Documento allegato alla Pec garantito dal Sistema Notificazioni Telematiche. E le altre Pec di sistema?

Valeria Bove
30 Gennaio 2018

Nel caso in cui il destinatario della notificazione a mezzo Pec proveniente da un ufficio giudiziario deduca che il documento ad essa allegato abbia contenuto diverso da quello che si assume essergli stato trasmesso ovvero che gli sia stato recapitato un atto completamente diverso ovvero un file corrotto o comunque non leggibile, quale valore legale hanno gli allegati al messaggio di posta elettronica certificata?
Massima

La complessa procedura di notificazione a mezzo PEC effettuata mediante l'utilizzo del Sistema Notificazioni Telematiche (SNT) rende evidente come anche la modalità di acquisizione del documento allegato, sebbene resti inevitabilmente esposta all'errore umano, offra adeguate garanzie di affidabilità (fattispecie in cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall'imputato, destinatario della notificazione a mezzo Pec – SNT proveniente da un ufficio giudiziario, che si era limitato, in modo del tutto generico e incompleto, a contestare il contenuto del documento alla stessa allegato, senza aver effettuato una verifica a posteriori presso la cancelleria che ha proceduto alla notificazione dell'atto, e senza quindi aver prodotto alcuna attestazione in ordine alle operazioni compiute ed ai contenuti del messaggio e dei suoi allegati).

Fonte: ilprocessotelematico.it

Il caso

Con sentenza del 22 aprile 2016 la Corte d'appello di Lecce confermava la pronuncia del Tribunale di Brindisi emessa in data 4 novembre 2014, con la quale l'imputato era stato ritenuto responsabile, in concorso con la coniuge defunta, della realizzazione e gestione di una discarica non autorizzata di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi sul fondo di sua proprietà (reato commesso fino all'11 giugno 2011, data del sequestro dell'area e dei rifiuti).

Avverso la sentenza emessa dal Giudice di secondo grado, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione personalmente deducendo, quale unico motivo, l'omessa notifica ai difensori e a sé medesimo del decreto di citazione a giudizio innanzi alla Corte d'appello.

Rilevava in particolare che i difensori avrebbero ricevuto a mezzo posta elettronica certificata la notifica per l'udienza dell'8 luglio 2016 e non già per l'udienza del 22 aprile 2016, data in cui il processo era stato celebrato (e definito) con la partecipazione di un difensore di ufficio, e a tal fine produceva in copia unicamente una comunicazione, ai sensi dell'art. 601, comma 5, c.p.p., del 16 marzo 2016, sottoscritta dal cancelliere e diretta ai suoi difensori, con indicata, quale data di udienza, l'8 luglio 2016 ed una ricevuta della posta elettronica certificata di uno soltanto dei due avvocati.

La Corte di cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso.

In primo luogo, essendo stata prospettata dal ricorrente una questione di natura processuale (l'omessa notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza all'imputato ed ai suoi difensori) la Corte ha verificato direttamente dagli atti del fascicolo processuale che la notifica dell'avviso – diversamente da quanto asserito nel ricorso, in cui si deduceva l'omessa notifica (anche) all'imputato – è stata effettuata a mani proprie dell'imputato medesimo il 18 marzo 2016 a mezzo PG, ed essa indicava, come data di udienza, quella del 22 aprile 2016 e dunque la data corretta, nella quale il processo è stato celebrato e definito.

