La coordinazione genitoriale nella definizione delle Linee guida internazionali

22 Gennaio 2018

La coordinazione genitoriale può rappresentare una valida opportunità di attuazione dei programmi di genitorialità condivisa anche in presenza di conflitti elevati e cronici. L'Autrice considera la specificità della coordinazione come ADR, sia in rapporto ad altri strumenti definiti dalle norme di legge, sia con riferimento alla definizione operativa delle linee guida internazionali di Association of family and conciliation courts (AFCC).
La nuova opportunità della coordinazione genitoriale

La coordinazione genitoriale ha fatto il suo ingresso nel nostro Paese con alcuni provvedimenti innovativi (Trib. Civitavecchia, 20 maggio 2015; Trib. Milano, 29 luglio 2016), aprendo nuove concrete possibilità di attuazione del regime di condivisione delle responsabilità genitoriali anche in presenza di elevata e cronica conflittualità di coppie genitoriali per le quali non è indicato il percorso di mediazione familiare.

La coordinazione è un processo volontario a cui i genitori scelgono liberamente di aderire. Nella formula che spesso viene riportata nei provvedimenti di alcuni tribunali, il Giudice acquisisce la volontà delle parti di incaricare un coordinatore, quindi nomina il coordinatore nella persona individuata dai genitori (normalmente supportati nella ricerca dai loro consulenti al fine di selezionare un professionista ritenuto idoneo); il professionista nominato verrà poi finanziato dagli stessi genitori.

I genitori sottoscrivono un accordo d'incarico, fornendo con ciò il loro consenso al percorso proposto, (che alcuni coordinatori delle professioni sanitarie corredano con un consenso informato) recepito dal Giudice quale manifestazione di volontà dei genitori.

La valutazione dell'opportunità di incaricare un coordinatore può essere formulata al termine di una CTU, quando risulti evidente l'elevata conflittualità dei genitori e la non mediabilità della coppia. Nelle prassi che vanno configurandosi in alcuni tribunali la coordinazione non è dunque un provvedimento imposto ai genitori.

Negli USA, in alcuni Stati, lo strumento della coordinazione genitoriale è normato da leggi che possono prevederne l'obbligatorietà al verificarsi di determinate condizioni, quali la sussistenza dell'elevata conflittualità parentale e la motivazione del superiore interesse del minore, ma in questo caso il coordinatore non sarà investito anche dell'autorità di assumere decisioni. L'autorità di decidere può ulteriormente venire attribuita allo stesso coordinatore solo ed esclusivamente mediante la sottoscrizione di un accordo a cui i genitori abbiano aderito volontariamente. L'ambito decisionale è comunque limitato a questioni di minore entità e ove anche i genitori proponessero variazioni al piano genitoriale, la loro proposta dovrà essere autorizzata dal Giudice.

Le normative americane, pur nella loro diversità, generalmente comprendono alcuni elementi comuni, tra i quali: la natura di ADR (Alternative Dispute Resolution) del processo di coordinazione, la specifica formazione dei professionisti, la definizione dell'ambito di autorità del coordinatore, l'autorizzazione delle decisioni da parte dell'autorità giudiziaria.

Dopo l'introduzione delle linee guida di AFCC sulla coordinazione diversi stati hanno definito una propria normativa in molti casi corrispondente con i contenuti delle stesse linee guida.

La coordinazione genitoriale definita in modalità differenziale

La coordinazione non è una psicoterapia, non è una consulenza legale o tecnica, non è una mediazione familiare, non è un intervento educativo dei genitori; le linee guida AFCC chiariscono i confini dei diversi ruoli professionali.

La coordinazione si differenzia nettamente dai provvedimenti di affidamento al Servizio Sociale o all'Ente territoriale: «All'affidamento al Servizio Sociale devono comunque accompagnarsi limitazione all'esercizio della responsabilità genitoriale delle parti, più o meno ampie, che garantiscano l'effettiva messa in opera di interventi, di percorsi di monitoraggio e sostegno della coppia genitoriale, e permettano che le scelte di maggiore rilevanza per la vita del minore vengano effettuate nel suo esclusivo interesse, al di fuori dal conflitto genitoriale e dalle reciproche rivendicazioni, con il coinvolgimento di entrambi i genitori» (v. M. Velletti, Affidamento a terzi, in IlFamiliarista.it).

