Decreto legislativo - 31/12/1992 - n. 546 art. 31 - Avviso di trattazione 1 2 3 .1. La segreteria dà comunicazione alle parti costituite della data di trattazione almeno trenta giorni liberi prima. 2. Uguale avviso deve essere dato quando la trattazione sia stata rinviata dal presidente in caso di giustificato impedimento del relatore, che non possa essere sostituito, o di alcuna delle parti o per esigenze del servizio.
[1] Per l'abrogazione del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 130, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. Vedi, anche, l'articolo 130, comma 3, del D.Lgs. 175/2024 medesimo. [2] Per le nuove disposizioni legislative in materia di giustizia tributaria, di cui al presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 79 del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. [3] Per la riduzione dei termini di cui al presente articolo vedi l'articolo 2, comma 2, del D.L. 8 aprile 2008, n. 59. InquadramentoLa comunicazione dell'avviso dell'udienza di trattazione, di competenza della segreteria della commissione tributaria, adempie ad un'essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e deve essere effettuata, nel caso di esistenza di un domicilio eletto, presso quest'ultimo, o, comunque, mediante consegna in mani proprie, almeno trenta giorni liberi prima della data fissata per l'udienza stessa. La circostanza che il termine sia libero implica che esso viene computato senza considerare né il dies a quo né il dies ad quem, con l'ulteriore precisazione che, se il giorno finale è festivo, ai fini della validità della comunicazione, occorre retrocedere di uno o più giorni fino al primo non festivo (art. 2963 c.c.). In questi casi, infatti, non opera la proroga prevista dal comma terzo dell'art. 155 c.p.c. perché verrebbe, altrimenti, ridotto il periodo di tempo che si vuole assicurare libero. Dal punto di vista sistematico, a venire in rilievo, come sottolinea tanto plasticamente quanto inappropriatamente il comma 1 dell'art. 31 in commento, è la «della data di trattazione»: invero la data fissata per l'udienza di trattazione costituisce uno snodo essenziale nel processo tributario, dal momento che da essa si computano, a ritroso, i termini ex artt. 32 e 33 rispettivamente per il deposito di documenti e di memorie e per la richiesta di trattazione in pubblica udienza. Conviene partire da quest'ultima, che trova ragion d'essere nella regola per cui, come stabilito dall'art. 33, comma 1, l'udienza di trattazione si svolge ex lege in camera di consiglio, e dunque senza l'intervento delle parti, salvo che una di queste richieda la discussione in pubblica udienza; viepiù tale richiesta può essere avanzata dalla parte soltanto con un'apposita istanza, da presentarsi con atto separato o allegato all'atto introduttivo del giudizio, da depositare in segreteria e da notificare alle altre parti costituite almeno dieci giorni prima della data dell'udienza di trattazione. A mente dell'art. 32, le parti possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data dell'udienza di trattazione e memorie illustrative fino a dieci giorni liberi: tali termini sono previsti a pena di decadenza (Buscema-Di Giacomo, 328). Avviso e comunicazioneLa data di trattazione è una delle comunicazioni che la segreteria della commissione effettua ai sensi degli articoli 16 e 17. La lettera della norma chiarisce che la comunicazione è fatta alle sole parti costituite, in quanto sono le uniche che, con l'atto costitutivo, hanno dimostrato interesse per il prosieguo del giudizio. D'altro canto, la circostanza che le parti siano costituite spiega per quale ragione il mezzo di conoscenza sia indicato nelle comunicazioni e non nelle notificazioni (sulla distinzione tra comunicazioni e notificazioni con particolare riguardo al processo tributario, Glendi-Bruzzone, 542). Come per gli artt. 24, comma 4, e 28, comma 1, «la comunicazione dell'avviso di trattazione della causa, ex art. 31 e 61 [d.lgs. n. 546 del 1992], deve essere effettuata, nel caso di esistenza di un domicilio eletto, presso quest'ultimo o, comunque, mediante consegna in mani proprie; in difetto, la trattazione della causa deve ritenersi svolta in violazione dei principi del contraddittorio e della difesa e tutti gli atti compiuti da quel momento in poi sono da considerare come del tutto nulli (Cass. S.U., n. 13654/2011; in