Legge sul biotestamento: diritto alla salute e all’autodeterminazione

17 Gennaio 2018

La l. n. 219/2017 introduce nell'ordinamento la disciplina dei rapporti tra medico e paziente, intervenendo a regolamentare tutti i profili di tale rapporto: consenso informato, doveri e responsabilità del medico e dell'équipe sanitaria, alleanza terapeutica, pianificazione delle cure, decisioni relative alla fase terminale della vita, rapporti tra medico e familiari del paziente, decisioni sulla salute del minore d'età e delle persone prive di autonomia, accanimento terapeutico, terapia del dolore, disposizioni anticipate di trattamento. A pochi giorni dalla sua approvazione, si parla della nuova legge come di "legge sul biotestamento" costituendo le disposizioni relative alle DAT la parte senz'altro più innovativa di essa. La legge n. 219/2017 tuttavia, dovrebbe essere più correttamente considerata come lo "statuto dei diritti della persona in materia di salute".
Le previsioni della legge n. 219/2017

La l. 22 dicembre 2017, n. 219, licenziata in via definitiva dal Senato il 14 dicembre 2017, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2018 (in vigore dal 31 gennaio 2018), interviene a disciplinare una serie di profili tra loro contigui nel campo della salute e delle decisioni di fine vita, profili tutti che chiamano in causa la relazione tra medico e paziente. Scopo della legge, secondo quanto annunciato nella prima parte dell'art. 1, è la salvaguardia delle prerogative soggettive del paziente riconducibili agli artt. 2, 13 e 32 Cost., e dunque, il diritto alle cure, il diritto all'informazione, ma anche il diritto all'oblio, la libertà di autodeterminazione e la qualità della vita anche nella fase terminale dell'esistenza; in definitiva, la dignità del paziente.

E il fil rouge che lega i vari segmenti disciplinari può individuarsi nella ricerca di un punto di equilibrio tra due prerogative fondamentali della persona potenzialmente confliggenti, ovvero il diritto alla salute e la libertà di autodeterminazione.

Consenso sanitario informatico

La regolamentazione del consenso sanitario informato è contenuta nell'art. 1, l. 22 dicembre 2017, n. 219, disposizione ampia e articolata in undici commi.

Il comma 1 afferma che la legge tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione della persona, nel rispetto dei principi di cui agli artt. 2, 13 e 32 Cost. e degli artt. 1, 2 e 3 CEDU; la nuova disposizione normativa aggiunge inoltre che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.

Il comma 1 dell'art. 1, l. n. 219/2017, consacra, dunque, il diritto all'autodeterminazione in materia di salute, trasferendo, sul piano del diritto privato, il principio costituzionale dell'art. 32 Cost..

Il comma 2 dell'art. 1, l. n. 21/2017, si concentra sulla relazione di cura tra medico e paziente (nonché tra équipe sanitaria e paziente), affermando che detta relazione si fonda sul consenso informato. Ciò vale a chiarire che non può esistere alleanza terapeutica senza un'adeguata informazione da parte del medico, e senza la conseguente consapevolezza del paziente; tanto che -come si legge poi nel successivo comma 8- «il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura». Comunicazione, dunque, vale cura: è senza dubbio questo uno dei passaggi più qualificanti del nuovo impianto normativo. E non solo: il secondo comma aggiunge che nel consenso informato si incontrano l'autonomia decisionale del paziente e la competenza, l'autonomia professionale e la responsabilità del medico.

La parte finale del secondo comma autorizza il coinvolgimento dei familiari e di persone di fiducia del paziente nella relazione con il medico, nei casi in cui il paziente lo desideri. Viene in tal modo favorita la partecipazione dei familiari, nel rispetto prioritario della volontà di riservatezza dell'interessato. Forse superflua è l'indicazione aggiuntiva, rispetto ai familiari, del convivente e della parte dell'unione civile (essendo assodato che anche la relazione di convivenza e l'unione civile danno vita a relazioni familiari riconosciute dall'ordinamento).

