Decreto legislativo - 31/12/1992 - n. 546 art. 4 - Competenza per territorio.

Mario Cavallaro

Competenza per territorio12.

1. Le corti di giustizia tributaria di primo grado sono competenti per le controversie proposte nei confronti degli enti impositori, degli agenti della riscossione e dei soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che hanno sede nella loro circoscrizione. Se la controversia e' proposta nei confronti di articolazioni dell'Agenzia delle Entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e' competente la corte di giustizia tributaria di primo grado nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso 3 4.

2. Le corti di giustizia tributaria di secondo grado sono competenti per le impugnazioni avverso le decisioni delle corti di giustizia tributaria di primo grado, che hanno sede nella loro circoscrizione.

[1] Per l'abrogazione del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 130, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. Vedi, anche, l'articolo 130, comma 3, del D.Lgs. 175/2024 medesimo.

[2] Per le nuove disposizioni legislative in materia di giustizia tributaria, di cui al presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 48 del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175.

[3] Comma modificato dall'articolo 28, comma 2, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122 e successivamente sostituito dall'articolo 9, comma 1, lettera b), del D.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 1° gennaio 2016.

[4] La Corte Costituzionale, con sentenza 3 marzo 2016, n. 44 (in Gazz. Uff., 9 marzo, n. 10), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nel testo vigente anteriormente alla sua sostituzione ad opera dell'art. 9, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156 , nella parte in cui prevede che per le controversie proposte nei confronti dei concessionari del servizio di riscossione e' competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i concessionari stessi hanno sede, anziche' quella nella cui circoscrizione ha sede l'ente locale concedente. Con la medesima sentenza, inoltre, la Corte Costituzionale dichiara, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 , l'illegittimita' costituzionale del presente comma nel testo vigente a seguito della sostituzione operata dall'art. 9, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 156 del 2015, nella parte in cui prevede che per le controversie proposte nei confronti dei soggetti iscritti nell'albo di cui all'art. 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e' competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i medesimi soggetti hanno sede, anziche' quella nella cui circoscrizione ha sede l'ente locale impositore.

Inquadramento.

La competenza individua, una volta stabilita l'esistenza di giurisdizione del giudice adito, (che nel processo tributario è determinata dall'art. 2 del d.lgs. n. 546/1992) la sfera entro la quale il giudice è, appunto, competente ad esercitarla. Nel caso della giurisdizione tributaria ed a cagione della sua specialità l'unica sfera di competenza che viene in rilievo è quella territoriale, cioè l'individuazione della commissione nella cui circoscrizione si esercita nel caso concreto la giurisdizione. L'art. 1 del d.lgs. n. 545/1992 individua come commissioni provinciali quelle che, come lessicalmente è inequivoco, hanno competenza sull'intera provincia e sede nei capoluoghi delle medesime, mentre le commissioni regionali hanno sede nel capoluogo di regione e competenza per territorio sui gravami proposti verso le pronunce delle commissioni tributarie provinciali site nelle singole province. Sono istituite delle sezioni staccate delle commissioni regionali, ma non si tratta di autonomi centri di competenza, ma di articolazioni interne delle Commissioni. Al momento risulta inattuato, ma anche se lo fosse stato non avrebbe avuto alcun effetto sulla competenza, l'art. 6 del d.lgs. n. 545/1992 sulla formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti, che prevedeva che con provvedimento del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria fossero istituite sezioni specializzate in relazione a questioni controverse da individuare, trattandosi anche qui di una articolazione interna delle commissioni e non di attribuzione alle medesime di competenza per materia che al momento è stata ritenuta inutilmente gravosa. La competenza delle commissioni tributarie si definisce funzionale ed inderogabile, nel senso che non si applicano pertanto gli artt. 28 e 29 del codice di rito civile sulla pattizia modifica della competenza territoriale, che è statuita per legge. In considerazione della peculiare natura delle agenzie fiscali, la norma stabilisce anche l'individuazione del foro territoriale sulla base del principio dell'attribuzione della competenza alla commissione tributaria nel cui territorio opera l'ufficio al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso, superando il regime della pura territorialità in riferimento ad articolazioni dell'agenzia che abbiano competenza su tutto o parte il territorio nazionale, in ragione di assegnazione funzionale, ovviamente in sede amministrativa, di compiti peculiari (i centri servizi, ad esempio). La Corte costituzionale con la recente pronuncia citata e il legislatore, con una novellazione dell'articolo nel d.lgs. n. 156/2015, hanno cercato di adeguare la prescrizione normativa alla problematica, che il processo tributario comporta ex se, della competenza territoriale nell'impugnazione degli atti degli agenti della riscossione e di quelli, equiparati, incaricati della riscossione dei tributi locali. Il tema si presenta tuttora in divenire, alla luce delle recenti modifiche legislative al rapporto fra potestà tributaria e riscossione ed allo stesso sistema dell'agente autonomo della riscossione e sicuramente al momento la norma non appare coerente con il nuovo sistema, che — tendendo ad unitarietà fra la fase di accertamento e quella di riscossione — postulerebbe una ancor più chiara ed incontrovertibile tendenza ad unificare anche la competenza territoriale quando vi siano impugnazioni plurime — o per plurime ragioni — di atti tributari, che è il vero tema complesso nell'attribuzione della competenza territoriale.

