Decreto legislativo - 31/12/1992 - n. 546 art. 22 - Costituzione in giudizio del ricorrente 1 2 .1. Il ricorrente, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena d'inammissibilità deposita, nella segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado adita, o trasmette a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento, l'originale del ricorso notificato a norma degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile ovvero copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale. All'atto della costituzione in giudizio, il ricorrente deve depositare la nota di iscrizione al ruolo, contenente l'indicazione delle parti, del difensore che si costituisce, dell'atto impugnato, della materia del contendere, del valore della controversia e della data di notificazione del ricorso 3 4. 2. L'inammissibilità del ricorso è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce a norma dell'articolo seguente 5. 3. In caso di consegna o spedizione a mezzo di servizio postale la conformità dell'atto depositato a quello consegnato o spedito è attestata conforme dallo stesso ricorrente. Se l'atto depositato nella segreteria della commissione non è conforme a quello consegnato o spedito alla parte nei cui confronti il ricorso è proposto, il ricorso è inammissibile e si applica il comma precedente. 4. Unitamente al ricorso ed ai documenti previsti al comma 1, il ricorrente deposita il proprio fascicolo, con l'originale o la fotocopia dell'atto impugnato, se notificato, ed i documenti che produce, in originale o fotocopia. 5. Ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l'esibizione degli originali degli atti e documenti di cui ai precedenti commi.
[1] Per l'abrogazione del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 130, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. Vedi, anche, l'articolo 130, comma 3, del D.Lgs. 175/2024 medesimo. [2] Per le nuove disposizioni legislative in materia di giustizia tributaria, di cui al presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 68 del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. [3] La Corte Costituzionale, con sentenza 21 novembre 2002, n. 520 (in Gazz. Uff., 11 dicembre 2002, n. 49), ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui non consente, per il deposito degli atti ai fini della costituzione in giudizio, l'utilizzo del servizio postale [4] Comma modificato dall'articolo 3-bis, comma 6, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203 e successivamente dall'articolo 2, comma 35-quater, lettera c), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138. [5] La Corte Costituzionale, con sentenza 21 novembre 2002, n. 520 (in Gazz. Uff., 11 dicembre 2002, n. 49), ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui non consente, per il deposito degli atti ai fini della costituzione in giudizio, l'utilizzo del servizio postale. InquadramentoRispetto all'anteriore legge processuale rappresenta una novità l'art. 22 che disciplina le forme della costituzione in giudizio del ricorrente — per l'essenziale consistenti nel deposito del ricorso nella segreteria della commissione — con le quali forme il ridetto ricorso viene portato a conoscenza del giudice. Occorre tuttavia considerare che, quanto segue, deve essere letto alla luce dell’introduzione del processo tributario telematico e che pertanto, molti degli approfondimenti di seguito illustrati, si riferiscono alle modalità analogiche utilizzate in precedenza; tuttavia, i contenuti di detti approfondimenti possono comunque essere trasposti in linea generale e per quanto compatibili alla modalità telematica. La costituzione del ricorrente: funzione e termine.L'art. 22, comma 1, 2 e 3 disciplina la costituzione in giudizio del contribuente, che è da farsi consistere nella previsione delle forme con le quali il ricorso deve essere portato a conoscenza del giudice (in dottrina, è questa la comune formula che, nel processo civile ordinario, definisce l'attività di costituzione dell'attore, v. Mandrioli, II, 38; definizione, peraltro, del tutto condivisa anche per il processo tributario, v. Bellagamba, 127; come nel processo civile ordinario, anche nel processo tributario, la costituzione, una volta avvenuta, continua per tutto il grado del giudizio, v. Socci, Sandulli, 141). Le forme della costituzione del contribuente si risolvono essenzialmente in quelle del deposito del ricorso nella segreteria della commissione entro il termine stabilito a pena di inammissibilità di giorni trenta decorrenti dalla proposizione dello stesso (trattasi quindi di un termine perentorio, per il quale non è prevista sanatoria, nemmeno per raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c., differentemente che nel giudizio civile ordinario, atteso che dall'art. 22, comma 2 è stato disposto che