Decreto legislativo - 31/12/1992 - n. 546 art. 47 bis - (Sospensione di atti volti al recupero di aiuti di Stato e definizione delle relative controversie) 1 2 3 4 .(Sospensione di atti volti al recupero di aiuti di Stato e definizione delle relative controversie)12 3 4. 1. Qualora sia chiesta in via cautelare la sospensione dell'esecuzione di un atto volto al recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili in esecuzione di una decisione adottata dalla Commissione europea ai sensi dell' articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999 , di seguito denominata: "decisione di recupero", la corte di giustizia tributaria di primo grado puo' concedere la sospensione dell'efficacia del titolo di pagamento conseguente a detta decisione se ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni: a) gravi motivi di illegittimita' della decisione di recupero, ovvero evidente errore nella individuazione del soggetto tenuto alla restituzione dell'aiuto di Stato o evidente errore nel calcolo della somma da recuperare e nei limiti di tale errore; b) pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile. 2. Qualora la sospensione si fondi su motivi attinenti alla illegittimita' della decisione di recupero la corte di giustizia tributaria di primo grado provvede con separata ordinanza alla sospensione del giudizio e all'immediato rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di giustizia delle Comunita' europee, con richiesta di trattazione d'urgenza ai sensi dell'articolo 104-ter del regolamento di procedura della Corte di giustizia del 19 giugno 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee n. L 176 del 4 luglio 1991, e successive modificazioni, se ad essa non sia stata gia' deferita la questione di validita' dell'atto comunitario contestato. Non puo', in ogni caso, essere accolta l'istanza di sospensione dell'atto impugnato per motivi attinenti alla legittimita' della decisione di recupero quando la parte istante, pur avendone facolta' perche' individuata o chiaramente individuabile, non abbia proposto impugnazione avverso la decisione di recupero ai sensi dell'articolo 230 del Trattato istitutivo della Comunita' europea, e successive modificazioni, ovvero quando, avendo proposto l'impugnazione, non abbia richiesto la sospensione della decisione di recupero ai sensi dell'articolo 242 del Trattato medesimo ovvero l'abbia richiesta e la sospensione non sia stata concessa. 3. Fermi restando i presupposti di cui ai commi 1 e 2, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4, 5, 7 e 8 dell' articolo 47 ; ai fini dell'applicazione del comma 8 rileva anche il mutamento del diritto comunitario. 4. Le controversie relative agli atti di cui al comma 1 sono definite, nel merito, nel termine di sessanta giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione di cui al medesimo comma 1. Alla scadenza del termine di sessanta giorni dall'emanazione dell'ordinanza di sospensione, il provvedimento perde comunque efficacia, salvo che la corte di giustizia tributaria di primo grado entro il medesimo termine riesamini, su istanza di parte, l'ordinanza di sospensione e ne disponga la conferma, anche parziale, sulla base dei presupposti di cui ai commi 1 e 2, fissando comunque un termine di efficacia, non prorogabile, non superiore a sessanta giorni. Non si applica la disciplina sulla sospensione feriale dei termini. Nel caso di rinvio pregiudiziale il termine di cui al primo periodo e' sospeso dal giorno del deposito dell'ordinanza di rinvio e riprende a decorrere dalla data della trasmissione della decisione della Corte di giustizia delle Comunita' europee. 5. Le controversie relative agli atti di cui al comma 1 sono discusse in pubblica udienza e, subito dopo la discussione, il Collegio giudicante delibera la decisione in camera di consiglio. Il Presidente redige e sottoscrive il dispositivo e ne da' lettura in udienza, a pena di nullita'. 6. La sentenza e' depositata nella segreteria della corte di giustizia tributaria di primo grado entro quindici giorni dalla lettura del dispositivo. Il segretario fa risultare l'avvenuto deposito apponendo sulla sentenza la propria firma e la data e ne da' immediata comunicazione alle parti. 7. In caso di impugnazione della sentenza pronunciata sul ricorso avverso uno degli atti di cui al comma 1, tutti i termini del giudizio di appello davanti alla corte di giustizia tributaria di secondo grado, ad eccezione di quello stabilito per la proposizione del ricorso, sono ridotti alla meta'. Nel processo di appello le controversie relative agli atti di cui al comma 1 hanno priorita' assoluta nella trattazione. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 4, terzo e quarto periodo, 5 e 6. [1] Per l'abrogazione del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 130, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. Vedi, anche, l'articolo 130, comma 3, del D.Lgs. 175/2024 medesimo. [2] Per le nuove disposizioni legislative in materia di giustizia tributaria, di cui al presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 97 del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. [3] Articolo inserito dall'articolo 2 del D.L. 8 aprile 2008, n. 59. [4] A norma dell'articolo 61, comma 5, della Legge 24 dicembre 2012, n. 234, il presente articolo continua ad applicarsi ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. InquadramentoI presupposti che definiscono un aiuto di Stato nel senso vietato dal diritto eurounitario, indipendentemente dalla loro forma (riduzioni fiscali, sovvenzione, prestito a tasso agevolato, garanzia per un corrispettivo fuori mercato, vendita di beni, locazione di immobili o acquisizione di servizi a condizioni preferenziali per le imprese, partecipazioni al capitale di imprese a condizioni che non sarebbero accettate da un buon investitore privato operante in normali condizioni di mercato etc.) sono fissati dall'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE): 1) origine statale dell'aiuto (concesso dallo Stato o, comunque, mediante risorse statali); 2) vantaggio a favore di talune imprese o produzioni; 3) impatto sulla concorrenza; 3) incidenza sugli scambi tra gli Stati membri. A causa dell'incompatibilità degli aiuti di Stato con il mercato interno, il divieto è sancito dall'articolo 107, paragrafo 1 del TFUE, mitigato però da alcune deroghe indicate nel citato articolo 107, paragrafi 2 e 3, e negli articoli 93 e 106, paragrafo 2 del TFUE. Gli aiuti sono sottoposti al controllo della Commissione, che li può autorizzare, motivando dettagliatamente quando questi rientrano in una delle deroghe già previste dal trattato. In presenza di circostanze eccezionali il Consiglio può stabilirne la compatibitità con il mercato interno, ex art. 108 del TFUE, ed autorizzarli su richiesta di uno Stato membro, deliberando all'unanimità. L'articolo qui in rassegna costituisce un micro sistema a carattere speciale —molto restrittivo — per gli atti di recupero di aiuti di Stato (Cfr. Glendi, in Corr. trib. 2008, 1670; Tundo, in Corr. trib. 2011, 1339; Bianchi, in Dir. e prat. trib. 2010, II, 1369), volto ad assicurare celerità alle decisioni in materia adottate dalla Commissione europea, al fine di evitare le conseguenti procedure di infrazione nei confronti dello Stato italiano, assistite dalle sanzioni di cui all'articolo 260 del trattato di funzionamento dell'unione europea. Nell'articolato sono fissati i presupposti relativi al procedimento cautelare atto a sospendere l'efficacia degli atti di recupero di aiuti di Stato, dichiarati incompatibili con l'ordinamento comunitario, cui consegue – solamente ove venga concessa tale sospensiva – un più celere svolgimento dcl giudizio di merito, sia in primo grado sia nell'eventuale appello. Per «atti di recupero di aiuti di stato» si intendono tutti i provvedimenti emessi al fine di recuperare un aiuto di Stato dichiarato illegittimo, ivi compresi tutti gli atti di riscossione quali le ingiunzioni di cui all'art. 1, d.l. n. 10/2007, le cartelle e le intimazioni di pagamento, L'art. 47-bis comma 3, d.lgs. n. 546/1992 rinvia al precedente art. 47, commi: 1 (proposizione dell'istanza contestuale o allegata al ricorso), 2 (trattazione dell'istanza cautelare), 4 (deliberazione della misura con ordinanza), 5 (sospensione parziale e/o subordinata), 7 (effetti della sospensione) ed 8 (mutamento delle circostanze, tra le quali è espressamente previsto il cambiamento del diritto comunitario); non ne richiama il comma 3 per cui é da escludere il decreto presidenziale per «eccezionale urgenza». La deliberazione sul merito della causa deve essere resa entro sessanta giorni dall'ordinanza di sospensione; decorso tale termine il provvedimento di sospensione perde efficacia, salvo che: il giudice, entro iI medesimo termine, riesamini l'ordinanza di sospensione su istanza di parte e ne disponga la conferma, anche parziale, fissando un termine improrogabile —non superiore. a sessanta giorni- per la decisione. Se il giudice ha rinviato la questione alla Corte di Giustizia, il termine di sessanta giorni è sospeso dal giorno del deposito dell'ordinanza dì rinvio e ricomincia a decorrere dalla data di trasmissione della decisione della Corte di Giustizia (art. 47-bis, comma 4 d.lgs. n. 546/1992). La limitazione temporale della sospensiva, contemplata per il solo giudizio civile dall'art. 1 del d.l. n. 59/2008, e stata dichiarata incostituzionale con la sentenza Corte cost. n. 281/2010, perchè in contrasto con il diritto di difesa e con i principi del «giusto processo». Non si applica la sospensione feriale dei termini (art. 47-bis comma 4, d.lgs. n. 546/1992). Tutte le controversie relative agli atti di recupero sono discusse in pubblica udienza; immediatamente dopo la trattazione il collegio delibera in Camera di consiglio ed il presidente redige e sottoscrive il dispositivo, dandone lettura in aula, a pena di nullità. La sentenza va depositata nei successivi quindici giorni. La prassi
Premessa. Il comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59 (di seguito: decreto), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale — Serie Generale n. 84 del 9 aprile 2008, ha introdotto nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, l'articolo 47-bis, rubricato «Sospensione di atti volti al recupero di aiuti di Stato e definizione delle relative controversie». I commi 2 e 3 dell'articolo 2 contengono, rispettivamente, le disposizioni transitorie e di attuazione della nuova disciplina, mentre il successivo comma 4 prevede l'abrogazione dell'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 2007, n. 46. L'articolo 12 del decreto fissa l'entrata in vigore delle norme in esso contenute «il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale», vale a dire il 9 aprile 2008. Tenuto conto delle predette disposizioni, con la presente circolare si forniscono istruzioni agli Uffici in ordine alle controversie per le quali trova applicazione il nuovo articolo 47-bis del d.lgs. n. 546/1992. Ambito di applicazione. Con l'inserimento, nel