Revoca dell’aggiudicazione per sopravvenuto mutamento della situazione di fatto e responsabilità precontrattuale della stazione appaltante
06 Febbraio 2018
Il caso: La ricorrente ha impugnato il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione dell'appalto per la realizzazione di lavori di recupero architettonico e funzionale di un fabbricato nel quale si sarebbero dovuti realizzare nuovi alloggi. Nel provvedimento di revoca, adottato ad oltre quattro anni dall'aggiudicazione definitiva (intervenuta nel mese di gennaio del 2013) dalla società pubblica costituita dai Comuni della Provincia di Siena, si da atto che nel 2014 l'immobile era stato riconsegnato al Comune di Colle Val d'Elsa per l'esecuzione di piccoli interventi di manutenzione da parte della locale A.S.L. che ne era proprietaria. Nel mese di maggio del 2016 è intervenuto il contratto preliminare di permuta nell'ambito del quale l'A.S.L. aveva concesso in comodato al Comune lo stabile, e solo nel mese di settembre del 2016 lo società pubblica, che aveva aggiudicato l'appalto, ha potuto accedere al fabbricato constatando il cedimento di porzioni strutturali. La revoca è stata motivata alla luce del radicale mutamento dello stato dei luoghi rispetto alle condizioni che avevano guidato la redazione del progetto di recupero posto a base della gara aggiudicata.
La revoca dell'aggiudicazione di appalti pubblici. Il TAR rileva che l'istituto della revoca trova spazio all'interno delle procedure di affidamento dei contratti pubblici fino al momento della stipula del contratto, che chiude la fase pubblicistica ed apre quella negoziale, tendenzialmente paritetica, avviata la quale la revoca cede il passo, in presenza di sopravvenuti motivi di opportunità della stazione appaltante, all'esercizio del diritto di recesso. La giurisprudenza ha chiarito che, ove si tratti dell'aggiudicazione di appalti pubblici, il legittimo ricorso alla revoca esige, da parte dell'amministrazione procedente, una ponderazione particolarmente rigorosa di tutti gli interessi coinvolti, avuto riguardo alla posizione di affidamento qualificato che la regolare definizione della procedura fa sorgere e consolida in capo all'impresa aggiudicataria. Si è precisato, in particolare, che il ritiro di un'aggiudicazione legittima postula la sopravvenienza di ragioni di interesse pubblico (o una rinnovata valutazione di quelle originarie) particolarmente consistenti e preminenti sulle esigenze di tutela del legittimo affidamento ingenerato nell'impresa che ha diligentemente partecipato alla gara, rispettandone le regole e organizzandosi in modo da vincerla, ed esige, quindi, una motivazione particolarmente convincente circa i contenuti e l'esito della necessaria valutazione comparativa dei predetti interessi. Nella fattispecie in esame, precisa il Collegio, la revoca è motivata proprio con riferimento alle mutate condizioni dell'immobile oggetto dei lavori aggiudicati alla dante causa della odierna ricorrente e alla conseguente inadeguatezza del progetto di recupero del 2012 posto a base di gara, tanto da rendere necessaria, ad avviso della stazione appaltante, la riedizione della procedura e, nell'immediato, un intervento di messa in sicurezza dell'edificio (si veda la relazione interna di Siena Casa in data 21 dicembre 2016).
La tutela dell'affidamento riposto dall'aggiudicatario sulla stipula ed esecuzione del contratto. Il Collegio sottolinea che nel bilanciamento dei contrapposti interessi, la sopravvenuta impossibilità di avvalersi della prestazione dell'altra parte, come è causa di risoluzione del contratto già stipulato così giustifica la revoca dell'aggiudicazione, dovendosi ritenere recessivo l'affidamento riposto dall'aggiudicatario sulla stipula ed esecuzione del contratto. La tutela dell'affidamento non può giungere, infatti, al punto di imporre alla stazione appaltante di avvalersi di una prestazione oramai divenuta inutilizzabile, e la forzosa stipula del contratto non può rivestire un ruolo latamente sanzionatorio di comportamenti eventualmente colposi imputabili alla stazione appaltante, i quali se del caso possono assumere rilievo sul diverso piano del risarcimento dei danni.E infatti non è discutibile che dalla revoca dell'aggiudicazione, ancorché legittima, possa derivare a carico della stazione appaltante non soltanto l'obbligo di corrispondere l'indennizzo previsto dall'art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990, ma anche quello di risarcire il danno da responsabilità precontrattuale, ove il suo comportamento integri la violazione dei precetti di correttezza e buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto. Precisa il TAR che ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale non si deve cioè tenere conto della legittimità della revoca, ma della correttezza del comportamento complessivamente tenuto dalla stazione appaltante durante il corso della procedura di affidamento e nel periodo seguente all'aggiudicazione. Ora, mentre la legge parametra l'ammontare dell'indennizzo spettante all'aggiudicatario al danno emergente, che usualmente coincide con le spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative e in vista della conclusione del contratto, nel caso di accertamento della responsabilità precontrattuale la misura del risarcimento comprende – nei limiti del c.d. interesse negativo – sia il danno emergente, sia il lucro cessante che consiste innanzitutto nella perdita di ulteriori favorevoli occasioni contrattuali.
Conclusioni. Il TAR ha riconosciuto che il comportamento della stazione appaltante integra gli estremi della responsabilità precontrattuale, nella misura in cui l'affidamento della ricorrente circa la conclusione del contratto, ragionevolmente fondato sulla definitiva aggiudicazione della gara, è rimasto frustrato per ragioni imputabili in via esclusiva alla stazione appaltante. |