precedenza – alla stregua del ragionamento assai sottile di Cass. V, n. 27094/2006, solo parzialmente inciso dalle SS.UU. – s'era deciso che «la comunicazione dell'avviso di trattazione direttamente alla parte, anziché al procuratore costituito, non dà luogo alla nullità assoluta dell'udienza e degli atti successivi, non versandosi nell'ipotesi di “omessa” comunicazione dell'avviso, come, del resto, nel rito ordinario, la notificazione dell'appello personalmente all'appellato anziché presso il procuratore costituito, integrando una nullità relativa, è sanata, con effetto ex tunc, dalla costituzione dell'appellato in giudizio», con la conseguenza che «efficacia sanante riveste la presenza, all'udienza di trattazione, del difensore dell'appellato, ancorché meramente strumentale alla formulazione dell'eccezione di nullità, essendo applicabile in tale ipotesi la stessa norma dell'art. 156, comma 3, c.p.c. — sanatoria dell'atto nullo per avvenuto raggiungimento dello scopo — ritenuta operante in caso di notifica alla parte personalmente, anziché al difensore, dell'atto introduttivo del giudizio»). Ad ogni modo, «la domiciliazione del contribuente presso il difensore abilitato “blinda” la domiciliazione stessa a prescindere dal luogo fisico dove si trova lo studio, con onere per l'ufficio giudiziario di seguire le eventuali vicende allocative del difensore» (C.t.r. Lombardia-Brescia, LXVII, 28 gennaio 2013, n. 54). L'atto da comunicarsi è l'avviso, il quale deve contenere l'identificazione del ricorso; l'indicazione della data e dell'ora dell'udienza; l'indicazione della sezione e per estensione del giudice relatore (Azzoni, 661). La presenza di tutti i requisiti dell'avviso e la rituale comunicazione dello stesso sono presupposti indefettibili di una regolare costituzione del contraddittorio, in difetto della quale la sentenza eventualmente pronunciata è nulla, purché, però, consti una concreta menomazione delle facoltà difensive. Oltretutto il contraddittorio si ritiene comunque regolarmente costituito anche a seguito di comportamenti concludenti delle parti, quali sono, ad esempio, il deposito dell'istanza per la discussione in pubblica udienza e la partecipazione all'udienza: tali comportamenti hanno effetti sananti, ai sensi degli artt. 156 e 157 c.p.c., delle nullità dell'avviso e/o della comunicazione in quanto dimostrano che l'uno e/o l'altra hanno comunque raggiunto lo scopo. Parti costituiteDestinatari della comunicazione sono solo le «parti costituite». Quanto al concetto di «parti», con specifico riferimento alle PP.AA., vale che «il mutamento, con atto amministrativo di organizzazione, della ripartizione di competenza territoriale degli uffici di una Agenzia fiscale è atto interno, privo di rilevanza giuridica esterna processuale»; talché è «manifestamente infondato il motivo di ricorso per cassazione con il quale si denunzia la mancata comunicazione dell'avviso di udienza all'ufficio periferico competente» (Cass. V, n. 12437/2011). Il diritto della parti all'informazione è limitato alle parti «costituite», perché è condizionato ad un atto di diligenza processuale, rappresentato dalla costituzione in giudizio, la cui omissione, corrispondendo ad una scelta legittima di una parte, le impedisce però di dolersi dell'eventuale lesione del suo diritto di difesa (Cass. V, n. 24520/2005). Peraltro, «la costituzione della parte resistente oltre il termine di sessanta giorni fissato dall'art. 23 d.lgs. n. 546 del 1992 per il giudizio innanzi la commissione tributaria provinciale e dall'art. 54 del medesimo decreto per il giudizio innanzi alla commissione tributaria regionale non comporta la legittima esclusione della parte stessa dal numero dei destinatari dell'avviso di trattazione previsto dall'art. 31, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, salvo il caso in cui la costituzione sia avvenuta in un momento successivo a quello nel quale il predetto avviso sia già stato inoltrato» (Cass. V, 8 ottobre 2007, n. 21059). La segreteria ha il solo obbligo di comunicare la data di trattazione della causa, la quale avverrà poi in camera di consiglio, o in pubblica udienza, a seconda che una delle parti non presenti o presenti l'istanza di cui all'art. 33, comma 1. Ma, anche in tale ultima evenienza, nessun'altra comunicazione sarà di per sé dovuta, in quanto, salva l'ipotesi di un differimento, anche