L'assenza del termine di prescrizione per portare ad esecuzione una decisione straniera e il concetto di ordine pubblico

22 Febbraio 2018

Il tribunale di Milano si è occupato della mancata previsione del termine di prescrizione del diritto di portare ad esecuzione una sentenza di un paese estero ed i suoi rapporti con il concetto di ordine pubblico interno.
Massima

Nell'ordinamento inglese l'assenza di un termine di prescrizione per portare ad esecuzione una sentenza emessa da una Corte britannica non può ritenersi in contrasto con il concetto di ordine pubblico interno. Ne discende l'irrilevanza del tempo intercorso tra la decisione promulgata nel Paese estero e l'instaurazione del processo presso le Corti italiane. É, quindi, possibile eseguire - nonostante il ragguardevole lasso temporale - la decisione di un organo giudicante estero anche mediante l'esecuzione presso terzi.

Il caso

Nel promosso giudizio d'esecuzione la parte notificava atto di sequestro presso terzi, stante la dichiarazione d'esecutività (a far data dal 12 gennaio 2007) della sentenza della Chncery Divison della High Court of Justice di Inghilterra e Galles, resa con provvedimento della Corte di Appello di Milano del 25.11.2015, in forza dell'art. 47 del reg. CE n. 44/2001, esecutiva il 12.01.2007.

L'atto di sequestro aveva ad oggetto le somme spettanti al debitore sulla base di un contratto preliminare di vendita concluso tra quest'ultimo ed un terzo (promissario acquirente).

Il debitore esecutato, successivamente al rigetto dell'opposizione mediante la citata ordinanza della Corte d'appello meneghina che, per l'effetto, comportava la conversione del sequestro in pignoramento, reiterava l'eccezione di prescrizione del diritto di portare ad esecuzione la decisione della Corte anglosassone, passata in giudicato nel 2007.

A sostegno della richiesta di sospensione del processo esecutivo il debitore sosteneva da un lato che l'esecutività rilasciata dal giudice inglese nel 2007 non potesse essere fatta valere otto anni dopo, cioè nel 2015 e, dall'altro, che l'inerzia del creditore protratta per anni gli precludesse l'opportunità di portare ad esecuzione la decisione assunta dalla Corte britannica.

Il Giudice adito, tuttavia, riteneva non sussistente il fumus boni iuris richiesto dalla legge per l'accoglimento dell'istanza di sospensione del processo esecutivo e, pertanto, concludeva per il rigetto della stessa.

La questione

La pronuncia in commento snoda il proprio iter motivazionale su due argomenti.

Il primo afferisce alla legge applicabile alla prescrizione del diritto di portare ad esecuzione una decisione straniera; il secondo concerne, invece, la valutazione sul se l'assenza di un termine prescrizionale per far valere l'esecutività di una decisone straniera violi o meno l'ordine pubblico.

Le soluzioni giuridiche

In merito alla prima tematica, l'organo decidente aderisce all'orientamento giurisprudenziale - maggioritario - ai sensi del quale la prescrizione ha natura sostanziale, stante la correlazione simbiotica tra i mezzi di estinzione dei rapporti giuridici e la legge, che ne configura la sostanza.

Accertata la natura sostanziale dell'istituto de quo, ne discende, quale logico corollario, l'impossibilità di applicazione della cd. “lex fori”, con la consequenziale necessità di analizzare la disciplina inglese in materia.

A tal uopo, il G.E. milanese nominava, ex art. 14 della legge n. 218/1995, un professore universitario, esperto di diritto anglosassone, al fine di vagliare la disciplina inglese in materia di prescrizione del diritto di portare ad esecuzione una decisone, stanti i contrastanti pareri pro veritate rilasciati dai legali britannici.

Dall'analisi della normativa inglese e, in special modo, del “Limitation Act” e del “Civil Procedure Rules”, si ha agio d'inferire che, nell'ordinamento britannico, non sussiste un termine di prescrizione del diritto a portare ad esecuzione, tramite lo strumento processuale dell'esecuzione presso terzi, una sentenza.

In tal senso, il tribunale di Milano qualificava come “non rilevante” l'argomentazione spiegata dal debitore esecutato in merito alla pretesa irragionevolezza della normativa inglese, poiché tale aspetto non era sindacabile dall'organo giudicante adito e affermava, inoltre, che, anche a prescindere da tale asserzione, ciò non escludeva la necessità di applicare la disciplina inglese con riferimento alla prescrizione.

Il secondo profilo analizzato nella motivazione della pronuncia in commento attiene al (presunto) contrasto tra la suddetta lacuna normativa dell'ordinamento britannico ed il concetto di ordine pubblico interno.

