Vietato pubblicare le foto dei figli sui social network senza il consenso dell'altro genitore

18 Gennaio 2018

L'ordinanza del Tribunale di Mantova in commento riguarda il problema della gestione dell'immagine del minore, che deve essere effettuata da entrambi i genitori esercenti la responsabilità genitoriale di comune accordo; a quest'ultimi infatti è demandata non già la titolarità del diritto di immagine del minore, bensì l'esercizio del diritto stesso, da effettuarsi nell'esclusivo interesse del medesimo e tenuto conto dei rischi che comporta la diffusione della sua immagine a mezzo dello strumento informatico.
Massima

L'inserimento da parte di un genitore di foto dei figli sui social network, a fronte del dissenso dell'altro genitore, integra violazione della norma di cui all'art. 10 c.c. («Abuso dell'immagine altrui»), del combinato disposto degli artt. 4, 7, 8 e 145 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (riguardanti la tutela della riservatezza dei dati personali) nonché degli artt. 1 e 16, comma 1, della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989. Considerato peraltro che il pregiudizio per il minore è insito nella diffusione della sua immagine sui social network, va ordinata l'inibitoria e la immediata rimozione delle foto già inserite.

Il caso

Tizio e Caia, genitori dei minori Mevio e Flavio, concludono un accordo per la regolamentazione dell'affidamento, del collocamento e del mantenimento dei figli e lo depositano al Tribunale di Mantova, che recepisce le condizioni concordate con apposita ordinanza in data 6 aprile 2017.

Nelle pattuizioni stabilite dai genitori e “omologate” dal Tribunale era previsto un regime di affido condiviso con fissazione della residenza presso la madre: la stessa si era specificamente obbligata a non pubblicare le foto dei figli sui social network e a rimuovere quelle già “postate”.

Pochi mesi dopo, Tizio propone ricorso ex art. 337-quinquies c.c. per la modifica delle condizioni di affidamento, collocamento e mantenimento di Mevio e Flavio: deduce che Caia stia ponendo in essere gravi comportamenti diseducativi nei confronti dei figli, anche coinvolgendoli, contro il suo volere, nelle pratiche di Reiki, da cui ritiene possano derivare conseguenze pregiudizievoli per i figli.

Chiede, inoltre, inaudita altera parte, l'inibitoria nei confronti di Caia alla pubblicazione delle foto dei figli sui social network e la rimozione delle foto già pubblicate dalla madre, nonostante il dissenso da lui già espresso.

Il Tribunale, quanto alla richiesta di modifica delle regolamentazioni genitori-figli, ha ritenuto non sussistenti i presupposti per disporre una modifica del regime di affido condiviso e di visita, anche perché concordato fra gli stessi coniugi pochi mesi prima.

Ha quindi delegato ai Servizi Tutela Minori del paese di residenza dei figli l'indagine circa le condizioni di vita dei minori, dei genitori e degli eventuali nuovi compagni, la presenza di figure parentali di supporto nonché ogni informazione utile in ordine alla capacità genitoriale dei predetti genitori verificando, specificamente, se l'adesione della madre alla disciplina del Reiki abbia influenza pregiudizievole sui figli, fornendo all'esito degli accertamenti le proprie indicazioni, anche alternative, circa il più idoneo regime di affidamento e di visita dei minori.

Con riferimento, invece, alla richiesta di inibitoria e rimozione delle foto di Mevio e Flavio dai social network, il Tribunale di Mantova ha provveduto come richiesto dal padre dei minori inaudita altera parte.

Il Giudice ha motivato il proprio provvedimento dando atto della importanza di condividere, fra i genitori, la scelta di pubblicare le foto dei figli sui social network; nella fattispecie, Caia si era impegnata, sottoscrivendo l'accordo sulla regolamentazione dei rapporti genitori-figli, non solo a rimuovere le foto di Mevio e Flavio già pubblicate, ma anche a non diffonderne di nuove senza il consenso espresso del padre dei minori.

La questione

Il genitore ha il diritto di pubblicare sui social network le foto dei figli minori senza il consenso dell'altro genitore?

Le soluzioni giuridiche

Il rapido e pressoché universale accesso a internet ha comportato l'altrettanto rapida diffusione di materiale privato in rete, ivi comprese immagini raffiguranti soggetti minori d'età, che vengono pubblicate dagli stessi genitori. Si pone, dunque, il problema dell'esercizio del diritto all'immagine del minore, che spetta ai genitori: essi, all'atto della “condivisione” sulle piattaforme telematiche, prestano il consenso alla cessione dell'immagine dei figli, con ogni evidente conseguenza dal punto di vista giuridico.

È bene ricordare innanzitutto cosa si intenda quando si parla di diritto di immagine: il diritto di immagine è il diritto sul proprio ritratto e su ogni elemento che connota e qualifica un individuo esteriorizzandone la specifica soggettività, ed è ricompreso fra i diritti inviolabili ed assoluti, tutelati dall'art. 2 Cost..