l'udienza si terrà nel giorno già indicato nell'avviso. Nell'ipotesi di processo con pluralità di parti regolarmente costituite, l'avviso di trattazione deve essere comunicato a tutti i coobbligati non potendosi ravvisare tra i medesimi l'esistenza di una sorta di reciproca rappresentanza processuale. L'informazione della trattazione viene data sia ai soggetti nei cui confronti il contraddittorio risulta essere stato esteso (art. 14, commi 1 e 2), sia a coloro, che pur non essendo liticonsorti necessari, siano volontariamente intervenuti o siano stati chiamati in giudizio perché pur'essi destinatari dell'atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso (art. 14, comma 3). Anche il resistente costituito tardivamente ha diritto a ricevere la comunicazione dell'udienza di trattazione. Infatti, nel processo tributario, la tardiva costituzione in giudizio della parte resistente non comporta alcuna nullità, stante il principio di tassatività delle relative cause, determinando soltanto la decadenza dalla facoltà di chiedere e svolgere attività processuali eventualmente precluse, con la conseguenza che essa non fa venire meno il diritto del resistente a ricevere la comunicazione dell'udienza di trattazione, a meno che non si sia costituito in un momento successivo a quello in cui l'avviso sia già stato inoltrato (Cass. V, ord., n. 14638/2019; conf. Cass. V, ord., n. 947/2019; Cass. Sez. V, n. 21059/2007). Omessa comunicazioneL'omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni liberi prima, dell'avviso di fissazione dell'udienza di trattazione costituisce causa di nullità del procedimento e della sentenza per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, nullità che si realizza sia nel caso di omesso invio dell'avviso, sia nel caso di invio effettuato senza il rispetto del termine stabilito dalla legge, realizzandosi, in entrambe le ipotesi, la violazione della prescrizione stabilita del comma 1 dell'art. 31 in commento (Cass. VI-5, ord., 18717/2020; Cass. V, ord., n. 27837/2018; Cass. VI – 5, ord., n. 18279/2018; Cass. VI, ord., n. 1786/2016; Cass. VI, ord., n. 11487/2013; Cass. V, n. 23607/2012). La predetta nullità, tuttavia, può essere sanata, come già accennato, per raggiungimento dello scopo a norma dell'art. 156, comma 3, c.p.c., qualora, nonostante l'omessa o irrituale comunicazione dell'avviso, la parte, ad esempio, sia ugualmente presente all'udienza, ovvero, come di sovente accade, abbia persino depositato memorie o documenti nel rispetto dell'art. 32: circostanze, entrambe, evidentemente sintomatiche della conoscenza della fissazione in capo alla parte, cui per l'effetto non giova in sede d'udienza dedurre la nullità, relegando l'esercizio delle facoltà processuali come mero scrupolo difensivo (Cass. V, n. 13319/2017; Cass. V, n. 21224/2006). La nullità derivante dall'omessa od irregolare comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza può essere fatta valere solo impugnando tempestivamente la sentenza conclusiva del giudizio, ovvero proponendo l'impugnazione tardiva nei limiti ed alle condizioni di cui all'art. 327 c.p.c.; in mancanza, la sentenza acquista efficacia di giudicato e la nullità non può più essere dedotta neppure nei giudizi di impugnazione degli ulteriori atti emanati dall'erario (Cass. V, n. 6692/2015). A proposito del richiamo dell'art. 327 c.p.c., rammentasi (con Cass. V, n. 6375/2006) che esso, «estendendo la propria efficacia all'intero ordinamento processuale, si applica anche alle sentenze delle commissioni tributarie di primo e secondo grado, le quali, pertanto, non possono essere impugnate ove sia trascorso un anno dalla loro pubblicazione; il termine in questione decorre dal deposito della sentenza, senza che assuma alcun rilievo la comunicazione del relativo avviso da parte della cancelleria, a meno che la parte rimasta contumace non dimostri di non avere avuto alcuna conoscenza del processo», fermo tuttavia che, come noto, ai fini della conoscenza, «è poi sufficiente che sia nota la proposizione del ricorso, non occorrendo che sia stata anche comunicata la data dell'udienza di discussione, benché questa omissione comporti la nullità della decisione». Va da sé, tuttavia, che l'impugnazione deve promanare dalla parte menomata nelle facoltà difensive, giacché solo essa vi ha interesse: donde «è inammissibile, per difetto d'interesse, il