Qualche dubbio sul procedimento di estinzione del reato per condotte riparatorie in sede di legittimità

Redazione Scientifica
17 Gennaio 2018

La Corte di cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato avverso la sentenza della Corte d'appello di Genova che confermava la condanna emessa dal Gup del tribunale di Genova in capo al ricorrente per il reato di cui agli artt. 81, comma 2, e 609-quater, comma 1, c.p. perché ...

La Corte di cassazione, Sez. III, con sentenza n. 1580 del 16 gennaio 2018, si è pronunciata sul ricorso presentato avverso la sentenza della Corte d'appello di Genova che confermava la condanna emessa dal Gup del tribunale di Genova in capo al ricorrente per il reato di cui agli artt. 81, comma 2, e 609-quater, comma 1, c.p. perché «in più occasioni e con azioni esecutive, al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 609-bis c.p., compiva atti sessuali con minore di anni quattordici e cugina di sua moglie».

Tra i vari motivi del ricorso vi era la richiesta di declaratoria di estinzione del reato ex art. 162-ter c.p. in quanto, in forza di accordo, la parte offesa è stata integralmente risarcita del danno (con il pagamento di una somma pari a € 28.881,60) con, altresì, la rinuncia dei genitori a costituirsi parte civile e dichiarazione di completa soddisfazione di ogni pretesa.

I giudici di legittimità ritengono la richiesta infondata.

Infatti, per espresso dettato normativo dell'art. 609-septies, comma 3, per il delitto di cui all'art. 609-quater c.p.p. la querela proposta è irrevocabile.

Inoltre, nel caso di specie, trattandosi di reato continuato – e quindi ricompreso nelle ipotesi di connessione ex art. 12, comma 1, lett. b), c.p.p. – la procedibilità è d'ufficio ex art. 609-septies.

Il Collegio solleva poi il dubbio sulla compatibilità tra il giudizio di legittimità e il procedimento ex art. 162-ter c.p.

Il comma 2 dell'art. 162-ter c.p., introdotto dalla c.d. riforma Orlando, esclude espressamente la possibilità per l'imputato, nella prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della legge, di chiedere, nel giudizio di legittimità, la fissazione di un termine non superiore a 60 giorni per provvedere alle restituzioni e al pagamento. Tale disposizione sembrerebbe quindi indicare la possibilità di esperire il resto del procedimento anche in Cassazione ma, evidenziano i giudici di legittimità, «per come strutturato laddove si richiede che vengano sentite le parti e la persona offesa, richiederebbe alla Corte di cassazione compiti estranei alla attribuzioni proprie del giudice di legittimità».

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