Decreto legislativo - 31/12/1992 - n. 546 art. 16 - Comunicazioni e notificazioni 1 2 .

Andrea Antonio Salemme

Comunicazioni e notificazioni12.

1. Le comunicazioni sono fatte mediante avviso della segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado consegnato alle parti, che ne rilasciano immediatamente ricevuta, o spedito a mezzo del servizio postale con raccomandata con avviso di ricevimento. Le comunicazioni agli enti impositori, agli agenti della riscossione ed ai soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, possono essere fatte mediante trasmissione di elenco in duplice esemplare, uno dei quali, immediatamente datato e sottoscritto per ricevuta, è restituito alla segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado. La segreteria può anche richiedere la notificazione dell'avviso da parte dell'ufficio giudiziario o del messo comunale nelle forme di cui al comma 2 3.

[1-bis. Le comunicazioni sono effettuate anche mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 , e successive modificazioni. Tra le pubbliche amministrazioni di cui all' articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 , le comunicazioni possono essere effettuate ai sensi dell'articolo 76 del medesimo decreto legislativo. L'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o delle parti e' indicato nel ricorso o nel primo atto difensivo; nei procedimenti nei quali la parte sta in giudizio personalmente e il relativo indirizzo di posta di posta elettronica certificata non risulta dai pubblici elenchi la stessa puo' indicare l'indirizzo di posta al quale vuol ricevere le comunicazioni.] 4

2. Le notificazioni sono fatte secondo le norme degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dall'art. 17.

3. Le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell'atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell'atto, ovvero all'ufficio del Ministero delle finanze ed all'ente locale mediante consegna dell'atto all'impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia 5.

4. Gli enti impositori, gli agenti della riscossione e i soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, provvedono alle notificazioni anche a mezzo del messo comunale o di messo autorizzato dall'amministrazione finanziaria, con l'osservanza delle disposizioni di cui al comma 2 6.

5. Qualunque comunicazione o notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione o dalla comunicazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto.

 

[1] Per l'abrogazione del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 130, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. Vedi, anche, l'articolo 130, comma 3, del D.Lgs. 175/2024 medesimo.

[2] Per le nuove disposizioni legislative in materia di giustizia tributaria, di cui al presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 60 del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175.

[6] Comma modificato dall'articolo 9, comma 1, lettera g), numero 3), del D.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 1° gennaio 2016.

Inquadramento

L'art. 16 in commento detta le regole circa le comunicazioni e le notificazioni nel processo tributario.

Le comunicazioni e le notificazioni costituiscono atti del processo che mirano a portare a conoscenza, ai relativi destinatari, eventi relativi a fatti processuali.

La comunicazione, in particolare, è atto che compie il cancelliere allo scopo di informare il destinatario dell'esistenza di una vicenda accaduta nel processo, al naturale fine di indurre eventuale reazioni, adempimenti, comportamenti consequenziali alla situazione processuale oggetto di notizia. Di norma le comunicazioni si distinguono in due tipi: da un lato quelle che il cancelliere esegue d'ufficio, senza alcun sollecito, in quanto a ciò tenuto per legge, e dall'altro quelle che invece effettua su impulso del giudice, ossia perché il giudice, di sua iniziativa, gliene demanda l'incombente. La notificazione, invece, indica il procedimento preordinato, attraverso l'attività di un soggetto particolarmente qualificato, a portare un atto (giudiziale ma anche non: si pensi alla notificazione dell'atto impositivo) a conoscenza di uno o più soggetti determinati.

La distinzione fondamentale tra comunicazione (definita espressamente dall'art. 136, comma 1, c.p.c. una «forma abbreviata» di partecipazione, anche se il novellato art. 45 disp. att. dispone ormai che la comunicazione di un provvedimento, ma solo di esso, ha per oggetto «il testo integrale» dello stesso: sul punto, Balena, 276) e notificazione sta in ciò che la prima non si attua necessariamente con l'intermediazione di un soggetto estraneo (potendo il cancelliere assolvere al dovere, proprio o derivante da un ordine del giudice, di eseguire la comunicazione direttamente, ad esempio facendo sottoscrivere al destinatario, nel fascicolo d'ufficio, la dichiarazione di aver preso conoscenza dell'atto da comunicare (Cass. sez. lav., n. 5201/1989), mentre la seconda ha bisogno, almeno nell'accezione storica, dell'attività di un terzo nella fase della trasmissione, qual è tipicamente l'ufficiale giudiziario [per la dottrina processual-civilistica, cfr. già Punzi, 652; per quella processual-tributaristica, cfr. già Glendi, 1563].

È di un certo interesse ricordare come, sul diverso piano del diritto amministrativo tributario, per tale dovendosi intendere la branca del diritto che studia il procedimento tributario, esso medesimo, prima ancora del processo, alle prese con il problema della messa a conoscenza sia degli atti endo-procedimentali sia, e soprattutto, dell'atto conclusivo del procedimento (tipicamente l'avviso di accertamento), risalente dottrina fosse propensa ad opinare che la comunicazione costituisse una specie di notificazione, dalla stessa distinguendosi sia per la maggiore semplicità in funzione dell'oggetto, generalmente coincidente con atti di un procedimento già radicato; in svolgimento di tali considerazioni, poteva quindi tracciarsi un parallelo tra il procedimento propriamente detto ed il procedimento (para-)giurisdizionale dinanzi alle commissioni, secondo le regole ratione temporis vigenti, in seno al quale ultimo, ad esempio, andava comunicata (ai sensi degli artt. 19,23 e 27 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) l'ordinanza di fissazione dell'udienza [D'Ayala Valva, 737].

Forme delle comunicazioni

Ferma restando la possibilità per la segreteria di richiedere la notificazione (anche) dell'avviso da parte dell'ufficio giudiziario o del messo comunale, l'avviso stesso è normalmente comunicato mediante consegna alle parti, che ne rilasciano immediatamente ricevuta, o mediante spedizione a mezzo del servizio postale in plico senza busta raccomandato con la famosa cartolina di ricevimento, sul quale plico non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersene il contenuto. Le comunicazioni agli enti impositori, agli agenti della riscossione ed ai soggetti iscritti nell'albo di cui all'art. 53 d.lgs. n. 446 del 1997, tuttavia, possono essere fatte, secondo una procedura semplificata che addossa un onere di diligenza più gravoso in capo al destinatario, mediante trasmissione di elenco in duplice esemplare, uno dei quali, immediatamente datato e sottoscritto per ricevuta, è restituito alla segreteria della commissione tributaria.

Ciò detto quanto alle forme tipiche, è però anche ammesso il ricorso a forme equipollenti, come ad esempio il visto per presa visione. Al riguardo vale infatti l'insegnamento per cui, «sebbene le comunicazioni di cancelleria debbano avvenire, di norma, con le forme previste dagli art. 136 c.p.c. e 45 disp. att. c.p.c. (consegna del biglietto effettuata dal cancelliere al destinatario ovvero notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario), esse possono essere validamente eseguite anche in forme equipollenti, sempreché risulti la certezza dell'avvenuta consegna e della precisa individuazione del destinatario, il quale deve sottoscrivere per ricevuta. Il rispetto di queste prescrizioni consente di ritenere sufficienti prassi come il “visto per presa visione” apposto dal procuratore sull'originale del biglietto di cancelleria predisposto per la comunicazione o sul provvedimento del giudice, mentre nessun rilievo può avere la mera conoscenza del provvedimento» (Cass. II, n. 6221/2002).

La disciplina delle comunicazioni mediante PEC, a seguito della riforma operata dal d.lgs. n. 156 del 2015, che ha abrogato il comma 1-bis dell'articolo 16 in commento, non si è persa, in quanto è stata semplicemente trasfusa all'interno del successivo art. 16-bis.

Le novità introdotte dalla Legge sulla riforma del processo tributario

La legge delega di riforma fiscale (9 agosto 2023, n. 111, recante “Delega al Governo per la riforma fiscale”) prevede all'articolo 19 una serie di principi e criteri direttivi per la revisione della disciplina e l'organizzazione del contenzioso tributario. In attuazione della delega cit., è stato emanato il Decreto legislativo 30/12/2023, n. 220, recante Inizio modulo

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Disposizioni in materia di contenzioso tributario” (pubblicato nella G.U. 3 gennaio 2024, n. 2). Le nuove disposizioni apportano una serie di modifiche al decreto legislativo n. 31 dicembre 1992, n. 546, al fine di ampliare e potenziare l'informatizzazione della giustizia tributaria, mediante la semplificazione della normativa processuale e l'obbligo di utilizzo di modelli predefiniti per la relazione degli atti processuali e dei provvedimenti giurisdizionali. La novella si propone, altresì, lo scopo di snellire, accelerare ed arricchire la fase cautelare prevedendo l'impugnabilità delle ordinanze cautelari del giudice di primo grado, nonchè interventi di deflazione del contenzioso e di rafforzamento del divieto di produzione documentale in secondo grado. Viene, inoltre, introdotta una disciplina specifica per l'udienza a distanza, anche a richiesta di una sola delle parti costituite, con la previsione di strumenti volti a garantire la partecipazione di tutte le parti sia in presenza che da remoto.