motivo d'impugnazione con cui il contribuente deduca la violazione dell'art. 31 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per omessa comunicazione all'Ufficio dell'avviso di trattazione, potendo tale censura essere sollevata soltanto dall'Ufficio, unica parte interessata a far valere il vizio del procedimento, e non essendo consentita un'impugnazione che tenda non già alla rimozione di un pregiudizio effettivo, bensì a soddisfare esigenze teoriche di correttezza formale» (Cass. V, n. 7779/2006). In particolare, omessa comunicazione ed impugnazione tardivaIl presupposto della mancata decorrenza del termine per l'impugnazione va rinvenuto, in virtù dell'espressa previsione di cui all'art. 38, comma 3, nel fatto che la parte non costituita dimostri di non avere avuto conoscenza del processo per nullità, bensì, della notificazione del ricorso, ma anche – e non alternativamente – della comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza (Randazzo, 2987; Id., 1085). Sicché, come la Corte di Cassazione ha più volte affermato, che l'ammissibilità dell'impugnazione tardiva – ossia spiegata, in buona sostanza, oltre il termine “lungo” dalla pubblicazione della sentenza – presuppone che la parte alleghi e dimostri l'“ignoranza del processo”, ossia di non aver avuto alcuna conoscenza dello stesso per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza: situazione, questa, che, quanto al processo tributario, caratterizzato dallo schema fisso secondo cui il ricorrente è sempre il privato che impugna un atto dell'A.F., non si ravvisa in capo al medesimo, costituito in giudizio, cui non può certamente dirsi ignota la proposizione dell'azione; tale rigorosa interpretazione è conforme ai principi costituzionali e all'ordinamento comunitario, in quanto diretta a realizzare un equilibrato bilanciamento tra le esigenze del diritto di difesa ed il principio di certezza delle situazioni giuridiche; né – per quel che viene in rilievo specificamente nella presente sede – assume rilievo l'omessa comunicazione un sé della data di trattazione, che non risulta sfornita di sanzione, dacché è deducibile quale motivo di impugnazione ai sensi dell'art. 161, comma 1, c.p.c., in mancanza della quale, però, alla stregua di quanto già visto alla fine del par. prec., la decisione cristallizzata in sentenza assume valore definitivo in conseguenza del passaggio in giudicato (per tutte, cfr. Cass. VI – 5, ord., n. 24899/2018; Cass. VI, ord. n. 14746/2017; Cass. VI, ord. n. 9330/2017; Cass. V, n. 23323/2013). Effettivamente, anche con riferimento all'analoga disposizione dell'art. 327, comma 2, c.p.c., in materia di processo ordinario di cognizione, si insegna, questa volta sul versante del convenuto (o, secondo il rito, resistente) che l'impugnazione tardiva può trovare applicazione nel solo caso del convenuto contumace, il quale, prima che abbia a maturare il termine generale annuale di decadenza di cui al comma 1 del medesimo art. 327, non abbia avuto, a causa dell'originaria nullità della citazione o della notifica di essa, notizia alcuna del procedimento (Cass. III, n. 20307/2012; Cass. III, n. 19225/2007; Cass. I, n. 19037/2003). Ciò posto, conclusivamente rilevasi che, in osservanza dei principi appena richiamati, sulla parte privata costituita nel processo di primo grado incombe un vero e proprio onere di informarsi in ordine alla intervenuta fissazione dell'udienza (Cass. V, n. 2429/2017): se ne trae che, se non lo fa, quantunque la comunicazione della fissazione sia di per sé dovuta, non può poi dolersi delle conseguenze. In chiave prettamente speculativa, vien fatto solo di domandarsi se, per tale via, quel che integra un dovere dell'Amministrazione della giustizia tributaria, peraltro neppure gravoso, non sia surrettiziamente ribaltato sulla parte privata, che, per il sol fatto di aver proposto il ricorso ed essersi costituita, dovrebbe a questo punto continuativamente – se non vuole perdere il treno dell'udienza – chiedere alla segreteria se un tal decreto di fissazione d'udienza è stato emesso: con il tempo che la segreteria perde a rispondere, ben potrebbe curare la comunicazione. Irregolarità nella costituzione del contraddittorio: casistica essenzialeNumerosi sono i casi di irregolarità nella costituzione del contraddittorio e varie le conseguenze che ne discendono (Villani). Nondimeno la regola è