Il comma 3 dell'art. 1, l. n. 219/2017 si addentra nella gestione del consenso sanitario informato, specificandolo nei contenuti. Si legge che ogni persona ha diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell'eventuale rifiuto del trattamento sanitario. Il consenso sanitario voluto dal legislatore si configura, dunque, come consenso libero, informato, consapevole e sorretto da una informazione accessibile.

Lo stesso comma enuncia altresì, condivisibilmente, il diritto all'oblio, ovverossia il diritto del paziente a non ricevere informazioni e a delegare ai propri familiari o a persona di fiducia.

Dopo avere indicato - nel comma 4 - le modalità di acquisizione del consenso, l'art. 1 consacra il diritto di rifiutare gli accertamenti diagnostici e i trattamenti sanitari indicati dal medico e il diritto di revocare il consenso precedentemente manifestato. Tale parte della disposizione sembra valorizzare nel massimo grado la libertà di autodeterminazione della persona, e in tal senso depone a fortiori la precisazione che sono da considerarsi trattamenti sanitari (con conseguente estensione anche ad essi del diritto di rifiuto) gli atti salvifici, quali la nutrizione e l'idratazione artificiali (comma 5).

L'estensione a tutto campo del diritto di autodeterminazione rischia, tuttavia, di venire attenuata dalle disposizioni che seguono.

E, infatti, viene poi previsto (comma 7) che nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e l'équipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla. Se, dunque, la volontà del paziente sia nel senso di rifiutare trattamenti salvifici, tale volontà potrà dirsi rispettata da parte del medico il quale valuti le condizioni del paziente non in grado di recepire quella volontà negativa?

Decisioni sulla salute del minore d'età

Una previsione specifica viene dedicata alle decisioni relative alla salute di bambini e adolescenti. Precisamente, al minore d'età sono dedicati i primi due commi dell'art. 3, l. 22 dicembre 2017, n. 219, ove viene affermato il diritto alla valorizzazione delle capacità di comprensione e decisione del minore, nel rispetto dei diritti di cui all'art. 1, comma 1, l. n. 219/2017 (diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione).

In sostanza, la disposizione di apertura enuncia, attraverso il richiamo all'art. 1, i diritti di cui è titolare il minore in materia sanitaria, mostrando così di considerare il minore soggetto di diritto, e ponendosi così in linea di continuità con le recenti riforme in materia di filiazione che hanno reso il minore protagonista attivo, partecipe delle scelte che lo riguardano (cfr., per es., il diritto del minore ad essere ascoltato in tutti i procedimenti che lo riguardano, sancito negli artt. 315-bis e 337-octies c.c.).

Ancor più specificamente, la norma in esame stabilisce il diritto del minore a ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità di comprensione, per essere messo in condizione di esprimere la sua volontà.

Riecheggia nella disposizione in esame il diritto all'ascolto informato, affermato nella Convenzione di Strasburgo sull'esercizio dei diritti del fanciullo del 1996 (ratificata nel nostro ordinamento con l. n. 77/2003).

In tal modo, nonostante il consenso sanitario debba inevitabilmente essere espresso o rifiutato dal genitore esercente la responsabilità genitoriale (o dal tutore nei casi previsti dalla legge), il minore viene coinvolto attivamente nella decisione. I rappresentanti del minore dovranno, così, esprimere o negare il consenso sanitario tenendo conto della volontà del minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della sua salute psicofisica nel rispetto della sua dignità.

Decisioni sulla salute delle persone prive di autonomia

L'art. 3, l. n. 219/2017, si occupa altresì dei soggetti fragili, dedicando distinte previsioni alla persona interdetta (comma 3), inabilitata (comma 4) e beneficiaria di amministrazione di sostegno (comma 5).

Non può non evidenziarsi come l'ordine dei tre commi tradisca un'impostazione non più attuale in materia di protezione stabilizzata delle persone prive di autonomia. La norma si occupa, infatti, in primo luogo dell'interdetto e dell'inabilitato, non considerando il fatto che oggigiorno dette misure di protezione sono del tutto residuali rispetto all'Amministrazione di sostegno e tali sono considerate anche nella sistemazione logistica che esse hanno all'interno del codice civile.

