Pignoramento diretto esattoriale e opposizione agli atti esecutivi

Giuseppe Lauropoli
17 Gennaio 2018

La questione sulla quale i Giudici di legittimità, nella sentenza in commento, si sono soffermati concerne la natura delle dichiarazioni contenute all'interno dell'atto di pignoramento.
Massima

Il pignoramento diretto di cui all'art. 72-bis del d.P.R. n. 602/73 è riconducibile, sia pur con le sue specificità, al pignoramento presso terzi, con l'effetto che deve trovare applicazione, con riguardo a tale atto, la previsione di cui all'art. 543 c.p.c., che impone l'indicazione nell'atto di pignoramento del credito per il quale si procede.

Una tale prescrizione normativa impone la specificazione, nell'atto di pignoramento, non solo del credito per il quale si procede, ma anche del titolo sul quale un tale credito risulta fondato. La contestazione di parte circa la omessa specifica indicazione, nell'atto di pignoramento, degli estremi delle cartelle di pagamento sulle quali risulta fondato il titolo non può essere superata sulla base di una presunta fede privilegiata delle affermazioni contenute nell'atto di pignoramento, dal momento che non può riconoscersi all'atto di pignoramento predisposto dall'agente della riscossione natura di atto pubblico, avendo lo stesso mera natura di atto processuale.

Il caso

Il caso dal quale ha tratto origine la sentenza che si annota si riassume di seguito in estrema sintesi, stando a quanto può evincersi dal contenuto della sentenza in commento.

Tizio riceve la notifica di un atto di pignoramento presso terzi predisposto da parte dell'agente della riscossione ai sensi dell'art. 72-bis d.P.R. n. 602/73.

Avverso tale pignoramento viene proposta opposizione agli atti esecutivi dinanzi al tribunale competente, deducendo la omessa indicazione, nell'atto di pignoramento, degli estremi identificativi delle cartelle di pagamento per le quali si procede, nonché svolgendo ulteriori motivi di opposizione concernenti la omessa notifica delle suddette cartelle di pagamento.

L'opposizione viene accolta dal giudice del merito, sulla base dell'assorbente motivo che l'atto di pignoramento avrebbe dovuto contenere una specifica indicazione degli estremi identificativi delle cartelle di pagamento sulle quali risultava fondata l'esecuzione e sulla ravvisata carenza di prova circa l'allegazione di tali estremi identificativi delle cartelle nell'atto di pignoramento.

Una tale decisione viene impugnata dall'agente della riscossione (all'epoca Equitalia Sud), il quale deduce come l'avvenuta indicazione, nell'atto di pignoramento, degli estremi dei titoli posti a base dell'esecuzione, avrebbe dovuto evincersi dalla affermazione, pacificamente contenuta nel corpo dell'atto notificato al contribuente, che l'elenco delle cartelle di pagamento veniva allegato all'atto.

La questione

La sentenza in commento tratta in modo sintetico alcune questioni di sicuro interesse e di indubbia complessità sulle quali è bene soffermarsi.

Una prima questione sulla quale è utile trattenersi concerne il contenuto dell'atto di pignoramento e le modalità attraverso le quali è possibile sollevare contestazioni in merito ad omissioni presenti nell'atto di pignoramento.

In particolare, stando a quanto può evincersi dalla sentenza in commento, il pignoramento esattoriale diretto effettuato dall'agente della riscossione, pur con le sue peculiarità, deve ritenersi riconducibile nell'ambito della figura codicistica del pignoramento presso terzi, con l'effetto che tale atto deve recare l'indicazione degli elementi prescritti dall'art. 543 c.p.c., tra i quali rientra anche la specifica indicazione del credito per il quale si procede.

Una tale affermazione - per la verità non chiaramente esplicitata nella sentenza in commento ma che, certamente, costituisce il presupposto logico delle conclusioni alle quali pervengono i Giudici di legittimità nella sentenza in esame - si inserisce nel solco di una ormai consolidata giurisprudenza di legittimità che ha fornito una ricostruzione sistematica del pignoramento diretto di cui all'art. 72-bis del d.P.R. n. 602/73, riconducendo lo stesso proprio nell'ambito del pignoramento presso terzi, pur sottolineandone alcune indubbie peculiarità (si vedano, in particolare, Cass. civ., 4 ottobre 2011, n. 20294, Cass. civ., 13 febbraio 2015, n. 2857 e Cass. civ., 7 maggio 2015, n. 9246).