In riferimento all'articolo 16 in commento, in attuazione del criterio direttivo di cui all'articolo 19, comma 1, lettera b), n. 1 della l. delega, al fine di semplificare la produzione documentale, il d.lgs. n. 220/2023 ha modificato il co. 1, prevedendo che le comunicazioni vengano fatte mediante avviso della segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado consegnato alle parti, che ne rilasciano immediatamente ricevuta, o spedito a mezzo del servizio postale con raccomandata con avviso di ricevimento.  

Viene pertanto snellita la modalità residuale di comunicazione tramite raccomandata in quanto, in conformità a quanto previsto dal successivo articolo 16-bis, le comunicazioni di segreteria e le notificazioni devono essere effettuate con modalità telematiche. Con le modifiche dell'art. 16 e dell'art. 16-bis, si consegue l'obiettivo di semplificare la produzione documentale, potenziando altresì l'utilizzo di modalità telematiche nella gestione del processo. Inoltre, al fine di corrispondere al criterio di delega che prevede la necessità di individuare la disciplina delle conseguenze processuali per la violazione degli obblighi di utilizzo delle modalità telematiche, si introduce una sanzione indiretta, ovvero l'obbligo di regolarizzare i depositi informatici entro un termine perentorio, garantendo, però, allo stesso tempo, l'insorgenza di onerosi contenziosi su questioni meramente formali (si rinvia, pe ril dettaglio, all'art. 16-bis).

I diversi mezzi di notificazione

Le notificazioni sono fatte secondo le norme degli art. 137 ss. c.p.c., salvo quanto disposto dall'art. 17 d.lgs. n. 546 del 1992.

In particolare, il ricorso che il contribuente intende proporre avverso un atto impositivo, purché impugnabile ex art. 19, deve essere portato a conoscenza: della controparte (i.e. l'ufficio periferico dell'agenzia delle entrate, l'ente locale, ecc.), mediante notificazione; nonché del giudice, mediante costituzione in giudizio, materialmente integrata dal deposito del fascicolo di parte. Fermo che le notificazioni rappresentano un istituto di fondamentale importanza nell'ambito del processo, in quanto garanzia del corretto instaurarsi e svolgersi del contraddittorio e presidio delle esigenze di conoscibilità dei vari atti del giudizio, per quanto nello specifico attiene alle modalità di notificazione del ricorso, l'art. 20, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 dispone che «il ricorso è proposto mediante notifica a norma dei commi 2 e 3 del precedente art. 16». Talché, rispetto al ricorso introduttivo, la notificazione realizza la sua presentazione.

A sua volta quest'ultima può avvenire secondo una delle seguenti tre modalità: 1) giusta notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario (cui allude la notificazione a norma degli artt. 137 ss. c.p.c.) [in tale ipotesi il ricorrente deve consegnare il ricorso in originale e copia conforme all'ufficiale giudiziario il quale, a sua volta, consegnerà o spedirà all'ufficio destinatario la copia e restituirà al ricorrente l'originale con attestazione dell'avvenuta notifica (c.d. relata di notifica)]; 2) giusta notificazione a mezzo del servizio postale, con spedizione dell'atto originale in plico (ante riforma del 2023, si v. supra) senza busta raccomandato (a pena di inammissibilità) con avviso di ricevimento (siffatto accorgimento consente di far sì che il timbro postale recante la data di spedizione risulti direttamente sull'atto stesso, al fine di evitare che possano essere spedite buste prive di contenuto; comunque, ai sensi del comma 3 dell'art. 16 in commento, sul plico «non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dall'atto»; in materia di impugnazione, notasi che, secondo Cass. II, n. 16572/2011, «la spedizione del ricorso in raccomandata senza avviso di ricevimento non comporta l'inammissibilità [della stessa], a condizione [però] che sia provato che il resistente abbia ricevuto l'impugnazione»; talché si profila la regola – applicabile trasversalmente a tutte le notificazioni per posta – per cui è bensì indispensabile l'uso della raccomandata, ma la mancanza dell'avviso di ricevimento, che ha una funzione essenzialmente documentativa, può essere supplita dalla prova che il destinatario ha comunque ricevuto l'atto); 3) giusta notificazione a mezzo di consegna, qualora il destinatario sia l'ufficio tributario o l'ente locale, consistente nella materiale traditio dell'atto originale all'impiegato addetto, che ne rilascia ricevuta sulla copia ovvero su documento autonomo (tale modalità di notificazione – a c.d. “legittimazione passiva indiretta – è impiegabile esclusivamente nei confronti dei citati soggetti e non già nei confronti di parti private, che non possono attestare con fidefacenza la data della traditio).

In questo ultimo caso, la notificazione del ricorso introduttivo e dell'appello, che, in forza del rinvio operato dai D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 20 e 53, al precedente art. 16, comma 3, può essere effettuata all'ufficio del Ministero delle finanze ed all'Ente locale mediante consegna all'impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia, va ritenuta inesistente qualora sulla copia dell'atto depositato manchi la sottoscrizione di un qualsivoglia impiegato dell'Ente destinatario, non essendo sufficiente, per considerare completate le modalità della notifica, la dicitura a timbro dell'ente locale, potendo tale timbro non essere stato apposto dall'impiegato "addetto", né essendovi modo per individuare quest'ultimo (Cass. V, n. 25634/2022).

La spedizione per posta e la consegna si distinguono dall'intermediazione dell'ufficiale giudiziario o del messo comunale anche sul piano delle formalità, perché nelle prime due, a differenza che nella terza, il ricorrente spedisce o consegna l'originale del ricorso alla controparte e ne deposita copia conforme per la costituzione in giudizio (in effetti, rigorosa dottrina ritiene trattarsi di forme notificatorie in senso lato: Berliri, 1458; Tomasicchio, 142).

Con riguardo alla notifica del ricorso in appello, questa può essere effettuata - giusta l'espressa facoltà riconosciuta dal comma 3 dell'art. in commento - direttamente a mezzo del servizio postale, mediante spedizione dell'atto in plico senza busta, raccomandato con avviso di ricevimento. In tale eventualità, gli artt. 3 e 4 della l. n. 890 del 1982 prescrivono le formalità che l'ufficiale giudiziario (o il messo autorizzato dall'Amministrazione finanziaria, ai sensi del comma quarto dell'art. 16 cit.) deve compiere per la spedizione dell'atto.

Allorché, a seguito del mancato rispetto di tali formalità, la Corte di cassazione sia investita - attraverso ricorso ad essa presentato - della inesistenza della notifica e delle conseguenti nullità dell'atto introduttivo del giudizio di appello, nonché della sentenza emessa all'esito del medesimo, quest'ultima deve essere annullata senza rinvio, ai sensi del combinato disposto degli artt. 62, comma 2, del d.lgs. n. 546 cit., e 382, comma 3, c.p.c., e ciò in quanto il processo non avrebbe potuto essere proseguito in grado di appello ed i giudici avrebbero dovuto dichiarare inammissibile il gravame, ai sensi dell'art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass. V, Ord. n. 20789/2021).

In caso, invece, di notifica di un ricorso in appello a mezzo operatore privato privo di titolo abilitante, nulla perché non sanata dalla costituzione della parte appellata, è superfluo concedere un termine per la rinnovazione, atteso che alla mancanza di certezza legale della data di consegna dell'atto al destinatario, dovuta all'assenza di poteri certificativi dell'operatore, consegue la palese inammissibilità dell'impugnazione per tardività, sicché la concessione di tale termine si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio, in violazione dei principi del giusto processo e della durata ragionevole dei giudizi ex art. 111 Cost. e 6CEDU, senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell'effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. V, Ord. n. 19019/2021).

L'art. 16 in commento è stato modificato in coerenza con l'aggiornamento effettuato nel corpo del d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione alla denominazione delle parti processuali, che, in quanto tali, sono interessate dall'attività di notificazione o comunicazione. Pertanto, nei commi 1 e 4 dell'articolo 16 la locuzione relativa agli «enti impositori» sostituisce quelle previgenti di «ufficio del Ministero delle finanze» e di «ente locale», viepiù inserendosi le novelle figure degli «agenti della riscossione» e dei «soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446». La novità più rilevante è tuttavia rappresentata proprio dall'estensione all'agente e ai concessionari privati della riscossione, sopra indicati, delle regole già stabilite per gli enti impositori. Più in particolare, il comma 1 prevede la possibilità, da parte della segreteria della commissione tributaria, di effettuare le comunicazioni (riguardanti, ad esempio, la fissazione dell'udienza o il deposito della sentenza) mediante trasmissione di elenco in duplice esemplare. Inoltre, a norma del comma 4, l'agente e i concessionari privati della riscossione hanno, esse pure, la facoltà di avvalersi, per effettuare le notificazioni, del messo comunale o del messo autorizzato dall'amministrazione finanziaria.