l'inammissibilità sia rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado, «anche se la parte resistente si costituisce»; trattasi di un termine che, essendo processuale, sarà assoggettato alla sospensione feriale ai sensi dell'art. 1 l. 7 ottobre 1969, n. 742; sulla perentorietà del termine, nonché sull'assoggettabilità dello stesso alla sospensione feriale dei termini processuali, v. Finocchiaro, Finocchiaro, 460; Bartolini, Repregosi, 147; BatistoniFerrara, Bellè, 104; Ambrosetti, 299). Il termine di giorni trenta che l'art. 22, comma 1 si limita a prevedere con decorrenza dalla «proposizione del ricorso» — cioè con decorrenza dalla sua notifica eseguita nelle forme di cui all'art. 20 al cui specifico commento si rinvia — dovrebbe secondo la dottrina farsi decorrere dal giorno in cui il ricorso è ricevuto dall'impositore o dal concessionario (Bafile, 126; Campeis, De Pauli, 153; Tesauro, 151, anche per precisazione che il «dies a quo è spostato in avanti nei casi di ricorso-reclamo»). Il deposito del ricorso nella segreteria della commissione può essere eseguito direttamente oppure trasmesso «a mezzo posta» (l'art. 22, comma 1, come ricordato da Tesauro, 152, è stato modificato dopo Corte cost. n. 520/2002, che aveva dichiarato incostituzionale la disposizione nella parte in cui non consentiva la trasmissione «a mezzo posta», risolvendo così il contrasto insorto in giurisprudenza sulla possibilità o meno per il ricorrente di costituirsi anche «a mezzo posta»; v., sulla vicenda, Glendi, in Giur. trib., 2003, 519; nonché, Bruzzone, Il fisco, 2003, 1683). Secondo la prevalente dottrina la formalità del deposito del ricorso nella segreteria della commissione — quando eseguito «a mezzo posta» — deve intendersi avvenuto al momento della spedizione (V. Vullo, Commentario, 316, a cura di Consolo, Glendi; Glendi, in Corr. trib., 2006, 1232; ciò, peraltro, conformemente alla Circ. 13 marzo 2003, n. 10/E, al n. 7.3, per cui «Ai fini del computo dei termini processuali, in mancanza di una specifica normativa sul punto, si ritiene che vada applicata in via analogica la disposizione in materia di comunicazioni e notificazioni di cui al comma 5 del precedente articolo 16, secondo cui «Qualunque comunicazione o notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione o dalla comunicazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto»; per l'opinione contraria, v. per es. Guidara, Il fisco, 2003, 3121). La giurisprudenza che si era pronunciata sulla questione della decorrenza del termine perentorio di giorni trenta stabilito dall'art. 22, comma 1 per la costituzione del contribuente, non era univoca in relazione alle diverse forme di notifica del ricorso (per Cass. VI, n. 23589/2016, resa in una fattispecie di ricorso in appello, per la quale disciplina del ricorso in appello l'art. 53, comma 2 richiama l'art. 22, comma 1, 2 e 3 in commento, notificato a mezzo ufficiale giudiziarioexartt. 137 ss. c.p.c., il termine in parola doveva essere fatto decorrere dal momento del ricevimento della notificazione da parte del resistente; per Cass. V, n. 16758/2016, invece, anch'essa in fattispecie di ricorso di ricorso in appello, ma notificato a mezzo posta, il termine in parola avrebbe dovuto farsi decorrere dalla data di spedizione; conf. Cass. V, n. 7373/2011; Cass. V, n. 8388/2010; Cass. V, n. 1025/2008; contra, invece, Cass. VI, n. 1900/2016; Cass. VI, n. 12027/2014; Cass. V, n. 9173/2011). Sennonché, con riferimento alla decorrenza del termine di giorni trenta per la costituzione, in caso di proposizione del ricorso con notifica dello stesso a mezzo posta, il contrasto è stata risolto dalle sezioni unite nel senso che il suddetto termine «decorre non dalla data di spedizione diretta del ricorso a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno di ricezione del plico da parte del destinatario o dell'evento che la legge considera equipollente alla ricezione» (Cass.S.U., 1352/2017, la rimessione, era stata di Cass. trib. n. 18001/2016). Sempre con riferimento al termine perentorio di giorni trenta, stabilito dall'art. 22, comma 1 per la costituzione del contribuente, anche per la giurisprudenza il computo dei termini va fatto secondo le ordinarie regole stabilite dall'art. 155 c.p.c. (Cass. VI, n. 23589/2016; Cass. VI, n. 310/2016; Cass. V, n. 27048/2014). La costituzione del ricorrente: le forme del deposito del ricorso L'art. 22, comma 1, 2 e 3 stabilisce che nelle segreteria della commissione debba depositarsi a pena di inammissibilità nel sopra veduto perentorio termine l'originale del ricorso notificato a mezzo ufficiale giudiziario «a norma degli articoli 137 e seguenti» oppure — a seconda della forma di notifica scelta dal contribuente ai sensi dell'art. 20 per proporre il ricorso portandolo a conoscenza dell'impositore o del