebbe integrato alcuna ipotesi di invalidità o inutilizzabilità dell'atto ma solo una mera irregolarità.

Come si legge nella motivazione del provvedimento in commento, ad avviso della S.C.: «L'argomento principale per negare la nullità non è la negazione dell'obbligo del deposito dell'atto ma la tassatività delle nullità da una canto e, dall'altro, la non riconducibilità dell'ipotesi al genus previsto dalla lett. c) dell'art. 178 c.p.p.».

Nello specifico, fermo restando il diritto all'assistenza del difensore al momento dell'esecuzione del test, non si sarebbe verificata alcuna lesione del diritto all'intervento, all'assistenza o alla rappresentanza dell'imputato in relazione al deposito dell'atto.

Da queste premesse la IV Sezione della Cassazione giunge ad affermare che la violazione della disposizione di cui all'art. 366, comma 1, c.p.p. integrerebbe una mera irregolarità inidonea ad incidere sulla validità e sull'utilizzabilità dell'atto.

La questione

L'art. 366 c.p.p. stabilisce che i verbali degli atti compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria ai quali il difensore ha diritto di assistere debbano essere depositati nella segreteria del pubblico ministero entro il terzo giorno successivo al compimento dell'atto con facoltà per il difensore di esaminarli ed estrarne copia nei cinque giorni successivi. Qualora non sia stato dato al difensore avviso del compimento dell'atto, a quest'ultimo dev'essere immediatamente notificato l'avviso di deposito e il termine per l'esercizio delle attività difensive decorrerà dal momento della notificazione.

La questione affrontata nella sentenza in commento attiene alle conseguenze derivanti dall'omesso deposito degli atti in esame o dal ritardo nell'esecuzione di tale adempimento (circostanze cui possono equipararsi rispettivamente i casi di omessa o ritardata notifica dell'avviso di deposito). Come vedremo più avanti, tuttavia, non pare esserci perfetta sovrapponibilità fra l'ipotesi del ritardo e quella dell'omissione dell'adempimento.

Al fine di rispondere correttamente ai quesiti suindicati occorre preliminarmente evidenziare che i verbali contenenti gli accertamenti alcolimetrici rientrano nella categoria degli accertamenti urgenti sullo stato delle persone effettuati dalla P.G. a norma dell'art. 354, comma 3, c.p.p. (in tal senso ex multis, Cass. pen.,Sez. IV, 19 settembre 2012, n. 42485).

Tale circostanza impone il dovere di procedere a diversi adempimenti di grande rilievo fra i quali risaltano:

  1. il dovere di dare l'avviso all'interessato, ai sensi dell'art. 114 disp. att. c.p.p., del diritto di farsi assistere da un difensore; disposizione prevista a pena di nullità a regime intermedio (Cass. pen., Sez. unite, 29 gennaio 2015, n. 5396).
  2. Il diritto del difensore di assistere al compimento degli atti senza essere preventivamente avvisato (ex art. 356 c.p.p.); previsione tendente a contemperare, da un lato, l'esigenza di provvedere ad un accertamento a sorpresa e ontologicamente urgente e irripetibile e, dall'altro, la necessità di garantire uno spazio per la difesa evitando una eccessiva compressione per i diritti fondamentali della persona tenuto anche conto che il relativo verbale sarà utilizzabile in dibattimento anche mediante lettura ex art. 511 c.p.p. (A. SCAGLIONE).
  3. L'obbligo di verbalizzazione le attività compiute secondo le formalità previste dall'art. 357, comma 2, lett. e); adempimento da effettuare con massima cura trattandosi di atti irripetibili e destinati a confluire nel fascicolo dibattimentale ex articolo 431, comma 1, lett. b), c.p.p. (Cass.pen., Sez. IV, 11 gennaio 2017, n. 20325 e Cass. pen., Sez. IV, 27 marzo 2008 n. 22162). L'attività di verbalizzazione assume poi ancor più rilievo ove si consideri che degli atti in questione, secondo parte della giurisprudenza, può farsi uso, non solo nella parte in cui si attesta la presenza nel soggetto di un tasso alcolemico superiore a quello consentito, ma anche in quella in cui si dà conto delle circostanze spazio-temporali nell'ambito delle quali tale accertamento è stato effettuato (Cass. pen., Sez. IV, 7 giugno 2017 n. 32631; in senso contrario si veda Cass. pen., Sez. IV, 29 ottobre 2003, n. 47761).
Le soluzioni giuridiche

Come accennato in premessa, la questione affrontata dalla Corte nella sentenza in commento ha già formato oggetto di diverse pronunce giurisprudenziali che hanno offerto soluzioni non sempre omogenee.

Secondo il più risalente orientamento, infatti, l'omesso deposito dei verbali contenenti i risultati dell'alcooltest avrebbe dovuto integrare gli estremi della nullità intermedia (Cass. pen., Sez. I, 18 gennaio 1994).