Quanto alla notifica dell'avviso ai due difensori, la Corte ha preso in considerazione una serie di elementi, ritenendoli, in mancanza di segni contrari, indicativi della regolarità della notifica: la circostanza che nel verbale di udienza la Corte di appello avesse dato atto, preliminarmente, di aver verificato la regolarità delle notifiche, senza che vi fosse stata alcuna osservazione sul punto da parte del difensore presente; il rinvenimento nel fascicolo di più copie dell'avviso ai difensori di cui una – pur se priva di sottoscrizione – recante la data dell'8 luglio 2016, corretta a penna il 22 aprile 2016; la presenza in atti di due attestazioni di verifica della notifica a mezzo PEC ai due difensori, effettuate in date diverse e prossime all'udienza del 22 aprile 2016 (ed alla data di notifica dell'avviso all'imputato). Tutti gli indicati elementi, non neutralizzati dall'incompleta documentazione prodotta dalla parte (una stampa dell'archivio della casella di posta elettronica di uno soltanto dei due difensori e dell'avviso di udienza che si assumeva esservi stato allegato) e dalla generica deduzione del ricorrente, che si era limitato a rilevare l'omessa notifica, asserendo che i difensori si sarebbero presentati in udienza alla data indicata nel documento allegato (8 luglio 2016), senza null'altro aggiungere che potesse consentire una ricostruzione alternativa della vicenda, hanno portato la Corte ad orientarsi per l'inammissibilità del ricorso. Una conclusione, questa, che – come si legge nella parte conclusiva - avrebbe potuto essere arginata (se non evitata) effettuando opportune verifiche presso la cancelleria della Corte di appello e quindi producendo le necessarie attestazioni riguardo al documento scansionato ed acquisito al sistema e successivamente notificato a mezzo PEC ed al suo effettivo contenuto.

La Corte è giunta a questa conclusione soffermandosi sulla particolarità della notifica effettuata con PEC e sulle modalità operative del sistema ministeriale adottato dagli uffici giudiziari per allegare un documento ad essa: partendo da questi elementi si è quindi interrogata sul valore legale da attribuire agli allegati al messaggio di posta elettronica certificata, anche alla luce delle pronunce più recenti.

La questione

La questione che si enuclea dalla sentenza in esame e che mira a risolvere i casi in cui il destinatario della notificazione a mezzo Pec proveniente da un ufficio giudiziario deduca che il documento ad essa allegato abbia contenuto diverso da quello che si assume essergli stato trasmesso ovvero che gli sia stato recapitato un atto completamente diverso ovvero un file corrotto o comunque non leggibile è la seguente: quale valore legale hanno gli allegati al messaggio di posta elettronica certificata?

Le soluzioni giuridiche

La soluzione che la Corte dà al quesito è nel senso di ritenere adeguatamente affidabile la procedura di acquisizione del documento inviato in allegato con la posta elettronica certificata, mediante l'utilizzo del Sistema Notificazioni Telematiche (di seguito SNT).

La Corte giunge a questa conclusione effettuando una ricognizione di alcuni recenti arresti in punto di notificazioni penali telematiche e soffermandosi – di qui la novità – sulla procedura di invio e trasmissione della PEC attraverso SNT, ossia attraverso il sistema adottato dal Ministero della giustizia, e diffuso in quasi tutti gli uffici giudiziari, per effettuare le notificazioni telematiche, che avvengono, cioè, con la posta elettronica certificata (quanto alla ricognizione dei più recenti arresti, vengono richiamate le sentenze Cass. pen., sez. II, 3 novembre 2016, n. 52517 e Cass. pen., sez. IV, 15 dicembre 2016, n. 2431).

Tenuto quindi conto che la posta elettronica certificata offre un'attestazione dell'invio e della consegna del documento informatico con indicazione di precisi riferimenti temporali concernenti la sua comunicazione, la Corte si è posta il problema di come valutare gli allegati al messaggio di posta elettronica certificata, non attestando la PEC l'effettivo contenuto del messaggio e dei suoi allegati.

In altri termini, la questione affrontata ha riguardato non già il valore legale della notifica effettuata con Pec (che per volontà legislativa, come si vedrà, equivale alla notificazione per mezzo della posta, e che è stata in tal senso valutata anche nelle sentenze richiamate), quanto il valore legale degli allegati al messaggio inviato con Pec.

La soluzione della questione consente infatti di risolvere i casi, come quello all'esame della Corte, in cui il destinatario della notificazione a mezzo PEC proveniente da un ufficio giudiziario deduca non già non aver ricevuto la PEC, ma asserisca che il documento alla stessa allegato abbia contenuto diverso da quello che si assume essergli stato trasmesso ovvero - circostanze del tutto analoghe - che gli sia stato recapitato un atto completamente diverso ovvero un file corrotto o comunque non leggibile.