generalmente quella della ricorrenza di un'ipotesi di nullità e non di una semplice irregolarità (Di Giacomo; Genovese, 7479). Detta nullità, che trova fondamento in una vulnerazione profonda dei cardini processuali, se ritualmente dedotta, determina la regressione del giudizio al grado precedente ai sensi dell'art. 59, in replica del meccanismo dell'art. 354, comma 2, c.p.c., per consentire il “recupero” del segmento di contraddittorio mancato o comunque vulnerato (cfr., ex multis, Cass. VI, ord. n. 1786/2016; Cass. VI, n. 11487/2013; Cass. V, n. 11014/2003; tuttavia, per Cass. V, n. 24972/2006, «qualora la commissione tributaria regionale, dopo aver accertato la mancata comunicazione dell'avviso di trattazione della controversia in primo grado, invece di disporre la rimessione della causa alla commissione tributaria provinciale, come previsto dall'art. 59, comma 1, lett. b, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, abbia consentito al contribuente di produrre la documentazione posta a fondamento del ricorso, decidendo poi la causa nel merito, l'intervenuta regolarizzazione del contraddittorio nel giudizio di secondo grado, con possibilità per il contribuente di esplicitare tutte le proprie difese, non consente alla Corte di Cassazione di annullare la sentenza di appello con riferimento all'iniziale vizio che inficiava la sentenza di primo grado, posto che la cassazione con rinvio, ai sensi dell'art. 383, comma 1, c.p.c., è prevista soltanto al fine di consentire una valutazione di merito, nella specie ampiamente espletata ed adeguatamente motivata). Una finezza vuole che si precisi come «anche nel procedimento camerale, in difetto di diversa previsione di legge, oper[i] la regola per cui il giudice del reclamo deve decidere nel merito, pure se riscontri vizi nel procedimento, in ossequio al principio di conversione delle nullità in motivi di impugnazione, fatte salve, tuttavia, le ipotesi tassativamente previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c., tra cui, l'ipotesi di violazione del contraddittorio» (Cass. I, n. 4037/2001): donde, rispetto al tema che ne occupa, nel processo tributario, dove l'alternativa tra udienza camerale e udienza pubblica è rimessa alla mera volontà anche solo di una parte, non corrono differenze tra le due. Ciò tuttavia non deve portare a ritenere che le stesse siano fungibili. Basti considerare che la circostanza che la trattazione della controversia sia tenuta nella forma della discussione in udienza pubblica unicamente pur in assenza dell'apposita istanza prescritta dall'art. 33, ma con l'intervento del difensore della sola parte privata, determina non una mera irregolarità del procedimento, bensì una vera e propria lesione del diritto di difesa dell'ufficio finanziario, garantito dall'art. 24 Cost., con conseguente nullità dell'udienza di discussione tenuta senza la (rituale) partecipazione dell'ufficio medesimo, nonché della sentenza emessa all'esito della stessa e di ogni altro atto conseguente; siffatta lesione del diritto di difesa, affondando le radici nel substrato basilare della violazione dell'integrità del contraddittorio, ancorché specificamente riferito alla sola celebrazione dell'udienza pubblica, fa scattare la solita regressione in primo grado (Cass. V, n. 16432/2003; cfr. anche Cass. VI, ord. n. 11487/2013; Cass. V, n. 23607/2012; Cass. V, n. 3936/2002; Cass. V, n. 5986/2001). Nondimeno la mera trattazione in sé in udienza pubblica, anche se non preceduta dalla notifica dell'istanza alla controparte, non è causa di nullità (C.t.r. Toscana, XXVII, 2 maggio 2000, n. 36). Se la comunicazione è effettuata dalla segreteria avvalendosi del servizio postale, viene in rilievo Corte Cost. n. 346 del 1998, la quale, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dei commi 2 e 3 dell'art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, ha stabilito che, in caso di mancato recapito del plico per assenza del destinatario, occorre dare avviso del compimento delle formalità prescritte con raccomandata con avviso di ricevimento; pertanto, se la raccomandata con cui la segreteria comunica l'udienza è semplicemente restituita al mittente per compiuta giacenza presso l'ufficio postale, l'adempimento non può dirsi perfezionato, con le conseguenze ampiamente descritte (Cass. V, n. 10761/2006). Frequente è il caso in cui una società non elegga