Il coordinatore non è un “tutore”, come le recenti semplificazioni giornalistiche divulgative hanno proposto. Ben diverso è il ruolo del tutore pur individuato in casi di elevata conflittualità. Si veda ad esempio il caso in cui il Tribunale di Roma ha «disposto l'affidamento del minore (oltre ai Servizi Sociali) anche a un soggetto terzo, attribuendo allo stesso l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale e individuando altresì una serie di prescrizioni che il terzo affidatario deve seguire nell'esercizio del proprio mandato» (cfr. Trib. Roma, 2 ottobre 2015; v. F. King, La nomina di un tutore per il minore come rimedio alla conflittualità dei genitori, in IlFamiliarista.it).

Il coordinatore non è un curatore speciale del minore (art. 78 c.p.c.): «nei giudizi relativi alla disgregazione del nucleo familiare ex art. 337-bis c.c. (…). Le situazioni concrete in cui tale esigenza può rappresentarsi sono molteplici; devono però in concreto tradursi in situazioni che vanno oltre la conflittualità anche accesa tra i coniugi/genitori e determinino serio pregiudizio, grave disagio, particolari problematiche di salute per il minore in conseguenza del comportamento di uno o di entrambi i genitori, parti del processo, che in tal modo vengono a trovarsi in una situazione di concreto conflitto di interessi rispetto al minore» (cfr. R. Muscio, Il curatore speciale del minore nei procedimenti di competenza del tribunale ordinario, in IlFamiliarista.it).

Il Giudice può farsi assistere quando è necessario «per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica» (art. 61 c.p.c.), ma il coordinatore non è un ausiliario del giudice. Non è un coordinatore genitoriale l'ausiliario a cui vengano attribuite delle funzioni o verifiche all'interno del processo, pur se tali funzioni coincidano con quella vicaria e di supporto che il coordinatore svolge a vantaggio dei genitori in via extraprocessuale.

Anche ove venga attivata una coordinazione prima della conclusione del procedimento il coordinatore rimane una funzione estranea al processo. La coordinazione «Non trova un riscontro normativo diretto nel nostro ordinamento, salvo a volerla riferire al polivalente potere del giudice di adottare "ogni altro provvedimento relativo alla prole" (c.d. provvedimenti atipici nell'interesse del minore) ricordato dall'art. 337-ter, comma 2, c.c.. Non è infatti direttamente riconducibile alla mediazione familiare contemplata dall'art. 337-octies, comma 2, c.c. che disegna il ruolo del giudice quale quello di un advisor che spiega alle parti cos'è la mediazione» (cfr. R. Russo, Il coordinatore genitoriale: terzo genitore o mediatore?, in IlFamiliarista.it).

Il compito della mediazione è normalmente quello di permettere ai genitori di costruire in prima persona il progetto di vita della famiglia separata, mentre il compito della coordinazione è principalmente focalizzato sull'attuazione da parte dei genitori di tale progetto (o piano genitoriale) già formulato dai genitori quindi autorizzato o disposto dal Giudice.

Nel caso della coordinazione le limitazioni di riservatezza, compresa la possibilità di fornire rapporto o relazione all'autorità, comportano delle specifiche cautele affinché il coordinatore rimanga a tutti gli effetti un ruolo estraneo al processo. Si rende così necessaria una definizione della tipologia di dati e informazioni che il coordinatore può fornire con la sua relazione, comprendente elementi prettamente fattuali inerenti l'andamento della coordinazione, evitando di rendere quella che negli USA viene definita come “testimonianza esperta” nel processo, che normalmente viene resa dalla figura con funzioni comparabili a quelle del CTU dell'ordinamento italiano (cfr. G. Gennari, Il contributo delle scienze sociali nelle decisioni in materia di responsabilità genitoriale e le capacità di controllo del Giudice, in IlFamiliarista.it).

