Decreto legislativo - 31/12/1992 - n. 546 art. 55 - Provvedimenti presidenziali.1. Il presidente e i presidenti di sezione della corte di giustizia tributaria di secondo grado hanno poteri corrispondenti a quelli del presidente e dei presidenti di sezione della corte di giustizia tributaria di primo grado. [1] Per l'abrogazione del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 130, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. Vedi, anche, l'articolo 130, comma 3, del D.Lgs. 175/2024 medesimo. [2] Per le nuove disposizioni legislative in materia di giustizia tributaria, di cui al presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 109 del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. Inquadramento.La disposizione in esame è stata ritenuta del tutto superflua e priva di ogni utilità, in quanto meramente ridondante rispetto al successivo e più generale art. 61, ai sensi del quale si osservano in appello le norme dettate per il procedimento di primo grado, nei limiti della compatibilità, per cui, anche in assenza del precedente art. 55, al presidente della commissione regionale ed ai presidenti delle relative sezioni sarebbero stati attribuiti poteri corrispondenti a quelli dei loro omologhi di primo grado (Dalla Bontà, 688; Gianoncelli, 779). Invero, nel d.lgs. n. 546 del 1992 sono spesso ripetute disposizioni già applicabili in virtù di rinvii più generali: si pensi alle disposizioni riproduttive di quelle del c.p.c., nonostante il rinvio generale di cui all'art. 1. Come, però, osservato l'art. 55 consente di prescindere dalla doppia verifica richiesta dal successivo art. 61, che subordina la trasposizione delle disposizioni di primo grado dinanzi alla commissione tributaria regionale alla loro applicabilità al di fuori del loro specifico contesto ed alla loro compatibilità con il grado di appello (Tesauro, 24). In definitiva, le regole specificamente richiamate dall'art. 55 del d.lgs. n. 546/1992 sono l'art. 25, ultimo comma, secondo cui la segreteria sottopone al presidente della commissione tributaria il fascicolo del processo appena formato, l'art. 26, secondo cui il presidente della commissione tributaria assegna il ricorso ad una delle sezioni e, al di fuori dei casi di cui all'art. 29, comma 1, potrà assumere gli opportuni provvedimenti affinchè i ricorsi concernenti identiche questioni di diritto a carattere ripetitivo vengano assegnati alla medesima sezione per essere trattati congiuntamente; l'art. 27, secondo cui, con decreto soggetto a reclamo dinanzi alla commissione, il presidente della sezione, scaduti i termini per la costituzione in giudizio delle parti, esamina preliminarmente il ricorso e ne dichiara l'inammissibilità nei casi espressamente previsti, se manifesta; inoltre, con le stesse modalità, ove ne sussistano i presupposti, dichiara la sospensione, l'interruzione e l'estinzione del processo; l'art. 29, secondo cui in qualunque momento il presidente della sezione dispone con decreto la riunione dei ricorsi assegnati alla sezione da lui presieduta che hanno lo stesso oggetto o sono fra loro connessi, mentre, se i processi pendono dinanzi a sezioni diverse della stessa commissione il presidente di questa, di ufficio o su istanza di parte o su segnalazione dei presidenti delle sezioni, determina con decreto la sezione davanti alla quale i processi devono proseguire, riservando a tale sezione di provvedere ai sensi del comma precedente, l'art. 30 secondo cui il presidente, ove il ricorso non sia manifestamente inammissibile, scaduto in ogni caso il termine per la costituzione delle parti, fissa la trattazione della controversia e nomina il relatore. Va, infine ricordato che è lo stesso art. 15, come riformulato dal d.lgs. n. 156 del 2015, a stabilire che nel processo tributario si applica l'articolo 182 c.p.c. e che i relativi provvedimenti sono emessi dal presidente della commissione, della sezione o dal collegio Più in generale, con riguardo ai poteri dei presidenti delle commissioni tributarie, delle loro sezioni e collegi, siano esse provinciali o regionali, Cass.S.U., n. 1629/2010, (edita in Giur. it., 2011, I, 702, con nota di Borgni, Il regime di pubblicità delle sentenze delle commissioni tributarie) ha precisato che, in materia di rilascio di copie di sentenze del giudice tributario, l'istanza