Competente il giudice della residenza abituale del minore anche per le istanze alimentari

06 Febbraio 2018

La Cassazione si esprime, con la sentenza in commento, circa il concetto di residenza abituale del minore. Tale definizione, elaborata in sede internazionale, è stata utilizzata in particolare nella Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 e nel Reg. CE n. 2201/2003, dovendosi sottolineare, tuttavia, che entrambe le fonti normative non definiscono tale nozione.
Massima

L'art. 8, Reg. CE n. 2201/2003, regola la competenza giurisdizionale in materia di controversie appartenenti al genus “responsabilità genitoriale”, stabilendo che il criterio per individuare lo stato competente sia quello della residenza abituale del minore. Tale domanda esercita una vis attrattiva in punto di giurisdizione e, pertanto, il criterio individuato della residenza abituale del minore risulta applicabile anche alle istanze di natura alimentare che vengano congiuntamente proposte, ai sensi dell'art. 3, lett. d, Reg. CE n. 4/2009.

Il caso

La ricorrente, cittadina italiana, adiva il Tribunale di Milano, esponendo che era stato pronunciato lo scioglimento del matrimonio contratto in Italia con il coniuge, anch'egli italiano, dal Pretore di Lugano, con pronuncia dichiarata esecutiva. Detta pronuncia aveva regolato l'affidamento dei figli minori, il diritto di visita del padre e l'obbligo di concorrere al mantenimento degli stessi e della moglie. Poiché il coniuge si era reso inadempiente agli obblighi patrimoniali, la ricorrente si era trasferita in Inghilterra e chiedeva che il Tribunale di Milano la autorizzasse a vivere lì con i figli, condannando il padre al pagamento della retta scolastica fino alla loro maggiore etài e delle altre spese straordinarie, nonché al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dai figli e dalla ricorrente a causa del reiterato inadempimento; chiedeva inoltre l'autorizzazione a vendere la nuda proprietà dell'appartamento di proprietà dei figli a Milano, nonostante il difetto di consenso del padre dei minori.

Il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione del Giudice italiano in favore di quello della Gran Bretagna.

Sul reclamo, la Corte di Appello di Milano confermava la pronuncia del giudice di prime cure, ritenendo che la domanda di autorizzazione a vivere con i minori a Londra dovesse essere inclusa tra quelle inerenti la responsabilità genitoriale, da radicarsi secondo l'art. 8, Reg. CE n. 2201/2003, presso il luogo di residenza abituale del minore. Anche sulle altre domande patrimoniali, in quanto accessorie ed eziologicamente collegate a quella relativa alla responsabilità genitoriale, il difetto di giurisdizione.

Avverso tale pronuncia la madre proponeva ricorso in Cassazione.

La questione

In primo luogo, viene in rilievo il concetto di responsabilità genitoriale e di controversie riconducibili a tale ambito, con particolare riguardo a quelle relative al mutamento di residenza.

In secondo luogo, poiché il criterio di determinazione della giurisdizione applicabile alle domande relative alla responsabilità genitoriale è individuato nella residenza abituale del minore, secondo il disposto dell'art. 8, comma 1, Reg. CE n. 2201/2003, vi è da chiedersi se anche le domande relative ad obbligazioni alimentari, cui è dedicato l'art. 3, Reg. CE n. 4/2009, se congiuntamente proposte, siano attratte dalla giurisdizione del medesimo foro.

Ultima questione è la valutazione circa l'accessorietà della domanda, cui si riferisce l'art. 3, Reg. CE n. 4/2009 e se tale valutazione possa essere rimessa ai giudici di ciascuno stato membro oppure se sia necessaria una applicazione autonoma ed uniforme tratta dal complessivo sistema giuridico regolamentare del diritto dell'Unione Europea.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione nella sentenza in commento ha condiviso la qualificazione giuridica della Corte di Appello di Milano della domanda della ricorrente di trasferimento di residenza come domanda inerente la responsabilità genitoriale, ritenendo che vi rientrino non solo le domande relative alla individuazione del genitore affidatario collocatario ma anche quelle inerenti l'esercizio della responsabilità e, in particolare, quelle relative al mutamento di residenza.

Il quadro normativo di riferimento è dato dall'art. 8, Reg. CE n. 2201/2003, sulla competenza giurisdizionale in ordine alle controversie relative alla responsabilità genitoriale, che individua come criterio di determinazione quello della residenza abituale del minore e dall'art. 3, Reg. CE n. 4/2009, sulla competenza giurisdizionale di uno Stato membro in materia di obbligazioni alimentari. Quest'ultimo individua alle lettere c) e d) due importanti deroghe ai criteri previsti ai punti a) (foro di residenza abituale del convenuto) e b) (foro di residenza abituale del creditore), per cui nel caso di domanda relativa ad una obbligazione alimentare accessoria ad una azione sullo stato delle persone o ad una azione sulla responsabilità genitoriale, la decisione spetta all'autorità giudiziaria competente sullo status o sulla responsabilità genitoriale.

Resta da stabilire che cosa debba intendersi per domanda accessoria e se i criteri individuati siano alternativi.