concessionario — la «copia del ricorso consegnato o spedito per posta» accompagnata dalla «fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale» e dalla attestazione che la copia depositata del ricorso è conforme a quella consegnata o spedita (l'attestazione di conformità non è richiesta quando la notifica del ricorso è eseguita a mezzo ufficiale giudiziario, perché, ai sensi dell'art. 137, comma 2, c.p.c., provvede lo stesso ufficiale giudiziario a dichiarare la conformità del notificato all'originale, come osservato da Finocchiaro, Finocchiaro, Commentario, 464). All'evidenza, quindi, con la forma di deposito prescritta dall'art. 22, comma 1, 2 e 3 il ricorrente viene onerato della prova della tempestiva notifica del ricorso (cosicché, in mancanza, almeno secondo Finocchiaro, Finocchiaro, 461, il presidente della sezione, già in sede di esame preliminare, ai sensi dell'art. 27, al cui commento si rinvia, dovrebbe poter dichiarare l'inammissibilità del ricorso; diversamente, invece, per Tesauro, 153, secondo cui, ragioni pratiche consistenti nella circostanza che, in caso di mancata costituzione, non solo «non vi è produzione in giudizio del ricorso», ma nemmeno è possibile la formazione del fascicolo d'ufficio da parte della segreteria della commissione, impediranno al presidente della sezione di dichiarare l'inammissibilità del ricorso all'esito del procedimento di esame preliminare dello stesso ex art. 27; anzi, per lo stesso autore, neanche la commissione, causa le suddette ragioni pratiche, sarebbe in grado di dichiarare l'inammissibilità). In dottrina si è affermato come dalla lettera dell'art. 22, comma 1, 2 e 3 debba ricavarsi la regola secondo cui dalla mancanza del tempestivo deposito nelle prescritte forme debba farsi discendere l'insanabile inammissibilità del ricorso anche in caso di raggiungimento dello scopo (invero l'inapplicabilità della sanatoria per raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c. consegue alla previsione della rilevabilità d'ufficio dell'inammissibilità in ogni stato e grado, pure nel caso in cui il resistente, costituendosi, non facesse questione circa la notifica, né facesse questione circa la conformità del ricorso ricevuto; così, Tesauro, 153; Finocchiaro, Finocchiaro, Commentario, 461; Bartolini, Repregosi, 145; per i dubbi di costituzionalità, circa la previsione della insanabile inammissibilità di che trattasi, v. Turchi, in Giur. trib., 2009, 625). In dottrina è stato osservato come non sia affatto chiaro il motivo per cui l'art. 22, comma 1 — mentre prescrive il deposito dell'originale del ricorso notificato dall'ufficiale giudiziario — disponga invece il deposito della fotocopia della ricevuta del ricorso se direttamente consegnato all'impositore o al concessionario ovvero il deposito della fotocopia della ricevuta di spedizione della raccomandata quando il ricorso si stato direttamente notificato all'impositore o al concessionario a mezzo del servizio postale (Finocchiaro, Finocchiaro, 466, soprattutto perplessi, in ipotesi di contumacia dell'impositore o del concessionario, in relazione alla previsione ex art. 22, comma 1, che consente la dimostrazione della diretta notifica del ricorso a mezzo del servizio postale con il semplice deposito della fotocopia della ricevuta di spedizione, invece che «con il deposito dell'avviso di ricevimento del plico raccomandato completo in ogni sua parte e munito del bollo dell'ufficio postale recante la data di consegna», che ai sensi dell'art. 4, comma 3, l. 20 novembre 1982, n. 890, «costituisce prova dell'eseguita notificazione»; cosicché, il sistema ex lege previsto, secondo questi autori, soltanto idoneo a provare la tempestività della proposizione del ricorso, con il deposito della fotocopia della ricevuta di spedizione, non sarebbe però concretamente idoneo a dar effettiva prova del ricevimento della notifica direttamente eseguita a mezzo del servizio postale nei confronti dell'impositore o del concessionario, con le conseguenti ricadute in termini di probabile illegittimità costituzionale; in questo senso, anche Tesauro, 152, secondo cui, peraltro, se non si deposita l'avviso di ricevimento della notifica eseguita a mezzo del servizio postale, ciò che secondo l'autore ben può essere fatto dopo la costituzione, non si ha però prova della avvenuta notifica del ricorso, quando il resistente non si costituisce, dovendo, in effetti, trovare comunque applicazione la regola contenuta nell'art. 5, comma 3, l. n. 890/1982, per cui «la causa non potrà essere messa in decisione se non sia allegato agli atti l'avviso di ricevimento, salvo che il convenuto si costituisca», conformemente del resto a quanto affermato da Corte cost. n. 454/2005, che ebbe a dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, sollevata appunto sotto il profilo