Viene così affermato, in una delle menzionate pronunce, che “il modello procedimentale” proprio del pignoramento diretto esattoriale deve essere ricostruito «come una fase preliminare o prodromica di un ordinario procedimento di espropriazione presso terzi, caratterizzata da quell'espansione dei poteri dell'esattore tipica delle esecuzioni affidate a quest'ultimo e da una deroga, consistente nella sostituzione della citazione a comparire (o a rendere dichiarazione) con l'ordine stesso; e caratterizzata da ciò, che, ove per qualunque motivo non abbia effetto l'ordine di pagamento diretto perché quest'ultimo non segue, la relativa fase parentetica si chiude e riprende il suo svolgimento l'ordinario procedimento espropriativo, tanto da proseguire, con lo snodo della rinnovazione della citazione ai sensi dell'art. 543 c.p.c., stavolta in piena aderenza agli schemi del codice di rito, nelle forme di quest'ultimo» (si veda la citata Cass. civ., n. 2857/2015).

Una volta affermata una tale riconducibilità del pignoramento diretto esattoriale nell'ambito del pignoramento presso terzi, ne consegue la necessaria applicazione allo stesso delle previsioni proprie dell'art. 543 c.p.c..

In particolare, l'art. 543, comma 2, n. 1, c.p.c., impone che nell'atto di pignoramento sia indicato il credito per il quale si procede”, nonché “il titolo esecutivo” e “il precetto”.

Ebbene, nel caso di pignoramento esattoriale, stando ancora alla giurisprudenza di legittimità espressasi sul punto, è la cartella di pagamento che, da un lato, assolve alla funzione di veicolare il ruolo - il quale ultimo costituisce, stando all'art. 49 d.P.R. n. 602/73, il titolo sul quale risulta fondata l'esecuzione esattoriale – e, dall'altro, reca l'intimazione di pagamento, in tal modo svolgendo la funzione ordinariamente svolta dall'atto di precetto (si veda, ancora, Cass. civ., n. 9246/2015).

Deve allora ritenersi che il pignoramento esattoriale, in ossequio all'art. 543 c.p.c., debba recare non solo la puntuale indicazione del credito per il quale si procede, ma pure gli elementi identificativi della cartella di pagamento sulla quale risulta fondata l'esecuzione.

Quanto alla forma attraverso la quale sarà possibile svolgere le proprie doglianze avverso un tale atto di pignoramento carente di tali indicazioni, non c'è dubbio che il ricorso dovrà essere svolto nelle forme di cui all'art. 617 c.p.c., ossia nel termine di venti giorni dalla notifica dell'atto di pignoramento.

Più articolata è la riflessione in merito agli effetti di una tale mancata indicazione del titolo nell'atto di pignoramento esattoriale.

Nella sentenza in commento la Cassazione giunge alla conclusione che l'omessa indicazione del titolo sul quale risulta fondato il credito abbia l'effetto, in presenza di tempestiva contestazione del vizio, di caducare l'azione esecutiva intrapresa, in difetto di un requisito indefettibile del pignoramento.

Una tale conclusione, indubbiamente molto rigorosa, potrebbe suscitare, almeno in qualche caso, delle perplessità.

Occorre a riguardo distinguere: ove, infatti, l'atto di pignoramento risultasse persino carente della indicazione del credito complessivo per il quale si procede esecutivamente, dovrebbe ritenersi davvero carente un elemento essenziale ai fini della stessa esistenza del pignoramento, tanto più che il terzo sarebbe nella totale incertezza in merito alle somme da corrispondere all'agente della riscossione.