Il consenso al trattamento dell'immagine è obbligatorio e spetta al soggetto ritratto. Anche la protezione del diritto all'immagine spetta innanzitutto alla persona – fisica o giuridica – interessata, che può richiedere per via giudiziale sia la cessazione della condotta, sia il risarcimento dei danni; l'art. 10 c.c., inoltre, attribuisce la legittimazione attiva anche ai familiari più prossimi (coniuge, genitori e figli), in ossequio al principio di solidarietà familiare.

L'art. 10 c.c. va letto anche alla luce degli artt. 96 e 97, l. n. 633/1941: quest'ultimi stabiliscono i casi in cui può essere esposta, riprodotta o messa in commercio l'immagine di una persona, ponendo, come detto, la regola generale dell'obbligatorietà del consenso del soggetto ritratto, mentre l'art. 10 c.c. sancisce che l'interessato, tramite l'autorità giudiziaria, può ottenere la cessazione dell'abuso ed il risarcimento dei danni.

La gestione dell'immagine del minore deve essere effettuata da entrambi i genitori esercenti la responsabilità genitoriale di comune accordo: a loro è demandata non già la titolarità del diritto di immagine del minore, bensì l'esercizio del diritto stesso, da effettuarsi nell'esclusivo interesse del medesimo e tenuto conto dei rischi che comporta la diffusione della sua immagine a mezzo dello strumento informatico.

Il minore, infatti, ha diritto a che la propria immagine non venga divulgata, esposta o comunque pubblicata. Così è stabilito dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989, ratificata dall'Italia con l. 21 maggio 1991, n. 176 e che prevede, all'art. 16, che nessun fanciullo deve essere «oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua riputazione» e che il minore «ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti».

Con riferimento alla pubblicazione in rete delle immagini dei minori, si configura l'ipotesi di una “metastasi diffusiva” con efficacia lesiva degli interessi del minore. Già la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che talune piattaforme telematiche, come Facebook non necessitano di alcuno specifico accertamento sulla potenzialità diffusiva.

La "piazza telematica" è aperta a tutti e la sua idoneità a diffondere quanto tutti condividono, incluso il materiale pornografico, ha raggiunto un livello notoriamente così elevato da esonerare la necessità di valutazione del concreto pericolo, nel momento in cui il materiale, appunto, è inserito entro un frequentatissimo social network. Il convogliamento di materiale, in questi casi, sulla bacheca di un account si traduce in una metastasi diffusiva con la massima facilità. L'inserimento del materiale nel relativo meccanismo diffusorio, quindi, è già di per sè potenzialmente idoneo, ovvero integra il pericolo concreto di diffusione anche tra i pedofili (Cass. pen., sez. III, 10 marzo 2016, n. 19112).

Il Tribunale di Mantova aderisce all'orientamento dei Giudici di legittimità, sancendo che «l'inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non» e, pertanto, «il pregiudizio per il minore è dunque insito nella diffusione della sua immagine sui social network».

Negli altri casi, sarà necessario valutare se la piattaforma telematica in questione abbia la potenzialità diffusiva e l'astratta idoneità a produrre effetti lesivi, sulla base delle modalità di accesso da parte di terzi all'immagine del minore, sì da stabilire se sia in concreto realizzabile quella metastasi diffusiva ipoteticamente lesiva degli interessi dello stesso.

La sentenza in commento evidenzia, inoltre, come il mancato consenso dell'altro genitore alla pubblicazione delle immagini dei figli minori determini non solo la violazione del disposto codicistico di cui all'art. 10 c.c. e della Convenzione sui Diritti del Fanciullo, ma anche delle norme del “Codice in materia di Protezione dei Dati Personali” (d.lgs. n. 196/2003 e successive modificazioni).

Fra i dati personali, infatti, rientra anche l'immagine del minore, come chiarisce l'art. 4, d.lgs. n. 196/2003: per "dato personale" deve intendersi «qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale».

L'interessato ha diritto di opporsi al trattamento dei dati personali (art. 7, d.lgs. n. 196/2003), può esercitare i propri diritti anche in via informale (art. 8, d.lgs. n. 196/2003) e può farli valere dinanzi all'autorità giudiziaria o con ricorso al Garante (art. 145, d.lgs. n. 196/2003).

È evidente come, in caso di minori, la gestione dell'immagine sia normalmente demandata in via esclusiva ai genitori i quali, in caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento e nullità del matrimonio ne dispongono sulla base di quanto sancito dal provvedimento giurisdizionale in ordine alla responsabilità genitoriale.

Nel caso deciso dal Tribunale di Mantova, uno dei genitori aveva già espresso il proprio dissenso in ordine alla pubblicazione dell'immagine dei propri figli on-line da parte della madre: nell'accordo separativo, quest'ultima si era impegnata a rimuovere le foto dei minori già pubblicate e ad astenersi dal pubblicarne di nuove.

Atteso l'inadempimento della madre dei minori rispetto agli accordi, il padre si è visto quindi costretto a chiedere l'intervento giurisdizionale, con ricorso ex art. 337-quinquies c.c., in modifica delle condizioni di affidamento, collocamento e mantenimento dei figli, con istanza urgente affinché venisse immediatamente inibita la pubblicazione delle foto dei minori in rete da parte della loro madre.