Lo stesso deve evidenziarsi riguardo alla rubrica dell'art. 3, l. n. 219/2017 - “Minori e incapaci” , laddove il termine “incapaci” non identifica la condizione essenziale per l'intervento di protezione, rappresentato piuttosto dalla mancanza, totale o parziale, di autonomia.

Deve, comunque, apprezzarsi il richiamo alla necessità che la persona interdetta venga sentita dal tutore nel pieno rispetto della sua dignità.

La restante parte dell'art. 3, l. n. 219/2017 consacra le regole di formazione giurisprudenziale che già da tempo governano la gestione del consenso sanitario informato nell'ambito dell'Amministrazione di sostegno. Così, è previsto che il consenso sanitario venga prestato o negato (anche o soltanto) dall'amministratore di sostegno, a seconda che il decreto di nomina gli abbia attribuito compiti di assistenza necessaria o di rappresentanza esclusiva riguardo alla salute dell'amministrato.

E ciò conferma - nel rispetto della filosofia che regge la riforma di cui alla l. n. 6/2004 - che il beneficiario dell'ADS rimane tendenzialmente sovrano nella gestione delle scelte sanitarie che lo riguardano, accompagnato o sostituito dall'ADS soltanto là dove occorra nel suo esclusivo interesse.

Infine, la disposizione contenuta del comma 5 rimette alla decisione del giudice tutelare il contrasto che sorga tra amministratore di sostegno e medico (o tra rappresentante dell'incapace e medico) in ordine alle cure proposte.

Tale previsione ricalca sostanzialmente quella contenuta nell'art. 410, comma 2, c.c. in materia di ADS; se ne differenzia per l'inclusione del medico tra i soggetti legittimati a ricorrere al giudice tutelare.

Disposizioni anticipate di trattamento

Il segmento bioetico della nuova legge è affidato all'art. 4, l. n. 219/2017 il quale introduce l'istituto delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT).

Si tratta delle disposizioni che una persona può dettare allorché si trovi nel pieno delle proprie facoltà mentali, destinate a valere - nell'ambito dei trattamenti sanitari e di fine vita - per il momento eventuale e futuro di una propria mancanza di capacità di autodeterminazione.

Il comma 1 dell'articolo in esame indica quale requisito soggettivo per la predisposizione delle DAT, la capacità di intendere e di volere e le subordina alla preventiva acquisizione di adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle proprie scelte. Si tratterà di capire se tale seconda condizione debba essere formalmente verificata ed attestata, e in caso affermativo, secondo quali modalità. In realtà, tale indicazione sembra confliggere con la valorizzazione dell'autodeterminazione della persona perseguita dalla novella. E' plausibile ritenere che si tratti essenzialmente di una raccomandazione del legislatore riguardo all'opportunità di compiere scelte tanto delicate soltanto dopo avere soppesato le possibili conseguenze delle stesse.

L'oggetto delle DAT è costituito dalle volontà del disponente in materia di trattamenti sanitari, nonché dal consenso o rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche, o a singoli trattamenti sanitari (comma 1).

La norma non fa riferimento esplicito ai c.d. atti salvifici, ovverosia agli interventi di fine vita quali l'alimentazione e la ventilazione forzata, ma non può esservi dubbio sul fatto che anche questi trattamenti rientrano nell'ambito dei trattamenti sanitari.

Il medesimo art. 4, comma 1, l. n. 219/2017, individua, poi, nel fiduciario ilsoggetto cui il disponente potrà demandare l'attuazione delle DAT. Detto fiduciario viene identificato in «una persona di sua fiducia» e dunque potrà trattarsi di chiunque, senza alcuna limitazione dei designabili alla cerchia parentale.

Al fiduciario è attribuito precisamente il compito di fare le veci del “delegante” e di rappresentarlo nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie.