Sul punto la Corte ha richiamato – come precedente sostanzialmente conforme - la già citata sentenza Cass. pen. n. 2431/2016 che nel ribadire che «la Posta Elettronica Certificata ha lo stesso valore legale della raccomandata con ricevuta di ritorno con attestazione dell'orario esatto di spedizione» ha precisato che «il sistema di Posta Certificata, grazie ai protocolli di sicurezza utilizzati, è in grado di garantire la certezza del contenuto non rendendo possibili modifiche al messaggio, sia per quanto riguarda i contenuti che eventuali allegati».

Più esplicito nel riferimento agli “allegati” ed al loro valore legale, il contenuto di un'ulteriore decisione, assunta da Cass. pen., sez II, 11 luglio 2017, n. 39027, secondo cui «la semplice verifica dell'accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna, ad una determinata data e ora, dell'allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza alcuna necessità di ulteriori verifiche in ordine alla sua effettiva visualizzazione da parte del destinatari».

Rispetto a questi orientamenti, sembra porsi in (apparente) contrasto solo la decisione assunta da Cass. pen., sez IV, 28 giugno 2017, n. 43498, secondo cui «La PEC garantisce che durante la trasmissione di un messaggio gli allegati non vengano alterati, ma non certifica (giuridicamente) quello che la “busta elettronica” contiene, ossia il contenuto dei file allegati ad essa. Nel caso in cui si voglia inviare, insieme al testo dell'email, un file, conferendo allo stesso il valore di originale, sarà necessario utilizzare il sistema di firma digitale sul documento». Si tratta tuttavia – come rilevato dalla Corte – di una decisione che ha riguardato un caso diverso e non assimilabile a quello in esame, ossia quello di una comunicazione inviata con PEC dalla difesa dell'imputato alla Corte d'appello, a tacer del fatto che in tale decisione la Corte sembra assimilare casi che sono in realtà diversi.Su un piano si pone, infatti, la questione relativa al documento informatico sottoscritto con firma elettronica; su altro piano, la trasmissione a mezzo PEC di una richiesta e/o istanza avanzata dal privato alla A.G.. Attualmente non è proprio previsto che nel processo penale il privato possa trasmettere alla A.G. un documento informatico da lui formato e sottoscritto con firma elettronica, eventualmente digitale, mentre si discute in ordine alla possibilità per il privato di trasmettere a mezzo PEC una richiesta e/o istanza alla A.G., pur se allo stato continua a registrarsi un orientamento uniforme e costante della Corte nel senso della sua inammissibilità(cfr. da ultimo, Cass. pen., sez. II, 16 maggio 2017, n. 31314).

Tanto premesso, e per risolvere “in concreto” la questione, la Corte ha quindi analizzato – a quel che sembra per la prima volta - la complessa procedura di acquisizione degli allegati alla PEC, effettuata mediante il "Sistema Notificazioni Telematiche" (SNT)e per farlo ha riportato, sinteticamente, quanto indicato nei manuali operativi destinati all'utenza.

Le modalità tecniche descritte nei manuali prevedono, in primis, l'accesso al sistema mediante password, per poi proseguire con la scansione del documento da allegare, con la sua classificazione mediante la funzione “Acquisizione Documento”, con la scelta della “Categoria Documentale” e della relativa tipologia dell'atto ed infine con l'inserimento dei dati relativi al fascicolo dell'atto da notificare (tipo di registro, anno di iscrizione del procedimento, numero di iscrizione del procedimento, ufficio e "data di deposito" del documento).

Se, fino all'invio, i documenti acquisiti e da trasmettere in allegato possono essere sostituiti, modificati o aggiornati, una volta effettuato l'invio, essi non sono più modificabili: la successiva attività di notifica può poi essere monitorata e, all'esito della stessa, il sistema produce un documento in formato pdf, detto "Artefatto", che riporta ed attesta le informazioni presenti nel sistema, mentre la relata di notifica è costituita dalla busta di ricezione della Pec.

