Le condizioni dell’azione di rivalsa nella legge Gelli-Bianco

19 Gennaio 2018

Una delle più rilevanti novità della legge 24/2017 è costituita dagli oneri di comunicazione posti a carico della struttura sanitaria privata e delle imprese assicuratrici, della medesima struttura o del professionista sanitario, quali requisiti di ammissibilità delle azioni di rivalsa.
La comunicazione preventiva: ratio e regime transitorio

Una delle più rilevanti novità della legge 24/2017 è costituita dagli oneri di comunicazione posti a carico della struttura sanitaria privata e delle imprese assicuratrici, della medesima struttura o del professionista sanitario, quali requisiti di ammissibilità delle azioni di rivalsa che tali soggetti possono esercitare nei confronti del professionista (si tratta rispettivamente dell'azione di regresso di cui all'art. 1299 c.c., di quella di surrogazione di cui all'art. 1916 c.c. e della rivalsa prevista in via convenzionale).

È opportuno innanzitutto definire il regime transitorio della nuova disciplina, contenuta per lo più nell'art. 13.

La legge non contiene norme di diritto intertemporale e dunque, ai sensi dell'art. 11 delle Preleggi, trova piena applicazione il principio di irretroattività nei limiti fissati dalla Suprema Corte e ribaditi anche recentemente.

La Cassazione sul punto ha infatti affermato che «il principio della irretroattività della legge comporta che la nuova norma non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauritisi prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi nel fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali o future di esso, sicché la disciplina sopravvenuta è invece applicabile ai fatti, agli "status" e alle situazioni esistenti o venute in essere alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai nuovi fini, debbano essere presi in considerazione in se stessi, prescindendosi dal collegamento con il fatto che li ha generati» (Cass. civ., sez. III, 2 agosto 2016, n. 16039).

Deve quindi ritenersi che il nuovo regime venga in rilievo a fronte di pretese risarcitorie esplicitate in via giudiziale o stragiudiziale dopo la sua entrata in vigore (1 aprile 2017), anche per fatti illeciti commessi prima di tale momento, poiché esse costituiscono il presupposto per l'azione di rivalsa.

L'onere di preventiva comunicazione è chiaramente diretto a consentire all'esercente la professione sanitaria la partecipazione al giudizio promosso dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o della assicurazione del professionista o alla trattativa stragiudiziale, da qualsiasi di quei soggetti avviata.

L'informazione è anche funzionale all'accesso alla documentazione in possesso della struttura, che il comma 4 dell'art. 12 della l. 24/2017 riconosce anche al professionista e che ha valenza di carattere generale, sebbene sia inserito in una norma dedicata all'azione diretta.

L'adempimento in esame riguarda la struttura sanitaria e la compagnia di assicurazione rispetto alle differenti azioni di rivalsa che possono esercitare. Peraltro, avendo ad oggetto una mera comunicazione e non una manifestazione di volontà, potrà essere assolto da un impiegato o da un commesso e non è quindi riservato al legale rappresentante dell'ente.

Comunicazione di avvio del giudizio

Al professionista va comunicata, con le modalità specificamente indicate (pec o raccomandata con avviso di ricevimento) agli indirizzi che si dovrà aver cura di acquisire nel corso del rapporto con lui, l'instaurazione del giudizio risarcitorio promosso dal danneggiato nei confronti dell'ente ospedaliero o della compagnia assicuratrice, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica dell'atto introduttivo (atto di citazione o ricorso corredato dal decreto di fissazione di udienza), allegando anche una copia di esso.

La disposizione non è molto perspicua, risultando di fatto inapplicabile, rispetto alla posizione della compagnia assicuratrice del sanitario non strutturato poiché l'art. 12, comma 4, l. n. 24/2017 prevede, in caso di azione diretta del danneggiato verso di essa, il litisconsorzio necessario del professionista che quindi inevitabilmente viene al corrente del giudizio. In tale giudizio peraltro potrà essere svolta anche l'azione di rivalsa che inevitabilmente sarà condizionata all'effettivo pagamento.

Non è chiaro peraltro se, rispetto all'azione di regresso della struttura sanitaria, la previsione riguardi solo i casi in cui, in una delle due fasi considerate, l'autore della condotta dannosa sia stato già individuato dal danneggiato o se trovi applicazione anche qualora egli sia solo individuabile dalla stessa struttura sanitaria sulla base della descrizione del fatto. Una simile eventualità appare però oltremodo remota, data l'esiguità del termine concesso per l'invio della comunicazione e la conseguente impossibilità di svolgere una verifica sulle cause dell'evento ed ancor più sulla sussistenza dell'elemento soggettivo (dolo o colpa grave) che costituisce il presupposto dell'azione di rivalsa.