Competenza e giurisdizione

L'art. 2 va letto in chiave sistematica con il successivo art. 5, che stabilisce le misure processuali in caso di incompetenza. Si ricava da questa lettura che la competenza è inderogabile, in quanto non assoggettabile a regolazioni pattizie, e che è determinata esclusivamente in riferimento alla allocazione territoriale del Giudice Tributario, essendo il valore indifferente una volta attribuita ad una commissione in concreto la potestà di giudicare una controversia tributaria.

Poiché la competenza si radica, secondo il comma 1, sulla base del soggetto passivo del ricorso, si possono innanzi tutto operare distinzioni generali a seconda dell'ente impositore, che può essere l'impositore centrale o quello degli enti locali, oppure ancora l'agente della riscossione o il soggetto autorizzato alla riscossione ex art. 53 d.lgs. n. 446/1997, che ha istituito l'albo dei soggetti autorizzati all'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali.

Contro l'atto impositivo dell'ente locale (a meno che, si ricordi, non si tratti di atto generale, che dovrà essere impugnato innanzi al Giudice amministrativo nel termine decadenziale di 60 giorni dalla conoscenza dell'atto) si ricorrerà pertanto alla commissione tributaria provinciale in cui ha sede legale l'ente locale, mentre il riferimento alle pretese erariali generali si fa all'agenzia che si occupa in concreto della pretesa tributaria.

Se, aggiunge la norma, il regolamento di organizzazione, che attualmente trova la sua fonte primaria nell'art. 71 del d.lgs. n. 300/1999, prevede che la questione in sede amministrativa sia assegnata ad una articolazione particolare dell'agenzia, avente competenza su tutto o parte del territorio nazionale (è il caso dei c.d. «centri servizi», ad esempio) ha competenza la commissione tributaria in cui ha sede l'ufficio a cui spettano le attribuzioni sul rapporto controverso, di regola la direzione provinciale delle entrate del domicilio fiscale della parte. In pratica, una norma resasi necessaria per deflazionare il contenzioso abnormemente concentratosi presso le Commissioni tributarie (e in sede penale presso i tribunali) nelle cui circoscrizioni sono collocate tali speciali articolazioni con amplissima competenza territoriale e specifiche competenze funzionali ed organizzative.

Sono di competenza della commissione ove ha sede l'agente della riscossione le questioni relative alle iscrizioni ipotecarie e ad altre misure di tutela del credito fiscale (C.t.p. Reggio Emilia 4 ottobre 2010 n. 169), beninteso quando invece la giurisdizione non sia del giudice tributario, ma di quello ordinario, se non si tratta di provvedimenti conseguenti all'applicazione di tributi in senso proprio, come insegna Cass. S.U., Ord., n. 23113/2015.

Residua la competenza della commissione provinciale di Pescara soltanto per quei provvedimenti che siano di stretta competenza del noto Centro servizi con sede in quella città e nei quali non vi sia solo un'attività istruttoria e di assistenza, poiché «.... il centro di servizio, è in linea generale privo di legittimazione in relazione ad atti ad esso ascrivibili, spettando quella sostanziale del rapporto tributario all'ufficio delle entrate titolare dello stesso.», per cui ha concluso Cass. V, n. 23003/2010che: «.....ad avviso del Collegio quanto sopra rilevato non può non valere a maggior ragione anche per il centro operativo di Pescara, dal momento che l'ente impositore è pur sempre l'agenzia delle entrate, che nella specie si avvale della competenza per così dire tecnica del medesimo solo per l'istruttoria delle pratiche di che trattasi, considerando in particolare che l'art. 10 d.lgs. n. 546 del 1992, e l'art. 10, comma 1, lett. b), d.l. n. 138/2002, quest'ultimo istitutivo di esso non prevedono una competenza per territorio derogatoria a quella generale, ed esclusiva di quella di Pescara, a meno che non si tratti di ricorsi contro i provvedimenti di rimborso contenenti errori o duplicazioni addebitabili solo al centro operativo, alla stregua di quello dei servizi, altrimenti si derogherebbe a quella del domicilio fiscale del contribuente, con conseguente aggravio della sua posizione se ubicato in sede molto lontana, e inevitabile «vulnus» al diritto pieno di difesa.”