Introduzione sulla notificazione “diretta” a mezzo del servizio postale

A termini del comma 3 dell'art. 16 in commento, finanche le notificazioni possano essere fatte “direttamente” purché a mezzo del servizio postale, mediante spedizione dell'atto in plico senza busta raccomandato con la solita cartolina di ricevimento. Sicché in definitiva, così come nella comunicazione, anche il notificante è abilitato alla notificazione in via diretta, cioè senza l'intermediazione dell'ufficiale giudiziario (ma pur sempre con quella dell'ufficiale postale) e, quindi, ad una sorta di modalità di notificazione semplificata, che, data anche la spiccata specificità del processo tributario, non viola gli artt. 3 e 24 Cost. (Corte cost. n. 18/2000).

Qualora la notificazione avvenga nel modo di cui si tratta, l'avviso di ricevimento del plico costituisce atto pubblico ai sensi dell'art. 2699 c.c. e, pertanto, le attestazioni in esso contenute godono della stessa fede privilegiata di quelle relative alla procedura di notificazione a mezzo della posta eseguita per il tramite dell'ufficiale giudiziario (Cass. V, n. 17723/2006).

La forma di notificazione in esame trova ampia applicazione. Basti considerare che, a seguito della modifica, ad opera dell'art. 3 d.l. n. 40 del 2010, dell'art. 38, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, tale modalità (in precedenza preclusa, essendo obbligatorio avvalersi dell'ufficiale giudiziario) è, dal 26 marzo 2010, consentita anche per la notificazione delle sentenze delle commissioni tributarie provinciali e regionali, ancorché già depositate alla predetta data (come chiarito dalla Circ. Ag. Entrate n. 37/E del 2010).

Di contro, poiché l'art. 62, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, stabilisce che «al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le regole dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto», né la notificazione “diretta” per posta né tantomeno la notificazione per consegna a mani proprie del destinatario sono ammesse nel giudizio di legittimità, in quanto non previste dal codice di procedura civile [cfr., ad es., quanto in specie alla seconda, ma con argomentazione estensibili pure alla prima, Cass. V, n. 11620/2009, per cui «è inammissibile, per inesistenza assoluta della notificazione, il ricorso per cassazione consegnato dal contribuente al “front office” dell'Ufficio dell'Agenzia delle entrate. Tale modalità, infatti, non può considerarsi equipollente ad una notificazione (che è atto dell'ufficiale giudiziario), costituente l'unica modalità di introduzione del giudizio in Cassazione, cui — a prescindere dal fatto che la consegna ad un dipendente non equivale a consegna a mani proprie — comunque non si applica l'art. 17 del d.lgs. n. 546/1992 — relativo al luogo delle comunicazioni e delle notificazioni — dettato esclusivamente per il giudizio dinanzi alle Commissioni tributarie»].

L'atto in busta chiusa in luogo del plico

La notificazione degli atti del processo tributario eseguita direttamente a mezzo del servizio postale deve essere effettuata «mediante spedizione dell'atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento». Nel caso in cui, in luogo del plico, l'atto venga spedito in busta chiusa, la Corte di Cassazione ha stabilito che il vizio della notificazione è sanato, ex art. 156, comma 3, c.p.c., se il destinatario si costituisce in giudizio e svolge le sue difesa, senza contestare il contenuto della busta ricevuta. Più precisamente, «la spedizione del ricorso o dell'appello a mezzo posta in busta chiusa anziché in plico senza busta come previsto dall'art. 20 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, costituisce una mera irregolarità che viene sanata dalla costituzione della controparte, a condizione però che il contenuto della busta non sia contestato, cosicché ove una simile contestazione venga proposta è preciso onere del ricorrente o dell'appellante dare la prova della non corrispondenza a realtà dell'avversa contestazione» (Cass. V, n. 3562/2005). A dispetto tuttavia della formulazione generalizzante della massima, che ragiona per principio di semplice irregolarità, talvolta si opina che, laddove l'atto venga ricevuto dal destinatario senza tuttavia costituzione, l'impiego della busta chiusa in luogo del plico rende nulla la notificazione, con la conseguenza che il giudice adito deve disporre la rinnovazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c. e l'eventuale sentenza emessa senza che il giudice in tal senso abbia disposto è a sua volta affetta da nullità per derivazione: «È nulla (e non inesistente) la notificazione dell'appello effettuata da parte dell'Amministrazione finanziaria nel domicilio eletto dal contribuente nel primo grado ed eseguita con la formalità della spedizione a mezzo del servizio postale in busta chiusa anziché in plico raccomandato senza busta. Rilevata la nullità, il giudice del merito avrebbe dovuto disporre la rinnovazione della notificazione ex art. 291 c.p.c.» (Cass. V, n. 8846/2010).

Infine, pur nel caso di utilizzo della busta, il cui contenuto però non sia contestato, la tempestività dell'invio dovrebbe essere valutata, secondo la regola generale del comma 5 dell'art. 16 in commento, con riguardo alla data di spedizione [Cass. V, n. 918/2006; in senso contrario, però, Cass.V, n. 27067/2006, ha ritenuto che, se viene utilizzata la busta in luogo del plico, per valutare la tempestività dell'invio non può farsi riferimento alla data di spedizione, bensì soltanto a quella di ricezione: «È principio generale del diritto processuale tributario che quando sia consentito servirsi del servizio postale, per la verifica della tempestività dei ricorsi e delle impugnazioni, sia del contribuente che dell'Amministrazione finanziaria, si deve aver riguardo non alla data di arrivo, ma a quella di spedizione, in rigorosa applicazione della fondamentale norma di riferimento costituita dall'art. 20, comma 2, seconda parte, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo la quale «in tal caso il ricorso s'intende proposto al momento della spedizione nelle forme sopra indicate»; tuttavia l'operatività di tale principio è subordinata, necessariamente, al rigoroso adempimento delle tre modalità specificamente prescritte per la spedizione del ricorso a mezzo posta (assumere come strumento un plico senza busta; scegliere il servizio della raccomandata ma, non semplice, bensì con avviso di ricevimento), di talché l'inosservanza anche di una sola di tali modalità preclude al ricorrente la possibilità di fornire altrimenti la prova della tempestività della proposizione del ricorso riferita alla data della spedizione e perciò, nel caso in cui il contribuente abbia inviato il ricorso in plico con busta raccomandato, per verificarne la tempestività non può farsi riferimento alla data di spedizione, ma solo a quella di ricezione»: la ratio di siffatto apparente formalismo pare consistere in ciò che, se l'atto è trasmesso in busta invece che in piego, solo la ricezione può in teoria dar certezza della trasmissione di una busta contenente effettivamente l'atto e non di una busta vuota; la qual cosa presuppone l'assunto per cui il notificante, dando seguito ad una procedura diversa da quella legale, sopporta le esigenze di maggior rigore che ne conseguono).

Deposito della copia dell'avviso di ricevimento e/o della ricevuta di spedizione

A seguito della notificazione di un atto del processo tributario a mezzo del servizio postale, è ovviamente necessario, per dimostrare il perfezionamento del procedimento notificatorio, depositare la copia dell'avviso di ricevimento del plico raccomandato.

Tradizionalmente, la S.C. era solita ritenere che la mancata produzione dell'avviso in questione equivalesse addirittura ad inesistenza (il vizio più grave, assolutamente insanabile) della notificazione (ex pluribus, Cass.V, n. 17541/2007).

Tuttavia, giusta Cass. S.U., n. 627/2008 (in Riv. dir. proc., 2008, 6, 1715, con nota di Sassani e di Caponi), tale impostazione è stata abbandonata in favore di una soluzione meno radicale e più sensibile alle esigenze di effettività della tutela giurisdizionale. Nel dettaglio, per le S.U., la produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato non è elemento costitutivo (e quindi non è un requisito di esistenza) della notificazione postale, ma è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell'intervenuto perfezionamento del procedimento notificatorio; pertanto, in difetto di produzione dell'avviso di ricevimento e in mancanza di esercizio di attività difensiva da parte del notificato, il notificante ha la possibilità di chiedere al giudice di essere rimesso in termini per il deposito dell'avviso che affermi non essergli stato restituito, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all'amministrazione postale un duplicato dell'avviso stesso, a norma dell'art. 6 l. n. 890 del 1982.

La produzione giurisprudenziale seguita alle S.U., in origine riferita alla sola notificazione a mezzo del servizio postale eseguita dall'ufficiale giudiziario ai sensi dell'art, 149 c.p.c., si è in seguito rinverdita con l'estensione sempre pretoria altresì alle notificazioni postali dirette (Cass. V, n. 2780/2009).

Quanto al momento ultimo entro il quale, nel processo tributario, l'avviso di ricevimento dell'atto di impugnazione notificato a mezzo del servizio postale deve essere prodotto in giudizio, a fronte di una pronuncia (Cass. S.U., n. 3006/2008) che ha ritenuto applicabile il termine di venti giorni liberi prima della data di trattazione, fissato dal comma 1 dell'art. 32 d.lgs. n. 546 del 1992 per il deposito dei documenti, svariate altre (Cass. V, ord., n. 17793/2009; Cass. V, n. 2780/2009; Cass. V, ord., n. 25458/2008) sostengono che il deposito dell'avviso in questione può essere effettuato fino all'udienza di trattazione della causa.

