Comunicazione ai creditori dei dati relativi ai condomini morosi: nuova responsabilità (in proprio) per l'amministratore?

09 Febbraio 2018

L'individuazione del soggetto tenuto al pagamento degli oneri condominiali rappresenta una delle questioni problematiche maggiormente ricorrenti nella vita del condominio, tanto più considerando l'inapplicabilità, in materia condominiale, del principio dell'apparenza del diritto...
Massima

Legittimato passivo rispetto alla domanda volta a conseguire l'ordine di comunicare al creditore i nominativi dei condomini morosi, ex art. 63, comma 1, disp. att. c.c., è l'amministratore e non il condominio, trattandosi di obbligo che la legge pone direttamente a carico del primo.

Il caso

La società Alfa, creditrice del Condominio Beta in virtù di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, ottenuto per l'omesso pagamento del corrispettivo del servizio di pulizia nello stabile condominiale, infruttuosamente tentata la strada dell'esecuzione nei confronti del Condominio medesimo, chiede all'amministratore pro tempore il rilascio della documentazione ex art. 63, comma 1, disp. att. c.c., al fine di procedere al recupero del credito nei confronti dei condomini morosi; conseguita l'indicazione del solo nominativo di uno dei condomini e ritenendo la stessa inidonea allo scopo, in mancanza di indicazione della relativa quota di debito, la società Alfa conviene in giudizio il Condominio Beta, al fine di ottenerne la condanna alla comunicazione degli estremi identificativi dei condomini morosi, oltre al pagamento di una somma per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione dell'ordine giudiziale, ex art. 614-bisc.p.c..

Il Tribunale etneo dichiara il difetto di legittimazione passiva del Condominio, osservando che, trattandosi di obbligo ex lege imposto all'amministratore, è solo nei confronti di questi (in proprio) che va proposta la relativa domanda.

La questione

La questione in esame è la seguente: a chi spetta la legittimazione passiva rispetto alla domanda del creditore ex art. 63, comma 1, disp. att. c.c.?

Le soluzioni giuridiche

La l.n. 220/2012, nel novellare l'art. 63 disp. att. c.p.c., ha previsto che l'amministratore è tenuto «a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini» (art. 63, commi 1, ultimo periodo, e 2, disp. att. c.c.).

In sostanza:

a) indipendentemente da una specifica clausola negoziale che lo preveda (sovente inserita nei contratti stipulati con i condominii), l'amministratore è ora espressamente tenuto a comunicare al creditore il nominativo dei condomini morosi;

b) i condomini in regola con i pagamenti possono essere aggrediti solo ed esclusivamente dopo che il comune creditore abbia tentato di soddisfarsi sui condomini inadempienti, potendo in mancanza opporre al primo, rispetto alla posizione dei secondi, il beneficium excussionis.

La legge di riforma ha in tal modo tentato di riempire un vuoto a livello normativo, che molti problemi pratici aveva determinato a seguito dell'intervento di Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9148: tale decisione, come noto, nell'affermare il principio di diritto per cui, «conseguita nel processo la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno», ha reso spendibile, in sede esecutiva e rispetto ai singoli condomini, il titolo conseguito nei confronti del condominio, ma non ha chiarito quali fossero gli strumenti a disposizione del creditore per individuare il debitore da aggredire.

Così, a fronte di chi riteneva potesse procedersi ai sensi dell'art. 633 c.p.c., v'è stato chi ha contestato decisamente tale soluzione, sostenendo che la prestazione riferibile all'amministratore, più che ad avere ad oggetto la consegna di una cosa mobile determinata (ossia la documentazione condominale), riguardasse l'obbligo dello stesso di partecipare il terzo creditore delle informazioni ricavabili dalla detta documentazione in suo possesso, quanto alle generalità dei condomini (notizia comunque ricavabile dal terzo creditore aliunde a mezzo della consultazione dei pubblici registri immobiliari) e, soprattutto, quanto alle quote millesimali facenti capo agli stessi, con conseguente inidoneità a soddisfare la pretesa creditoria, avente ad oggetto dette informazioni (e, dunque, un facere infungibile),più che la consegna della predetta documentazione (Trib. Napoli 7 luglio 2010; Trib. Palermo 5 maggio 2016).

Secondo un altro orientamento, ancora, la strada da percorrere avrebbe dovuto essere quella del ricorso ex art. 700 c.p.c. (Trib. Pescara 20 febbraio 2009), con tutti i limiti, però, di una carenza - già in astratto - del requisito del periculum, siccome avente ad oggetto un danno di natura patrimoniale.