La competenza territoriale deve essere determinata sulla base dei termini in cui viene formulata la domanda introduttiva del giudizio, indifferenti essendo le questioni di rito e di merito che si pongono solo come successive rispetto alla originaria delibazione di competenza [Cass. n. 4943/1987, principio così ribadito recentemente da Cass. n. 17004/2015, in base alla quale: «qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si sia spogliato della «potestas iudicandi» sul merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l'onere nè l'interesse ad impugnare tale statuizione; sicché è ammissibile l'impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale, mentre è inammissibile, per difetto di interesse, l'impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata».].

Altro principio generale, sancito dalla norma, è quello che l'individuazione del giudice territorialmente competente si fa con riguardo alla sede dell'ufficio finanziario o del concessionario del servizio di riscossione e non in riferimento al fatto che il ricorrente possa, nell'impugnazione per così dire principale, inserire poi delle contestazioni attinenti al merito della pretesa tributaria come pure gli è consentito dalla norma [(Cfr. Cass. V, n. 4682/2012: «...deve ritenersi, di contro, che l'individuazione della Commissione tributaria di primo grado territorialmente competente debba operarsi, come si desume dalla lettera dell'art. 4 d.lgs. n. 546/1992, con riferimento al luogo ove ha sede l'Ufficio finanziario che ha emesso il provvedimento impugnato, ovverosia — nel caso di specie — il Concessionario della riscossione per la Provincia di Milano, che ha emesso la cartella di pagamento impugnata dalla contribuente. D'altra parte, tale conclusione appare coerente con il rilevo che — in via di principio — la competenza per territorio non è determinata dalla legge sulla base di criteri contenutistici, inerenti alla specifica materia, di volta in volta, controversa, essendo, invece, normativamente individuata sulla base di criteri di collegamento tra una specifica controversia ed una determinata zona del territorio, per lo più, fondati — fatte salve tassative eccezioni previste dalla legge sull'allocazione spaziale dei soggetti in causa (residenza o domicilio della persona fisica, sede della persona giuridica)».]

Il principio generale è che la competenza si incardina con riferimento al soggetto che nel ricorso viene indicato come parte resistente avendo emanato l'atto impugnato, essendo irrilevanti le questioni conseguenti all'impugnazione-merito, ivi compresa l'eventuale contestazione sulla competenza dell'Ufficio ad emettere l'atto impugnato.

Non si confondano le questioni relative alla competenza per territorio con quelle relative all'ammissibilità dell'impugnazione per preteso difetto territoriale della sua notificazione, risolte univocamente dalla Suprema Corte: Cass. V, n. 21593/2015, la quale rammenta che già con sentenza emessa da Cass. V, n. 30753/2011 si è statuito che «la notifica presso ufficio locale dell'Agenzia delle entrate non competente non comporta l'invalidità dell'impugnazione: In tema di contenzioso tributario, la notifica dell'impugnazione avverso il silenzio-rifiuto, da parte del contribuente, presso un ufficio della locale Agenzia delle entrate diverso da quello che avrebbe dovuto eseguire il rimborso in base all'istanza all'uopo presentata, non incide sulla validità dell'impugnazione del silenzio-rifiuto medesimo, stante il carattere unitario dell'Agenzia delle entrate competente per territorio e la natura impugnatoria del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte all'ente-organo (e non alle sue singole articolazioni) che ha emesso, o, in caso di diniego, non ha emesso l'atto di cui si controverte».

Insuscettibile di difficoltà in sede applicativa è la competenza territoriale delle commissioni regionali, che si riferisce all'impugnazione delle decisioni rese dalle commissioni provinciali ricomprese nel territorio regionale di competenza; non sussistono ipotesi di competenza in primo grado delle commissioni regionali.