È proprio la descritta procedura e la sua complessità a portare la Corte a ritenere che anche la modalità di acquisizione del documento allegato attraverso il sistema SNT, sebbene resti inevitabilmente esposta all'errore umano, offra essa stessa adeguate garanzie di affidabilità: tale attendibilità non può essere neutralizzata con la mera deduzione della incompletezza o non corrispondenza all'originale scansionato, dal momento che è comunque possibile procedere ad una verifica a posteriori, presso l'ufficio che ha proceduto alla notificazione dell'atto, delle operazioni compiute e dei contenuti del messaggio e degli allegati.

Per contestare efficacemente il contenuto degli allegati alla Pec sarebbe stato dunque necessario per il ricorrente effettuare opportune verifiche presso la cancelleria, in questo caso della Corte d'appello, ed ottenere da essa le necessarie attestazioni riguardo al documento scansionato ed acquisito al sistema e successivamente notificato a mezzo Pec e riguardo al suo effettivo contenuto. Diversamente, una generica contestazione, come quella contenuta nel ricorso proposto e le insufficienti allegazioni (costituite, nel caso di specie, dalla stampa dell'archivio della casella Pec di uno dei due difensori – e solo di questi – e dalla stampa dell'avviso di udienza che si assume esservi stato allegato) non sono sufficienti a superare il valore legale che assumono gli allegati alla Pec.

In ragione di queste considerazioni, il ricorso proposto è stato dichiarato inammissibile.

Osservazioni

La sentenza in commento merita qualche ulteriore riflessione.

Essa affronta, in modo diretto, la questione concernente il valore legale dei documenti allegati alla Pec inviata da un ufficio giudiziario alla parte privata e fornisce anche una serie di indicazioni per la parte privata che intenda contestarla.

Sarà onere della parte effettuare infatti opportune verifiche presso la cancelleria che ha inviato la Pec e sarà suo onere ottenere le necessarie attestazioni dalla cancelleria riguardo al documento scansionato ed acquisito al sistema e successivamente notificato a mezzo Pec ed al suo effettivo contenuto. Secondo la Corte, solo in questo modo, ossia producendo l'attestazione ottenuta, è possibile per la parte contestare, in modo efficace, il contenuto degli allegati. Diversamente, il sistema di trasmissione ne garantisce l'affidabilità.

A ben vedere, dunque, la questione di rilievo non è più (e non solo)quella concernente il valore legale della Pec in sé, una questione sulla quale si registra un orientamento ormai uniforme e costante, che per altro è perfettamente in linea con il dettato normativo. Laddove è infatti previsto - dall'art. 16-bis, comma 6, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221 – e nei limiti in cui è in esso previsto, che possa procedersi a notificazioni per via telematica, esse si effettuano con Pec, un mezzo tecnico ritenuto “idoneo” ai sensi dell'art. 148, comma 2-bis, c.p.p. (cfr. in questo senso Cass. pen., sez. II, 16 settembre 2015, n. 50316; Cass. pen., sez. VI, 13 ottobre 2016, n. 51348).

La PEC, da mezzo tecnico idoneo - con il quale vengono fornite al mittente le ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, che attestano, rispettivamente, la trasmissione e la consegna del documento informatico e che hanno entrambe valore legale – è diventato, per le sue caratteristiche di certezza, celerità e sicurezza, lo strumento scelto dal legislatore, con cui effettuare (anche) nel procedimento penale (pur se con i limiti oggettivi e soggettivi fissati dall'art. 16-bis, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179) le notificazioni, definite, appunto, “telematiche”.

Rispetto a questo arresto, la Corte, nella sentenza in commento, ha svolto una considerazione ulteriore: si è infatti chiesta se anche il documento trasmesso in allegato alla PEC abbia lo stesso valore della Pec medesima, e più in generale se il documento allegato alla PEC abbia o no valore legale, e per cercare una risposta ha analizzato le modalità tecniche di acquisizione e trasmissione dell'allegato mediante SNT.