d.lgs. n. 546 del 1992, del citato articolo 47-bis, il legislatore ha previsto una disciplina, a carattere speciale, delle controversie aventi ad oggetto gli atti volti al recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili in esecuzione di una decisione adottata dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 14 del Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio del 22 marzo 1999 (di seguito: decisione di recupero). Al riguardo si osserva che, in base all'articolo 14, paragrafo 1, del predetto Regolamento n. 659/1999, «Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali, la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario». Il successivo paragrafo 3 del medesimo articolo 14 stabilisce che «il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l'esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione». In proposito, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha affermato che «lo Stato membro destinatario di una decisione che gli impone di recuperare gli aiuti illegittimi è tenuto, ai sensi dell'art. 249 CE, ad adottare ogni misura idonea ad assicurare l'esecuzione di tale decisione (v. sentenze CGCE 12 dicembre 2002, causa C-209/00, Commissione/Germania, Racc. I-11695, punto 31, e 26 giugno 2003, causa C-404/00,Commissione/Spagna, Racc. I-6695, punto 21) e deve giungere a un effettivo recupero delle somme dovute (v., in tal senso, sentenze CGCE 12 maggio 2005, causa C-415/03, Commissione/ Grecia, Racc. pag. I-3875, punto 44, nonché Commissione/ Italia, cit., punti 36 e 37). [...] Occorre rammentare a tale proposito che, ai sensi dell'art. 14, n. 3, del regolamento n. 659/1999, l'applicazione delle procedure nazionali è soggetta alla condizione che queste ultime consentano l'esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione, condizione che riflette i requisiti imposti dal principio di effettività sancito precedentemente dalla giurisprudenza (v. sentenze CGCE 2 febbraio 1989, causa 94/87, Commissione/Germania, Racc. pag. 175, punto 12; CGCE 20 marzo 1997, causa C-24/95, Alcan Deutschland, Racc. I-1591, punto 24, e CGCE 12 dicembre 2002, Commissione/ Germania, cit., punti 32-34)». (CGCE, sentenza del 5 ottobre 2006, in causa C-232/05, Commissione/Francia, punti 42 e 49). Al fine di garantire l'esecuzione immediata ed effettiva delle decisioni di recupero, il legislatore ha quindi introdotto, con l'articolo 2 del decreto, una disciplina speciale della sospensione giudiziale degli atti di recupero di aiuti di Stato e della definizione delle relative controversie innanzi alle Commissioni tributarie, prevedendo in particolare delle condizioni specifiche al verificarsi delle quali l'Organo giurisdizionale può concedere la sospensione. Si precisa che il termine «atto volto al recupero» si intende riferito a tutti gli atti o provvedimenti emessi al fine del recupero di un aiuto di Stato dichiarato illegittimo, comprendendovi, quindi, anche gli atti tipici della fase di riscossione rientranti nella giurisdizione delle Commissioni tributarie, la cui sospensione è, parimenti, disciplinata dalle norme in commento. Presupposti della sospensione. I commi 1 e 2 dell'articolo 47-bis del d.lgs. n. 546/1992 individuano le condizioni in base alle quali la Commissione tributaria provinciale può concedere la sospensione dell'efficacia dell'atto di recupero. I presupposti per la concessione della misura cautelare in esame sono i seguenti: a) la presenza di gravi motivi di illegittimità della decisione di recupero, ovvero la sussistenza di un evidente errore nella individuazione del soggetto tenuto alla restituzione dell'aiuto di Stato ovvero di un evidente errore nel calcolo della somma da recuperare, nei limiti di tale errore; b) il pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile conseguente all'esecuzione dell'atto. Per espressa previsione normativa, il requisito sub b) deve sussistere cumulativamente con almeno uno dei requi-siti individuati sub a). a ) Gravi motivi di illegittimità della decisione di recupero. Il comma 1 dell'articolo 47-bis del d.lgs. n. 546 del 1992 individua, tra i presupposti per la concessione della sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, i gravi motivi di illegittimità della decisione di recupero. La previsione della «gravità» dei motivi comporta che, in sede di valutazione della sussistenza del presupposto in esame, la Commissione tributaria provinciale potrà concedere la sospensione dell'atto impugnato solo se siano gravi riserve sulla validità della decisione di recupero. In proposito, la Corte di giustizia CE ha osservato che «non possono essere adottati provvedimenti provvisori se non quando le circostanze di fatto e diritto invocate dai ricorrenti inducano il giudice nazionale a convincersi dell'esistenza di gravi dubbi sulla validità del regolamento comunitario sul quale l'atto amministrativo impugnato è fondato. Solo la possibilità di un'invalidazione, riservata alla Corte, può infatti giustificare la concessione di provvedimenti provvisori». (CGCE 9 novembre 1995, causa C-465/93, Atlanta Fruchthandelsgesellschaft mbH e altre, punto 35). Nel valutare i gravi motivi, la Commissione tributaria provinciale deve tener conto anche di precedenti pronunce della Corte di giustizia o del Tribunale primo grado sulla legittimità dell'atto comunitario. In tal senso si è espressa, infatti, la Commissione europea al punto 59 della Comunicazione n. 2007/C 272/05 del 15 novembre 2007 (rubricata «Verso l'esecuzione effettiva delle decisioni della