domicilio, ma indichi la sede presso la quale ricevere comunicazioni e notificazioni. A tal proposito, vale la regola consueta secondo cui la mancata comunicazione dell'avviso dell'udienza di trattazione nel domicilio eletto o, in mancanza, in quello indicato negli atti processuali ex art. 17, commi 1 e 2 – avviso prescritto, anche in appello, dall'art. 61, che rimanda all'art. 31 in commento – comporta la violazione del contraddittorio. Per l'effetto, detta violazione sussiste pur se la comunicazione è effettuata, in violazione del citato art. 17, nella residenza privata del legale rappresentante pro tempore, anziché nella sede della società. Invero, come spiega Cass. V, n. 13409/2003, l'art. 145 dispone che la notificazione alle persone giuridiche si esegua alle stesse nella loro sede e, solo se ciò non è possibile, alla persona fisica che le rappresenta: l'inosservanza di tale disposizione, applicabile analogicamente al caso della comunicazione per il combinato disposto, nel processo tributario, degli artt. 16 e 17 d.lgs. n. 546 del 1992, comporta la nullità dell'atto ai sensi dell'art. 160 c.p.c., non essendo osservate le indicazioni circa la persona alla quale esso doveva essere consegnato, sempreché la parte (nella specie appellata) non sia comparsa in udienza. Infine, per comunanza di materia, conviene specificare che «la notifica [recte, la comunicazione esperita con le forme della notificazione] dell'avviso di fissazione dell'udienza di trattazione nei confronti di una società dichiarata fallita va effettuata, non già presso la sua sede legale, bensì presso il domicilio del curatore: l'assoggettamento alla procedura concorsuale, pur non determinando la nascita di un nuovo soggetto giuridico, comporta l'attribuzione della legittimazione processuale all'organo della procedura, in quanto il centro dell'attività opera, secondo l'id quod plerumque accidit, presso il domicilio del curatore» (Cass. V, n. 9214/2008). Udienza già fissata e rimessione in terminiIl presidente di sezione, su istanza del difensore della parte interessata, può concedere la rimessione in termini (già disciplinata dall'art. 184 bis c.p.c. ed oggi dal nuovo art. 153, comma 2, c.p.c.), al fine della costituzione in giudizio, differendo contestualmente la prima udienza già fissata per la trattazione. Infatti la rimessione in termini è applicabile «... a tutte le decadenze verificatesi in relazione alle attività che le parti debbono compiere entro la prima udienza di trattazione, ovvero a quella fissata a norma dell'art. 184 cod. proc. civ., e, comunque alle decadenze dai poteri processuali della parte interni al giudizio di primo grado» (Cass. I, n. 2946/2008). Avviso del differimento dell'udienza di trattazioneIl comma 2 dell'art. 31 in commento stabilisce che «uguale avviso», evidentemente rispetto a quello previsto dal comma 1, deve essere dato dalla segreteria per i casi di rinvio della trattazione disposti dal presidente nei seguenti casi eccezionali: giustificato impedimento del relatore, che non possa essere sostituito; giustificato impedimento di alcune delle parti; esigenze di servizio. Deve trattarsi di un differimento disposto dal presidente di sezione fuori dall'udienza, giacché solo in questo caso – com'è stata costretta a ribadire Cass. S.U., n. 21493/2010 – ha un senso la previsione in sé dell'avviso: volendo approfondire il discorso, se ne ricava la conclusione che il rinvio in parola differisce da quello previsto dall'art. 34, comma 3, che regola l'ipotesi del rinvio disposto dal collegio nel corso dell'udienza su istanza, però, della parte interessata (e dunque, almeno “tendenzialmente”, non d'ufficio) quando la sua tempestiva difesa, scritta o orale, è resa particolarmente difficile a causa dei documenti prodotti o delle questioni sollevate dalle altre parti. Generalmente si ritiene che l'intera disciplina del comma 1 valga anche per i casi di differimento ai sensi del comma 2 (Glendi, 113): talché, portando il ragionamento alle estreme conseguenze, pur nell'ipotesi di differimento, deve essere rispettato il termine dilatorio di trenta giorni liberi prima della nuova data dell'udienza di trattazione, senza che possano scomputarsi i giorni nel frattempo già consumati. Tanto rigore nell'interpretazione del comma 2 dell'art. 31 in commento non appare tuttavia sorretto dalla lettera della legge, la quale si limita