In materia si registra recentissimamente un nuovo intervento delle S.U., a dimostrazione di quanto «caldo» sia il tema delle notificazioni, chiamate ad affrontare la finitima duplice questione relativa, da un lato, all'individuazione, nel processo tributario, del dies a quo del termine per la costituzione in giudizio del ricorrente o dell'appellante in caso di notificazione postale diretta e, dall'altro, alla rilevanza, ai fini della ritualità di tale costituzione e dell'ammissibilità del ricorso e dell'appello, dell'omesso tempestivo deposito della ricevuta di spedizione quando risulti in atti l'avviso di ricevimento del relativo plico. Cass. S.U., n. 13452/2017, chiamata a decidere in un caso di ricorso della parte pubblica spiegato avverso la decisione con cui il giudice di secondo grado aveva dichiarato inammissibile l'appello della stessa per mancato deposito nel termine previsto dall'art. 22, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992 delle fotocopie delle ricevute della spedizione delle raccomandate con le quali gli appelli erano stati proposti, ha deciso,

– quanto alla prima parte della questione, che, «nel processo tributario, il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente e dell'appellante, che si avvalga per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data della spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall'evento che la legge considera equipollente alla ricezione)» (§ 3.1 delle motivazioni in diritto). Di recente e negli stessi termini, Cass. V, ord. n. 8124/2023);

– quanto alla seconda parte della questione, che, «nel processo tributario, non costituisce motivo d'inammissibilità del ricorso o dell'appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l'appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l'avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell'avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall'ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario; solo in tal caso [infatti] l'avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione, laddove, in mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull'avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso o dell'appello, unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall'agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l'impugnazione dell'atto o della sentenza» (§ 5.14 delle motivazioni in diritto).  Di recente e negli stessi termini, Cass. V, n. 24726/2022).

Limiti alla notifica degli atti tributari a mezzo del servizio postale

La notificazione è un procedimento tipico, formale e complesso con il quale l'atto viene portato a legale conoscenza del destinatario. Poiché la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell'atto amministrativo di imposizione tributaria, essa non attiene alla sua validità bensì, appunto, alla sua capacità di produrre effetti (si vedano, ex multis, Cass. V, n. 917/2016; Cass.S.U., n. 19704/2015).

Ne consegue che il vizio di nullità o addirittura inesistenza della notificazione è del tutto irrilevante ove essa abbia raggiunto lo scopo, per avere il destinatario impugnato l'atto, che si presume viziato, entro il termine di decadenza concesso all'ente per adottare e notificare il provvedimento amministrativo di imposizione tributaria. Se, invece, il vizio della notificazione viene contestato attraverso l'impugnazione dell'atto consequenziale, la sussistenza del vizio accertata dal giudice determinerà l'illegittimità sia dell'atto impugnato che dell'atto presupposto (in funzione del principio della nullità derivata).

Sintesi degli elementi caratterizzanti la notifica postale “diretta”

La notificazione postale “diretta” sia degli atti impositivi che degli atti processuali tributari è forma legale di notificazione poiché espressamente prevista da specifiche disposizioni di legge (si vedano, tra le ultime, Cass. V, nn. 7218 e 7217 del 2015).

Anche l'ente locale è, quindi, abilitato alla notificazione dell'atto senza l'intermediazione dell'agente notificatore (ferma restando, ovviamente, quella dell'ufficiale postale), attraverso la spedizione per posta di plico raccomandato con avviso di ricevimento secondo le modalità previste dal decr. Min. Sv. Ec. 1° ottobre 2008, recante «Approvazione delle condizioni generali per l'espletamento del servizio postale universale» (Cass. VI, n. 3254/2016 e Cass. VI, n. 2047/2016).

La notificazione postale “diretta” si ha per eseguita, per il notificante, alla data di spedizione, mentre, per il destinatario, alla data di ricevimento del plico. Contrariamente, quindi, a quanto accade nella notificazione a mezzo posta ex lege n. 890 del 1982, dove è prevista la presenza dell'agente notificatore (ufficiale giudiziario, messo comunale, messo notificatore e agente della riscossione), nella notificazione di cui si tratta è il notificante che di per sé procede alla spedizione dell'atto. In particolare, l'atto spedito per posta ordinaria può ritenersi validamente notificato in presenza dell'avviso di ricevimento sottoscritto dal destinatario o da uno dei soggetti abilitati a riceverlo. L'avviso di ricevimento deve contenere, altresì: l'indicazione della data e dell'ufficio postale di spedizione, l'indirizzo del destinatario, la data di ricevimento, la sottoscrizione dell'incaricato alla distribuzione e la firma del soggetto ricevente; non è, invece, necessario che contenga la qualità di chi riceve l'atto: sicché non è ravvisabile alcun profilo di nullità ove il suddetto avviso, debitamente consegnato nel domicilio del destinatario, sia sottoscritto (anche se con firma illeggibile) da persona ivi rinvenuta, di cui però non risulti dall'avviso stesso la qualità o la relazione col destinatario dell'atto (cfr. ad es. Cass. III, n. 9246/2015; Cass. VI, n. 25128/2013 e Cass. VI, 12184/2013; Cass. V, n. 11708/2011). Ciò per la ragione che l'attività complessivamente svolta dall'agente postale, sia quella espressamente consacrata nell'avviso di ricevimento che quella presupposta, come l'accertamento della qualità del consegnatario dell'atto in relazione alla previsione di cui agli artt. 20 e 26 d.m. Sv. Ec. 1 ottobre 2008, è assistita dalla speciale efficacia probatoria prevista dagli artt. 2699 e 2700 c.c., attesa la natura di atto pubblico spettante all'avviso di ricevimento della raccomandata, con la conseguente imprescindibile necessità possa bensì essere fornita, ma debba esserlo da chi contesta la notificazione mediante querela di falso. In definitiva, dal punto di vista pratico, chi abbia interesse a contestare la notificazione mediante contestazione della veridicità delle attestazioni contenute nell'avviso di ricevimento – quanto alla diversità del luogo o del tempo di notificazione, all'estraneità della persona che ha sottoscritto l'avviso alla propria sfera personale, familiare o imprenditoriale ovvero alla inintelligibilità della firma in guisa tale da non potersi assolutamente risalire all'identità del ricevente – ha l'onere di proporre il mezzo assai gravoso dell'art. 221 c.p.c., introducendo, dunque, un apposito giudizio innanzi al giudice ordinario e non a quello tributario; chi invece si limita ad aggredire le risultanze del procedimento notificatorio assistite da pubblica fede mediante allegazioni e finanche prove innanzi solo a quest'ultimo, non vincendo la forza probatoria qualificata tipica degli atti pubblici, è destinato sul punto a soccombere.

La mancanza di un agente notificatore tenuto per legge a svolgere una complessa e specifica procedura, può, però, rendere più concreto il rischio di ritrovarsi con un atto da considerarsi non notificato e, quindi, inefficace, pur essendo stata spedita la raccomandata con a.r.: in particolare, la notifica è giuridicamente inesistente (e l'atto impositivo privo di efficacia) quando l'avviso di ricevimento è privo della sottoscrizione del destinatario o di uno dei soggetti abilitati a riceverlo. Poiché le disposizioni che disciplinano il servizio postale ordinario, diversamente da quanto accade nella notificazione a mezzo del servizio postale di cui all'art. 8 della l. n. 890 del 1982, non prevedono il perfezionamento della notificazione a seguito della famosa “compiuta giacenza”, non può non ritenersi che la notificazione postale “diretta” si perfezioni solo se e solo quando si realizza la conoscenza effettiva. Pertanto, in tutti i casi in cui l'avviso di ricevimento contenga le diciture “irreperibile”, “sconosciuto”, “indirizzo inesistente2, così come in quelli in cui il plico, depositato presso l'ufficio postale per l'assenza del destinatario, non venga ritirato, la notificazione non si è proprio realizzata e l'atto è privo di efficacia. Qualora, invece, l'atto depositato presso l'ufficio postale venga ritirato dal destinatario o da persona dallo stesso incaricata, la notifica si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell'avviso di giacenza, ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore, in applicazione analogica, questa volta, di quanto disposto dall'art. 8 l. n. 890 del 1982 (Cass. VI, n. 2047/2016).

Poste Italiane S.p.A. vs. operatori privati

Un approfondimento a parte merita il tema – di scottante attualità – dell'avvalimento, per le notificazioni a mezzo del servizio postale e per le notificazioni postali “dirette”, di operatori c.d. privati, che effettuano bensì la consegna della posta con modalità quantomeno analoghe, se non addirittura identiche, a quelle di Poste Italiane S.p.A., ma non sono attributari della titolarità del c.d. servizio postale universale.

