Pluralità di procuratori: la notifica dell'appello può essere eseguita nei confronti di uno solo di essi

Sergio Matteini Chiari
21 Febbraio 2018

La Suprema Corte si è occupata di stabilire se potesse considerarsi rituale la notifica dell'atto di appello ad opera dell'Istituto di credito soccombente in primo grado, eseguita nei confronti di uno soltanto fra i due difensori degli originari attori, aventi domicilio in due studi distinti.
Massima

In materia di impugnazione (nella specie: appello) la nomina di una pluralità di procuratori, ancorché non espressamente prevista nel processo civile, è certamente consentita, non ostandovi alcuna disposizione di legge e fermo restando il carattere unitario della difesa; tuttavia, detta rappresentanza tecnica, indipendentemente dal fatto che sia congiuntiva o disgiuntiva, esplica nel lato passivo i suoi pieni effetti rispetto a ciascuno dei nominati procuratori, mentre l'eventuale carattere congiuntivo del mandato professionale opera soltanto nei rapporti tra la parte ed il singolo procuratore, onerato verso la prima dell'obbligo di informare l'altro o gli altri procuratori. Ne consegue la sufficienza della notificazione dell'atto di impugnazione ad uno solo dei procuratori costituiti sul quale ricade l'onere di informazione del codifensore.

Il caso

I Sigg.ri AAA e BBB convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di YYY, l'Istituto di credito CCC, in via principale per sentir dichiarare la nullità dei contratti di acquisto di titoli mobiliari per mancato adempimento del predetto Istituto agli obblighi informativi, e, in via subordinata, per sentir annullare tali contratti per errore essenziale o per dolo e comunque per sentir dichiarare la loro risoluzione per grave inadempimento dell'intermediario; in entrambi i casi con richiesta di restituzione del capitale investito; in ulteriore subordine, gli attori chiedevano l'annullamento dei suddetti contratti per vizio del consenso, stante l'evidente truffa contrattuale subita, con connesso risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.

Il tribunale adito accoglieva la domanda risarcitoria.

L'Istituto di credito soccombente proponeva gravame.

Nella sede di appello, i Sigg.ri AAA e BBB restavano contumaci.

L'adita Corte di merito dichiarava la nullità della sentenza di primo grado, condannando gli originari attori a restituire la somma percepita in forza della pronuncia gravata, fondando tale decisione sul rilievo che il primo giudice, una volta escluso il risarcimento del danno da truffa contrattuale, non avrebbe potuto – in assenza di domanda – condannare la banca intermediaria al risarcimento del danno ma si sarebbe dovuto limitare a valutare la sussistenza dell'inadempimento ai fini dell'accoglimento della sola domanda di risoluzione delle operazioni di investimento.

La Corte di merito rilevava, inoltre, che la contumacia degli appellati e la connessa mancata difesa precludevano l'esame delle altre domande di nullità, di annullamento e di risoluzione degli ordini formulate in primo grado.

Gli originari attori proponevano ricorso per cassazione avverso tale sentenza, chiedendone l'annullamento.

L'Istituto di credito CCC resisteva con controricorso.

La questione

La questione giuridica sottoposta alla Corte Suprema di cassazione che interessa in questa sede è stata quella di stabilire se potesse considerarsi rituale la notifica dell'atto di appello ad opera dell'Istituto di credito soccombente in primo grado, eseguita nei confronti di uno soltanto fra i due difensori degli originari attori, aventi domicilio in due studi distinti.

Le soluzioni giuridiche

I ricorrenti avevano chiesto cassarsi la sentenza impugnata giacché, fra l'altro, erronea e nulla nella parte in cui aveva omesso di rilevare il vizio della notificazione dell'atto di appello, ritualmente notificato unicamente ad uno dei loro due difensori, pur se aventi domicili distinti.

La Suprema Corte ha ritenuto infondata la doglianza, assumendo a supporto di tale opinione i medesimi argomenti posti a fondare la sentenza delle Sezioni Unite 9 giugno 2014, n. 12924, in tema di rappresentanza tecnica affidata ad una pluralità di procuratori.