a prescrivere che «uguale avviso» sia «dato quando la trattazione sia stata rinviata dal presidente», senza dunque un integrale richiamo della disciplina di avviso e comunicazione; né tantomeno appare necessitato, giacché, se i trenta giorni liberi sono concessi alle parti per preparare adeguatamente le difese, il rinvio dell'udienza non fa di per sé ripartire il contato da zero. Ad ogni buon conto, seguendo l'orientamento prevalente, la segreteria deve dare comunicazione alle parti costituite almeno trenta giorni liberi prima della nuova data stabilita per la trattazione segnatamente quando la trattazione è differita/rinvio a tempo indeterminato per esigenze di servizio, in specie ove si ritenga – per vero in ossequio ad un'interpretazione non particolarmente attenta alle differenze tra differimento e rinvio – che tra esse sia compresa la necessità ravvisata dall'organo giudicante di acquisire d'ufficio, prima della pronuncia, documenti ritenuti rilevanti ai fini della decisione. Comunque, atteso che il differimento/rinvio promana dal presidente o direttamente dal collegio, per esigenze di servizio o di istruttoria, l'omissione della comunicazione evidentemente non determina l'estinzione del processo, ma la solita nullità degli atti successivi ex artt. 101 e 156, comma 2, c.p.c. (Cass. V, n. 906/2006; Cass. V, n. 8133/2001). Riassunzione del processo e onere di notificaNell'ipotesi di processo interrotto, una volta depositata l'istanza di trattazione, di cui al d.lgs. n. 546/1992, art. 43, comma 2, nel termine ivi previsto, la specialità del rito tributario rispetto all'ordinario rito civile detta una sequenza procedimentale ben precisa di carattere officioso, nella quale il presidente, esaminata l'istanza, fissa l'udienza di trattazione e nomina il relatore e quindi la segreteria, a norma del d.lgs. n. 546/1992, art. 43, comma 3, provvede alla comunicazione di cui all'art. 31 in commento. Addossare alla parte un onere di notifica alla controparte dell'istanza di cui all'art. 43, comma 2 del summenzionato decreto, facendone derivare l'estinzione del giudizio per omessa notifica nel termine assegnato con decreto presidenziale, violerebbe le citate norme di legge processuale. Il peculiare carattere di ufficiosità della prosecuzione del processo tributario interrotto, come articolato nella sequenza innanzi riportata, fa sì che in questo caso non trovi spazio la norma di rinvio di cui al d.lgs. n. 546/1992, art. 1, comma 2, stante l'incompatibilità della disciplina propria di detto subprocedimento, nell'ambito del processo tributario, rispetto a quello seguente all'interruzione del processo civile, stante la connotazione di quest'ultimo in ragione della sua più accentuata natura dispositiva (Cass. V, n. 4071/2015). Pertanto, nel processo tributario, ai fini della tempestiva prosecuzione del giudizio interrotto, assume rilevanza la data di deposito dell'istanza di fissazione dell'udienza, gravando gli oneri successivi sulla segreteria della commissione tributaria, sicché non può essere dichiarata l'estinzione del processo ove la parte istante non abbia provveduto, entro il termine assegnato, a notificare alla controparte il decreto di fissazione dell'udienza (Cass. VI – 5, ord., n. 25363/2018). La comunicazione via PECLe regole tecniche per l'utilizzo della posta elettronica nell'ambito del processo tributario per le comunicazioni di cui all'art. 16, comma 1-bis, del d.lgs. n. 546, sono contenute nel D.M. del 26.4.2012 del Ministero delle Finanze il cui l'art. 7 così recita: “1. La comunicazione per via telematica di cui al presente decreto, si intende perfezionata al momento in cui viene generata, da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario, la ricevuta di avvenuta consegna e produce gli effetti di cui agli articoli 45 e 48 del C.A.D. 2. La comunicazione di cui al comma 1 si considera eseguita per l'ufficio di segreteria della Commissione tributaria, al momento dell'invio al proprio gestore che risulta attestato dalla relativa ricevuta di accettazione; per il destinatario al momento in cui il documento informatico è reso disponibile nella casella di posta elettronica certificata da parte del suo gestore”. Ciò analogamente a quanto avviene nel processo civile ordinario giusta le modifiche apportate dall'art. 16, comma 4, del d.l. n. 179 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 