Una questione interpretativa ipotizzabile riguarda il caso in cui l'interessato non abbia espresso, nelle DAT, il desiderio che il fiduciario-terzo coinvolga i familiari, secondo il paradigma dell'art. 1, comma 2, l. n. 219/2017.

La questione potrebbe sorgere nel caso in cui un familiare, autenticamente interessato alla salute del proprio congiunto, si veda negare, da parte del fiduciario-terzo, ogni possibilità di accesso alle informazioni e alla relazione con i medici. Evidentemente, sarebbe stato opportuno inserire anche in questo articolo la previsione dell'art. 1, comma 2, l. n. 219/2017, rendendo così possibile il coinvolgimento dei familiari da parte del fiduciario esterno conformemente al desiderio in tal senso del disponente.

L'art. 4, comma 2, l. n. 219/2017 detta i requisiti soggettivirichiesti in capo alfiduciario, costituiti dalla maggiore età e dalla capacità di intendere e di volere. L'assunzione del ruolo di fiduciario viene subordinata all'accettazione dell'incarico che può avvenire all'atto stesso dell'incarico attraverso la sottoscrizione delle DAT o con atto successivo, da allegarsi ad esse. Viene altresì previsto che copia delle DAT sia consegnata al fiduciario, il quale potrà rinunciare alla nomina con atto scritto, da comunicarsi al disponente. Correttamente, dunque, la legge si preoccupa di salvaguardare anche la libertà di scelta del fiduciario. La norma non contempla la possibilità di nominare due o più fiduciari in successione, al fine di garantire l'attuazione delle DAT nel caso di rinuncia o sopravvenuta incapacità o premorienza del primo fiduciario. Tale previsione sarebbe stata quanto mai opportuna, mentre la mancanza di essa comporta il rischio di inattuazione delle volontà dettate dal disponente. Una interpretazione opportuna che oltretutto non trova controindicazioni è quella di ammettere tale possibilità, con l'indicazione nominativa di due o più fiduciari in ordine progressivo, e con la specificazione che il secondo potrà/dovrà svolgere l'incarico soltanto in caso del venir meno dl primo, e così via.

L'art. 4, comma 3, l. n. 219/2017 rafforza i poteri dispositivi dell'interessato, prevedendo la possibilità di revoca dell'incarico al fiduciario in qualsiasi momento, senza obbligo di motivazione e con le modalità previste per la nomina.

Particolare rilevanza riveste, poi, la previsione dell'art. 4, comma 4, l. n. 219/2017, la quale chiarisce che la nomina del fiduciario non è obbligatoria, e che le DAT «mantengono efficacia in merito alla volontà del disponente» quand'anche il fiduciario non venga nominato o questi vi abbia rinunciato o sia deceduto o sia divenuto incapace. Il comma in esame induce, pertanto, ad intendere la locuzione «indica una persona di fiducia (...)»come previsione di una mera facoltà.

Ma cosa accadrà nel caso in cui le DAT non indichino un fiduciario? In che modo e da parte di chi dovrà essere assicurata, in tal caso, l'attuazione delle direttive anticipate?

La questione viene risolta opportunamente dal legislatore mediante il rimando all'Amministrazione di sostegno. Si legge, infatti, nel medesimo comma 4: «In caso di necessità, il Giudice tutelare provvede alla nomina di un amministratore di sostegno, ai sensi del capo I del titolo XII del libro I del codice civile».

Occorrerà vedere, all'atto pratico, come potranno essere conciliate le due figure del fiduciario e dell'Amministratore di sostegno, nei casi in cui il Giudice tutelare si trovi a dover nominare un ADS in presenza di DAT che indicano un fiduciario: l'indicazione contenuta nella DAT sarà vincolante per il Giudice? Oppure il Giudice tutelare sarà comunque libero di discostarsi dalla designazione contenuta nelle DAT, alla stessa stregua di quanto avviene con la designazione anticipata prevista dall'art. 408 c.c.?

Sono alcune tra le questioni che si annunciano, laddove la preoccupazione che sorge in sede di prima lettura è quella di una eccessiva proliferazione di figure di rappresentanti, con le inevitabili complicanze date dalla loro eventuale sovrapposizione.