Il Giudice meneghino fa propria la nozione di ordine pubblico fornita dalla Corte di cassazione (ex multis, Cass. civ., ord., 16 maggio 2016, n. 9978).

Il Supremo Collegio definisce l'ordine pubblico quale complesso dei principi fondamentali che, in indeterminato momento storico, connota l'ordinamento interno e che è fondato su esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo proprie dei diversi ordinamenti e desumibili, innanzitutto, dai sistemi di tutela approntati a livello sovraordinato rispetto alla legislazione ordinaria.

Muovendo da tale assunto, il G.E. milanese ritiene che la mancata previsione del termine prescrizionale, da parte dell'ordinamento inglese, del processo di espropriazione presso terzi non sia in contrasto con il concetto di ordine pubblico interno.

Invero, il giudice adito aderisce all'orientamento dottrinario che qualifica la prescrizione come istituto posto a tutela di un interesse privato che, nel caso di specie, è costituito da quello del debitore ad essere liberato dai vincoli per il decorso del termine di volta in volta indicato dalla legge.

L'eventualità che detta tutela si realizzi - saltuariamente - tramite norme cogenti, è sinonimo soltanto del volere legislativo di impedire che, mediante convenzioni privatistiche, vengano imposti termini di prescrizione eccessivamente brevi (in tal senso, Cass. civ., sez. III, sent., 18 gennaio 2011, n. 1084).

Ciò non comporta il ricondurre il concetto di prescrizione nell'alveo normativo pubblicistico.

A suffragare tale considerazione si pone anche, secondo l'organo giudicante, il fatto che in molteplici casi venga esclusa l'operatività dell'istituto della prescrizione.

A titolo esemplificativo, si può fare menzione degli artt. 248, comma 2, 249, comma 2, 263, comma 2, 270, 533, comma 2, 1422 c.c..

Osservazioni

L'istituto della prescrizione ed il concetto di ordine pubblico rappresentano i due fulcri attorno ai quali si sviluppa l'impianto motivazionale del tribunale di Milano.

Invero, la natura - processuale o sostanziale - della prescrizione è stata oggetto di un contrasto, dottrinario e giurisprudenziale, per lungo tempo fervente.

In epoca recente, ha prevalso, nonostante il carattere “enigmatico” che continua a connotare detto istituto - almeno per una parte della dottrina - la teoria che ne afferma la natura sostanziale. Tale assunto è stato suffragato anche dalla giurisprudenza comunitaria (da ultimo, nella decisione del cd. “Caso Taricco”).

Il concetto di ordine pubblico, invece, non è di agevole definizione.

Indubbiamente lo stesso rappresenta un elemento indefettibile di ogni sistema di diritto internazionale privato, ma è anche un limite all'introduzione, nell'ordinamento interno, di norme o provvedimenti stranieri che contrastano con i principi fondamentali del medesimo.

In merito alla funzione rivestita dall'ordine pubblico, nulla quaestio.

Piuttosto il nodo gordiano è rappresentato dalla cristallizzazione del suo contenuto, stante che il concetto di ordine pubblico muta in relazione al profilo temporale e spaziale.

La nozione sopra richiamata di tale fondamentale concetto giuridico - quasi unanimemente accolta anche dai Paesi membri dell'Unione Europea - ha comportato un innalzamento nella soglia di operatività del medesimo.

Tale assunto è suffragato, inoltre, dalla legislazione comunitaria, la quale ritene configurata una violazione del concetto di ordine pubblico allorquando quest'ultima sia “manifesta”. Esemplificativamente, può farsi riferimento all'art. 45, lett. a), Reg. UE n. 1215/2012, in materia di cooperazione giudiziaria ed all'art. 12 del Reg. UE n. 1259/2010, in relazione alla disciplina degli strumenti deputati all'individuazione della legge applicabile.

Nondimeno, da dette considerazioni non può inferirsi la natura pubblicistica del concetto di ordine pubblico che, invece, è da ritenersi di matrice prettamente privatistica, in quanto volto a tutelare interessi di tal fatta.

Sposando le considerazioni estese in relazione all'istituto della prescrizione ed al concetto di ordine pubblico interno deve, quindi, concordarsi con la decisione del tribunale di Milano e affermarsi il diritto del creditore opponente ad eseguire la decisione della Corte britannica in ragione dell‘efficacia del titolo esecutivo in relazione al quale è stata incoata la procedura d'esecuzione.

Riferimenti
  • Galli, Nuovo Corso di diritto Civile e Novità normative e giurisprudenziali di diritto penale e civile, Padova;
  • Gazzoni, Manuale di Diritto Privato, Napoli.

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