proveniente da un terzo estraneo alla lite è disciplinata dall'art. 744 c.p.c., riferendosi l'art. 38 del d.lgs. n. 546 del 1992 soltanto alla richiesta di una delle parti del giudizio, per cui, in mancanza di una disposizione specifica che preveda la possibilità di ricorrere ai presidenti delle commissioni tributarie, come accade per i giudici ordinari, in caso di rifiuto o ritardo nel rilascio di copie di atti detenuti dai segretari-pubblici depositari, l'istante può fare ricorso, ai sensi dell'art. 745 c.p.c., al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il depositario esercita le sue funzioni, così instaurando un procedimento di volontaria giurisdizione, che non pregiudica la tutela in sede contenziosa nel rapporto con la P.A. depositaria dei documenti richiesti. Cass. V, n. 1163/2008 ha, invece, evidenziato che, nel processo tributario, la sentenza delle commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, deve essere sottoscritta dal presidente e dall'estensore, ma, come si evince dagli artt. 132,276 c.p.c., 118 e 119 disp. att. c.p.c., applicabili al processo tributario in virtù del rinvio di cui all'art. 1, l'estensore della motivazione non è necessariamente identificabile nel relatore della causa, in quanto il presidente del collegio può affidare la stesura della motivazione a giudice diverso dal relatore, senza che ciò debba neppure risultare da uno specifico provvedimento ma unicamente e indirettamente a posteriori tramite l'indicazione della particolare veste in cui il giudice non relatore sottoscrive la decisione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso la nullità della sentenza di appello che risultava sottoscritta solo dal presidente indicato anche quale relatore, mentre dagli atti emergeva che il relatore fosse altro magistrato, sul presupposto che si era verificato certamente un lapsus calami, dovendosi intendere che il presidente fosse anche estensore della motivazione). Per quanto concerne il potere di assegnare alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa, in caso di difetto di rappresentanza, assistenza, autorizzazione, attribuito direttamente dall'art. 12 del d.lgs. n. 546/1992, senza la mediazione del successivo art. 55, va ricordato che, come chiarito da Cass. V, n. 18062/2016, in tema di contenzioso tributario, qualora la persona giuridica abbia agito in giudizio a mezzo di persona fisica non abilitata a rappresentarla, la sanatoria ex art. 182, comma 2, c.p.c., nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dalla l. n. 69 del 2009, ha effetto ex nunc per cui, ove sia intervenuta oltre il termine per presentare ricorso, non impedisce la definitività dell'atto impositivo, mentre nella nuova formulazione, applicabile ai giudizi instaurati a decorrere dal 4 luglio 2009, ha efficacia retroattiva anche sul piano sostanziale. I poteri del presidente della commissione tributaria regionaleIl presidente della commissione tributaria regionale, a cui la segreteria sottopone il fascicolo del processo di secondo grado, appena formato, assegna il ricorso ad una delle sezioni della stessa commissione, adottando i provvedimenti necessari ex art. 26 affinché i giudizi che concernono identiche questioni di diritto a carattere ripetitivo siano assegnati alla stessa sezione per essere trattati congiuntamente, salva la possibilità per i giudizi tra di loro connessi di una successiva assegnazione ad un'unica sezione, d'ufficio, su segnalazione del presidente di sezione o di una delle parti (si pensi, ad esempio, all'appello avverso la sentenza che ha deciso l'impugnazione avente ad oggetto l'avviso di accertamento e avverso quella che ha deciso l'impugnazione avente ad oggetto la conseguente cartella di pagamento). Come è stato sottolineato, la riunione delle impugnazioni tra di loro connesse perché riferite alla medesima sentenza si impone anche d'ufficio, in un solo processo, in virtù dell'art. 335 c.p.c., ai sensi del quale tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, essendo tale norma applicabile nel processo tributario di appello in base al richiamo di cui all'art. 49 del d.lgs. n. 546/1992. Sul punto vi sarebbe, pertanto, una asimettria tra i poteri dei presidenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, visto che nessuna disposizione impone ai primi la riunione delle