Ad avviso delle Sezioni Unite, nei casi di tale specie, pur fermo restando il carattere unitario della difesa, la rappresentanza tecnica, indipendentemente dal fatto che sia congiuntiva o disgiuntiva, esplica nel lato passivo i suoi pieni effetti rispetto a ciascuno dei nominati procuratori, mentre l'eventuale carattere congiuntivo del mandato professionale opera soltanto nei rapporti tra la parte ed il singolo procuratore, onerato verso la prima dell'obbligo di informare l'altro o gli altri procuratori.

Osservazioni

Preliminarmente, deve essere annotato che la nomina di due o più procuratori, ancorché non espressamente prevista nel processo civile, è certamente consentita, non ostandovi alcuna disposizione di legge; fermo, comunque, dovendo restare il carattere unitario della difesa.

Al «quesito» su quali siano o possano essere le conseguenze sul piano processuale nelle ipotesi in cui la notificazione di un atto di impugnazione venga eseguita nei confronti di uno solo dei più difensori nominati dalla parte destinataria dell'atto, la giurisprudenza ha sempre dato, per più aspetti, univoca risposta.

Secondo l'orientamento attualmente dominante, in caso di mandato alle liti conferito a più difensori - perfettamente legittimo stante l'assenza di disposizioni che limitano il numero di difensori che ciascuna parte può nominare -, ciascuno di essi, in ragione del carattere unitario della difesa, ha pieni poteri di rappresentanza processuale.

In altri, ed ancor più chiari, termini, viene ormai costantemente affermato che detta rappresentanza tecnica, indipendentemente dal fatto che sia congiuntiva o disgiuntiva, esplica nel lato passivo i suoi pieni effetti rispetto a ciascuno dei nominati procuratori, mentre l'eventuale carattere congiuntivo del mandato professionale opera soltanto nei rapporti tra la parte ed il singolo procuratore, onerato verso la prima dell'obbligo di informare l'altro o gli altri procuratori (v., in tal senso, ex multis, Cass. civ., sez. I, 31 agosto 2017, n. 20625; Cass. civ., sez. II, 3 marzo 2014, n. 4933, secondo cui il carattere congiunto del mandato, ove non ricorra un'attività processuale ad esecuzione unitaria di tutti i mandatari, non assume rilievo per il notificante; Cass. civ., sez. L, 19 luglio 2001, n. 9787).

Consegue la sufficienza della notificazione dell'atto di impugnazione ad uno soltanto dei plurimi difensori nominati dalla parte, a nulla, inoltre, rilevando che il destinatario della notifica non sia anche domiciliatario della parte (v. ex multis, Cass. civ., sez. VI, ord., 27 maggio 2011, n. 11744; Cass. civ., sez. L, 23 aprile 2009, n. 9689; Cass. civ., 29 maggio 2007, n. 12516; Cass. civ., sez. II, 31 maggio 2006, n. 12963; Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2004, n. 19452).

Sulle medesime linee si è collocata la sentenza delle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 9 giugno 2014, n. 12924) richiamata e riportata nella sentenza in commento.

Le Sezioni Unite (la Corte Suprema ebbe a decidere nella circostanza in tale composizione per ragioni di giurisdizione: ricorso avverso decisione del Consiglio Nazionale forense in materia di irrogazione di sanzioni disciplinari; d'altronde, nessuna oscillazione interpretativa si palesava sussistente per giustificare la chiamata delle Sezioni Unite alla funzione di istituto) hanno affermato il principio del «carattere unitario della difesa» pur in presenza di una pluralità di difensori, ed hanno precisato che tale rappresentanza tecnica, a prescindere dal fatto che sia congiuntiva o disgiuntiva, esplica nel lato passivo i suoi pieni effetti rispetto a ciascuno dei nominati procuratori, mentre l'eventuale carattere congiuntivo del mandato professionale opera soltanto nei rapporti tra la parte ed il singolo procuratore, cui incombe l'onere (in favore del rappresentato) dell'obbligo di informare l'altro o gli altri procuratori.

Per l'effetto, conseguendone la sufficienza di ogni notificazione o comunicazione ad uno soltanto dei procuratori costituiti.

Tutto questo posto, non vi è ragione per dissentire dalla sentenza in commento allorché ribadisce tale principio.

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