Commissione che ingiungono agli Stati membri di recuperare gli aiuti di Stato illegali e incompatibili»). Se ravvisa la sussistenza di gravi motivi di illegittimità della decisione di recupero, il Collegio provvede all'immediato rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di giustizia, formulando contestualmente la richiesta di trattazione d'urgenza ai sensi dell'articolo 104-ter del Regolamento di procedura della Corte del 19 giugno 1991 e successive modifiche, sempre che la questione di validità dell'atto comunitario non sia stata già rinviata alla Corte europea (articolo 47-bis, comma 2 del d.lgs. n. 546 del 1992). I gravi motivi richiesti dalla norma in commento devono sostanziarsi in evidenti ragioni di fatto e di diritto, dettagliatamente specificate dal Giudice tributario. Secondo la giurisprudenza comunitaria, infatti, «il giudice nazionale non può limitarsi a proporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale per l'accertamento della validità del regolamento, ma deve precisare, al momento di concedere il provvedimento urgente, i motivi per i quali esso ritiene che la Corte sarà indotta a dichiarare l'invalidità di tale regolamento» (cfr. CGCE, nella citata sentenza Atlanta Fruchthandelsgesellschaft mbH e altre, punto 36). Con separata ordinanza, la Commissione tributaria provinciale provvede altresì a sospendere il giudizio di merito. L'ultimo periodo del comma 2 del citato articolo 47-bis stabilisce che l'istanza di sospensione dell'atto impugnato, proposta per motivi attinenti alla legittimità della decisione di recupero, non può in ogni caso trovare accogli-mento se: — la parte istante, pur avendone facoltà perché individuata o chiaramente individuabile, non ha proposto impugnazione avverso la decisione di recupero ai sensi dell'articolo 230 del Trattato istitutivo della Comunità europea; — la parte istante abbia proposto impugnazione ai sensi del citato articolo 230 del Trattato, senza tuttavia richiedere la sospensione della decisione di recupero ai sensi del successivo articolo 242; — la sospensione della decisione, richiesta ai sensi del predetto articolo 242 del Trattato, non è stata concessa. Al riguardo si segnala che, secondo la Corte di giustizia delle Comunità europee, «il beneficiario di un aiuto dichiarato incompatibile, che avrebbe potuto impugnare la decisione della Commissione, non può contestare la legittimità della medesima dinanzi ai giudici nazionali nell'ambito di un ricorso proposto avverso i provvedimenti presi dalle autorità nazionali in esecuzione di questa decisione. Ammettere infatti che in circostanze del genere l'interessato possa, dinanzi al giudice nazionale, opporsi all'esecuzione della decisione comunitaria eccependo l'illegittimità di quest'ultima equivarrebbe a riconoscergli la possibilità di eludere il carattere definitivo della decisione nei suoi confronti dopo la scadenza del termine di ricorso previsto all'art. 230, quinto comma, CE (v., in tale senso, sentenze CGCE 9 marzo 1994, causa C-188/92, TWD Textilwerke Deggendorf, Racc. pag. I-833, punti 17 e 18, e CGCE 15 febbraio 2001, causa C 239/99, Nachi Europe, Racc. pag. I-1197, punto 37)». (CGCE sentenza 5 ottobre 2006, causa C-232/05, Commissione/Francia, punto 59). b ) Evidente errore nella individuazione del soggetto. Un altro dei presupposti che — sempre unitamente al periculum in mora — consente la concessione della misura cautelare è l'evidente errore nell'individuazione del soggetto destinatario dell'atto di recupero. L'erroneità nell'individuazione del soggetto chiamato alla restituzione deve emergere prima facie, ossia allo stato degli atti e senza che sia necessaria alcuna indagine o apprezzamento coinvolgente il merito. La necessità che l'errore emerga da elementi di immediata percezione trova, infatti, la sua base normativa nell'aggettivo «evidente» che la norma in commento ha utilizzato per la caratterizzazione dell'errore idoneo a fondare un provvedimento di sospensione. L'evidenza dell'errore, tuttavia, non può ridursi alla mera constatazione dell'avvenuta eccezione da parte del ricorrente, ma necessita di una valutazione in ordine alla concreta sussistenza dell'errore, sebbene l'accertamento svolto dal Giudice tributario in tale fase processuale è comunque limitato a un esame sommario degli atti. In definitiva, la circostanza che l'errore sia connotato dai caratteri dell'evidenza e che si manifesti all'esito di un'indagine di natura sommaria, quale è quella esperita in sede cautelare, circoscrive la ricorrenza di tale presupposto ad ipotesi di discrasie sogget-tive palesi. c ) Evidente errore nel calcolo. L'errore di calcolo è solo quello facilmente rilevabile dagli elementi indicati dall'Ufficio nell'atto di recupero. Più specificamente, si tratta del caso in cui l'importo complessivamente preteso dall'Ufficio sia superiore a quello risultante dalla liquidazione delle singole voci poste a base del recupero; tale incongruenza deve essere frutto di un palese errore di calcolo. Con riferimento all'«evidenza» dell'errore si rimanda a quanto chiarito al precedente punto 3.2. Si precisa che la sospensione dell'esecutività dell'atto impugnato fondata sull'errore di calcolo può essere disposta solo nei limiti dell'errore invocato. d ) Pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile. Per espressa previsione normativa, la sussistenza di almeno uno dei presupposti indicati sub lettera a) dell'articolo 47-bis in commento deve essere necessariamente accompagnata dalla dimostrazione del pericolo nel