In un secondo momento si è ritenuto che l'omesso avviso di deposito dei citati atti potesse integrare una nullità relativa la quale, se ritualmente eccepita, comporta l'inutilizzabilità dell'accertamento formato con tale mezzo di prova (Cass. pen., Sez. IV, 16 settembre 2003, n. 42020).

Più di recente, poi, la Cassazione ha affermato che l'omissione in esame non integrerebbe alcuna invalidità dell'atto ma una mera irregolarità idonea esclusivamente a incidere, facendolo slittare, sul termine per esercitare le prerogative difensive indicate dall'art. 366 c.p.p. (oltre alla sentenza in commento si vedano a sostegno di questo indirizzo Cass. pen., Sez. IV, 1 marzo 2016, n. 34976 e Cass. pen., 10 maggio 2012 n. 22048).

Merita di esser segnalato, infine, che parte della giurisprudenza si è spinta fino ad affermare che i verbali del test alcolimetrico non soggiacciano alla regola del tempestivo deposito di cui all'art. 366, comma 1, c.p.p.

Secondo tale corrente giurisprudenziale la P.G. avrebbe solo l'obbligo di avvertire l'interessato della facoltà di farsi assistere da un difensore ma non anche quello di prendere notizia dell'eventuale nomina o provvedere a individuare un difensore d'ufficio. Ciò renderebbe inapplicabile la disposizione summenzionata dal momento che il deposito sarebbe destinato a mettere i verbali degli accertamenti compiuti a disposizione di un difensore inesistente in quanto non ancora nominato. (Cass. pen., Sez. IV, 17 dicembre 2003, n. 18610 e, nello stesso senso Cass. pen., Sez. IV, 11 marzo 2004, n. 21738).

Osservazioni

L'interpretazione della disciplina contenuta nell'art. 366 c.p.p. nella sentenza in commento. La sentenza in commento si inserisce nel solco dei precedenti più recenti in materia volti a negare la violazione del termine di cui all'art. 366, comma 1, c.p.p. sia sussumibile fra le ipotesi previste dall'art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p.

Pur non risultando del tutto condivisibile per gli approdi cui perviene, essa ha il merito di dissociarsi apertamente dall'orientamento meno garantista affermando l'effettiva sussistenza dell'obbligo di deposito degli atti relativi all'accertamento alcolimetrico. Come accennato in premessa, infatti, la base da cui muove il ragionamento della S.C. è costituita, non dall'insussistenza di tale onere, ma dall'impossibilità di ricondurre l'omesso deposito ad una delle violazioni indicate dall'art. 178, lett. c), c.p.p. Si precisa, in particolare, che: «Il difensore ha diritto ad assistere – e l'imputato ha diritto all'assistenza del difensore – al compimento del test ma non vi è luogo ad alcun suo intervento o assistenza in relazione al deposito dell'atto».

Secondo i giudici di Piazza Cavour, infatti, la tutela delle prerogative difensive sarebbe comunque assicurata dal momento che il ritardo nel deposito comporterebbe, altresì, lo slittamento del termine entro il quale è consentito procedere all'esame dell'atto e all'eventuale acquisizione di copia dello stesso.

L'assunto svela una concezione del diritto di difesa, ed in particolare del diritto di assistenza dell'imputato, assai riduttiva e, probabilmente, non in linea con la volontà del legislatore. Essa ricalca le valutazioni già avanzate in taluni precedenti giurisprudenziali in cui si è sostenuto che la sanzione della nullità farebbe riferimento alle sole ipotesi di assistenza contestuale al compimento dell'atto e non anche ai casi in cui l'intervento difensivo sia previsto in un secondo momento (Cass. pen., Sez. IV, 20 settembre 2004, cit., e Cass. pen.,Sez. IV, 4 maggio 2004, n. 39057). Si tratta di decisioni che non risultano del tutto convincenti.

La lettura sistematica della disciplina in commento. L'interpretazione fornita nella sentenza in commento e nelle altre decisioni espressive del medesimo orientamento, pare comprimere ingiustificatamente il significato della disposizione contenuta nell'art. 366 c.p.p. tendente, con ogni evidenza, a recuperare la garanzia dell'intervento del difensore immediatamente dopo il compimento di un atto per sua natura urgente e irripetibile.

La norma mira a consentire la possibilità effettiva di compiere tempestivamente ogni attività difensiva ritenuta opportuna o necessaria in relazione all'accertamento compiuto e a verificare la corrispondenza formale e sostanziale fra l'atto garantito e la verbalizzazione formale (TARTAGLIA).