Il procedimento azionato dinanzi al Tribunale di Mantova dal ricorrente è quello previsto dall'art. 337-quinquies c.c. e la domanda di inibitoria risulta accessoria rispetto a quella principale di modifica della regolamentazione genitori-figli. Tuttavia, gli strumenti azionabili dal genitore contrario alla pubblicazione delle immagini dei minori sono molteplici dinanzi a comportamenti di totale disinteresse da parte del genitore per la persona del minore intesa quale soggetto di diritti e centro di imputazione di interessi.

La comprovata mala gestio della immagine del minore potrebbe comportare il ricorso al Tribunale ex art. 709-ter c.p.c. sia per la soluzione delle controversie, se pur quale estremo rimedio nell'interesse della prole, sia in caso di comportamenti che arrechino pregiudizio al minore, atteso che lo stesso giudice del procedimento separativo «può emettere i provvedimenti opportuni (anche conformativi della responsabilità genitoriale) quando emergano gravi inadempienze od atti che arrechino pregiudizio al minore» (Cass. civ., sez. VI, 26 gennaio 2015, n. 1349).

Il Tribunale potrà, quindi, in applicazione dei rimedi di cui al citato articolo, provvedere ad ammonire il genitore inadempiente rispetto ai suoi doveri di genitore responsabile, come pure a disporre il risarcimento del danno a carico del genitore “irresponsabile” nei confronti del minore. Non è da escludersi nemmeno il ricorso al Tribunale per i Minorenni, competente a decidere nei procedimenti di controllo e decadenza della responsabilità genitoriale, in assenza di giudizio separativo già incardinato dinanzi al Tribunale Ordinario, qualora dovesse venir ravvisato un grave pregiudizio per il minore.

Altra soluzione ipotizzabile è quella del ricorso all'applicazione del nuovo strumento dell'art. 614-bis c.p.c., che consente al Giudice, con il provvedimento di condanna a obblighi di facere o di non facere infungibili di fissare la somma di denaro a cui l'obbligato sarà tenuto per ogni violazione o inosservanza successiva: nella fattispecie, il Giudice potrebbe, infatti, fissare una somma di denaro dovuta per ogni violazione riguardante la pubblicazione dell'immagine del minore senza il consenso dell'altro genitore.

Così emerge anche dall'ordinanza Trib. Roma, 23 dicembre 2017 (v. Sanzioni per la madre che pubblica le foto del figlio sui social, in IlFamiliarista.it) in cui, al fine di assicurare l'osservanza dell'obbligo di rimozione di immagini, video e informazioni relative alla prole, è stato disposto l'astreinte di cui all'art. 614-bis c.p.c..

Nello specifico, il Giudice, pur in assenza di specifica domanda di parte, ha previsto tale strumento a garanzia degli interessi del minore sposando la dottrina che vuole il Giudice incaricato della protezione del minore e, in quanto tale, legittimato alla emissione, anche ex officio, di tutte le misure necessarie per l'attuazione dei provvedimenti inerenti l'affidamento e in generali a tutela del minore, tra le quali rientrano le misure di carattere esecutivo.

Considerato il pregiudizio per il minore, insito nella diffusione della sua immagine da parte della madre attraverso i social network, ha quindi disposto che, in caso di mancata ottemperanza della madre all'obbligo di interromperne la diffusione sui social network, ovvero di mancata ottemperanza all'obbligo di rimuove tali dati, la stessa dovrà corrispondere al figlio una somma per ogni violazione posta in essere.

Osservazioni

L'ordinanza del Tribunale di Mantova costituisce uno dei primi provvedimenti emessi da Giudici nazionali in tema di dispute fra genitori sulla diffusione delle immagini dei figli tramite piattaforme telematiche. All'estero, l'argomento è già stato oggetto di pronunce di Tribunali aditi sia dal genitore contrario alla pubblicazione, sia dallo stesso soggetto interessato, divenuto maggiorenne: lo scenario (v. S. Molfino, Il diritto d'immagine del minore in rete: profili di responsabilità genitoriale e ipotesi di risarcimento del danno, in IlFamiliarista.it) troverà applicazione con tutta probabilità anche nel nostro paese, attesa la pressoché universale diffusione di strumenti tecnologici di massa, abilitati alla diffusione dei cosiddetti dati sensibili, propri e altrui.

Nel frattempo, il legislatore europeo, prima ancora di quello nazionale, ha sollecitato gli operatori economici e giuridici ad una stringente regolamentazione dei dati sensibili dei minori, prevedendo apposita normativa a tutela dei medesimi in relazione ai servizi della società dell'informazione (Reg. UE n. 679/2016) che entrerà in vigore il 25 maggio 2018, citata anche dalla pronuncia in commento.

Il provvedimento del Tribunale di Mantova si palesa dunque condivisibile, in applicazione di una normativa, quella del diritto informatico, che, de iure condendo, non può prescindere dalla protezione del minore: protezione di cui si devono rendere artefici in primis i genitori, in linea con la valorizzazione dei diritti della personalità del minore e con il superamento della antica concezione della potestà a favore della responsabilità genitoriale.

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