Il coordinatore deve poter segnalare situazioni di criticità o di mancata adesione da parte dei genitori alle raccomandazioni da lui fornite in ordine all'attuazione delle disposizioni del Giudice o della CTU riguardanti la genitorialità nel quotidiano della vita familiare. In quel caso una verifica, circa il non rispetto delle raccomandazioni o il venir meno della fiducia nella coordinazione, deve poter essere considerata dalle parti congiuntamente e dal Giudice. L'esito di tale verifica potrà condurre a un rinnovato affidamento sulla figura del coordinatore e al rispetto della raccomandazione, in caso contrario porterà alla chiusura della coordinazione, quindi a diversi provvedimenti nell'interesse e tutela dei minori coinvolti. Una simile verifica del percorso di coordinazione, ove la nomina del coordinatore avvenga all'esito del processo con provvedimento conclusivo, risulta non priva di criticità in questa fase ancora embrionale della coordinazione del nostro Paese. La continuazione della competenza giudiziaria oltre il termine ultimo del processo è un problema che anche le normative USA hanno dovuto affrontare.

La coordinazione genitoriale secondo le linee guida di AFCC

Si vuole qui sottolineare la natura di ADR della coordinazione: in questo si configura la vera specificità di tale strumento. Come ADR la coordinazione si affianca, quale ulteriore opzione per l'alta conflittualità, alla mediazione familiare, con la quale condivide origini comuni e da cui storicamente si differenzia in un ruolo inizialmente misto comprendente funzioni di mediazione e arbitrato. La mediazione familiare tuttavia, come è noto, è totalmente indipendente dal contesto giudiziario, le scelte dei genitori sono del tutto plenipotenziarie e il ruolo del mediatore non può essere un ruolo direttivo. La direttività della coordinazione e il collegamento con il contesto giudiziario sono invece giustificati dal rischio di pregiudizio che sul minore può ricadere a causa dell'elevato livello della discordia genitoriale nel momento in cui il programma di genitorialità condivisa deve essere attuato nel quotidiano. L'invio in coordinazione costituisce un estremo tentativo di mantenere in capo ai genitori la pienezza delle loro responsabilità genitoriali e dell'autonomia decisionale senza limitazioni di alcun tipo o grado, pur garantendo la protezione dei minori coinvolti ad opera degli stessi genitori in prima persona, che possono così esprimere le loro buone capacità cogenitoriali pur con l'ausilio e il supporto del coordinatore. A più di dieci anni dall'introduzione della l. n. 54/2006 alcuni Giudici della famiglia si orientano verso questa nuova straordinaria opportunità conservativa dei diritti, delle libertà e delle responsabilità parentali di tutelare la prole dalla perdurante discordia nella coppia genitoriale, di per sé non ostativa dei regimi di affido condiviso.

La coordinazione ha tardato a configurarsi in maniera definita anche negli USA. Il processo di definizione delle linee guida di AFCC ha comportato un lavoro di molti anni, data la variabilità dello strumento negli stati dell'Unione e la difficoltà di pervenire a una formulazione di standard condivisi. Finalmente nel 2005 AFCC ha prodotto le attuali linee guida in cui viene riportata la definizione operativa ufficialmente condivisa di coordinazione genitoriale e le sue funzioni: «la coordinazione genitoriale è un processo di risoluzione alternativa delle controversie centrato sul bambino attraverso il quale un professionista della salute mentale o di ambito giuridico, con formazione ed esperienza nella mediazione familiare, aiuta i genitori altamente conflittuali ad attuare il loro piano genitoriale, facilitando la risoluzione delle controversie in maniera tempestiva, educandoli sui bisogni dei loro figli e, previo consenso delle parti e/o del giudice, prendendo decisioni all'interno dell'ambito del provvedimento del tribunale o del contratto di incarico...La coordinazione genitoriale combina la valutazione, l'educazione, la gestione del caso, la gestione del conflitto e, talvolta, l'assunzione di decisioni».