È quindi facile prevedere che, una volta ricevuto l'atto giudiziario, l'ente ospedaliero, per non precludersi l'azione di rivalsa, lo comunicherà indistintamente a tutti i sanitari che hanno partecipato all'intervento lesivo (ad esempio ai componenti di un equipe chirurgica), sebbene non si possa ancora sapere in quel momento se vi siano i presupposti oggettivi e soggettivi della rivalsa.

Da tali considerazioni consegue che la comunicazione in esame non può considerarsi quale atto di costituzione in mora anche perchè viene inviata prima ancora che sia sorto il diritto di regresso.

È opinione comune che vada comunicato al sanitario anche il ricorso per consulenza tecnica preventiva di cui all'art. 8, comma 1, poiché anch'esso introduce un giudizio, ma, ad avviso di chi scrive, solo qualora a ciò non abbia provveduto direttamente il danneggiato convenendo in quella procedura il professionista, come gli consente la norma predetta.

Infatti sono parti necessarie dell'ATP di cui all'art. 8 l. n. 24/2017 tutti i soggetti che il ricorrente prospetti come obbligati al risarcimento dei danni lamentati, compreso l'esercente la professione sanitaria autore della condotta illecita, anche se dipendente della struttura, che già fosse stato individuato in quella fase (evidentemente sulla base di una ct di parte).

Deve allora escludersi che la norma in esame venga in rilievo allorquando il sanitario sia comunque venuto a conoscenza della proposizione da parte del danneggiato del procedimento di conciliazione preventiva.

Peraltro è indubbio che sia la struttura che la compagnia di assicurazione abbiano un interesse a coinvolgere il professionista nell'ATP anche al fine di soddisfare il presupposto di ammissibilità dell'azione nei suoi confronti.

L'opportunità di convenire il professionista sanitario già nella procedura stragiudiziale discende anche dall'ultimo comma dell'art. 9, che riconosce al giudice la facoltà di desumere «argomenti di prova dalle prove assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o dell'impresa di assicurazione» se il primo è stato parte del giudizio stesso. Per giudizio infatti ben può intendersi anche l'ATP ante causam che non abbia avuto esito conciliativo, avendo esso anche una funzione di acquisizione della prova.

Per giudizio infatti ben può intendersi anche l'ATP ante causam che non abbia avuto esito conciliativo, avendo esso anche una funzione di acquisizione della prova.

Del resto nel procedimento di ATP può essere accertata la responsabilità della struttura per l'evento lesivo, se non quella dei singoli sanitari che vi abbiano preso parte e i rispettivi gradi di colpa, aspetti questi che potranno essere oggetto del giudizio di regresso.

Può escludersi poi che il professionista che abbia ricevuto comunicazione del procedimento di ATP debba ricevere anche comunicazione dell'inizio del successivo giudizio di merito, atteso che tale ulteriore iniziativa non contiene elementi di novità, rispetto al primo atto, con riguardo alla sua posizione.

Non rientra invece nella previsione l'istanza di mediazione poiché essa non dà avvio ad un giudizio, nemmeno quando costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, ma ad una procedura stragiudiziale.

In dottrina (D'ADDA, Solidarietà e rivalse nella responsabilità sanitaria: una nuova disciplina speciale, in Corr. Giur., 2017, p.775), è stato sostenuto che, con la previsione dell'iter procedimentale in esame, si è inteso escludere, nel caso di azione risarcitoria svolta nei confronti della sola struttura sanitaria, la possibilità per la stessa di chiamare in causa il medico al fine di sentirlo condannare al regresso, ai sensi degli artt. 167, comma 2, e 269 c.p.c.

Tale conclusione non può però essere condivisa perchè introduce limitazioni al diritto di azione in via meramente interpretativa. Inoltre l'espressione, utilizzata dal legislatore, di «partecipazione al giudizio» è sicuramente idonea a ricomprendere anche quella che sia il frutto di una chiamata da parte del convenuto.