L'orientamento maggioritario della giurisprudenza della S.C., formatosi proprio in materia tributaria, sostiene che nel processo segnatamente tributario è inesistente ed insuscettibile di sanatoria la notificazione del ricorso mediante servizio postale non gestito da Poste Italiane S.p.A., ma da un licenziatario privato (Cass. VI, n. 19467/2016). Alla stregua di detto orientamento, se il legislatore prescrive, per l'esecuzione di una notificazione, la raccomandata con avviso di ricevimento, non può che fare riferimento al servizio postale universale fornito dall'originario Ente Poste e successive evoluzioni su tutto il territorio nazionale come servizio pubblico. Ne deriva che, laddove gli incombenti notificatori siano affidati ad un'agenzia privata di recapito, la documentazione dell'attività dalla stessa svolta e, quindi, al fondo, l'avviso di ricevimento non sono conformi per definizione al modello dell'art. 140 c.p.c., con conseguente inidoneità al perfezionamento in sé del procedimento – legale – di messa a conoscenza, senza distinzioni tra una raccomandata riconducibile nell'ambito dei servizi inerenti le notificazioni degli atti giudiziari a mezzo del servizio postale di cui alla l. n. 890 del 1982 ed una raccomandata “diretta” ai sensi del comma 3 dell'art. 16 in commento. Anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 58 del 2011 sulla «liberalizzazione del servizio postale» le conclusioni non cambiano, atteso che, per l'orientamento che si va esponendo, il principio in forza del quale la consegna e la spedizione mediante raccomandata, affidata ad un servizio di posta privata, non sono assistite dalla funzione probatoria che l'art. 1 del d.lgs. n. 261 del 1999 ricollega alla nozione di invii raccomandati e devono, pertanto, considerarsi (non nulli, ma radicalmente) inesistenti (Cass. VI, n. 26704 del 2014, in Il fisco 2015, 5, 484, con nota di Cancedda, 486).

In effetti, con specifico riguardo alle notificazioni a mezzo del servizio postale, l'art. 4 d.lgs. n. 261 del 1999 – rubricato: «Servizi affidati in esclusiva» – così statuisce: «1. Per esigenze di ordine pubblico, sono affidati in via esclusiva al fornitore del servizio universale: a) i servizi inerenti le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, e successive modificazioni; b) i servizi inerenti le notificazioni a mezzo posta di cui all'articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285». Talché l'impianto logico della disciplina del servizio postale universale, a differenza di quel che si sarebbe prima facie portati a credere, non inserisce affatto le notificazioni in quanto tali nel servizio postale universale, dal momento che, se così fosse, qualunque operatore che ottenesse l'affidamento di detto servizio assumerebbe altresì la fornitura del servizio notificatorio; al contrario, in forza dell'art. 4 cit., il servizio notificatorio è costituito come servizio a sé, da affidare «in via esclusiva al fornitore del servizio universale».

Profili di contrasto con il diritto dell'Unione europea

Tenute presenti le superiori conclusioni, v'è tuttavia da rilevare che la direttiva del Parlamento Europeo sui servizi postali, n. 2008/6/CE, non contempla la possibilità di affidamento di settori «in via esclusiva» viepiù «al fornitore del servizio universale».

L'addentellato dell'opzione interna poggia su «esigenze di ordine pubblico». L'ordine pubblico è bensì menzionato all'art. 5, paragrafo 2, della prima direttiva, tuttavia per significare che la rispondenza del servizio postale universale alle esigenze di essenzialità, identità di trattamento, non discriminazione, continuità, aggiornamento socio-tecnologico, lascia «impregiudicate le misure che gli Stati membri adottano per motivi di interesse pubblico riconosciuti nel trattato, segnatamente agli articoli 30 e 46, e che riguardano in particolare la moralità pubblica, la pubblica sicurezza, comprese le indagini criminali, e l'ordine pubblico».

Tornando alle notificazioni in materia civile e, di conseguenza, tributaria, potrebbe sostenersi che l'esclusivo loro affidamento al «fornitore del servizio universale» risponda ad esigenze, genericamente, di pubblica sicurezza o di ordine pubblico. Tuttavia, in replica, criticamente, potrebbe osservarsi, in primo luogo, che le notificazionitelematiche, entro il quadro sia del PCT che del PTT, derogano all'esclusività dell'affidamento al «fornitore del servizio universale», senza che si registri alcun vulnus alla pubblica sicurezza o all'ordine pubblico: il punto manifesta un'evidente delicatezza, atteso che le notificazioni telematiche sono in tutto e per tutto equivalenti alle tradizionali (se poi si dovessero allargare i confini dell'osservazione, si addiverrebbe all'ulteriore constatazione che le e-mail spedite con il sistema della posta elettronica certifica sono in tutto e per tutto equipollenti ai pieghi raccomandati con avviso di ricevimento (artt. 48 CAD e 6 d.P.R. n. 68 del 2005); in secondo luogo, che la giurisprudenza penale, là dove il contrasto alla criminalità pone esigenze di certezza di massima pregnanza, nel settore delle impugnazioni, ove da sempre impera un'interpretazione rigorista dell'art. 583 c.p.p., lascia registrare un'epocale apertura: invero la Cass. pen. III, ord. n. 45697/2015, è giunta all'approdo di ritenere valide le impugnazioni spedite per il tramite di fornitori privati del servizio postale, statuendo che, «in tema di modalità di presentazione dell'atto di impugnazione ai sensi dell'art. 583, c.p.p., ove l'impugnazione sia presentata a mezzo di servizio postale privato, la stessa si considera proposta nella data di spedizione della raccomandata contenente l'atto di impugnazione; ne consegue che, ai fini della valutazione della tempestività dell'impugnazione, deve aversi riguardo solo alla data di spedizione della raccomandata e non a quella di materiale ritiro a domicilio della stessa da parte dell'agente postale privato» (la motivazione rivela che il ragionamento è condotto in punto di penna: al «fornitore del servizio universale» competono «in via esclusiva» solo le notificazioni, ma non di per sé l'invio di pieghi raccomandati con avviso di ricevimento ancorché concernenti atti giudiziari, dovendosi ritenere che «la spedizione di cui all'art. 583 c.p.p. sia atto concettualmente diverso da quello della “notificazione a mezzo posta di atti giudiziari”, risolvendosi, appunto, in una “spedizione” sia pure a mezzo posta volta a far pervenire non ad una controparte, bensì all'ufficio giudiziario [...] l'atto di gravame»).

Analisi critica della giurisprudenza civile interna

Sul tema delle notificazioni compiute da operatori privati, Cass. VI, n. 27021/2014, ripercorrendo quasi alla lettera Cass. VI, n. 2262/2013, ribadisce che «il d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261, pur liberalizzando i servizi postali in attuazione della direttiva 97/67/CE, continua a riservare in via esclusiva, per esigenze di ordine pubblico, al fornitore del servizio universale (Ente Poste) gli invii raccomandati attinenti le procedure amministrative e giudiziarie. Ne consegue che è inammissibile l'atto di appello notificato mediante servizio di posta privata, trattandosi di una notificazione inesistente, insuscettibile di sanatoria e non assistita dalla funzione probatoria che l'art. 1, lett. i) del d.lgs. n. 261 del 1999 ricollega alla nozione di invii raccomandati».

Stanti le suddette pronunce, a differenza della posizione espressa dalla S.C. in sede penale, è l'invio in sé di pieghi raccomandati con avviso di ricevimento attinenti procedure amministrative e giudiziarie a costituire terreno di riserva. Il punto trovasi affrontato funditus in Cass. V, n. 11095/2008, la quale perentoriamente afferma che, «in tema di notificazione degli avvisi di accertamento, quando il legislatore prescrive, per l'esecuzione di una notificazione, il ricorso alla “raccomandata con avviso di ricevimento”, non può che fare riferimento al cosiddetto servizio postale universale fornito dall'Ente Poste su tutto il territorio nazionale, con la conseguenza che, qualora tale adempimento sia affidato ad un'agenzia privata di recapito, esso non è conforme alla formalità prescritta dall'art. 140 c.p.c. e, pertanto, non è idoneo al perfezionamento del procedimento notificatorio». La ragione risiederebbe nella particolare forza probatoria – tipica dell'atto pubblico – di cui sarebbe munita la documentazione degli invii effettuata (non tanto da Ente Poste, quanto piuttosto) da Poste Italiane S.p.A., che – sia consentito di far notare – è per sempre una società di diritto privato.

Par chiaro che sussistono le premesse affinché si profili all'orizzonte un contrasto di giurisprudenza in relazione ai diversi ambiti, civile o penale, di riferimento, contrasto la cui soluzione non potrà non tener conto del fatto che è tracciato o comunque tracciabile anche il percorso di un piego raccomandato con avviso di ricevimento del cui recapito è incaricato un operatore privato diverso da Poste Italiane S.p.A. Ciò è tanto vero che – per Cass. II, n. 14583/2012 – «il servizio di corrispondenza con consegna a data ed ora certa, il quale è destinato a soddisfare le esigenze di una particolare clientela (per lo più commerciale) e richiede una specifica organizzazione, non rientra nell'ambito della riserva affidata in esclusiva al fornitore del servizio universale postale, di cui all'art. 4 del d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261, riguardando questa soltanto il recapito tradizionale, che si rivolge alla generalità dell'utenza, senza mai garantire il tempo della consegna».