La Corte di Cassazione ha richiamato quanto espresso dalla sentenza Corte di giustizia EU, 16 luglio 2015, n. 479, la quale ha chiarito che poiché l'art. 3, lett. c e d, Reg. n. 4/2009 non rinvia al diritto degli Stati membri, la determinazione del senso e della portata della nozione di accessorietà deve ricevere, in tutta l'Unione, un'interpretazione autonoma e uniforme (v. sentenza Kásler e Káslerné Rábai, C- 26/13, EU:C:2014:282, punto 37; sentenza A, C-523/07, EU:C:2009:225). La sentenza Corte di giustizia UE, n. 479/2015 prosegue rilevando che le disposizioni dell'art. 3, lett. c e d, Reg. CE n. 4/2009, distinguono le azioni relative allo stato delle persone dalle azioni relative alla responsabilità genitoriale ma non chiariscono se i criteri di attribuzione della competenza siano alternativi e se, di conseguenza, le domande relative alle obbligazioni alimentari nei confronti di un figlio siano accessoriesolamente a un'azione relativa alla responsabilità genitoriale, o se possano essere accessorieanche a un'azione relativa allo stato delle persone. La Corte di Giustizia, ricorrendo alla distinzione già prevista dal Reg. CE n. 2201/2003, che al considerando 12 richiama l'interesse superiore del minore e, in particolare, il criterio di vicinanza, giunge ad affermare che tutte le azioni giudiziarie, che riguardano un minore, all'interno del conflitto familiare, debbano essere concentrate presso il giudice dello stato in cui il minore ha la residenza abituale, poiché «la vicinanza o prossimità al luogo di residenza abituale del minore consentono una conoscenza degli elementi essenziali per la valutazione della sua domanda» (Corte di giustizia UE, 15 luglio 2010, C-256/09).Sulla scorta di tale principio, la domanda alimentare che riguardi i figli minori, avendo ad oggetto la determinazione delle obbligazioni alimentari a carico di uno dei genitori nei confronti dei figli risulta intrinsecamente legata all'azione per responsabilità genitoriale, così dovendosi interpretare la nozione eurounitaria di accessorietà derivante dalle lettere c) e d) dell'art. 3, Reg. CE n. 4/2009.

La Corte di Cassazione ritiene, pertanto, alla luce dei principi espressi dal giudice europeo che le domande avanzate dalla ricorrente e relative al pagamento delle rette scolastiche e delle spese straordinarie, diverse dall'inadempimento degli obblighi di mantenimento dei minori già maturati, siano da assoggettare alla giurisdizione del giudice Inglese.

Per quanto riguarda le domande di natura economica proposte ex art. 709-ter c.p.c. e di risarcimento dei danni non patrimoniali di cui all'art. 2059 c.c., la Corte di Cassazione rileva che si è azionato un diritto di natura diversa da quello alimentare e cioè un diritto da fatto illecito, consistente nella violazione degli obblighi di mantenimento giudizialmente posti a carico dell'intimato. Il riferimento normativo non è, pertanto, il Reg. CE n. 4/2009 ma il Reg. CE n. 44/2001 relativo alle obbligazioni da fatto illecito, che individua all'art. 1 la giurisdizione in quella dello Stato membro ove il convenuto sia domiciliato. La domanda, pertanto, risulta correttamente proposta al giudice italiano.

Per quanto concerne la richiesta autorizzazione all'alienazione dei beni immobili dei minori, la Corte rileva che l'art. 1, comma 2, lett. e, Reg. CE n. 2201/2003 include anche le misure di protezione legate all'amministrazione, conservazione ed alienazione dei beni del minore. Il nono specifica che vi rientrano quelle misure di protezione rivolte al preminente interesse del minore. La giurisdizione anche per tale domanda è pertanto quella del foro di residenza abituale del minore.

Osservazioni

La sentenza in commento impone una riflessione sul concetto di residenza abituale del minore. Tale definizione, elaborata in sede internazionale, è stata utilizzata in particolare nella Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980, ratificata in Italia con l. 15 gennaio 1994, n. 64, in materia di sottrazione internazionale del minore e nel Reg. CE n. 2201/2003 relativo al divorzio e alla responsabilità genitoriale. Entrambi, però, non definiscono tale nozione. Quando si tratta di minori, per nozione di “residenza abituale”, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite in una recente sentenza del 2017 (Cass. civ., S.U., n. 3555/2017; conformi Cass. civ., sez. I, 15 febbraio 2008, n. 3798; Cass. civ., sez. I, 19 dicembre 2003, n. 19544) ha osservato che debba intendersi «il luogo dove il minore trova e riconosce, anche grazie a una permanenza tendenzialmente stabile, il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della sua vita di relazione», denotando, quindi, la residenza abituale una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare. Al fine di accertare tale integrazione, la Corte individua, secondo la giurisprudenza della Corte europea (C-497/10 PPU, EU:C:2010:829; C-376/14 PPU, EU: C: 2014:2268; Corte di giustizia UE n. 523/2007 ), una serie di indici, che il Giudice deve valutare in relazione al caso concreto: la durata, la regolarità e le ragioni del soggiorno nel territorio di uno stato membro, la cittadinanza del minore, la frequenza scolastica, e le relazioni familiari e sociali (v. Cass. civ., S.U.,18 marzo 2016, n. 5418; Cass. civ., S.U., 13 febbraio 2012, n. 1984; Cass. civ., S.U., 2 agosto 2011, n. 16864).

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