Se si condividono tali premesse resta da stabilire se la comunicazione preventiva vada inviata anche qualora la struttura sanitaria o la compagnia si orientino a chiamare in causa il sanitario poiché in quel caso dispongono di novanta giorni per notificare l'atto di citazione. Il termine, oltremodo ristretto, per l'invio della comunicazione preventiva depone a favore di una risposta affermativa ma una interpretazione costituzionalmente orientata della norma induce ad escludere formalità, e connesse ipotesi di decadenza, inutili. Può quindi affermarsi che essa trovi applicazione solo qualora i predetti convenuti non svolgano nel corso del giudizio l'azione di rivalsa, condizionata peraltro all'effettivo pagamento.

Comunicazione di avvio di trattative stragiudiziali

Anche l'avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, seppure successivo alla notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, va comunicato, con le medesime modalità sopra viste, al professionista ma in questo caso la comunicazione deve essere accompagnata dall'invito a partecipare alle trattative. Tale requisito è diretto a consentire al professionista la sottoscrizione dell'eventuale transazione e si ricollega con la previsione della inopponibilità di qualsiasi intesa raggiunta senza il suo coinvolgimento (art. 9, comma 4).

Non è chiaro peraltro quali siano le informazioni sulla trattativa che vanno date al professionista ed in particolare se sia sufficiente comunicare la somma richiesta a titolo di risarcimento danni o se occorra riferire anche tutti i particolari utili a valutare la convenienza di una soluzione conciliativa, come ad esempio i profili di responsabilità addebitati o gli elementi sui quali si fonda l'assunto del danneggiato (dati che invece sono, o dovrebbero essere, esplicitati nell'atto introduttivo del giudizio).

La norma non individua con esattezza nemmeno il dies a quo del termine, sempre di dieci giorni, per l'invio della comunicazione, poiché fa riferimento alla nozione di “avvio delle trattative”, che appare oltremodo equivoca.

Infatti da un lato può escludersi che essa alluda alla richiesta risarcitoria del danneggiato, sotto qualunque forma espressa (costituzione in mora o istanza di mediazione), poiché la trattativa implica una interlocuzione con la controparte. È però dubbio se la trattativa possa consistere anche solo in contatti informali e sommari tra danneggiato e soggetti tenuti al risarcimento o richieda almeno una formalizzazione della disponibilità conciliativa, sia pure di massima, dei secondi. Da ciò consegue in ogni caso che, con specifico riguardo alla mediazione (sia che la controversia sia soggetta a mediazione obbligatoria o a mediazione volontaria) promossa dal danneggiato, solo l'adesione ad essa della struttura o della compagnia di assicurazione integrerà il presupposto di applicazione della norma.

Può invece escludersi che la partecipazione al primo incontro di cui all'art. 8 del d. lgs. 28/2010, non seguita dalla manifestazione di volontà di iniziare la procedura, faccia sorgere l'onere di comunicazione poiché in tal caso la trattativa non si può considerare iniziata.

D'altro canto, poiché la previsione non richiede che il promotore della trattativa sia il danneggiato, qualora l'iniziativa conciliativa sia assunta dalla struttura sanitaria o dalla compagnia esse devono notiziare il professionista senza attendere il riscontro della controparte.

Qualora, dopo l'esito infruttuoso della trattativa, venisse promosso il giudizio risarcitorio, o anche l'ATP ex art. 8, tale evenienza integrerà la diversa ipotesi della “instaurazione del giudizio” e andrà quindi comunicata al professionista, in applicazione della prima parte del primo comma dell'art.13.

Le criticità della nuova disciplina

Il legislatore avrebbe dovuto definire con maggior cura il contenuto dell'informativa sull'avvio delle trattative e la nozione stessa di “avvio delle trattative” nel momento in cui ha scelto, in modo assai poco ragionevole, di sanzionare con la stessa conseguenza dell'inammissibilità, che come tale è rilevabile di ufficio e non sanabile, non solo l'omissione delle comunicazioni ma anche la loro incompletezza e tardività.

La sua approssimazione ha reso questa disciplina particolarmente gravosa per strutture sanitarie e compagnie di assicurazione.

In tale ottica va anche evidenziato che, sebbene a far evitare la decadenza dalla rivalsa possa essere sufficiente l'invio della comunicazione preventiva, il termine stabilito per essa è piuttosto esiguo e gli enti con organizzazioni complesse potranno avere serie difficoltà ad osservarlo.

Al fine di limitare le conseguenze della nuova previsione se ne propone una interpretazione restrittiva secondo la quale l'omissione, il ritardo o l'incompletezza delle comunicazioni possano assumere rilievo solo se colpevoli. Potrà quindi ad esempio escludersi la sanzione della inammissibilità nel caso in cui la comunicazione sia stata inviata ad un indirizzo errato per colpa del sanitario.