Laddove, invece, la carenza dell'atto di pignoramento si riferisca alla sola indicazione degli estremi identificativi delle cartelle di pagamento allo stesso sottese, potrebbe forse pervenirsi ad una diversa soluzione: in fin dei conti, come segnalato da alcuni autori, l'indicazione del titolo e del precetto, prevista dall'art. 543 c.p.c., assolve per il debitore più che altro ad una funzione conoscitiva, tanto più che normalmente il debitore è ben edotto dell'esistenza del titolo e del precetto, avendone ricevuto la preventiva notifica prima dell'inizio dell'esecuzione (si vedano Soldi, Manuale dell'Esecuzione Forzata, 2017, Padova, p. 1057 e Castoro, Il Processo di Esecuzione nel suo Aspetto Pratico, Milano, 2015, p. 581).

In tal senso, nulla impedirebbe al debitore che si vedesse notificare un atto di pignoramento per un certo credito ma senza puntuale indicazione del titolo e del precetto, di sollevare tempestiva contestazione, tanto in merito ad una tale omissione, quanto in merito alla omessa notifica del titolo e del precetto o, persino, alla stessa esistenza di un tale titolo, in tal modo “costringendo” il creditore a fornire riscontro in merito alla esistenza del credito e alla sua preventiva notifica.

Ove, allora, una volta instaurato il contraddittorio con il creditore in sede di opposizione agli atti esecutivi, dovesse emergere che i titoli sottesi al pignoramento esistano e siano anche stati preventivamente notificati al contribuente, potrebbe forse ritenersi che la mera omessa indicazione degli estremi identificativi degli stessi nell'atto di pignoramento possa reputarsi sanata.

Le soluzioni giuridiche

La questione sulla quale i Giudici di legittimità, nella sentenza in commento, si soffermano più estesamente, è quella concernente la natura delle dichiarazioni contenute all'interno dell'atto di pignoramento.

A quanto può evincersi dalla sentenza in commento, l'agente della riscossione affermava che la puntuale lista delle cartelle di pagamento sottese al pignoramento fosse costituita da un foglio allegato all'atto di pignoramento notificato alla parte: il giudice del merito aveva ritenuto che in presenza di una puntuale contestazione da parte del contribuente di aver mai ricevuto un tale foglio allegato al pignoramento ed in assenza di puntuali riscontri documentali in merito alla avvenuta ricezione da parte del contribuente di un tale foglio allegato al pignoramento, lo stesso dovesse ritenersi non notificato alla parte.

Equitalia, nel proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di merito, rilevava come la circostanza che un tale foglio fosse certamente allegato all'atto di pignoramento avrebbe dovuto evincersi sulla sola base del contenuto di una affermazione, contenuta nell'atto di pignoramento, nella quale si specificava che la lista delle cartelle di pagamento sottese al pignoramento veniva allegata all'atto di pignoramento.

Nell'affrontare tale motivo di ricorso, la Cassazione si pone il problema, ancora una volta, di individuare la esatta natura dell'atto di pignoramento: laddove, infatti, ragionano i giudici di legittimità, dovesse attribuirsi all'atto di pignoramento redatto dall'agente della riscossione natura di atto pubblico, dovrebbe concludersi che la dichiarazione, contenuta nell'atto di pignoramento, nella quale si fa espresso riferimento alla puntuale allegazione a tale atto della lista delle cartelle di pagamento allo stesso sottese, faccia fede fino a querela di falso; laddove invece non si attribuisca all'atto di pignoramento dell'esattore un tale valore di atto pubblico, una tale affermazione contenuta all'interno dello stesso, se non sorretta da un sufficiente riscontro documentale potrà essere contestata senza particolari formalità.

Tale questione, come si accennava in precedenza, viene risolta dai giudici di legittimità operando una distinzione, all'interno dell'atto di pignoramento, fra un contenuto dell'atto certamente riconducibile nell'ambito dell'atto pubblico, ed un contenuto dell'atto al quale non può attribuirsi tale natura, giungendo quindi alla conclusione che la affermazione contenuta nell'atto di pignoramento nella quale si fa riferimento alla allegazione della lista delle cartelle sottese al pignoramento non sia stata resa dall'agente della riscossione in qualità di pubblico ufficiale, non potendo allora attribuirsi a tale affermazione l'effetto di cui all'art. 2700 c.c..

Anche tale questione affrontata dalla Cassazione nella sentenza in commento non è priva di spunti di riflessione.