ritardo. In proposito si osserva che il cosiddetto periculum in mora costituisce un requisito comune a tutti i provvedimenti di natura cautelare. La sospensione dell'atto di recupero è, quindi, possibile solo in caso di accertato «pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile», che deve sostanziarsi nel pericolo concreto, effettivo ed immediato di un danno grave ed irreparabile derivante dall'esecuzione dell'atto e non suscettibile di un successivo ristoro in presenza di una decisione definitiva favorevole all'istante. In particolare, il pregiudizio deve essere così rilevante ed irreversibile da richiedere — nelle more dell'emanazione della sentenza di merito — l'immediato intervento del Giudice e la concessione della misura cautelare. L'accertamento in ordine a tale presupposto, che l'istante deve provare con elementi certi ed univoci, non può essere sommariamente limitato all'entità dell'importo richiesto, quindi rapportato a soli criteri quantitativi, ma deve tener conto anche degli elementi soggettivi, della complessiva situazione patrimoniale ed aziendale del richiedente, nonché della sottesa finalità del recupero che trova radice nelle determinazioni comunitarie. Può, inoltre, essere oggetto di valutazione anche il comportamento tenuto dal contribuente successivamente alla pubblicazione della decisione di recupero. Si ricorda, al riguardo, che il paragrafo 3 dell'articolo 26 del Regolamento n. 659/1999 prevede che siano pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea le decisioni con le quali la Commissione dichiara l'aiuto incompatibile con il mercato comune. Tale pubblicità consente la tempestiva diffusione e conoscenza della illegalità dell'aiuto e potrà, quindi, consentire ai soggetti interessati, entro un ragionevole arco temporale e nei limiti delle risorse disponibili, l'adozione delle usuali tecniche contabili o di gestione aziendale volte a precostituirsi le idonee riserve finanziarie per fronteggiare eventi caratterizzati dalla prevedibilità. Infatti, poiché il recupero dell'aiuto di Stato risponde ad esigenze sopranazionali consistenti nel ripristino della situazione esistente sul mercato precedentemente alla concessione dell'aiuto stesso, alla decisione di recupero adottata dalla Commissione europea segue inevitabilmente la procedura di recupero in ambito nazionale. Tali esigenze sopranazionali rendono evidente come il presupposto del «pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile» debba essere valutato con estrema attenzione, adottando criteri oggettivi e soggettivi, onde pervenire ad una corretta determinazione che, pur non tralasciando le esigenze di effettiva tutela del singolo, non sia di ostacolo ad una immediata ed effettiva azione di recupero. e ) Coordinamento con l'articolo 47 del d.lgs. n. 546 del 1992. Ai sensi del comma 3 dell'articolo 47-bis, «Fermi restando i presupposti di cui ai commi 1 e 2, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4, 5, 7 e 8 dell'articolo 47; ai fini dell'applicazione del comma 8 rileva anche il mutamento del diritto comunitario». Al riguardo, si rinvia a quanto chiarito nella circolare n. 98/E del 23 aprile 1996, in sede di commento all'articolo 47 del d.lgs. n. 546/1992. Si precisa, tuttavia, che non trovano applicazione nelle controversie in esame le disposizioni del comma 3 del citato articolo 47, che prevedono la facoltà per il Presidente di concedere con decreto, in casi di eccezionale urgenza, la sospensione inaudita altera parte. Il legislatore, inoltre, non ha richiamato le disposizioni di cui al comma 6 dell'articolo 47, in quanto il comma 4 dell'articolo 47-bis prevede una disciplina speciale in tema di termini per la fissazione della trattazione della controversia nel merito, che viene illustrata nel successivo punto 4. Infine, in relazione al comma 8 dell'articolo 47 del d.lgs. n. 546/1992, si ricorda che la disposizione richiamata prevede la revoca dell'ordinanza di sospensione in caso di mutamento della situazione di fatto esistente al momento della emanazione. In proposito, il legislatore ha precisato che nelle controversie aventi ad oggetto gli atti di recupero in esame rilevano anche le ipotesi di mutamento del diritto comunitario. f ) Trattazione nel merito. I commi 4 e 5 dell'articolo 47-bis del d.lgs. n. 546/1992 disciplinano la trattazione nel merito. Al riguardo si sottolinea che la concessione della sospensione dell'esecutività dell'atto impone una più rapida definizione del giudizio. Pertanto, il primo periodo del comma 4 dell'articolo 47-bis del d.lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che la definizione nel merito delle relative controversie deve avvenire nel termine di sessanta giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione. L'ordinanza di sospensione perde efficacia trascorsi sessanta giorni dalla sua emanazione. Tuttavia, su istanza di parte, la Commissione tributaria provinciale può nel medesimo termine riesaminare l'ordinanza e disporne la conferma, anche solo parziale. In tal caso il Collegio fissa un termine di efficacia della conferma della sospensione, non superiore a sessanta giorni e non ulteriormente prorogabile. Condizioni per la conferma dell'ordinanza sono la verifica della sussistenza dei medesimi presupposti richiesti per la concessione della sospensione, illustrati al precedente punto 3. Il terzo periodo del citato comma 4 stabilisce che per i termini in esame non trova applicazione la sospensione feriale, prevista dal 1o agosto al 15 settembre dall'articolo 1 della