che quest'ultimo non prevede l'obbligo di deposito della ricevuta della avvenuta notificazione; isolata la posizione di Russo, 468, secondo cui, in realtà, al di là della «formale» qualificazione di fotocopie, gli atti in parola costituirebbero «originali», sui quali il segretario e il giudice debbono, come di consueto, fare il controllo). L'art. 22, comma 3 nei casi di diretta consegna del ricorso all'impositore o al concessionario — oppure nei casi di diretta spedizione del ricorso a mezzo del servizio postale secondo le scelte di notifica consentite dall'art. 20 al cui specifico commento si rinvia — prevede che lo «stesso ricorrente» debba «attestare» la conformità del ricorso depositato a quello consegnato o spedito (secondo Finocchiaro, Finocchiaro, 469, «l'attestazione» di conformità, in ragione della lettera dell'art. 22, comma 3, deve essere sempre resa dal contribuente, anche quando quest'ultimo sia assistito da un difensore abilitato ex art. 12). In mancanza di espressa disciplina — giacché in effetti l'art. 22, comma 3 non disciplina in alcun modo questo aspetto — è insorto in dottrina anche il problema della forma con la quale «l'attestazione» di conformità deve farsi (per Finocchiaro, Finocchiaro, 470, «l'attestazione» deve essere resa nella stessa «copia» del ricorso che si deposita nella segreteria; invece, per Bartolini, Repregosi, Il codice, 146, «l'attestazione» sarebbe da rendersi per iscritto in separato foglio, da depositarsi al momento della costituzione nella segreteria della commissione, escludendosi, inoltre, da questi ultimi autori, che il segretario debba raccoglierla a verbale). L'art. 22, comma 3 prevede che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile in caso di difformità tra quello notificato e quello depositato e — giusto il rinvio all'art. 22, comma 2 — l'inammissibilità sarà come al solito insanabile in quanto rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado «anche se la parte resistente si costituisce» senza contestazioni, quindi nemmeno sanabile per raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c. (secondo Finocchiaro, Finocchiaro, 470; nonché, Socci, Sandulli, 136, poiché l'art. 22, comma 3 si limita a stabilire che l'inammissibilità deve andare dichiarata soltanto quando il ricorso notificato e quello depositato non siano conformi, dalla omessa «attestazione» di conformità non dovrebbe farsi discenderebbe alcuna sanzione processuale; per questi autori, inoltre, il giudice potrebbe dichiarare l'inammissibilità del ricorso solamente in presenza di gravi difformità, cioè di difformità incidenti sul diritto difensivo della resistente, il che potrebbe accertarsi unicamente quando la parte resistente si costituisce, mettendo in questo modo a disposizione del giudice il ricorso notificato, per il confronto con quello depositato; nel senso, che le difformità non sostanziali non possono condurre alla dichiarazione di in ammissibilità del ricorso, v. Bellagamba, 124; nonché, Bartolini, Repregosi, 146; Russo, 467; Tesauro, 153; diversamente, Bafile, 127, che oltre a sostenere che «l'attestazione» può farsi anche successivamente alla costituzione, ritiene che se «l'attestazione» sia omessa, il ricorso dovrebbe dichiararsi inammissibile, quando però il resistente sia rimasto contumace). La giurisprudenza ha avuto occasione di confermare il carattere insanabile dell'inammissibilità per difetto di tempestiva costituzione, anche nel caso di raggiungimento dello scopo, come per es. in caso di costituzione della resistente, senza che quindi possa applicarsi la sanatoria prevista dall'art. 156 c.p.c. (Cass. V, n. 20743/2010, in cui la sanatoria era stata altresì esclusa nonostante il tempestivo deposito delle <note difensive» ex art. 32, al cui specifico commento si rinvia). Cass. S.U. , n. 1352/2017 , a seguito di rimessione di Cass. trib. n. 18001/2016, già ricordate, hanno stabilito che il deposito dell'avviso di ricevimento, in luogo della fotocopia della spedizione della raccomandata, non comporta inammissibilità del ricorso quando «nell'avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall'ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario», questo perché solo così «l'avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione per la dimostrazione della tempestiva proposizione del ricorso» (risolvendo, quindi, in questo senso, il contrasto insorto sul deposito a pena di inammissibilità o meno della ricevuta di spedizione postale; per l'inammissibilità, era Cass. VI, n. 1901/2016, anche per l'affermazione dell'inammissibilità, ai sensi dell'art. 22, comma 1 e 2, in caso di mancato deposito tempestivo della fotocopia del ricorso spedito a mezzo posta; conf., per quest'ultima statuizione, Cass. VI, n. 12861/2014; Cass. V, n. 8388/2010; contra, cioè per l'ammissibilità del