Le critiche alle esposte tesi non lasciava, però, il creditore privo di tutela, essendosi subito osservato - in dottrina - come l'obbligo di comunicazione dei “dati” dei condomini morosi discendesse dall'applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. (in un corretto bilanciamento tra i profili concernenti, da un lato, l'esecuzione del contratto e, più in generale, l'adempimento dell'obbligazione e, dall'altro, il trattamento dei dati sensibili dei condomini), la cui inosservanza avrebbe potuto essere oggetto di doglianza in un ordinario giudizio di cognizione - possibilmente da introdurre nelle forme del rito sommario (art. 702-bisc.p.c.), con richiesta di condanna ex art. 614-bisc.p.c.

Restava, tuttavia, da individuare il destinatario dell'obbligo di “collaborazione”.

A tale quesito fornisce risposta - come innanzi esposto - la novella, prevedendo uno specifico obbligo gravante ex lege sull'amministratore (correlato, con evidenza, al registro dell'anagrafe condominiale, istituito con l'art. 1130, comma 6, c.c.): trattasi, infatti, di un dovere che esula dal rapporto di mandato esistente tra l'amministratore ed i condomini (i cui contorni sono definiti dagli artt. 1130 e 1131 c.c.) e che pone, direttamente in capo all'amministratore, un obbligo di cooperazione con il terzo.

Così ricostruito l'istituto, appare dunque condivisibile la conclusione del Tribunale di Catania - conforme, peraltro, a due precedenti del Tribunale di Napoli, rispettivamente del 5 settembre 2016 e dell'1 febbraio 2017, e ad uno, di poco anteriore, del medesimo ufficio giudiziario siciliano, v. Trib. Catania 15 dicembre 2017 - che, a fronte dell'evocazione in giudizio del condominio, in persona dell'amministratore pro tempore, ne ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva, individuando quale destinatario unico dell'azione del terzo creditore l'amministratore “in proprio”.

Osservazioni

La tematica in esame coinvolge vari istituti della materia condominiale: primo fra tutti, quello relativo alla inapplicabilità, in tale contesto, del principio dell'apparenza del diritto, dapprima affermato in relazione ai rapporti tra amministratore e condomini (Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2002, n. 5035, costantemente seguita dalle pronunzie successive: Cass. civ., sez. II, 27 dicembre 2004, n. 23994; Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2007, n. 17039; Cass. civ., sez. II, 22 ottobre 2007, n. 22089) e, quindi, nei rapporti tra condomini e terzi (Cass. civ., sez. VI, 9 ottobre 2017, n. 23621).

Questione connessa è, poi, quella relativa alle concrete modalità di esecuzione nei confronti del singolo, recentemente risolta da Cass., sez. III, 29 settembre 2017, n. 22856, per cui essa, ove relativa alle obbligazioni contratte dall'amministratore, può avere luogo esclusivamente nei limiti della quota millesimale del condomino e, pertanto, ove il creditore ne ometta la specificazione ovvero proceda per il totale dell'importo portato dal titolo, l'esecutato può proporre opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c., deducendo di non essere affatto condomino o contestando la misura della quota allegata dal creditore: nel primo caso, l'onere di provare il fatto costitutivo di detta qualità spetta al creditore procedente ed in mancanza il precetto deve essere dichiaro inefficace per l'intero mentre, nel secondo caso, è lo stesso opponente a dover dimostrare l'effettiva misura della propria quota condominiale, ai fini della declaratoria di inefficacia dell'atto di precetto per l'eccedenza, ed in mancanza l'opposizione non può essere accolta.

Non va taciuto, da ultimo, il problema relativo ai possibili profili risarcitori collegati alla condotta inadempiente dell'amministratore (anche solo in termini di ritardo nel fornire i dati richiesti), non prevedendo la norma una sanzione specifica: in aggiunta a quanto già indicato in precedenza, circa la possibilità di invocare l'applicazione dell'art. 614-bisc.p.c., sembra potersi profilare una (nuova ed) ulteriore responsabilità, di natura contrattuale, dell'amministratore che, con la propria condotta, allontani (se non addirittura vanifichi) la possibilità di realizzazione del credito ad opera del terzo.

Guida all'approfondimento

Scarpa, Condanna alla comunicazione dei dati dei condomini morosi e legittimazione passiva dell'amministratore, in Arch. loc. e cond., 2017, fasc. 3, 325;

Chiesi - Troise, Le spese nel condominio, Piacenza, 2013, 79.

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