l. 7 ottobre 1969, n. 742. Nelle ipotesi in cui la Commissione tributaria provinciale abbia rinviato alla Corte di giustizia la questione pregiudiziale sulla legittimità della decisione di recupero, il termine di sessanta giorni per la definizione della controversia nel merito è sospeso dal giorno del deposito dell'ordinanza di rinvio pregiudiziale e riprende a decorrere dalla data della trasmissione della decisione della Corte europea. Ai sensi del comma 5 dell'articolo 47-bis del d.lgs. n. 546/1992, le controversie relative agli atti di recupero in esame sono discusse in pubblica udienza. Al termine della discussione, il Collegio delibera la decisione in camera di consiglio. Il Presidente, quindi, redige e sottoscrive il dispositivo e ne dà lettura in udienza, a pena di nullità. La sentenza va depositata nella Segreteria della Commissione tributaria provinciale entro quindici giorni dalla lettura del dispositivo (articolo 47-bis, comma 6 del d.lgs. n. 546/1992). È compito del Segretario far risultare l'avvenuto deposito mediante apposizione della firma e della data, provvedendo immediatamente a darne comunicazione alle parti. g ) Giudizio di appello. Il comma 7 dell'articolo 47-bis del d.lgs. n. 546 del 1992 dispone che le controversie innanzi alle Commissioni tributarie regionali, aventi ad oggetto gli atti di recupero di aiuti di Stato illegali, hanno priorità assoluta nella trattazione. Inoltre, tutti i termini del giudizio di appello, ad eccezione di quello stabilito per la proposizione del ricorso, sono ridotti alla metà. Il legislatore ha altresì previsto l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 4, terzo e quarto pe-riodo, 5 e 6 del predetto articolo 47-bis, anche ai giudizi innanzi alle Commissioni tributarie regionali. Per effetto del rinvio alle disposizioni sopra richiamate: — non opera la sospensione feriale dei termini di cui all'articolo 1 della citata legge n. 742 del 1969; — sono sospesi i termini processuali nell'ipotesi di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia sulla questione della legittimità della decisione di recupero, disposto dalla Commissione tributaria regionale ai sensi dell'articolo 230 del Trattato istitutivo delle Comunità europee; — la trattazione nel merito della controversia avviene in pubblica udienza, con deliberazione in camera di consiglio e lettura immediata del dispositivo in udienza, a pena di nullità; — la sentenza deve essere depositata nei quindici giorni successivi alla lettura del dispositivo e immediatamente comunicata alle parti dal Segretario della Commissione tributaria regionale. Disciplina transitoria. Il comma 2 dell'articolo 2 del decreto disciplina gli effetti delle nuove disposizioni sui procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del medesimo decreto, nel caso in cui l'esecutività dell'atto finalizzato al recupero di aiuti di Stato illegali sia stata oggetto di sospensione giudiziale. La normativa transitoria, rendendo palese la finalità di accelerazione dei procedimenti volti al recupero degli aiuti, dispone che tali controversie devono essere definite nel merito nel termine di sessanta giorni decorrenti dal 9 aprile 2008, data di entrata in vigore del decreto. La disposizione in esame appare formulata nel pieno rispetto ed in perfetta sintonia con i principi comunitari in materia, che impongono l'immediata ed effettiva azione di recupero degli aiuti di Stato illegali, non ostacolata dalle procedure previste dalla normativa nazionale (cfr. sul punto il tredicesimo considerando del citato Regolamento del Consiglio n. 659/1999). L'articolo 2, comma 2, secondo periodo del decreto stabilisce che la Commissione tributaria provinciale, su istanza di parte, riesamini i provvedimenti di sospensione già concessi e ne disponga la revoca qualora ravvisi la mancanza dei presupposti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 47-bis (cfr. il punto 9 della presente circolare). Una manifesta finalità acceleratoria dei giudizi accomuna le norme di cui al terzo ed al quarto periodo del comma 2 dell'articolo 2 del decreto. Il terzo periodo, infatti, riduce a dieci giorni liberi il termine previsto dall'articolo 31 del d.lgs. n. 546 del 1992 per la comunicazione alle parti costituite dell'avviso di fissazione della data di trattazione. Infine, l'ultimo periodo del predetto comma 2 estende la disciplina prevista dal comma 7 dell'articolo 47-bis alle controversie pendenti in grado di appello. In proposito si rinvia a quanto illustrato al punto 5 della presente circolare. Vigilanza sul rispetto dei termini. Al fine di garantire l'esatta applicazione delle nuove disposizioni, il legislatore ha previsto al comma 3 dell'articolo 2 del decreto che i Presidenti di sezione della Commissione tributaria hanno il compito di vigilare sul rispetto dei termini di cui al comma 2 dell'articolo 2 del decreto e ai commi 4 e 7, primo periodo, dell'articolo 47-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, riferendo con relazione trimestrale al Presidente della Commissione tributaria, per le determinazioni di competenza. Abrogazione della normativa precedente. Il comma 4 dell'articolo 2 del decreto dispone che «L'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 2007, n. 46, è soppresso». Al riguardo si osserva che, in esecuzione della sentenza del 1o giugno 2006, in causa C-207/05 della Corte di giustizia, l'articolo 1 del citato d.l. n. 10 del 2007 ha disciplinato gli atti e le procedure per il «recupero degli aiuti equivalenti alle imposte non