Proprio perché si tratta di un atto investigativo urgente e irripetibile per il buon esito del quale potrebbe rivelarsi impossibile attendere l'arrivo del difensore, la garanzia del rapido deposito dei relativi verbali (o dell'avviso del deposito degli stessi, nei casi in cui il difensore non sia stato avvisato del compimento dell'atto) sembra assolvere a una funzione di bilanciamento delle contrapposte esigenze dell'indagine e della difesa. Benché inevitabilmente successiva al compimento dell'accertamento, la tempestiva discovery assume evidentemente grande rilevanza al fine di consentire alla difesa di intervenite tempestivamente onde controllare la regolarità dell'atto di indagine ed effettuare ogni attività ritenuta utile per la propria strategia.

La rilevanza del termine sembra confermata, oltre che da ragioni logiche, anche da una lettura sistematica della disciplina in questione. In questa direzione deve leggersi il secondo comma dell'art. 366 c.p.p., novellato – non a caso – dalla legge 397/2000, che consente di posticipare il deposito dei verbali in esame senza pregiudizio di ogni altra attività del difensore solo per gravi motivi, con decreto del p.m. e per non più di sessanta giorni. Appare lecito domandarsi che senso possa avere tale disposizione ove si ritenesse che il termine di cui al primo comma della citata norma possa essere liberamente violato senza necessità di assumere alcun formale provvedimento per conservare la validità dell'atto.

Anche l'art. 367 c.p.p., che consente ai difensori di presentare memorie o richieste al p.m. nel corso delle indagini, rafforza la convinzione che la disposizione in esame consenta una discovery necessaria all'esercizio di attività di assistenza difensiva o comunque prodromica alla stessa. Solo dopo l'esame dei verbali di accertamento alcolimetriciil difensore potrà valutare la regolarità della procedura e scegliere la migliore strategia per il proprio assistito.

In tale contesto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Cassazione nella sentenza in commento, l'eventuale slittamento del termine per esercitare le prerogative difensive non appare rimedio idoneo a garantire parità di tutela rispetto al tempestivo deposito degli atti.

In questo senso, infatti, già in precedenza la V Sezione della S.C. aveva chiarito che: «Se le nullità verificatesi nell'acquisizione delle prove fossero tutte sanabili con la messa a disposizione della difesa dei relativi atti al momento del loro deposito con l'emissione del decreto di citazione, tutto il sistema di garanzia a tutela del diritto alla difesa e del suo effettivo esercizio, predisposto dall'art. 366 c.p.p. e dalle disposizioni alle quali esso si richiama, risulterebbe vanificato» (Cass. pen., sez. V, 22 febbraio 1996, n. 5276).

In altri termini, se il Legislatore ha indicato uno specifico termine estremamente breve dal compimento dell'atto per consentire alla difesa di prendere visione del risultato degli accertamenti in questione, tale decisione è stata dettata dall'esigenza di consentire uno spedito accesso agli atti onde permettere il compimento in quel preciso momento di ogni attività ritenuta opportuna o necessaria per la migliore strategia difensiva, mentre le indagini sono ancora in corso.

L'attività di assistenza difensiva. L'esame immediato dei verbali contenenti gli accertamenti alcolimentrici, come detto, può dare avvio a un'attività difensiva volta al controllo di regolarità della procedura e, al contempo alla raccolta degli elementi utili alla propria strategia.

Si pensi all'ipotesi in cui dalla verbalizzazione non risulti che l'interessato sia stato avvisato del diritto di avvalersi dell'assistenza di un difensore o alla irregolarità manifesta delle misurazioni (difetti dello strumento, errore di metodologia nell'esecuzione) elementi che per costante giurisprudenza è onere della difesa dell'interessato far rilevare (Cass. pen., Sez. IV, 9 gennaio 2015, n. 12265 e Cass. pen., Sez. unite, 29 gennaio 2015, n. 5396).

Si tratta di circostanze che potrebbe aversi tutto l'interesse a far valere tempestivamente onde pervenire alla rapida definizione del procedimento ed evitare che, come nel caso in esame, il p.m. eserciti l'azione penale senza consentire al difensore di contraddire sul punto. In dottrina è stato, infatti, condivisibilmente rilevato che l'omissione dell'avviso di deposito dà luogo a nullità di tipo intermedio dal momento che la conoscenza degli atti in esame può influire sulle scelte della difesa in ordine alla ricerca di determinate fonti di prova, alla richiesta di incidente probatorio e all'eventuale richiesta di un rito alternativo (CAVALLARI).

In ogni caso l'esame degli atti potrebbe suggerire al difensore il compimento di attività di indagine (come l'eventuale audizione di testimoni presenti nel corso degli accertamenti) il cui differimento potrebbe compromettere l'esito (per l'impossibilità di reperire i soggetti da escutere, per l'affievolirsi del ricordo etc.).