Un supplemento di riflessione, infine, è imposto da ciò che, incaricata Poste Italiane S.p.A. del recapito, questa può delegarne la cura ad un'ulteriore agenzia in persona di un diverso operatore privato. Con riferimento a tale fattispecie, nondimeno, Cass. V, n. 9111/2012, sostiene che «la notificazione a mezzo posta, è validamente eseguita anche se il plico sia consegnato al destinatario da un'agenzia privata di recapito, qualora il notificante si sia rivolto all'ufficio postale, e l'affidamento del plico all'agenzia privata sia avvenuto per autonoma determinazione dell'Ente Poste, al quale il d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261, continua a riservare in via esclusiva gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie, perché in tal caso l'attività di recapito rimane all'interno del rapporto tra l'Ente Poste e l'agenzia di recapito, e permane in capo al primo la piena responsabilità per l'espletamento del servizio» (identicamente Cass. VI, ord., n. 16949/2014).

Sembra conclusivamente opportuno evidenziare che siffatto orientamento finisce per acquisire una posizione antitetica rispetto a quello, costituente una sorta di sviluppo della linea maggioritaria, che ricava un limitato spazio di ammissibilità di interventi di operatori privati nel procedimento notificatorio purché, però, gli adempimenti documentativi siano curati dall'Ente Poste, rectius, da Poste Italiane S.p.A.: ritiene invero Cass. VI, ord., n. 15347/2015, che «la riserva in via esclusiva prevista dall'art. 4, comma 5, del d.lgs. n. 261 del 1999, a favore del fornitore del servizio universale, volta a garantire l'attestazione fidefacente della puntualità e regolarità degli adempimenti, [sia] rispettata allorquando il plico, inizialmente affidato ad un'agenzia postale privata, sia da quest'ultima veicolato all'Ente Poste, il quale provveda all'integrale esecuzione della procedura ed in particolare alla consegna, con attestazione, sulla cartolina di ricevimento, della relativa data, sicché la notifica non può considerarsi inesistente o omessa».

Aggiornamenti normativi

Alla stregua di quanto osservato nei §§ precedenti, è con favore che deve essere salutato il vento di novità portato finalmente dalla legge 4 agosto 2017, n. 124, rubricata: «legge annuale per il mercato e la concorrenza», che, degna delle più nutrite «leggi-omnibus», all'art. 1, commi 57 e 58, sembra rompere definitivamente con l'esclusività dell'affidamento dei servizi di notificazione al fornitore del servizio postale universale. Invero, a decorrere dal 10 settembre 2017, l'art. 4 d.lgs. n. 261 del 1999 è espressamente abrogato [comma 57, lett. b)]. Coerentemente [alla stregua della successiva lett. c)] è previsto – mediante l'aggiunta di un periodo finale all'art. 5, comma 2, d.lgs. n. 261 del 1999 – che «il rilascio della licenza individuale per i servizi riguardanti le notificazioni di atti a mezzo della posta e di comunicazioni a mezzo della posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, nonché per i servizi riguardanti le notificazioni a mezzo della posta previste dall'articolo 201 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve essere subordinato a specifici obblighi del servizio universale con riguardo alla sicurezza, alla qualità, alla continuità, alla disponibilità e all'esecuzione dei servizi medesimi». Per comprendere appieno significato e portata della disposizione di cui si tratta, è necessario raccordarla con con il comma 1 dell'art. 5, a termini del quale «l'offerta al pubblico di singoli servizi non riservati, che rientrano nel campo di applicazione del servizio universale, é soggetta al rilascio di licenza individuale da parte del Ministero dello sviluppo economico». Talché, attualmente, i servizi di notificazione, per quanto costituiscano parte integrante del servizio postale universale, rientrano tra quelli non riservati, ossia non riservati al fornitore del servizio postale universale e perciò licenziabili. Ne consegue un effetto di liberalizzazione, derivante dalla rottura del monopolio del fornitore del servizio postale universale, purché tuttavia sia il licenziatario che l'attività che questi si accinge ad intraprendere soggiacciano a requisiti di qualità tipici del servizio postale universale. Proprio a tal fine, il comma 58 dell'art. 1 l. n. 124 del 2017 statuisce che, «entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'autorità nazionale di regolamentazione di cui all'articolo 1, comma 2, lettera u-quater), del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 [ossia l'authority di settore], determina, ai sensi dell'articolo 5, comma 4, del predetto decreto legislativo n. 261 del 1999, e successive modificazioni, sentito il Ministero della giustizia, gli specifici requisiti e obblighi per il rilascio delle licenze individuali relative ai servizi di cui all'articolo 5, comma 2, secondo periodo, del medesimo decreto legislativo n. 261 del 1999, introdotto dal comma 57 del presente articolo; con la stessa modalità l'Autorità determina i requisiti relativi all'affidabilità, alla professionalità e all'onorabilità di coloro che richiedono la licenza individuale per la fornitura dei medesimi servizi». Ciò detto, ci si permette di osservare che il proprium del servizio postale universale è uno standard di efficienza assicurato in tutto il territorio nazionale (ne offre conferma l'art. 3, comma 1, d.lgs. n. 261 del 1999 1999 (modif., poi, dalla legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021, l. 5 agosto 2022, n. 118), che, al comma 1, recita: «È assicurata la fornitura del servizio universale e delle prestazioni in esso ricomprese, di qualità determinata, da fornire permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale, incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, a prezzi accessibili all'utenza». Pertanto, se ha un senso mantenere i servizi di notificazione in seno al servizio postale universale, pare necessario che ne siano assicurate – oltreché una qualità intrinsecamente elevata – permanenza e capillarità: si attende la normativa regolamentare per verificare come (se a livello di singola impresa o a livello di una rete di imprese) sarà affrontato il problema; nel frattempo, però, sul piano ermeneutico, con l'abrogazione – che sottolineasi immediata – dell'art. 4 d.lgs. n. 261 del 1999, viene a mancare il principale addentellato in forza del quale sostenere l'inesistenza di notificazioni (e comunicazioni) effettuate pur sempre per posta, ma con conferimento dell'incarico ad agenzie private di recapito.

Equivalenza (solo tendenziale) tra notificazione dell'ufficiale giudiziario e notificazione del messo notificatore

Vero è che vale il principio per cui, «in tema di contenzioso tributario, ai fini della regolare proposizione dell'appello, la notifica [per il] tramite [del] messo, ai sensi dell'art. 16, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, equivale integralmente a quella effettuata a mezzo di ufficiale giudiziario, sicché, in caso di omesso deposito della copia dell'appello presso la segreteria della commissione tributaria provinciale, non opera la comminatoria d'inammissibilità di cui all'art. 53, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, che si riferisce alle semplici raccomandate previste dall'art. 16, comma 3, del citato decreto, trovando applicazione la regola di cui all'art. 123, comma 1, disp. att. c.p.c., in virtù della quale l'ufficiale giudiziario, e quindi anche il messo notificatore, è onerato di dare immediato avviso scritto dell'avvenuta notificazione dell'appello al cancelliere del giudice che ha reso la sentenza impugnata» (Cass. V, n. 14273/2016).

Tuttavia l'equivalenza di cui si ragiona non è assoluta. I nodi vengono al pettine in reazione al giudizio di legittimità. Invero, «i messi speciali degli uffici finanziari possono effettuare validamente notifiche nell'ambito del procedimento speciale dinanzi alle commissioni tributarie, ove autorizzati, ai sensi dell'art. 16, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma sono privi di qualsiasi potere notificatorio nell'ambito del procedimento per cassazione, regolato esclusivamente dalle norme di carattere generale ed in particolare di procedura civile. Ne discende, in tale ipotesi, l'inammissibilità del ricorso per nullità insanabile della notifica, pur avendo il messo speciale indicato la propria qualità e specificato le proprie generalità» (Cass. VI n. 25395/2014, in Boll. trib., 2015, 11, 855 nota di Carnimeo, 856).

Perfezionamento della notificazione

Quanto alla determinazione del momento in cui la notificazione può dirsi perfezionata, questione essenziale ai fini della determinazione della tempestività del ricorso ex art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992, è necessario considerare separatamente le differenti modalità utilizzabili per portare l'atto a conoscenza della controparte.

Il caso più semplice è quello della notificazione per consegna a mani (o, più realisticamente, per deposito allo sportello dell'ufficio competente), giacché logicamente essa si perfeziona, ed i termini decorrono, dal momento della traditio.