corrisposte e dei relativi interessi calcolati ai sensi dell'articolo 3, terzo comma, della decisione 2003/193/CE della Commissione, del 5 giugno 2002, in relazione a ciascun periodo di imposta nel quale l'aiuto è stato fruito». In particolare, l'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 1 del predetto d.l. n. 10 del 2007 stabiliva che «Tenuto conto tanto del preminente interesse nazionale in relazione alle condanne irrogabili alla Repubblica italiana, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 228, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea, quanto dell'effetto negativo delle determinazioni di competenza della Commissione europea sugli interventi in favore di imprese nazionali, l'autorità giudiziaria, previo accertamento della gravità ed irreparabilità del pregiudizio allegato dal richiedente, può disporre la sospensione in sede cautelare delle ingiunzioni di cui al periodo precedente solo nelle ipotesi di: a) errore di persona; b) errore materiale del contribuente; c) evidente errore di calcolo.». Con l'entrata in vigore dell'articolo 47-bis del d.lgs. n. 546/1992, recante un'organica disciplina della sospensione degli atti volti al recupero di aiuti di Stato, il legislatore ha espressamente abrogato la disposizione di cui al predetto articolo 1, comma 2 del d.l. n. 10 del 2007. (Circ. Ag. Ent. 29 aprile 2008, n. 42/E). Per le controversie definibili, ai sensi dell'articolo 39, comma 12, lettera e), «restano comunque dovute per intero le somme relative al recupero di aiuti di Stato illegittimi». Ne consegue, in particolare, che le controversie relative alle «decisioni di recupero», così come individuate dall'articolo 47-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, non possono essere oggetto di definizione, indipendentemente dal loro valore. Si precisa che la norma va intesa nel senso che sono escluse dalla definizione, nella loro interezza, le controversie sul recupero degli aiuti di Stato illegittimi. Tale esclusione riguarda non solo il pagamento degli aiuti e dei relativi interessi, ma si estende anche alle relative sanzioni (Circ. Ag. Ent. 24 ottobre 2011 n. 48). CasisticaL'art. 47-bis del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come gli analoghi istituti del d.lgs. n. 546/1992, non prevede alcun criterio di necessaria identità tra la sezione della commissione tributaria che provvede sull'istanza cautelare e quella che pronuncia sul merito della controversia (Cass. n. 24058/2014). Per condiviso principio già espresso da questa Corte, l'art. 47-bis d.lgs. n. 546/1992 si interpreta, in considerazione della sedes materiae in cui è stato inserito, della finalità di accelerare le controversie in materia di aiuti di Stato e della disciplina transitoria, contenuta nel d.l. n. 59/2008, nel senso che i termini dimidiati (ad eccezione di quello per proporre ricorso in appello) si riferiscono unicamente ai casi di concessione della sospensione cautelare da parte della commissione tributaria provinciale (Cass. n. 7940/2014). La concessione della sospensione dà luogo ad un più celere svolgimento del giudizio di merito, sia in primo grado sia nell'eventuale appello ai soli processi ove sia stata concessa la sospensiva, e non a tutte le liti inerenti l'impugnazione degli atti di recupero di aiuti di stato (Cass. n. 6540/2012). L'art. 47-bis (applicabile a tutte le controversie in cui si discute del recupero di un aiuto di Stato e nel corso delle quali il contribuente abbia conseguito la sospensione dell'atto emesso in esecuzione della decisione comunitaria di recupero), stabilisce, al comma quinto, in funzione acceleratoria, che, al termine della discussione, il collegio delibera la decisione in camera di consiglio ed il presidente redige e sottoscrive il dispositivo e ne dà lettura in udienza a pena di nullità; tale disciplina si riferisce anche al processo di appello, prevedendo il comma 7 l'applicazione delle disposizioni di cui ai precedenti commi 4, terzo e quarto periodo, 5 e 6 ai giudizi innanzi alle commissioni tributarie regionali. La sentenza di secondo grado relativa ad una controversia cui sia applicabile la disciplina di cui al citato art. 47-bis, quando non vi sia stata lettura del dispositivo in udienza, è nulla e deve essere cassata con rinvio (Cass. n. 6539/2012). Il tenore dell'art. 47-bis, comma 4, non lascia dubbi sul fatto che la disapplicazione della sospensione dei termini feriali riguarda esclusivamente il caso di «pronuncia dell'ordinanza di sospensione», in relazione alla quale, nella logica di accelerazione della procedura, la stessa disposizione fissa «un breve termine di efficacia (prorogabile per una sola volta), stabilendo i rapporti col giudizio di merito; e, proprio in relazione a quel termine di efficacia, detta la regola della inapplicabilità della sospensione feriale, non diversamente da quanto avviene, per tutti i procedimenti cautelari, in virtù del r.d. n. 12 del 1941, art. 92 (ordinamento giudiziario), richiamato dalla l. 742 del 1969, art. 3 (sulla sospensione feriale)» (Cass. n. 26285/2010 e Cass. n. 11225/2011). Non sussiste alcuna illegittimità costituzionale, con riferimento all'art. 102, comma 2, della Costituzione, della norma che attribuisce alle Commissioni Tributarie le controversie in materia di recupero degli aiuti di Stato (art. 1 d.l. n. 10 del 2007), in quanto la materia degli aiuti di Stato, ed in particolare la disciplina contenuta nell'art. 87 del Trattato Istitutivo della Comunità Europea, rientra nella giurisdizione del giudice