Sicuramente l'intera materia della competenza territoriale, con le sue attuali distinzioni fra ente impositore ed agente della riscossione, dovrà essere ripensata e riordinata alla luce delle disposizioni di cui al d.l. n. 193/2016, che ha sostanzialmente concentrato presso le agenzie le funzioni di accertamento e riscossione, in modalità che sono tuttora in corso di organizzazione funzionale.

Il nuovo assetto della competenza per territorio dopo le novelle legislative e la pronuncia della Corte cost. 44/2016

Da annotare in primo luogo la nota pronuncia della Corte cost. n. 44/2016, con la quale si è ritenuto incostituzionale l'art. 4 nella parte in cui assegna, nei ricorsi proposti nei confronti dei soggetti incaricati della riscossione di cui all'art. 53 d.lgs. n. 446/1997, la competenza territoriale a quella della sede del medesimo, anziché quella dell'ente impositore.

Opportuno richiamare, per la sua completezza Cass. VI, ord., n. 1113/2015.

La Corte, prendendo le mosse dalla Cass. S.U., n. 3116/2006, ha chiarito che, in relazione all'agenzia fiscale, tutti i suoi uffici periferici hanno la capacità di stare in giudizio, in via concorrente ed alternativa al direttore, secondo un modello simile alla preposizione institoria disciplinata dagli artt. 2203 e 2204 c.c.; ciò in quanto tali uffici vanno qualificati come organi dell'agenzia che, al pari del direttore, ne hanno la rappresentanza (Cass. n. 9703/2009).

Di qui anche il principio che la notificazione ad un ufficio anziché ad un altro dell'Agenzia delle entrate non è affetta da nullità, trattandosi di un mero errore riguardante l'individuazione dell'ufficio dell'Agenzia territoriale delle entrate deputato a ricevere la notifica (Cass. n. 3680/2007).

La Cassazione (Cass. V, n. 20915/2014) ha chiarito che i criteri di attribuzione della competenza agli organi ed agli uffici in cui si articola l'Agenzia delle Entrate e le modalità di esercizio dei poteri e delle competenze sono definiti dallo Statuto e dal regolamento di amministrazione e che alle Direzioni regionali sono riconosciute competenze istruttorie e di supporto alle agenzie territoriali e funzioni autonome istituendo un'area di riserva esclusiva di competenza a favore della DRE in relazione alla rilevanza economico-fiscale del soggetto accertato.

La Cass. V, n. 724/2014(adesivamente si veda C.t. I grado Trentino-Alto Adige Trento I, 26 marzo 2015, n. 95) ha con ampia motivazione insegnato che «Il d.lgs. n. 546 del 1992, art. 4 individua la competenza del Giudice tributario esclusivamente con riferimento al luogo ove ha sede l'Ufficio finanziario o il concessionario del servizio di riscossione che ha emesso il provvedimento impugnato, rimanendo del tutto priva di rilevanza la circostanza che attraverso l'atto impugnato il contribuente intenda contestare il rapporto tributario, facendo valere vizi propri anche dell'atto presupposto (cfr. Cass. V, n. 4682/2012), circostanza quest'ultima che ..........rimane del tutto avulsa dai criteri di verifica del presupposto processuale».

Secondo la Corte diversa è la competenza territoriale della C.t.p. adita con ricorso per impugnazione del «ruolo» e di quella adita invece con ricorso per impugnazione della cartella di pagamento, emessa dal Concessionario del servizio per la riscossione.

La disciplina del processo tributario non prevede — afferma la Corte — tuttavia l'ipotesi di «contestuale» impugnazione di plurimi atti tributari, né prevede ipotesi di modifica della competenza territoriale per ragioni di connessione per il titolo o per l'oggetto.

La mancanza di previsioni normative espresse non consente l'integrazione con le norme del codice di procedura civile dovendosi ritenere incompatibile con l'applicazione dell'art. 40 c.p.c. il sistema, in sé conchiuso, realizzato dalle disposizioni del d.lgs. n. 546/1992, art. 19, comma 1, lett. d), e comma 3, e art. 21, comma 1, u.p.

L'accesso alla tutela giurisdizionale si ottiene esclusivamente con l'impugnazione di un atto che deve rivestire i caratteri della pretesa fiscale e/o essere definito ex lege autonomamente impugnabile in sede giurisdizionale dall'art. 19 d.lgs. n. 546/1992, comma 1, lett. i), emesso da un soggetto impositore o dal Concessionario del servizio di riscossione e notificato al contribuente.