È questo un approccio sicuramente corretto ed anche “nuovo”, perché, venendo in rilievo una modalità telematica di trasmissione dell'atto, esso non trascura le caratteristiche tecniche del sistema, ma anzi le analizza per valutarne l'attendibilità.

Sorgono allora spontanee due considerazioni.

Da un lato, tenuto conto della soluzione giuridica adottata dalla Corte, viene da chiedersi se la patente di affidabilità riconosciuta al SNT e dunque agli allegati trasmessi con la Pec–SNT, si possa estendere anche alle altre PEC di Sistema, che pure sono state adottate (e/o a breve lo saranno) dal Ministero della giustizia.

Dall'altro, occorre domandarsi sel'attuale quadro normativo contempli una disposizione che vada oltre e riconosca valore legale al documento informatico trasmesso in allegato con la Pec e ciò a prescindere dalla validità legale della PEC stessa che, come visto, ha già un proprio fondamento normativo, ma anche a prescindere dalla complessità della procedura tecnica di trasmissione, e dunque dalla sua affidabilità, potendosi presumere che, nel momento in cui un sistema viene collaudato ed adottato a livello ministeriale e quindi diffuso dal Ministero su tutto il territorio nazionale, esso risponda ai canoni di sicurezza ed affidabilità che i sistemi nazionali ministeriali devono avere.

La prima considerazione impone un chiarimento.

SNT è infatti il Sistema adottato dal Ministero della giustizia e messo a disposizione degli uffici giudiziari che possono per legge procedere alle notificazioni telematiche, ma esso, pur essendo stato il primo, non è attualmente l'unico. Accanto alla PEC trasmessa mediante SNT, molti uffici giudiziari inviano le PEC anche attraverso un applicativo ministeriale denominato TIAP (acronimo di Trattamento Informatico degli Atti Processuali), e di recente gli uffici giudiziari che non hanno adottato SNT (tra i quali vi rientra anche la stessa Corte di Cassazione, che utilizza il GL – Cassazione, lo stesso sistema in uso per le notifiche/comunicazioni civili) utilizzano o utilizzeranno nuovi Gestori Locali (GL AP - Gestore Locale Area Penale) che offrono rispetto alla Pec–SNT o alla PEC–TIAP l'ulteriore vantaggio – fondamentale in un sistema telematico – di interagire con il Sistema Informativo della Cognizione Penale (di seguito, SICP), ossia con il registro/banca dati installato su tutto il territorio nazionale.

In altri termini, esistono attualmente varie PEC c.d. “di sistema”: quella che si invia con SNT (PEC-SNT), quella che si invia con TIAP (PEC-TIAP) e quella che si invia attraverso un Gestore Locale (GL-Cassazione, GL-AP o di recente il GL-MP integrato nel sistema Misure prevenzione SIP-MP).

È chiaro che a questo punto, oltre a verificare quali siano le differenze tra le varie PEC di sistema, occorrerà chiedersi se siano tutte egualmente affidabili.

Se la PEC–TIAP funziona sostanzialmente come la PEC–SNT, va sottolineato che la prima non richiede l'ulteriore scansione nel sistema dell'atto da inviare, in quanto l'applicativo consente l'invio con PEC di un qualunque atto presente nel fascicolo informatico, che sia stato previamente scansionato al momento della sua formazione, e tale trasmissione resta memorizzata nel fascicolo ed è quindi agevolmente visionabile in qualunque momento.