impugnazioni proposte avverso il medesimo provvedimento (così Gianoncelli, 781). Va, inoltre, ricordato che, ai sensi dell'art. 6, comma 3, è demandata al presidente della commissione regionale la designazione del giudice in sostituzione di quello ricusato coincidente con il presidente di sezione ed, ai sensi dell'art. 52, la fissazione della trattazione dell'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza impugnata. Discussa è, invece, la possibilità per il presidente della commissione regionale, nelle ipotesi di eccezionale urgenza e previa delibazione nel merito, di disporre la temporanea sospensione dell'esecutività della sentenza sino alla decisione del collegio, provvedimento che, secondo l'opinione prevalente, sarebbe riservato al presidente di sezione (sul punto si rinvia al commento dell'art. 52). Più in generale il presidente della commissione regionale tributaria ha poteri di organizzazione relativamente all'ufficio ed allo svolgimento dell'attività giurisdizionale (si pensi alla formazione delle sezioni ex art. 6 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545) e di vigilanza sull'andamento dei servizi e sui giudici, nei cui confronti può anche promuovere il procedimento disciplinare, come stabilito dall'art. 16 del d.lgs. n. 545/1992. Più precisamente l'art. 6, come modificato dal d.lgs. n. 156/2015, stabilisce che con provvedimento del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria sono istituite sezioni specializzate in relazione a questioni controverse individuate con il provvedimento stesso, mentre i presidenti delle commissioni tributarie assegnano il ricorso ad una delle sezioni tenendo conto, preliminarmente, della specializzazione e applicando successivamente i criteri cronologici e casuali, ed il presidente di ciascuna sezione, all'inizio di ogni anno, fissa il calendario delle udienze ed, all'inizio di ogni trimestre, la composizione dei collegi giudicanti in base ai criteri di massima stabiliti dal consiglio di presidenza. È il presidente della commissione tributaria ad indicare una o più delle sezioni, che, nel periodo di sospensione feriale dei termini processuali, procedono all'esame delle domande di sospensione cautelare del provvedimento impugnato. Il successivo art. 16 dispone che il procedimento disciplinare è promosso dal presidente del Consiglio dei ministri o dal presidente della commissione tributaria regionale nella cui circoscrizione presta servizio l'incolpato. Avverso i provvedimenti del presidente della commissione regionale si esclude l'esperibilità del reclamo di cui all'art. 28 del d.lgs. n. 546/1992, che appare limitata ai provvedimenti adottati in sede di esame preliminare del ricorso e, dunque, riservati ai presidenti di sezione (in questo senso Gianoncelli, 782). L'omessa riunione degli appelli proposti avverso la stessa sentenza non determina la nullità delle pronunce rese separatamente, sanzione che, invece, colpisce la sentenza che, nonostante l'intervenuta riunione, abbia deciso avverso una soltanto delle impugnazioni (Cass. n. 9219/2007). Difatti, secondo Cass. V, n. 11809/2006, nel processo tributario, l'inosservanza del combinato disposto degli artt. 61 e 29 del d.lgs. n. 546/1992, che impone, onde evitare un possibile contrasto di giudicati, la riunione delle impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza, come del resto l'inosservanza della regola posta dall'art. 335 c.p.c., non è assoggettata, di per sé stessa e nonostante la natura pubblicistica della norma, ad un'esplicita sanzione di nullità, dovendosi ritenere improcedibile la seconda impugnazione, in forza del principio di unità della decisione, solo nell'ipotesi di cause inscindibili. Per l'improcedibilità dell'impugnazione trattata successivamente alla decisione di altra proposta avverso la stessa sentenza risultano orientate Cass. II, n. 12430/2010, Cass. III, n. 12038/2014, Cass. V, n. 7096/2016, che, però, non si riferiscono al contenzioso tributario e riguardano il ricorso per cassazione. Con specifico riferimento al contenzioso tributario, invece, Cass. V, n. 20514/2016, ha ritenuto che l'inosservanza, da parte del giudice di appello, dell'obbligo di riunire, in un unico procedimento, i gravami separatamente proposti contro la medesima sentenza non spiega effetti quando, malgrado la formale mancanza