Il presupposto dell'accesso alla Giustizia tributaria è dunque costituito dalla notifica al contribuente di un atto tributario autonomamente impugnabile.

Nell'elenco contenuto nell'art. 19 comma 1, lett. da a) ad h) d.lgs. n. 546 del 1992, sono individuati, per ciascuna lettera, singolarmente gli atti autonomamente impugnabili, ad eccezione della lett. d), che ne individua due: il ruolo e la cartella di pagamento.

Se, aggiunge la Corte, «per giurisprudenza pacifica il ruolo, definito ai sensi dell'art. 10 d.P.R. n. 602/1973, — nel testo sostituito dall'art. 2 d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, — come l'elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall'ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario, può essere impugnato per vizi suoi propri (cfr. Cass. V, n. 7154/2002 — sulla iscrizione a ruolo di somme oggetto di accertamento parziale; Cass. V, n. 7439/2003, con riferimento al termine decadenziale d.P.R. n. 602/1973, ex art. 17 all'epoca previsto per la iscrizione a ruolo del credito accertato; Cass. V, n. 23184/2005; Cass. V, n. 8250/2006; Cass. V, n. 8272/2006 — con riferimento ad iscrizione a ruolo di soggetto deceduto; Cass. V, n. 16665/2011), venendosi a configurare nella sequenza procedimentale della procedura di riscossione (artt. 24 – 26 d.P.R. n. 602/1973) quale atto presupposto rispetto all'atto consequenziale «cartella di pagamento» (cfr. Cass. n. 7943/2003), ciò non esclude che, ai fini dello schema processuale di tipo impugnatorio, lo stesso — per espressa disposizione legislativa — venga ad essere considerato unitariamente alla cartella di pagamento, costituendo i due atti «autonomamente» impugnabili, ai fini della opposizione svolta dal contribuente, un unico «atto composto». Tanto si desume dalla natura del ruolo quale atto meramente strumentale del procedimento, nel quale sono del tutto assenti margini di potere discrezionale, essendo funzionale esclusivamente ad attivare l'ulteriore attività di competenza del Concessionario (ora denominato Agente del servizio per la riscossione) in quanto destinato a fornire a quest'ultimo i dati essenziali (identificativo del debitore; ammontare del credito principale ed accessorio) per la richiesta di pagamento del tributo, trattandosi dunque di atto concernente l'attuazione del rapporto organizzativo tra i predetti soggetti e non destinato a produrre effetti direttamente nella sfera giuridica del contribuente, al quale infatti non deve essere notificato.

Tale specifica natura del ruolo è chiaramente riassunta dal combinato disposto dall'art. 19, comma 3 e art. 21, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, secondo cui «la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente la impugnazione unitamente a quest'ultimo», ed il termine stabilito a pena di decadenza per la impugnazione dell'atto, ove trattasi del ruolo, deve essere computato con riferimento alla notifica della cartella, atteso che «la notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo».

Orbene, prosegue sempre la sentenza in commento, l'assetto normativo descritto converge univocamente nell'individuazione della cartella di pagamento come atto attraverso il quale (id est mediante la impugnazione del quale) possono essere dedotti anche vizi di invalidità propri dell'atto presupposto-ruolo (non notificato), con la conseguenza che, ai fini del radicamento della competenza territoriale del Giudice tributario, si deve avere riferimento al luogo in cui ha sede il soggetto che ha emesso l'atto-cartella (che deve contenere «anche l'indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo»: art. 25, comma 2-bis, d.P.R. n. 602/1973, come integrato dall'art. 8 d.lgs. n. 32/2001) notificato al contribuente e da questi impugnato per far valere anche vizi di legittimità propri del ruolo.”

Conclusivamente «va dunque disattesa tanto l'ipotesi secondo cui la contestuale impugnazione della cartella e del ruolo, con il medesimo ricorso, comporterebbe per ciascuno dei due atti tributari la individuazione di diversi Giudici territorialmente competenti .... quanto la soluzione ...... secondo cui il corretto radicamento della competenza in ordine ad uno qualsiasi dei due atti tributari, sarebbe sufficiente ad esercitare una «vis attractiva» della competenza relativa anche all'altro atto...».

Bibliografia

Cipolla, Agenzie fiscali, in Dig. 2007; Giuliani - Guzzanti - Aliberti – Chiarizia - Mastrogregori – Ruffini, Codice annotato del Contenzioso Tributario, Milano, 2016, 33 ss.; Gobbi, Il processo tributario, 2017, 35 ss.

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