Una volta ricondotto – come fanno i Giudici di legittimità nella sentenza in commento facendo proprio, sul punto, l'orientamento espresso dalla più recente giurisprudenza di legittimità – l'atto di pignoramento ex art. 72-bis del d.P.R. n. 602/73 nell'ambito del pignoramento presso terzi, appare naturale recepire anche l'articolata elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria in tema di natura di un tale atto.

In particolare, con riguardo al pignoramento presso terzi ordinario, viene comunemente attribuita allo stesso una natura complessa, avendo lo stesso tanto natura di atto processuale redatto dal difensore del creditore, quanto natura di atto dell'ufficiale giudiziario che vi inserisce l'ingiunzione al debitore, procedendo alla notifica dell'atto.

La Suprema Corte, nella sentenza in commento – ponendosi nel solco della già citata giurisprudenza di legittimità che riconduce il pignoramento diretto ex art. 72-bis del d.P.R. n. 602/73 nell'ambito del pignoramento presso terzi – attribuisce anche al pignoramento diretto esattoriale una tale natura di atto complesso.

Pertanto, la Cassazione, nella sentenza in commento, giunge alla conclusione che il motivo di opposizione non possa essere accolto: quanto all'atto di pignoramento esattoriale occorre infatti distinguere, affermano i Giudici di legittimità, una parte di contenuto di tale atto, riconducibile essenzialmente alla attività di notificazione, che è munita di fede privilegiata propria dell'atto pubblico - potendosi ritenere che tale parte dell'atto sia redatta dall'agente della riscossione in qualità di pubblico ufficiale - da una parte di contenuto avente natura meramente processuale, e dunque sprovvista della predetta fede privilegiata propria dell'atto pubblico, da ritenersi redatta dall'agente della riscossione in qualità di parte processuale.

Osservazioni

La soluzione raggiunta dalla decisione in commento è certamente non priva di profili problematici, avendo il pignoramento diretto esattoriale, come già più volte segnalato, indubbie peculiarità rispetto all'ordinario atto di pignoramento: e così, per espressa previsione normativa, nel pignoramento posto in essere dall'agente della riscossione (sia esso un pignoramento diretto ex art. 72-bis del d.P.R. n. 602/73, ovvero un pignoramento presso terzi ordinario) la attività normalmente svolta dall'ufficiale giudiziario viene invece assolta dall'ufficiale della riscossione (e ciò in forza della previsione contenuta nel comma 3 dell'art. 49 del medesimo d.P.R. n. 602/73).

Più di qualche problema pone anche l'attribuzione al pignoramento esattoriale di una componente di atto processuale contenente una domanda giudiziale, dal momento che il pignoramento diretto esattoriale reca non una citazione a comparire dinanzi al giudice dell'esecuzione, bensì un ordine al terzo pignorato di provvedere al pagamento in favore dell'agente della riscossione entro un termine determinato.

Certamente, una volta ritenuti superabili tali profili problematici e ritenuto quindi di attribuire una tale duplice natura al pignoramento diretto esattoriale, non potranno che condividersi le conclusioni alle quali perviene la Suprema Corte nella sentenza in commento, dovendo ritenersi che certamente la indicazione degli estremi del titolo sul quale risulta fondato il pignoramento rientri fra i dati che l'ufficiale della riscossione inserisce nell'atto in qualità di parte privata e non certo svolgendo le funzioni di ufficiale giudiziario.

Eccoci davanti ad un altro passaggio, compiuto dalla Suprema Corte nella sentenza in commento, nel progressivo iter, posto in essere negli ultimi anni dalla Cassazione, di individuazione della natura e del funzionamento dell'istituto processuale del pignoramento diretto esattoriale, in vista di una sua riconduzione, per quanto possibile, nell'alveo della generale disciplina dell'esecuzione forzata.

Sforzo ricostruttivo non agevole, perché moltissimi, ad avviso di chi scrive, sono i profili problematici concernenti un tale istituto, il quale di continuo pone problemi di coordinamento (già segnalati in altre note e commenti apparsi su questo portale) con la disciplina generale dell'esecuzione forzata.

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