Per quel che rileva in questa sede, diversamente dalla PEC trasmessa con SNT, il TIAP ha il grande vantaggio di essere un gestore documentale, attraverso il quale è possibile la consultazione dei fascicoli processuali e dei relativi documenti. Se dunque la trasmissione con PEC resta, anche con TIAP, una prerogativa delle cancellerie, la visione degli esiti è invece consultabile non solo ed esclusivamente (come accade per la PEC–SNT) dal personale di cancelleria, ed in questo risiede un grande vantaggio del TIAP: anche il magistrato (previo login ed inserimento di una password) e il difensore (previa autorizzazione) possono direttamente visionare la PEC inviata con TIAP e possono dunque verificare la regolarità della sua trasmissione, oltre al contenuto degli allegati.

La PEC inviata dalle cancellerie con i Gestori Locali (GL-AP o con GL-MP) ha, rispetto alle precedenti, l'ulteriore (ed impareggiabile) vantaggio di interagire con i registri informatici (SICP, nel primo caso; SIP – MP, nel secondo) e questo spiega perché la PEC inviata tramite i Gestori Locali è preferibile rispetto alle altre PEC di sistema (PEC-SNT e PAC-TIAP) che, non interfacciandosi con il SICP, sono destinate ad essere sostituite.

Non esiste, dunque, solo la PEC-SNT, ma ve ne sono altre che, oltre a superare le criticità della prima, rispondono a canoni di sicurezza e affidabilità dal punto di vista tecnico, per essere state previamente analizzate e collaudate dal Ministero della giustizia e per essere state adottate e diffuse nei vari uffici giudiziari, solo all'esito ed in ragione di una verifica positiva a livello centrale ministeriale: al netto dunque del sempre possibile errore umano di chi effettua la notifica, è questo che rende sicuramente affidabili anche le altre PEC di sistema, senza necessità di ulteriori verifiche da parte dell'AG.

Tanto chiarito, e tenuto conto che il sistema di notifica telematica con TIAP (ma lo stesso vale per i Gestori Locali) ha le stesse garanzie di affidabilità di SNT (tanto da essere stato diffuso dal Ministero della giustizia nei vari uffici giudiziari abilitati alle notifiche), è probabile immaginare che le modalità per contestarne la validità saranno per la parte interessata più agevoli: seguendo i dettami della Corte deve ritenersi che sarà comunque necessario richiedere alla cancelleria le dovute attestazioni da produrre all'AG, in ordine al contenuto del messaggio e dei suoi allegati, ma essi saranno già noti all'interessato, che ne avrà potuto prendere visione, preventivamente e personalmente, accedendo all'applicativo, soprattutto quando la PEC è stata inviata da e con TIAP.

Ed ora la seconda considerazione.

A ben vedere, ed anche a prescindere dall'analisi delle modalità tecniche di trasmissione e dall'affidabilità garantita dai Sistema di notificazione ministeriali adottati negli uffici giudiziari, vi è una disposizione normativa che sembra dare valore legale al documento trasmesso in allegato alla PEC: a norma dell'art. 48, comma 2,d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'Amministrazione digitale) la trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata cioè con PEC, «equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta».

Occorre a questo punto domandarsi se l'allegato alla PEC di sistema trasmessa da un ufficio giudiziario (e dunque da un cancelliere) alla parte privata costituisca o no “documento informatico” ai sensi degli artt. 20 e ss., d.lgs. n. 82/2005, e se la risposta è positiva – in particolare alla luce dell'art. 22 d.lgs. n. 82/2005, che contempla le copie informatiche di documenti analogici spediti o rilasciati da un cancelliere munito di firma digitale – dovrebbe allora concludersi ritenendo che il quadro normativo attuale riconosce non solo affidabilità, ma anche valore legale agli atti trasmessi dal cancelliere in allegato alla Pec, a maggior ragione quando essa è una PEC di sistema, e ciò a prescindere da ulteriori verifiche “tecniche” da parte dell'A.G sul sistema di notificazione utilizzato.

Sono considerazioni nuove, che ancora non risultano essere state oggetto di riflessione da parte della Corte di cassazione e che potrebbero fornire indicazioni utili – per la difesa, ma anche per i giudici - quando occorra valutare e/o contestare il contenuto degli allegati inviati dagli uffici giudiziari alle parti private con le PEC di sistema.

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