di un provvedimento di riunione, dette impugnazioni abbiano sostanzialmente avuto uno svolgimento unitario, in quanto chiamate alla stessa udienza, nonché contestualmente discusse e decise dallo stesso collegio con il medesimo relatore, così restandosi nell'ambito della mera redazione separata di due pronunce per una decisione di tipo unitario ed, inoltre, che la decisione di una delle impugnazioni non precedentemente riunite non determina l'improcedibilità delle altre, sempre che non si venga a formare il giudicato sulle questioni investite da queste ultime, dovendosi attribuire prevalenza, in difetto di previsioni sanzionatorie da parte dell'art. 335 c.p.c., alle esigenze di tutela del soggetto che ha proposto l'impugnazione rispetto a quelle della economia processuale e della teorica armonia dei giudicati. I poteri dei presidenti di sezione della commissione tributaria regionaleI presidenti di sezione della commissione tributaria regionale sono tenuti innanzitutto all'esame preliminare degli appelli, di cui possono dichiarare l'inammissibilità, se manifesta, e possono, inoltre, disporre, ove ne ricorrano i presupposti, la sospensione, l'interruzione o l'estinzione del giudizio di appello. I decreti de quibus sono reclamabili dinanzi al collegio secondo la disciplina di cui all'art. 28 del d.lgs. n. 546/1992. Qualora l'esame preliminare dell'appello non abbia portato all'adozione di tali provvedimenti, invece, all'esito della scadenza dei termini di costituzione, i presidenti di sezione nominano il giudice relatore della causa e fissano l'udienza per la trattazione della controversia, di cui possono disporre un differimento in caso di impedimento del giudice relatore o di una delle parti o per esigenze di servizio. Si è, inoltre, sostenuto che già in sede di esame preliminare del ricorso i presidenti di sezione possono disporre l'integrazione del contraddittorio exartt. 331 e 332 c.p.c., disposizioni applicabili in virtù dell'art. 49 del d.lgs. n. 546/1992 (così Tesauro, 244). Si ritiene, infine, che i presidenti di sezione abbiano poteri sussidiari rispetto a quelli del presidente della commissione tributaria regionale, come, ad esempio, il potere di riunire gli appelli (così Pistolesi, 466). Come chiarito da Cass. VI, n. 14470/2014 e Cass. V, n. 25085/2006, l'esercizio da parte dell'organo collegiale del potere attribuito al presidente di dichiarare l'inammissibilità del ricorso «se manifesta» non è sanzionato di nullità, per cui la pronuncia del relativo provvedimento da parte del collegio non costituisce alcun vizio della decisione, dal momento che la nullità per inosservanza di forme degli atti processuali può essere pronunciata solo se comminata dalla legge. Cass. V n. 7514/2016, ha, inoltre, aggiunto che l'art. 27 del d.lgs. n. 546/1992, che assegna al presidente di sezione il compito dell'esame preliminare dei ricorsi, attribuendogli il potere di dichiararne, con decreto, l'inammissibilità se manifesta, è norma di stretta interpretazione e risponde ad esigenze di accelerazione e deflazione del contenzioso onde non investire l'organo collegiale di ricorsi palesemente inammissibili, sicché non è consentita l'attribuzione in via estensiva alla commissione tributaria provinciale di una omologa potestà di rilevare e dichiarare l'inammissibilità con sentenza inaudita altera parte, atteso che, in tal caso, resterebbero frustrati i vantaggi di deflazionare il contenzioso ed elusi i meccanismi di salvaguardia del contraddittorio stabiliti dal legislatore, non potendosi ritenere rimedio equipollente al reclamo al collegio, previsto dalla norma avverso il decreto presidenziale, la mera possibilità di impugnare con appello la sentenza così emessa. BibliografiaBorgni, Il regime di pubblicità delle sentenze delle commissioni tributarie, in Giur. it. 2011, I, 702; Dalla Bontà, Sub art. 55, in AAVV., Commentario breve alle leggi del processo tributario, a cura di Consolo – Glendi, Padova, 2012; Gianoncelli, Sub art. 55, in AA.VV., Codice commentato del processo tributario, a cura di Tesauro, Padova, 2016; Nardelli, L'inammissibilità del ricorso, il contraddittorio e i (consentiti) poteri presidenziali del collegio, in Corr. trib. 2016, 1977; Pistolesi, L'appello nel processo tributario, Torino, 2002; Tesauro, Manuale del processo tributario, Torino, 2014). |