ricorso, anche in caso di deposito del solo avviso di ricevimento, Cass. V, n. 7645/2014). Peraltro, secondo la giurisprudenza, come per parte della ricordata dottrina, in caso di contumacia del resistente è necessario, quando la notifica non sia fatta per ufficiale giudiziario ex art. 137 ss. c.p.c., depositare anche l'avviso di ricevimento nelle ipotesi di notifica diretta per consegna o a mezzo posta, dovendosi altrimenti respingere il ricorso, in mancanza di prova della regolare instaurazione del contraddittorio (Cass. V, n. 9769/2008, resa in fattispecie di notifica del ricorso a mezzo posta; conf. Cass. V, n. 1025/2008). Per la giurisprudenza, come per la prevalente ricordata dottrina, l'inammissibilità non consegue alla mera mancanza della «attestazione» di conformità tra ricorso notificato e quello depositato, bensì soltanto alla loro effettiva difformità (Cass. V, n. 6677/2017, con la essenziale precisazione, però, che in assenza di «attestazione» di conformità, nonché nella contumacia della resistente, il ricorso deve essere comunque dichiarato inammissibile per l'impossibilità di «verifica officiosa degli atti da parte del giudice»; conf., Cass. VI, n. 11760/2014; Cass. V, n. 1174/2010; Cass. V, n. 15120/2009; Cass. V, n. 4615/2008; parzialmente difforme, invece, Cass. V, n. 6780/2009, per la quale l'omessa «attestazione» non comporta inammissibilità sia nel caso in cui la resistente si costituisca senza eccepire difformità, sia nel caso di contumacia della resistente che «così rinuncia a sollevare l'eccezione»). La giurisprudenza è invece stata sempre costante nel ritenere che non possono dar luogo ad inammissibilità, bensì a mera irregolarità, le difformità tra ricorso notificato e quello depositato, che non cagionano menomazione al diritto difensivo del resistente (Cass. VI, n. 8213/2017, per cui «la notifica del ricorso introduttivo in copia mancante della pagina finale e della sottoscrizione non ne cagiona l'automatica inammissibilità ma una mera irregolarità formale qualora l'originale, depositato nella segreteria della commissione tributaria, risulti sottoscritto ed il giudice accerti in concreto che l'incompletezza materiale della copia notificata non abbia impedito al destinatario la completa comprensione del contenuto dell'atto e, quindi, non abbia leso il suo diritto di difesa»; conformi, seppure con riguardo ad altre irregolarità, Cass.V, n. 5191/2017; Cass. V, n. 16758/2016; Cass. V, n. 23752/2015; Cass. V, n. 27494/2014; Cass.V, n. 24596/2014; Cass. VI, n. 24461/2014; Cass. VI, n. 10282/2013; Cass. V, n. 1166/2012; Cass. V, n. 8138/2011; Cass. V, n. 13208/2007). Secondo la giurisprudenza, infine, il deposito dell'originale del ricorso nella segreteria della commissione, in luogo della sua copia, come sarebbe invece previsto dall'art. 22, comma 1, mai può dar luogo ad inammissibilità (Cass. V, n. 10958/2007; Cass. V, n. 15159/2006; Cass. V, n. 6391/2006)
Il deposito della nota di iscrizione a ruolo e il pagamento del contributo unificatoAll'atto della sua costituzione in giudizio il ricorrente sarà inoltre tenuto a depositare — questo prevede l'ultima alinea aggiunta dell'art. 22, comma 1 — « la nota di iscrizione al ruolo, contenente l'indicazione delle parti, del difensore che si costituisce, dell'atto impugnato, della materia del contendere, del valore della controversia e della data di notificazione del ricorso» (come ricordato da Tesauro, 152, in origine la «nota di iscrizione al ruolo» non era prevista, essendo stata introdotto il suo deposito soltanto con l'art. 2, comma 35-quater, lett. c), d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv., con modif., in l. 14 settembre 2011 n. 148). Le indicazioni che la nota di iscrizione a ruolo deve contenere — ai sensi dell'art. 22, comma 1 ultima alinea aggiunta in commento — non comprendono le «generalità delle parti, nonché le generalità ed il codice fiscale ove attribuito della parte che iscrive la causa a ruolo, del procuratore che si costituisce» come invece stabilito dall'art. 71 disp. att. c.p.c. (con il residuo dubbio, se la nota di iscrizione al ruolo della causa tributaria debba contenere anche quest'ultime indicazioni; in questo senso, in effetti, Vullo, Commentario, 310, a cura di Consolo, Glendi; questo autore, anche per il rilievo, in relazione alla Circ. 1 febbraio 2006, n. 7927, nonché Circ. 27 febbraio 2006, n. 14995, MEF, secondo cui, in attualità, il deposito di ogni atto o documento presso la segreteria delle commissioni tributarie, deve essere accompagnato da una nota di deposito, la cui mancanza, peraltro, produce effetti incerti; per Chiametti, Il fisco, 2006, 1368, l'atto non accompagnato dalla nota di deposito sarebbe irricevibile, mentre diversamente sembrerebbe per Perucci, Boll. trib., 2006, 564; sul punto, inoltre, v. SantiDi