Di certo, l'investitura del fiduciario al di fuori di un procedimento davanti al Giudice offre, almeno sulla carta, la garanzia di una maggiore snellezza e rapidità di intervento, con effetti positivi per il paziente allorché debbano essere assunte tempestivamente decisioni.

Le modalità di formazione delle Disposizioni Anticipate di Trattamento vengono delineate all'art. 4, comma 5, l. n. 219/2017, ove si prevede la forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o - ulteriore opzione - della scrittura privata da consegnarsi personalmente presso l'Ufficio dello Stato civile del comune di residenza del disponente. In tal caso, le DAT vengono annotate in apposito registro, ove istituito. La scrittura privata potrà, in alternativa, essere depositata presso le strutture sanitarie nelle Regioni che abbiano adottato modalità telematiche di gestione della cartella clinica o il fascicolo sanitario elettronico o altre modalità informatiche di gestione dei dati del singolo iscritto al SSN. Tale quarta opzione viene ulteriormente dettagliata all'art. 4, comma 7 e 8, l. n. 219/2017, ove viene altresì prevista la possibilità che Regioni e ASL consentano la redazione delle DAT in via telematica.

Certamente, la previsione di modalità di formazione che possono prescindere dall'intervento del notaio unite all'esenzione fiscale (v. comma 6) potrà agevolare ed incentivare il ricorso a tale strumento.

Apprezzabile è altresì la previsione (sempre contenuta nel comma 6), in base alla quale le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare.

Con le medesime forme, il disponente potrà modificare o revocare in qualsiasi momento le disposizioni precedenti.

Con la legge di Bilancio 2018 (l. 27 dicembre 2017, n. 205 in vigore dal 1 gennaio 2018), è stata altresì prevista l'istituzione, presso il Ministero della salute, di una banca dati destinata alla registrazione delle DAT (art. 1, comma 418, l. n. 205/2017). Le modalità di registrazione delle DAT presso la banca dati dovranno essere stabilite, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali (art. 1, comma 418, l. n. 205/2017).

L'art. 4, comma 5, l. n. 219/2017, sembra valorizzare massimamente la libertà di autodeterminazione del disponente, come si coglie dall'enunciazione di apertura: «Il medico è tenuto al rispetto delle DAT». Tale previsione lineare ed inequivoca viene, tuttavia, attenuata dalle previsioni che seguono.

Il quinto comma autorizza, infatti, il medico a disattendere, in tutto o in parte, le DAT nelle seguenti ipotesi:

  • qualora esse appaiano palesemente incongrue;
  • qualora esse appaiano non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente;
  • qualora sussistano terapie non prevedibili all'atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita.

Come si vede, viene attribuita al medico una estesa discrezionalità valutativa e decisionale, considerato oltretutto che i casi suddetti (fatta eccezione per l'ultimo) non sono oggettivamente tipizzabili.

Il solo limite alla discrezionalità decisionale del medico è data dalla necessità che la deroga alle DAT sia decisa in accordo con il fiduciario; ma anche tale previsione di apparente salvaguardia viene attenuata, da un lato, dalla previsione della decisione del Giudice tutelare in caso di disaccordo tra medico e fiduciario e, dall'altro, dalla eventualità che il fiduciario non vi sia perché non nominato o cessato dalla funzione.

Riguardo, poi, all'eventualità di contrasto tra medico e fiduciario, non viene chiarito se il ricorso possa essere presentato esclusivamente da uno di detti soggetti o anche dai soggetti legittimati alla domanda di nomina dell'amministratore di sostegno a norma degli artt. 406 e 417 c.c..

Cure palliative e accanimento terapeutico

L'art. 2, l. n. 219/2017, è dedicato alla terapia del dolore, al divieto di accanimento terapeutico e al rispetto della dignità della persona nella fase finale della vita. Si tratta, pertanto, di disposizione centrata su profili bioetici, in parte già dotati di una previsione legislativa. Ci si riferisce in particolare al diritto del paziente terminale a beneficiare delle cure palliative, diritto già espressamente contemplato dalla l. n. 38/2010, e dunque qui ribadito e rafforzato.