L'adempimento in esame, oltre che gravoso per enti ospedalieri e compagnie, per le ragioni fin qui dette, è anche inutile poiché anche in sua assenza la disciplina avrebbe offerto più che adeguate garanzie al professionista. Infatti se le trattative di quei soggetti con il danneggiato non vanno a buon fine, l'ente ospedaliero non deve corrispondere alcunchè e non ha diritto di regresso mentre se vanno a buon fine, la transazione è inopponibile al medico per espressa previsione di legge (art. 9, comma 4, l. 24/2017).

Pertanto è oltremodo dubbia la compatibilità di questa parte della novella con la Carta costituzionale alla luce della più recente giurisprudenza costituzionale sui limiti all'accesso alla tutela giurisdizionale. Sul punto è opportuno ricordare che, con la recentissima sentenza C. Cost. 20 novembre 2017, n. 241, la Corte ha giudicato irragionevole e ingiustificato e, quindi, in contrasto con l'art. 3 Cost. l'art. 152, ultimo periodo, disp. att. c.p.c., come modificato dall'art. 38, comma 1, lettera b), n. 2, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 che, nei giudizi previdenziali, al fine di vincolare il giudice a liquidare le spese nei limiti di valore della prestazione dedotta, prescriveva alla parte, a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare il suddetto valore nelle conclusioni del ricorso introduttivo.

Tali principii, riguardando qualsiasi adempimento di carattere meramente formale, ben possono applicarsi anche all'adempimento in esame.

Gli ulteriori presupposti dell'azione di rivalsa in sede civile

La previsione di cui all'art. 13 della l. 24/2017 va anche coordinata con il comma 2 dell'art. 9 che fissa un'ulteriore condizione ed un temine per l'esercizio dell'azione di rivalsa, sempre che l'esercente la professione sanitaria abbia ricevuto le comunicazioni di cui all'art. 13.

La condizione è data dalla partecipazione del sanitario al giudizio o alla procedura stragiudiziale di risarcimento del danno, a prescindere che nel primo sia stata in concreto svolta l'azione di rivalsa.

Per comprendere l'ambito di applicazione della norma è opportuno chiarire che il presupposto della partecipazione alla procedura stragiudiziale è integrato quando il professionista sia convenuto in mediazione ovvero nella CTU preventiva. La prima ipotesi si può verificare qualora la compagnia facesse valere il rapporto assicurativo, prospettando quindi una controversia soggetta a mediazione obbligatoria, mentre l'ATP conciliativo potrebbe essere promosso nei confronti del sanitario anche dallo stesso danneggiato che anticipasse una azione diretta. Ancora, potrebbe darsi il caso in cui la struttura o la compagnia di assicurazione, optando per la negoziazione assistita volontaria, inviassero l'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita.

Non pare invece riconducibile alla fattispecie in esame il coinvolgimento del sanitario in una trattativa stragiudiziale con la struttura o con la compagnia assicuratrice perché in tale ipotesi non si ha propriamente una “procedura” e, per di più, è impossibile stabilire quando si possa parlare di “partecipazione” ad essa del professionista (se ad esempio occorra un ruolo attivo o sia sufficiente quello passivo).

Pertanto se la trattativa non si struttura in una delle suddette forme di ADR l'azione di rivalsa sarà senz'altro ammissibile, se di essa sia stata data comunicazione ai sensi dell'art. 13, e potrà essere esercitata senza i limiti di cui all'art. 9, comma 2.

Se invece il professionista non è stato convenuto in giudizio o in una ADR l'azione nei suoi confronti va esperita, a pena di decadenza, nel termine, invero alquanto ristretto, di un anno che decorre dall'avvenuto pagamento sulla base di un titolo giudiziale o stragiudiziale.

L'esborso quindi non deve essere necessariamente spontaneo e può anche avvenire sulla base di una decisione (sentenza o ordinanza) provvisoriamente esecutiva.

Guida all'approfondimento

D'ADDA, Solidarietà e rivalse nella responsabilità sanitaria: una nuova disciplina speciale, in Corr. Giur., 2017;

MARTINI, Legge Gelli: azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa, in Ridare.it;

VACCARI, L'ATP obbligatorio nelle controversie di risarcimento dei danni derivanti da responsabilità sanitaria, in Ridare.it.

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