Paola, Contenzioso, 514). Il contribuente sarà altresì tenuto al pagamento del contributo unificato, introdotto dall'art. 9 l. 23 dicembre 1999, n. 488, esteso al processo tributario dall'art. 37 d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. con modif., in l. 15 luglio 2011, n. 111, mediante modifica dell'art. 13 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (come ricordato da, Tesauro, 152, se non spontaneamente pagato, il contributo unificato sarà riscosso, dopo l'invito al pagamento, dall'Ufficio del Ministero competente per la riscossione delle spese di giustizia). L'art. 13, comma 6quater, d.P.R. n. 115/2002 stabilisce l'ammontare del contributo unificato in relazione al valore della controversia tributaria, quest'ultima da determinarsi secondo quanto previsto dall'art. 12, comma 2 al cui specifico commento si rinvia. Il deposito del fascicolo di parteL'art. 20, comma 4 dispone che «unitamente al ricorso» il contribuente debba depositare nella segreteria della commissione «il proprio fascicolo» che è previsto debba contenere «l'originale o la fotocopia dell'atto impugnato, se notificato, ed i documenti che produce, in originale o fotocopia». Il deposito di che trattasi non è previsto a pena di inammissibilità del ricorso, ciò in relazione alla disciplina dell'onere della prova, la quale prova, come noto, rimane nella disponibilità della parte exartt. 2967 c.c. e 115 c.p.c. (tant'è vero che, in mancanza di deposito dell'atto impugnato, come del deposito della domanda di rimborso ovvero di altri documenti dimostrativi, il ricorso dovrebbe andare rigettato nel merito, appunto perché, in questi casi, sarebbe assente la prova del diritto del contribuente; così, Tesauro, Manuale, 153; nonché, Finocchiaro, Finocchiaro, 467; anche nel processo civile ordinario, del resto, la dottrina collega il deposito del fascicolo d'ufficio agli oneri probatori delle parti, v. Levoni, 153). L'art. 20, comma 4 contiene l'ovvia regola secondo cui il deposito dell'atto impugnato non è richiesto in caso di «rifiuto tacito» della domanda di rimborso, «rifiuto tacito» anch'esso però impugnabile ex art. 19, comma 1, lett. g), nonché ex art. 21, comma 2, ai quali specifici commenti si rinvia (Finocchiaro, Finocchiaro, 467; come ricordato sub art. 21, per una parte della dottrina, contro il «rifiuto tacito» il ricorrente non potrebbe proporre con il ricorso una vera propria impugnazione, mancando in effetti un atto fiscale impugnabile, bensì diversamente una vera e propria domanda di accertamento del diritto alle restituzioni come nella cognizione civile ordinaria, così Tesauro, 147; per Glendi, 313, che pure partecipa alla teoria costitutiva, si tratterebbe invece di una vera e propria impugnazione d'atto). Tra i documenti che il ricorrente deve inserire nel «proprio fascicolo» — «con il relativo elenco» (precisano, Finocchiaro, Finocchiaro, 465, con riferimento implicito all'art. 24, comma 1 al cui specifico commento si rinvia) — l'art. 20, comma 4 non contempla espressamente la «procura alla lite ove questa sia conferita in atto separato» (Blandini, 48; Finocchiaro, Finocchiaro, 465; per questi ultimi autori, con conclusione peraltro non più attuale alla luce del riformato art. 182, comma 2, c.p.c., in questi casi di conferimento della procura con atto separato, l'inserimento della stessa nel fascicolo sarebbe stato da giudicarsi comunque necessario, anche in assenza di espressa previsione, atteso che in mancanza il ricorso dovrebbe dichiararsi inammissibile perché sottoscritto da difensore privo di mandato). I documenti che il contribuente potrà inserire nel «proprio fascicolo» ai sensi dell'art. 22, comma 4 — che come ricordato essendo attinenti alla prova del diritto riguardano il merito della controversia senza perciò che la loro mancanza sia stata sanzionata con l'inammissibilità del ricorso — possono essere prodotti a pena di inammissibilità «fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione» con le forme prescritte dall'art. 24, comma 1 (la preclusione, che è stabilita dall'art. 32, comma 1, al cui specifico commento si rinvia, ha quindi a che fare con l'ordinato e regolare sviluppo del contraddittorio difensivo, piuttosto che con le forme prescritte per la costituzione del ricorrente, al fine di portare il ricorso a conoscenza del giudice; in questo senso, pertanto, nemmeno il deposito del fascicolo disciplinato dall'art. 22, comma 4, in commento, ha strettamente a che fare con le formalità di costituzione del contribuente, tanto che non è assoggettato ad alcuna sanzione di inammissibilità, divenendo, nella sostanza, facoltativo, v., Finocchiaro, Finocchiaro, 476; Bellagamba, 128; diversamente, per Vullo, Commentario, 318, a cura di Consolo, Glendi, secondo cui il fascicolo entrerebbe del tutto nella disciplina della