221 del 2012 per effetto del quale le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si effettuano, per via telematica, all'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del destinatario e la trasmissione del documento informatico, equivalente alla notificazione a mezzo posta, si intende perfezionata, con riferimento alla data ed all'ora della sua ricezione, quando la stessa sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al d.P.R. n. 68 del 2005, il cui art. 6 stabilisce che il gestore della PEC utilizzata dal destinatario deve fornire al mittente, presso il suo indirizzo elettronico, la cd. ricevuta di avvenuta consegna (RAC), che costituisce, quindi, il documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario. Anche nel processo tributario la comunicazione via PEC, nel regime dell'art. 16 citato, si deve intendere perfezionata con le medesime modalità. Non può ritenersi, alla luce della documentazione agli atti, sussistente, a carico della ricorrente, l'onere della allegazione o della prova della circostanza negativa idonea a vincere la presunzione di conoscenza che si crea solo per effetto della generazione della ricevuta di accettazione di ricevuta e consegna (cfr. Cass. Sez. L., n. 4624/2020). La conseguenza della mancata prova della comunicazione della data di udienza di trattazione davanti alla CTR è quella della nullità della sentenza (Cass. V, 14874/2021). Costituisce arresto assolutamente pacifico quello secondo cui nel processo tributario, la comunicazione della data di udienza, ai sensi dell'art. 31 del d.lgs n. 546 del 1992, applicabile anche ai giudizi di appello in relazione al richiamo operato dall'art. 61 del medesimo decreto, adempie ad un'essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, sicché l'omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata (Cass. V, ord. n. 22890/2022; Cass. V, 14874/2021). La conseguenza della nullità della sentenza, non necessariamente, è quella della retrocessione del processo alla CTR, laddove non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa solo una questione di diritto. Tanto in applicazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo che preclude la possibilità di adottare decisioni che comportino l'allungamento dei tempi processuali, senza che al diritto di difesa o al rispetto del contraddittorio derivino precise utilità. Ove è stato affermato che "nel processo tributario, la trattazione dell'appello in pubblica udienza, senza preventivo avviso alla parte, costituisce una nullità processuale che travolge, per violazione del diritto di difesa, la sentenza successivi, ma non determina la retrocessione del processo alla commissione tributaria regionale, ove non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa una questione di mero diritto, atteso che il principio costituzionale della ragionevole durata del processo impedisce di adottare decisioni che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, comportino l'allungamento dei tempi del giudizio". Si tratta dell'applicazione della regola secondo cui sono tassativi i casi di rimessione del processo al primo giudice di cui all'art. 59 d.lgs. n. 546 del 1992; casi fra i quali non è inclusa l'ipotesi in esame. Il principio, è stato precisato, vale nel caso del giudizio di legittimità a condizione che non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa solo una questione di diritto (Cass. V, n. 27837/2018). BibliografiaAzzoni, L'avviso di udienza di trattazione: funzione e requisiti, in Il fisco, 2004, 5, 661; Bruzzone, Comunicazioni e notificazioni, in Riv. giur. trib., 2016, 6, 542; Buscema-Di Giacomo, Il processo tributario, Milano, 2005, 328; Glendi, Processo tributario - Trattazione della controversia - Differimento - Avviso alle parti trenta giorni prima - Differimento disposto fuori udienza - Necessità, in Riv. giur. trib., 2011, 2, 113; Glendi-Randazzo, Impugnazione tardiva: l'ingiustificato rigore della Cassazione sulla rimessione in termini, in Corr. trib., 2016, 39, 2987; Glendi-Randazzo, Impugnazione tardiva e rimessione in termini, in Dir. e prat. trib., 2013, 6, 1085; Simone e Labruna Emergenza epidemiologica da COVID-19 e lo Statuto dei diritti del Contribuente in ilTributarista.it del 20 luglio 2020; Villani, La rimessione alla Commissione Tributaria Provinciale, in Fisco e tasse, Rivista telematica 22 luglio 2005. |