Quindi le funzioni riportate nelle linee guida sono le seguenti:

  1. Funzione di valutazione. Il coordinatore genitoriale svolge tale funzione partendo dalla relazione di CTU e utilizzando strumenti che gli permettano di conoscere le fonti esplicite e nascoste del conflitto. Incontra i figli della coppia, per comprendere, ad esempio, se il conflitto genitoriale li stia danneggiando ed eventualmente consiglia ai genitori invii specialistici ad altri professionisti.
  2. Funzione educativa. Il coordinatore genitoriale educa i genitori sullo sviluppo del bambino, sui risultati delle ricerche su separazione/divorzio, sull'impatto del loro comportamento sui bambini, sulle loro competenze di comunicazione e di risoluzione dei conflitti.
  3. Funzione di gestione del caso. Il coordinatore genitoriale lavora con i professionisti e le istituzioni al servizio della famiglia (ad esempio, servizi di salute mentale, di assistenza sanitaria, i servizi sociali, scolastici, ecc.), così come con la famiglia allargata, genitori acquisiti o nuovi partner. Il coordinatore chiede ai professionisti sul caso (terapeuti, avvocati delle parti, ex CTP o CTU, ecc.) di contribuire alla risoluzione dei conflitti.
  4. Funzione di gestione dei conflitti. Il ruolo principale del coordinatore genitoriale è quello di assistere le parti a risolvere i disaccordi sui minori, minimizzando, riducendo o incapsulando il conflitto, laddove non sia possibile risolverlo e impedendone dunque le ripercussioni sui figli della coppia. Il coordinatore genitoriale può utilizzare le abilità e le tecniche di risoluzione delle controversie, di negoziazione, di mediazione e di arbitrato.
  5. Funzione decisionale: laddove il coordinatore non può risolvere la divergenza, con l'accordo dei genitori, fornisce i consigli o le raccomandazioni per risolvere le questioni che i genitori sono tenuti a rispettare.
Il sistema familiare si coordina per risolvere la conflittualità genitoriale

Si evince dai noti studi internazionali sulle famiglie in separazione che il conflitto è fisiologica espressione della trasformazione del sistema familiare; normalmente si conclude nell'arco di 2-3 anni dopo la separazione e non lascia conseguenze sui figli della coppia. I genitori, che sono normalmente (o sufficientemente) buoni genitori, possono far ricorso alle loro risorse e capacità genitoriali per un sano adattamento al cambiamento familiare, aiutati da percorsi di mediazione familiare o di sostegno psico-educativo alla genitorialità che forniscono il supporto più adeguato nella trasformazione delle relazioni.

Solo una piccola parte delle coppie in separazione, circa 1 su 10, mantiene la cronicità del conflitto oltre i tre anni dall'evento separativo, con una alta probabilità di creare conseguenze negative sui figli della coppia, proprio a causa di una particolare tipologia di conflitto che la scienza definisce la più dannosa per la psiche del bambino: il conflitto sulle questioni che lo riguardano direttamente nel quotidiano della sua esistenza.

L'elemento di cronicità è una delle componenti fondamentali della valutazione del livello di conflittualità, così come lo è ad esempio la non mediabilità della coppia. Naturalmente il coordinatore non si occupa di trattare i motivi che sostengono il permanere di profili elevati di conflittualità, tra i quali possono essere citati ad esempio alcune tipologie di disturbo mentale.

Ma di quale “materia” si compone l'elevato conflitto quando si manifesta nel quotidiano dell'esistenza in cui il coordinatore è chiamato a prestare la sua funzione? Si tratta ordinariamente di situazioni di bambini che a seguito dello schieramento nel conflitto parentale rifiutano un genitore.