costituzione, nel senso che lo stesso deve necessariamente contenere il ricorso il cui deposito è previsto a pena di inammissibilità, ma l'autore ammette che la mancanza del fascicolo darebbe soltanto luogo ad una semplice «irregolarità», collegandosi, come osservato per il processo civile ordinario, da Levoni, Le disposizioni, 153, all'onere probatorio della parte, finendo pertanto, il ridetto autore, per riconoscere la «facoltatività» del deposito del «proprio fascicolo» da parte del ricorrente; anche per Glendi, in Corr. trib., 2006, 427, tuttavia, il deposito del fascicolo entrerebbe nelle formalità di costituzione del contribuente; ancor più drasticamente, Rau, Alemanno, Il nuovo contenzioso, 106, secondo i quali il mancato deposito del fascicolo darebbe luogo all'inammissibilità del ricorso). Pur nel silenzio della legge dovrebbe poter trovare applicazione l'art. 74 disp. att. c.p.c. per cui il segretario della commissione — come il cancelliere nel processo civile ordinario — sarebbe tenuto al controllo della regolarità fiscale degli atti prodotti oltreché a sottoscrivere «l'indice del fascicolo ogni volta che viene inserito in esso un atto o documento» (v. Circ. n. 98/E 23 aprile 1996 sub art. 22; in dottrina, in questo senso, D'Angelo, D'Angelo, Manuale, 149; Finocchiaro, Finocchiaro, Commentario, 464, i quali ultimi escludono invece la possibilità che possa trovare applicazione l'art. 73 disp. att. c.p.c., secondo cui il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio inserendovi gli atti previsti dall'art. 168 c.p.c., questo in ragione della « diversa struttura del fascicolo d'ufficio» prevista dall'art. 25, al cui specifico commento si rinvia). Per la giurisprudenza la mancanza dei documenti che ex art. 22, comma 4 dovrebbero essere inseriti nel fascicolo d'ufficio, non può dar luogo ad inammissibilità del ricorso (Cass. VI, n. 20612/2016, fattispecie resa con riferimento al mancato deposito dell'atto impugnato, che non consentiva di accertare la tempestività della proposizione del ricorso contro lo stesso, in cui tra l'altro la cassazione ha ritenuto corretto l'ordine di esibizione dell'originale del documento ai sensi dell'art. 22, comma 5; Cass. VI, n. 26560/2014, per cui, anche in caso di mancato deposito della domanda che aveva originato il ricorso contro il «rifiuto tacito», non può essere dichiarata l'inammissibilità; conf., con statuizione più generale, Cass. V, n. 18872/2007). Del resto, che la giurisprudenza, in relazione ai documenti contenuti nel «proprio fascicolo», cioè quello del ricorrente, ritenga trattarsi esclusivamente di una questione probatoria, soltanto rilevante ai fini del merito della controversia, è stato anche alcune volte esplicitamente affermato dalla cassazione (v., Cass. V, n. 23752/2015, secondo cui la produzione di documenti in fotocopia è idonea prova ex art. 2712 c.c., tanto che, ai sensi dell'art. 22, comma 5, spetta al resistente di contestarne la conformità all'originale; conf., Cass. VI, n. 8446/2015; Cass. V, n. 22770/2006; con riferimento al mancato inserimento del PVC nel fascicolo del ricorrente, Cass. V, n. 21509/2010 ha espressamente escluso che potesse essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso, potendo il ridetto PVC essere prodotto anche successivamente, purché nel rispetto della preclusione ex art. 32, al cui specifico commento si rinvia; conf. Cass. V, n. 3456/2009). Di recente, la Corte di Cassazione con sentenza n. 5295/2023 ha ribadito che il contribuente che abbia proposto valido ricorso contro un atto dell'Amministrazione finanziaria non consuma il potere di impugnazione, e non perde, quindi, la possibilità di proporre, finché non sia scaduto il termine, un nuovo ricorso contenente anche motivi diversi da quelli espressi nell'atto introduttivo. Di conseguenza, il primo ricorso è inammissibile nel caso in cui, all'atto della presentazione del secondo, lo stesso proponente abbia chiesto l'annullamento o la sostituzione del primo, verificandosi in tal caso una situazione analoga alla rinuncia del ricorso (Cass. V n. 34769/2022). La contestazione delle fotocopie «degli atti e documenti» depositati e l'ordine di esibizione degli originaliL'art. 22, comma 5 prevede — in caso il resistente contesti la conformità agli originali delle fotocopie degli atti e documenti depositati ai sensi dell'art. 22 in commento — che il giudice debba ordinare l'esibizione degli originali (secondo, Finocchiaro, Finocchiaro, 472, la disposizione sarebbe in deroga alle ordinarie regole ex art. 2712 c.c., nel senso che mentre nel processo civile ordinario, una volta contestata la conformità all'originale della fotocopia, spetta alla parte che intende avvalersi di questa prova documentale dimostrarne la conformità all'originale; nel processo tributario, invece, il giudice stesso sarebbe