Più che apprezzabile è, altresì, l'esplicitazione di una serie di doveri del medico sul versante del fine vita: adoperarsi per alleviare le sofferenze del paziente e ciò quand'anche il paziente rifiuti il trattamento sanitario suggerito dal primo; il divieto di ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e nel ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati; la possibilità di ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua, in associazione con la terapia del dolore, in presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari.

Le altre previsioni della legge

Merita un cenno, infine, la previsione dell'art. 5, l. n. 219/2017 il quale contempla la pianificazione delle cure condivisa tra medico e paziente, con riferimento all'evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o contraddistinta da evoluzione con prognosi infausta. La pianificazione dovrà essere rispettata dai sanitari qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità.

La pianificazione è concordata previa adeguata informazione al paziente, in particolare sul possibile evolversi della patologia in atto, su quello che il paziente possa realisticamente attendersi in termini di qualità della vita, sulle possibilità cliniche di intervento e sulle cure palliative. Anche la pianificazione può essere accompagnata dall'indicazione di un fiduciario, da parte del paziente. Anche qui, come già nell'art. 1, l. n. 219/2017, compare la possibilità di coinvolgimento dei familiari, compresa la parte dell'unione civile e il convivente.

La pianificazione delle cure può essere aggiornata in base al progressivo evolversi della malattia, su richiesta del paziente o su suggerimento del medico (comma 4 citato).

Infine, ai sensi dell'art. 6, l. n. 219/2017 (norme transitorie), la nuova disciplina si applica anche ai documenti idonei ad esprimere le volontà del disponente in merito ai trattamenti sanitari, depositati presso il comune di residenza o presso un notaio prima della data di entrata in vigore della legge.

I due articoli di chiusura contengono la clausola di invarianza finanziaria (no a nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica) e la previsione di invio di una relazione annuale sull'applicazione della normativa dal Ministero della salute alle Camere.

In conclusione

La nuova legge si presenta come il frutto di un compromesso tra istanze e posizioni ideologiche contrapposte.

Essa, infatti, fissa un punto di equilibrio tra diritto alle cure e diritto all'autodeterminazione della persona rendendo giuridicamente efficaci e vincolanti le scelte che ciascuno potrà esprimere nella condizione di paziente come pure sul versante bioetico, riguardo ai trattamenti di fine vita; ma, prevedendo al contempo la possibilità per il medico di discostarsi dalle volontà manifestate dal paziente, al ricorrere di situazioni rimesse alla valutazione del medico stesso.

La legge ha comunque il merito di offrire un testo unitario, ove il paziente e il medico troveranno i necessari riferimenti.

Una nota senz'altro positiva deve, poi, scorgersi nella considerazione dei familiari del paziente, i quali possono venire coinvolti nella relazione di cura allorché l'interessato lo desideri e, altresì, nel recepimento della concezione del minore come soggetto protagonista delle scelte relative alla propria salute.

Riguardo al consenso sanitario informato, rimane il dubbio sul perché si sia preferito intervenire con una nuova legge, laddove il governo avrebbe dovuto, invece, (e sarebbe bastato) depositare lo strumento di ratifica della Convenzione di Oviedo, rendendo così efficace e vincolante anche in Italia regole uniformemente applicate negli altri ordinamenti europei, oltretutto costantemente richiamate dalla giurisprudenza quale bussola per l'interpretazione di norme esistenti.

La riflessione ulteriore su questa legge dovrà incentrarsi anche sulle possibili sovrapposizioni che nella pratica potrebbero verificarsi tra fiduciario e amministratore di sostegno.

Guida all'approfondimento

P. Zatti, Contro la burocratizzazione delle Disposizioni anticipate di trattamento (DAT), in personaedanno.it;

S. Rossi, Un legislatore per il fine vita?, in personaedanno.it.

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