Quanto ai loro genitori: sono genitori che criticano, disprezzano, fanno ostruzionismo e esibiscono atteggiamenti difensivi, perché investiti dalle incursioni dei quattro cavalieri dell'Apocalisse descritti da Gottman (J.M. Gottman, What predicts divorce, New Jersey, 1994); sono spesso blamers (censori o accusatori) in grado di mantenere costantemente elevato il livello del conflitto (B. Eddy, High conflict people in legal disputes, Canada, 2006). Sono genitori che fanno di tutto per convincere che l'altro genitore è un pazzo, un criminale, perché loro stessi ne sono convinti. Naturalmente sono i figli i primi che si lasciano convincere di queste tesi, anche senza che vengano spiegate, dato che i minori si fanno le loro idee sulla base di ciò che intuiscono o deducono dal mondo degli adulti. In questi casi le visioni dei bambini (pur se non volontariamente indotte dal genitore) sono esplicitamente conformate a quelle di un genitore, di solito di quello che loro percepiscono come il genitore debole. Da qui l'esclusione dell'altro genitore, vissuto appunto come colpevole. Il fatto che l'accesso fisico a un genitore non sia impedito non significa che al figlio venga garantito anche l'accesso emotivo, ostacolato proprio da questa visione del genitore come biasimevole a cui il bambino può allinearsi in modo più o meno indipendente; in questo quadro, la coordinazione può rappresentare un vero cambiamento di paradigma e una spinta culturale grazie a queste nuove ADR; coordinazione e pratica collaborativa (IICL, AIADC) condividono la visione più ampia comprendente l'intero sistema che accetta di ‘coordinarsi' al fine di superare la logica avversariale tradizionale.

Lo strumento della coordinazione genitoriale richiede di differenziare le tipologie di conflitto: alcuni conflitti sono gestibili con modalità negoziative/mediative generative di accordo nello spazio d'incontro dei genitori dialoganti, pur per il tramite del coordinatore; altri sono gestibili solo con metodi più direttivi come il consiglio o la raccomandazione ad assumere una determinata decisione; altri ancora invece non sono risolvibili e per questi non rimane che la riduzione del danno. Per quest'ultima categoria di conflitto, essendo preclusa la possibilità di avanzare su una strada migliorativa nella cogenitorialità, è necessario che la genitorialità sia parallela ma comunque coordinata pur nel mantenere disgiunte le voci come i violini e i contrabbassi in un'orchestra sinfonica.

La cogenitorialità che si vuole conseguire in coordinazione non è solo un generico concetto di uso comune, ma è un vero e proprio costrutto la cui esistenza è scientificamente comprovata da studi recenti. Si compone a sua volta di altri subelementi: la collaborazione e partecipazione nelle scelte tra genitori (elemento che va ben oltre la semplice divisione dei compiti pratici di cura dei figli), l'assenza di competizione parentale e il reciproco o mutuo coinvolgimento dell'altro genitore nelle scelte (J. P. McHale e altri, Growing points for coparenting theory and research, 2004).

E' stato altresì dimostrato che la cogenitorialità è un elemento protettivo dalle conseguenze negative sul bambino del conflitto genitoriale. La realizzazione della cogenitorialità, concetto di ambito psicologico che sul versante giuridico trova il suo correlato nella condivisione della responsabilità genitoriale, è un elemento fondamentale del processo di coordinazione genitoriale ‘centrato sul bambino', come formulata nella definizione operativa di AFCC.

In conclusione

Gli studi statunitensi mostrano un'efficacia dimostrata della coordinazione nella riduzione del ricorso alle dispute giudiziarie. Il processo si dimostra promettente nella protezione dei minori grazie alla gestione della conflittualità genitoriale, con particolare riferimento alle categorie di conflitto più dannose per la psiche del bambino e alla attuazione della cogenitorialità mediante il supporto del coordinatore. La volontarietà del percorso di ADR e l'adesione su accordo dei genitori con consenso informato permettono alla coordinazione di configurarsi diversamente rispetto a una vasta gamma di altri possibili dispositivi.

In attesa che la coordinazione genitoriale trovi una definizione normativa anche in Italia si ritiene utile il riferimento alle linee guida internazionali di AFCC, che negli USA hanno permesso di superare le iniziali incertezze di questo strumento nonché di fornire una base per la formulazione delle normative statali.

Guida all'approfondimento

C. Piccinelli, Le linee guida sulla coordinazione genitoriale - Contestualizzazione e traduzione in italiano, in ilcaso.it.

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