tenuto dell'originale ex officio ad ordinare l'esibizione, in deroga quindi all'art. 210 c.p.c.). La mancata esibizione degli originali — a seguito dell'ordine del giudice ex art. 22, comma 5 — comporterebbe l'inutilizzabilità delle fotocopie la cui conformità fosse stata contestata (escludendosi, da parte di Finocchiaro, Finocchiaro, 474, che il giudice abbia altri poteri istruttori officiosi). Secondo la dottrina le disposizioni contenute nell'art. 22, comma avrebbero carattere generale per cui — al di là della «infelice» collocazione che potrebbe far pensare che esse fossero state soltanto predisposte per le fotocopie degli atti e documenti depositati dal ricorrente — le stesse dovrebbero ritenersi applicabili anche alle fotocopie depositate dal resistente (pena, altrimenti, una violazione dei principi costituzionali, così Finocchiaro, Finocchiaro, Commentario, 474). Che il dovere di esibizione dell'originale del documento probatorio, a seguito dell'ordine del giudice, sorga solo in caso di contestazione di conformità della fotocopia da parte del resistente, in mancanza della quale contestazione il documento costituisce prova ai sensi dell'art. 2712 c.c., è stato direttamente affermato dalla giurisprudenza (Cass. V, n. 23752/2015, secondo cui la produzione di documenti in fotocopia è idonea prova ex art. 2712 c.c., tanto che, ai sensi dell'art. 22, comma 5, spetta al resistente di contestarne la conformità all'originale; conf., Cass. VI, n. 8446/2015; Cass. V, n. 22770/2006). La giurisprudenza ha peraltro esteso la possibilità dell'ordine di esibizione dell'originale ai sensi dell'art. 22, comma 5, anche all'ipotesi di mancato deposito dell'atto impugnato, che non consentiva di accertare la tempestività della proposizione del ricorso (Cass. VI, n. 20612/2016). La disciplina generale dell'inammissibilità del ricorsoIn dottrina è prevalente la convinzione che l'art. 22, comma 2 contenga la disciplina generale dell'inammissibilità del ricorso con la conseguenza che lo stesso — oltre che nei casi indicati dall'art. 22 in commento — sarebbe anche in tutte le altre fattispecie di inammissibilità del ricorso ex lege previste (Ambrosetti, Il ricorso, 298; Finocchiaro, Finocchiaro, Commentario, 476, anche per la precisazione che le regole sull'inammissibilità, per es. quella della rilevabilità d'ufficio in ogni fase e grado, debbono andare comunque coordinate con quelle sulle impugnazioni, per cui, ad es., l'omessa dichiarazione di inammissibilità del ricorso per tardiva costituzione del ricorrente, se non tempestivamente appellata, non può essere altrimenti rimediata; diversamente, per il carattere limitato della disciplina dell'inammissibilità in commento alla sola costituzione del ricorrente, v. Bafile, 127). In dottrina è stato peraltro sostenuto che — quando non sia ancora trascorso il termine perentorio stabilito dall'art. 21 al cui commento si rinvia — il ricorso è stato dichiarato inammissibile possa essere riproposto (Vullo, Commentario, 320, a cura di Consolo, Glendi). Anche per la giurisprudenza il principio della rilevabilità d'ufficio in ogni stato e grado dell'inammissibilità deve essere coordinato con le regole sull'impugnazione dei vizi della sentenza, pena il passaggio in giudicato di quest'ultima (Cass. V, n. 7410/2011; Cass. V, n. 26391/2010, in cui la preclusione al rilievo è stata statuita perché l'eccezione di inammissibilità era stata per la prima sollevata davanti alla cassazione, con impossibilità per la stessa di disporre l'accertamento dei fatti indispensabili per la decisione). BibliografiaAmbrosetti, Il ricorso nel diritto tributario, Padova, 1999; Bafile, Il nuovo processo tributario, Padova, 1994; Bartolini, Repregosi, Il codice del nuovo contenzioso tributario, Piacenza, 1996; Batistoni Ferrara, Bellè, Diritto tributario processuale, Padova, 1996; Bellagamba, Il nuovo contenzioso tributario, Torino, 1993; Blandini, Il nuovo processo tributario, Milano, 1996; Campeis, De Pauli, Il manuale del processo tributario, Padova, 2002; Consolo, Glendi, (a cura di), Commentario breve alle leggi del processo tributario, Padova, 2012; D'Angelo, D'Angelo, Manuale del nuovo processo tributario con rassegna di giurisprudenza, Padova, 1994; Finocchiaro, Finocchiaro, Commentario al nuovo contenzioso tributario, Milano, 1996; Glendi, L'oggetto del processo tributario, Padova, 1984; Levoni, Le disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, Bologna, Roma, 1992; Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2007; Rau, Alemanno, Il nuovo contenzioso tributario, Torino, 1996; Russo, Manuale di diritto tributario, Milano, 1996; Santi di Paola, Contenzioso tributario 2011, San Marino, 2011; Socci, Sandulli, Manuale del nuovo processo tributario, Bologna, 1997; Tesauro, Manuale del processo tributario, Torino, 2013. |