Altrettanto semplice, perché espressamente normato, è il caso di notificazione comunque effettuata mediante l'utilizzo del servizio postale. Il comma 5 dell'art. 16 in commento stabilisce che «qualunque comunicazione o notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione o dalla comunicazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto»: l'estrema latitudine della previsione, sottolineata dalla circostanza che è «qualunque» notificazione ed altresì comunicazione ad essere presa in considerazione, rende ragione della circostanza che l'impiego del servizio postale viene in linea di conto di per sé e quindi sia che si tratti di notificazione a mezzo del servizio postale sia di notificazione postale diretta. Orbene, la notificazione mediante l'utilizzo del servizio postale si perfeziona, ed i termini decorrono, per il notificante, dalla data di spedizione del plico postale; per il destinatario, dalla data di ricevimento del plico stesso.

Resta in coda il caso leggermente più complesso, ossia quello della notificazione effettuata dall'ufficiale giudiziario. Ancorché non esista una previsione analoga al comma 5, applicando il principio della scissione degli effetti di cui esso è espressone, la stessa si perfeziona, ed i termini decorrono, per il notificante, dal momento della consegna del plico all'ufficiale giudiziario; per il destinatario, dalla data di ricevimento o di ritiro del plico stesso.

Notifica all'ufficio incompetente

Il ricorso deve essere proposto nei confronti dell'ufficio che ha emanato l'atto impugnato o ha serbato il silenzio, con conseguente formazione di un fittizio rigetto conseguente al silenzio-rifiuto, sulla richiesta dell'interessato.

Proprio il silenzio-rifiuto ha offerto il destro alla S.C. per affermare un principio di diritto in certo qual modo epocale, secondo cui «la notifica dell'impugnazione avverso il silenzio-rifiuto, da parte del contribuente, presso un ufficio della locale agenzia delle entrate diverso da quello che avrebbe dovuto eseguire il rimborso in base all'istanza all'uopo presentata, non incide sulla validità dell'impugnazione del silenzio-rifiuto medesimo, stante il carattere unitario dell'Agenzia delle entrate competente per territorio e la natura impugnatoria del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte all'ente-organo (e non alle sue singole articolazioni) che ha emesso, o, in caso di diniego, non ha emesso l'atto di cui si controverte» (Cass. V, n. 30753/2011). Ove, infatti, rilevi una disciplina processuale controvertibile, idonea a trarre in inganno il contribuente in ordine alla identificazione dell'ufficio cui indirizzare il ricorso, viene in considerazione il principio di affidamento, oggi codificato dall'art. 10 st. contr., ma ritenuto immanente nell'ordinamento tributario già prima (Cass. V, n. 17576/2002). Secondo tale principio, i rapporti tra contribuente ed A.F. sono improntati a collaborazione e buona fede. Ne consegue (alla stregua di quanto leggesi in motivazione di Cass. V, n. 30753 del 2011, cit.) che l'A.F. è tenuta nei confronti del contribuente, di fronte ad un suo errore nell'identificazione dell'ufficio competente, ad una condotta collaborativa, pur quando, per effetto di tale suo errore, il contribuente abbia ulteriormente errato nella notificazione di un atto giudiziario (donde la mancata tempestiva costituzione in giudizio dell'ufficio competente è imputabile non al contribuente bensì alla stessa P.A.) (in precedenza, sulla stessa linea, Cass. V, ord., n. 16346/2009).

Tirando le somme del discorso, la giurisprudenza sembra dire che i doveri di collaborazione e quindi di buona fede obbligano l'A.F. addirittura ad osservare un contegno attivo al fine di consentire al contribuente la massima espressione del diritto di difesa. Ne consegue che l'ufficio che riceve la notificazione di un atto per il quale non è competente o legittimato a resistere deve trasmetterlo a quello effettivamente investito dalla domanda (Cass. V, n. 2937/2010, in Il fisco, 2010, 9, 1, 1359, con nota di Turis, 1362).

Notifica ad ufficio secondario dell’impositore

La Corte di Cassazione (V, ord. n. 3984/2022) ha rimesso allo scrutinio delle Sezioni Unite la questione concernente la validità (o meno) della notificazione disposta presso un ufficio periferico dell'ente locale che non sia la sede principale dell'ente indicata dallo stesso negli atti difensivi. La soluzione affermativa o negativa si riflette rispettivamente sulla decorrenza (o meno) del termine breve di impugnazione.

Le Sezioni Unite, con la decisione, n. 21884/2022, hanno concluso per la validità della notificazione della sentenza emessa dalla commissione tributaria a sede secondaria dell'impositore; decorre pertanto, da tale notificazione ed in capo ad entrambe le parti del processo, il termine breve per impugnare la decisione emessa e notificata: “la notifica, effettuata dal contribuente direttamente tramite il servizio postale, ai sensi dell'art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, della sentenza di primo grado all'ente locale non presso la sede principale indicata negli atti difensivi, ma presso altro ufficio comunale diversamente ubicato, che abbia emesso (o non abbia adottato) l'atto oggetto del contenzioso, è valida e, quindi, idonea, ai sensi del combinato disposto degli artt. 38, comma 2, e 51, comma 2, del medesimo D.Lgs. n. 546 del 1992, a far decorrere il termine di sessanta giorni per impugnare”.

A tale soluzione sono giunte valorizzando, in primis, il principio generale di tutela dell'affidamento del contribuente ed al conseguente dovere di collaborazione (L. n. 212 del 2000, art. 10) cui è tenuto il notificatario, il quale, facendo parte della medesima Amministrazione finanziaria, è tenuto a trasmettere il ricorso al competente Ufficio delle Entrate, conseguendone, in difetto, che la mancata tempestiva costituzione dell'Ufficio in appello non è imputabile al contribuente, bensì all'Amministrazione medesima.

Al tempo stesso, ha dato risalto ai principi di collaborazione e buona fede, in forza dei quali, alla luce del principio di buon andamento (art. 97 Cost.), deve essere improntata l'azione dell'amministrazione pubblica, per cui l'atto del privato che venga indirizzato all'organo esattamente individuato, benchè privo di competenza per esigenze organizzative specifiche ad esso, produce gli effetti che la legge gli riconnette, essendo onere dell'ufficio curarne la trasmissione a quello competente.

A tal fine viene in soccorso, altresì, il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, espressione del principio di eguaglianza dinanzi alla legge (art. 3 Cost.) ed elemento essenziale dello Stato di diritto immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico, là dove nella materia tributaria ha avuto modo di essere esplicitato specificamente dalla L. n. 212 del 2000, art. 10.

Infine, le S.U. hanno fatto leva sul principio, vivificato dalle fonti sovranazionali, di effettività della tutela giurisdizionale, che richiede di ridurre al massimo le ipotesi di inammissibilità dei rimedi giurisdizionali, nonchè, sul carattere impugnatorio del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte necessaria all'organo che ha emesso l'atto o il provvedimento impugnato.

Val la pena sottolineare che, ai giorni nostri, il chiarimento assume un valore relativo stante l'avvenuto sopravvento del processo tributario telematico e le conseguenti notificazioni a caselle PEC (RUSSO).

Appello inviato per posta

Con la sentenza Cass.S.U., n. 13452/2017, le Sezioni Unite hanno risolto due questioni processuali: 1. la rilevanza o meno, ai fini della ritualità della costituzione in giudizio del ricorrente nel processo tributario, dell'omesso tempestivo deposito della ricevuta di spedizione postale diretta del ricorso quando risulti in atti l'avviso di ricevimento del relativo plico raccomandato; 2. se, in riferimento ai ricorsi spediti con raccomandata postale, il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente e dell'appellante, sia da intendersi come decorrente dalla data di spedizione del plico medesimo ovvero dalla ricezione del plico da parte del destinatario.

La fattispecie in rassegna ha tratto origine dall'interpretazione dell'art. 53, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 che disciplina la proposizione dell'appello attraverso il servizio postale. In particolare, rinviando a quanto previsto per il ricorso introduttivo, la norma dispone che l'appellante è tenuto a depositare, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notifica dell'atto, la fotocopia della ricevuta della spedizione della raccomandata (Procopio).

Nonostante si sia in presenza di aspetti formali, le problematiche de quibus hanno assunto, da numerosi anni, una rilevantissima portata. Ne è dimostrazione che sono tutt'altro che rari i casi in cui, in sede di costituzione in giudizio del ricorrente o dell'appellante, non venga allegata la ricevuta della spedizione del ricorso o dell'appello, ma la ricevuta di ritorno con la conseguenza che, sulla base del tenore letterale della norma (rispettivamente, artt. 22 e 53, d.lgs. n. 546/1992), il ricorso o l'appello siano da ritenersi inammissibili; inammissibilità rilevabile, è opportuno sottolinearlo, anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio (Ragucci, 1234).

La problematica in commento riguarda, in definitiva, la valenza probatoria della ricevuta di ritorno con riferimento alla data in cui il ricorso/appello è stato spedito.

Nella giurisprudenza della Suprema Corte erano sorti due contrastanti orientamenti; per questa ragione la decisione è stata rimessa, dalla stessa Corte (vedi le ordinanze n. 18000 e n. 18001 del 2017), all'esame delle Sezioni Unite.