tributario, riguardando detta norma qualsiasi intervento, in qualsiasi forma, che possa alleviare gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa, anche se non si tratta di sovvenzioni: e, quindi, anche le norme fiscali di favore. In materia di esenzioni e agevolazioni fiscali alle imprese, quindi, il legislatore nazionale deve osservare l'art. 87 del Trattato, a norma del quale sono incompatibili con il mercato comune gli aiuti di Stato che incidono sugli scambi tra gli Stati membri e quelli che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza (C.t.r. Emilia Romagna n. 1603/2015). Il recupero dell'aiuto di Stato illegittimo costituisce un obbligo che trova la propria fonte normativa nel diritto comunitario e che non può essere assimilato a qualsiasi pretesa patrimoniale, non potendo lo Stato membro sottrarsi a qualsivoglia adempimento imposto dalla Commissione Europea. È pertanto infondata l'eccezione che lamenti la violazione della disciplina ordinaria della prescrizione, dal momento che l'unico termine cui deve soggiacere il recupero è quello previsto dall'art. 1, d.l. 10/2007 per la notifica della comunicazione/ingiunzione (C.t.r. Lombardia n. 3050/12/2014). In tema di recupero di aiuti di Stato, il criterio di determinazione degli interessi su base composta, previsto dall'art. 11 comma 2 del Regolamento CE n. 794/2004 del 21 aprile 2004, secondo cui gli interessi maturati l'anno precedente producono interessi in ciascuno degli anni successivi, si applica, in luogo di quello a tasso semplice, solo in relazione alle decisioni di recupero notificate successivamente alla data di entrata in vigore del citato atto normative comunitario e limitatamente al periodo intercorrente tra la notifica della decisione della Commissione ed il recupero effettivo. Pertanto, è legittimo il ricorso avverso il diniego di rimborso del credito che deriverebbe dal computo secondo il sistema su base «semplice» (nel caso di specie, la decisione di recupero delle somme a suo tempo erogate a favore della ricorrente era datata 2/6/2002) (Conf. Cass. n. 10419/2012) (C.t.p. Mantova n. 151 febbraio 2013). Il regime speciale di cui all'art. 47-bis, d.lgs. n. 546/1992 non è applicabile nel procedimento avente ad oggetto l'impugnazione delle cartelle di pagamento contenenti l'iscrizione a ruolo delle somme indicate nelle comunicazioni-ingiunzioni; a maggior ragione, con pieno fondamento, la procedura di cui si discute non deve essere applicata laddove sia in esame, come nel caso di specie, la riscossione degli interessi derivanti dalla sospensione delle cartelle di pagamento (C.t.r. Emilia Romagna n. 1603/2015). L'art. 47-bis del d.lgs. n. 546/1992 relativamente alla sospensione dell'esecuzione degli atti volti al recupero degli aiuti di Stato stabilisce che l'ordinanza che dispone la sospensione perda efficacia decorsi 60 giorni dalla sua emanazione (salvo proroga) e che non si applichi la sospensione feriale dei termini. Di conseguenza la cartella è legittimamente emessa qualora rispetti tale termine di sospensione, dovendo tuttavia rispettare la pretesa tributaria risultante dall'avviso di accertamento parzialmente annullato dal giudice di primo grado (C.t.r. Lombardia n. 1/2013). La mancata lettura del dispositivo al termine dell'udienza di discussione ai sensi dell'art. 47-bis del d.lgs. n. 546 del 1992 rende nulla la relativa sentenza. Tuttavia, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di cui all'art. 59 d.lgs. n. 546 del 1992, non è possibile rimettere la causa al primo giudice (C.t.r. Lombardia n. 94/2011). Mentre il quarto comma dell'art. 47-bis detta solo ed esclusivamente termini e decadenze che presuppongono necessariamente una previa ordinanza di sospensione, i commi quinto e sesto dell'attuale art. 47-bis devono ritenersi applicabili a tutte le controversie in tema di recupero di aiuti di stato. Il comma settimo è anch'esso applicabile a tutte le controversie in materia di recupero di aiuti di stato, con eccezione del richiamo al comma quarto. In sintesi, dunque, la pubblicità necessaria dell'udienza, la delibera immediata in camera di consiglio, la lettura del dispositivo a pena di nullità, la pubblicazione della sentenza entro 15 giorni e la riduzione dei termini nel giudizio di appello valgono per tutti i giudizi in materia di recupero di aiuti di stato; le altre disposizioni, concernenti il giudizio di merito contenute nel comma quarto, valgono invece solo il giudizio di merito conseguente a sospensione dell'atto impugnato. Deve, pertanto, essere accolta l'eccezione di nullità della sentenza di primo grado, sollevata dall'ufficio, in relazione all'omessa lettura (circostanza confermata dalle informazioni all'uopo assunte da questa Commissione) del dispositivo in udienza; non ha invece pregio alcuno l'eccezione di nullità della sentenza per omesso rispetto del termine di gg. 15 previsto dal comma 6 dell'art. 47-bis per la pubblicazione della sentenza, alla luce del principio di tassatività dei vizi di nullità (C.t.r. Lombardia n. 82/2010). BibliografiaBaglione, S. Menchini, M. Miccinesi, Il nuovo processo tributario: commentario, Milano, 2004; Consolo – Glendi, Commentario breve alle leggi del processo tributario, III, Padova, 2012; Giuliani, Codice del contenzioso tributario, IV, Milano, 2016; tinelli, Istituzioni di diritto tributario, Padova, 2003, cit. 76-77; Atti del Convegno di Studi: «Aiuti di Stato nel diritto comunitario e misure fiscali», Roma 17 settembre 2003, Aula Magna Corte di Cassazione, in Il Fisco, 2003. |