Nuovo assegno divorzile: l'indipendenza economica deve tener conto del contesto sociale

Redazione Scientifica
09 Febbraio 2018

Nel determinare la spettanza o meno dell'assegno divorzile, il criterio dell'indipendenza economica deve essere valutato tenendo conto del contesto sociale e delle indicazioni provenienti dalla coscienza collettiva nel momento storico determinato.

Il caso. La Corte d'appello di Roma ha confermato la sentenza con cui il Tribunale aveva rigettato la richiesta presentata dall'ex moglie di aumentare l'importo dell'assegno divorzile riconosciuto in suo favore. Avverso tale provvedimento, quest'ultima ha presentato ricorso per cassazione.

L'indipendenza economica deve essere rapportata al contesto sociale. La Suprema Corte ricorda che presupposto per giustificare l'attribuzione dell'assegno non è lo squilibrio o il divario tra le condizioni reddituali delle parti all'epoca del divorzio né il peggioramento delle condizioni del coniuge richiedente l'assegno rispetto al tenore di vita matrimoniale ma la mancanza di indipendenza o autosufficienza economica di una delle parti intesa come «impossibilità di condurre con i propri mezzi un'esistenza economicamente autonoma e dignitosa». Tale parametro deve essere apprezzato «con la necessaria elasticità e l'opportuna considerazione dei bisogni del richiedente l'assegno, considerato come persona singola e non come ex coniuge, ma pur sempre inserita nel contesto sociale». La soglia dell'indipendenza economica deve essere, quindi, determinata avendo riguardo alle indicazioni provenienti dalla coscienza collettiva nel momento storico determinato e, dunque, non può essere bloccata alla soglia della pura sopravvivenza né eccedere il livello della normalità, «quale, nei casi singoli, da questa coscienza configurata e di cui il Giudice deve farsi interprete (…) in un ambito necessariamente duttile, ma non arbitrariamente dilatabile».

Essendo tale valutazione riservata al Giudice di merito e censurabile in cassazione solo nei ristretti limiti dell'art. 360, n. 5, c.p.c., la Suprema Corte rigetta il ricorso.

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