L'inutilizzabilità degli atti non depositati. In riferimento alla eccepita inutilizzabilità degli atti contenenti gli accertamenti alcolimetrici sembrerebbe emergere la distinzione fra il ritardo e l'omissione del deposito dei verbali in questione.

Il divieto di utilizzare gli atti in questione potrebbe, infatti, ricollegarsi all'ipotesi dell'omesso deposito degli stessi da parte del p.m. prima dell'esercizio dell'azione penale.

Come indicato in premessa, nel caso in esame il rappresentante della pubblica accusa avrebbe escluso la possibilità di depositare i verbali contenenti gli accertamenti alcolimetrici avendo già trasmesso il fascicolo al G.i.p. con richiesta dell'emissione del decreto penale di condanna. Da tale circostanza parrebbe potersi evincere, dunque, che il deposito degli atti in questione sia stato omesso o, comunque, effettuato solo in un momento successivo alla presentazione della richiesta.

Eppure, il deposito integrale degli atti d'indagine appare necessario anche nel caso in cui il P.M. intenda esercitare l'azione penale mediante la richiesta di emissione del decreto penale di condanna. Secondo la S.C., infatti, l'acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti prodotti dal p.m. ma precedentemente non trasmessi al Gip unitamente alla richiesta di emissione del decreto penale di condanna, pur non integrando un'ipotesi di nullità può comportare l'inutilizzabilità degli atti in questione, in linea con quanto stabilito dall'art. 415 bis c.p.p. (Cass. Pen., Sez. IV, 19 marzo 2013, n. 26963).

Pertanto, nei casi in cui il deposito degli atti contenenti gli accertamenti alcolimentrici non sia solo tardivo rispetto al temine di cui all'art. 366 c.p.p. ma del tutto omesso prima dell'esercizio dell'azione penale (anche mediante il ricorso a un rito speciale) dovrebbe potersi invocare l'inutilizzabilità degli stessi in linea con quanto previsto con l'obbligo di deposito degli atti in seguito all'emissione del avviso di conclusione delle indagini preliminari.

In conclusione, nonostante il parere contrario della più recente giurisprudenza, pare corretto affermare che l'omesso deposito dei verbali contenenti gli accertamenti alcolemici (cui va equiparato l'omesso avviso di deposito nel caso in cui non sia stato fornito avviso del compimento dell'atto) comporti la nullità generale a regime intermedio degli atti in quesitone e non una mera irregolarità. La violazione del diritto di assistenza dell'indagato appare evidente e non surrogabile in linea di principio con lo slittamento del termine per il compimento delle attività difensive.

L'orientamento volto a ravvisare in simili casi una nullità relativa appare poco convincente attesa, la sussumibilità della violazione fra le ipotesi di cui all'art. 178 lett. c) c.p.p. e l'assenza di una specifica previsione nella norma contenuta nell'art. 366 c.p.p. (BORDIERI).

Qualora, infine, gli atti di cui all'art. 354 c.p.p. non siano stati depositati prima della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, o di altro atto tramite il quale sia stata esercitata l'azione penale, sarebbe possibile invocare la loro inutilizzabilità.

In tale quadro un'ultima osservazione di carattere obiettivo appare doverosa; essa attiene alla evidente incertezza che regna nella Quarta Sezione della Corte di Cassazione sull'argomento in commento. Lungi dall'assicurare la nomofiliachia sul punto, la S.C. appare irrimediabilmente indecisa sulla soluzione da fornire alla problematica in questione oscillando tra il negare che gli accertamenti alcolimetrici comportino un obbligo di deposito dei relativi verbali all'affermare che l'omissione di tale adempimento integri una nullità generale a regime intermedio.

Pur in presenza di tale allarmante dato obiettivo non si è ritenuto opportuno investire della questione le Sezioni Unite. Naturalmente le citate fluttuazioni della giurisprudenza di legittimità comportano un profondo vulnus all'esigenza di certezza del diritto e all'applicazione uniforme della legge sostanziale e processuale penale. Sarebbe, pertanto, auspicabile un intervento della Suprema Corte nella sua composizione più autorevole onde fornire luce su un argomento ormai da anni tanto attuale quanto controverso.

Guida all'approfondimento

BORDIERI, Sull'omesso avviso al difensore del deposito del verbale dell'alcoltest compiuto dalla polizia giudiziaria su un conducente di un autoveicolo, in Cass. pen. 3, 2006, p. 1007;

CAVALLARI, Sub art. 178 c.p.p., in Commento al nuovo codice di procedura penale Chiavario II;

POTETTI, Incertezze della Cassazione sull'applicazione dell'art.366 c.p.p. agli accertamenti della guida in stato di ebbrezza, in Cass. pen., 6, 2008, p. 2550;

TARTAGLIA, Sub art. 366 c.p.p., in Codice di procedura penale a cura di G. Canzio e G. Tranchina (a cura di), Giuffrè, 2012.

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