Con la sentenza in commento le S.U. hanno deciso che nel processo tributario è ammissibile l'appello inviato per posta anche se nella costituzione in giudizio è stata allegata la ricevuta di ritorno e non, invece, quella di spedizione a condizione, tuttavia, che dal documento depositato, la data di invio sia «certificata» dall'agente postale.

I Supremi Giudici hanno osservato, in proposito, che la ricevuta di ritorno ha alcune parti che vanno compilate a cura del mittente tra cui il giorno di spedizione. Queste informazioni possono altresì essere riportate meccanograficamente dall'ufficio postale incaricato e in tal caso godrebbero di fede privilegiata perché attesterebbero inequivocabilmente la data di spedizione.

È stato così conclusivamente affermato che nel processo tributario non costituisce motivo di inammissibilità del ricorso o dell'appello notificato a mezzo posta, il deposito della ricevuta di ritorno in luogo di quella di spedizione qualora riporti la data asseverata dall'ufficio postale stampata meccanograficamente o con proprio timbro datario. Solo così, infatti, l'avviso di ricevimento può surrogare la ricevuta di spedizione, potendo assolvere la stessa funzione probatoria.

Qualora la data di spedizione sulla ricevuta di ritorno sia stata apposta manualmente o comunemente dattiloscritta a cura del mittente, la prova, ai fini della tempestività della notifica, può essere superata unicamente se la ricezione è avvenuta entro la scadenza dei termini di impugnazione. In definitiva, l'omesso deposito della ricevuta di spedizione può ritenersi sanato se il destinatario ha comunque ricevuto il plico entro il termine per l'impugnazione.

Altra questione rimessa all'esame delle sezioni unite ha riguardato l'individuazione, nel processo tributario, del dies a quo del termine per la costituzione in giudizio del ricorrente o dell'appellante in caso di notificazione postale diretta. Il Supremo consesso ha precisato che nel processo tributario il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente e dell'appellante, che si avvalga per la notificazione del servizio postale, decorre, non dalla data della spedizione diretta del ricorso a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario o dall'evento che la legge considera equipollente alla ricezione.

La pronuncia delle Sezioni Unite è chiaramente ispirata a principi di tutela giurisdizionale che da alcuni anni costituiscono consolidato orientamento della giurisprudenza comunitaria; orientamento che fa «leva», in punto di fatto, su canoni (rectius, principi) di proporzionalità sopratutto con riguardo ai profili sanzionatori. Ed infatti, ad avviso della Corte, «dalla giurisprudenza della Corte EDU si trae il monito ad ancorare le sanzioni processuali a canoni di proporzionalità (Omar vs. Francia; Beller vs. Francia), chiarezza e prevedibilità (Faltejsek vs. Rep. Ceca) e, dunque a far prevalere le interpretazioni dirette a consentire al processo di giungere al suo sbocco naturale (Adreyev vs. Estonia; Reklous & Davourlis vs. Grecia; Efstathiou et autres vs. Grecia), senza enfatizzare un fin de non recevoir non riscontrabile nei dati convenzionali di riferimento dell'art. 6 CEDU (conf. Cass. V, n. 7645/2014).

Come sottolineato dalla stessa Corte, il problema per cui essa è stata adita riguardava il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente e dell'appellante, di cui all'art. 22, comma 1, e all'art. 53, comma 2, del citato d.lgs. n. 546/1992 e, nello specifico, se esso fosse da interpretarsi come decorrente dalla data di spedizione del plico medesimo ovvero da quella di ricezione del plico da parte del destinatario.

Il primo e più restrittivo orientamento è stato fornito, dal Giudice di legittimità, mediante la pronuncia n. 20262 del 2004 secondo cui il deposito, nella segreteria della commissione tributaria adita, del ricorso notificato per posta deve essere effettuato entro trenta giorni dalla spedizione postale del documento incorporante il ricorso e non, invece, dalla sua ricezione da parte del destinatario.

L'interpretazione che precede si basava sul presupposto che la norma (art. 22 del decreto sul contenzioso tributario) prevede modalità di deposito che presuppongono solo la spedizione del ricorso, e non anche la sua ricezione sottraendo, in tal modo, detto adempimento dalla disposizione contenuta nell'art. 16, comma 5, del decreto n. 546 secondo cui i termini che hanno inizio dalla notificazione o comunicazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto. In definitiva, secondo questa impostazione le citate disposizioni non risulterebbero tra loro compatibili (Procopio, cit.).

La Suprema Corte, con la citata decisione 20262/2004, ha inoltre precisato che l'omesso deposito della ricevuta di spedizione verrebbe a incidere sul riscontro della stessa tempestività della costituzione in giudizio dell'appellante, dalla quale la legge fa scaturire l'inammissibilità del proposto gravame. Trattasi di orientamento ripreso successivamente da talune pedisseque decisioni quali la n. 8664 del 2011 e la n. 20787 del 2013, la n. 16758 del 2016.

È utile osservare che tale orientamento è stato confermato, dalla stessa Corte, con le sentenze Cass. n. 14246/2007, Cass. n. 1025/2008 e Cass. n. 7373/2011.

Con quest'ultima riassuntiva decisione la Corte ha precisato che, ai fini della rituale costituzione in giudizio del ricorrente, è necessario il deposito, non solo di copia del ricorso spedito per posta, ma anche della ricevuta di spedizione dell'atto per raccomandata a mezzo del servizio postale. La mancata allegazione di detta ricevuta è sanzionata con l'inammissibilità dell'impugnazione, rilevabile, come da noi già sottolineato, anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo, e non sanabile neppure per effetto della costituzione del resistente. La ratio di siffatta previsione sarebbe da ravvisarsi nel fatto che la decorrenza del termine di trenta giorni, per la costituzione in giudizio del ricorrente, è normativamente ancorata alla spedizione, e non alla ricezione del ricorso da parte del resistente.

A conclusioni diametralmente opposte è invece giunta la stessa Cass.n. 12185 del 2008 laddove essa si è posta in aperto contrasto con il primo restrittivo orientamento.

Ed infatti, il Giudice di legittimità ha affermato che qualora la notificazione del ricorso introduttivo abbia avuto luogo mediante spedizione a mezzo posta, il termine entro il quale dev'essere effettuato il deposito presso la segreteria della commissione tributaria decorre, non già dalla data della spedizione, ma da quella della ricezione dell'atto da parte del destinatario.

La ratio della disposizione contenuta nel richiamato art. 16, ultimo comma, del d.lgs. n. 546 del 1992 — secondo cui, è utile ribadirlo, la notificazione a mezzo del servizio postale si considera effettuata al momento della spedizione – è diretta ad evitare che eventuali disservizi postali possano determinare decadenze incolpevoli a carico del notificante. La norma, ha evidenziato la Cassazione, si riferisce ai soli termini entro i quali la notificazione stessa deve intervenire; detta disposizione, a causa del suo carattere di eccezionalità, non può essere estesa in via analogica a quelli per i quali il perfezionamento della notificazione rappresenta il momento iniziale, trovando in tal caso applicazione il principio generale secondo cui la notificazione si perfeziona con la conoscenza legale dell'atto da parte del destinatario.

L'orientamento così accolto è coerente sia con i principi di semplificazione del processo tributario espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 520 del 2002 sia con quelli sull'osservanza dei termini posti a carico del notificante fin dal momento in cui l'atto è consegnato per la notifica e sul consolidarsi degli effetti al momento della ricezione dell'atto sanciti dalla Corte costituzionale nelle decisioni n. 28 e n. 107 del 2004.

Al secondo e maggioritario orientamento hanno fatto seguito altre pronunce (conf. Cass., n. 18373/2012, Cass. n. 16565/2012Cass. n. 14010/2012, Cass. n. 10816/2012, Cass. n. 10815/2012, Cass. n. 4002/2012; Cass. n. n. 7645/2014. In epoca recente Cass. n. 12027/2014; Cass. n. 14183/2015; Cass. n. 18296/2015; Cass. n. 19138/2016).

Nella fattispecie sottoposta al suo esame la Suprema Corte ha ritenuto, condivisibilmente, di dare seguito al secondo orientamento — che, come si è già osservato, ha tratto origine dalla ricordata sentenza n. 12185/2008 — e, successivamente, nel 2011 con la sentenza n. 9173 alla quale hanno fatto seguito altre numerose sentenze della stessa Corte da noi appena citate.

In conclusione nel processo tributario è ammissibile l'appello inviato per posta anche se nella costituzione in giudizio è depositata la ricevuta di ritorno e non di spedizione; ma ciò solo se nel documento depositato la data sia «certificata» dall'agente postale. In ogni caso, l'eventuale vizio può ritenersi sanato se il ricevimento del plico è avvenuto entro il termine di impugnazione. Il termine entro il quale deve essere effettuato il deposito presso la segreteria della commissione tributaria decorre, non già dalla data della spedizione, ma da quella della ricezione dell'atto da parte del destinatario (Cass.S.U., n. 13452/2017, con nota di Cancedda, 2778).

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