Legge - 27/07/2000 - n. 212 art. 15 - Codice di comportamento per il personale addetto alle verifiche tributarie.

Andrea Antonio Salemme

Codice di comportamento per il personale addetto alle verifiche tributarie.

1. Il Ministro delle finanze, sentiti i direttori generali del Ministero delle finanze ed il Comandante generale della Guardia di finanza, emana un codice di comportamento che regoli le attività del personale addetto alle verifiche tributarie, aggiornandolo eventualmente anche in base alle segnalazioni delle disfunzioni operate annualmente dal Garante del contribuente.

Inquadramento

Le norme dello Statuto dei diritti del contribuente hanno il valore di «principi generali dell'ordinamento tributario», rispetto ai quali tutte le leggi vigenti devono essere rese coerenti e coordinate, anche — ove necessario — mediante disposizioni correttive.

Lo Statuto prevede: a. principi generali (art. 1); b. limiti all'attività legislativa in materia tributaria (articoli da 2 a 4); c. prescrizioni rivolte all'Amministrazione finanziaria (articoli da 5 a 9); d. diritti del contribuente (articoli da 10 a 15); e. disposizioni di esecuzione e coordinamento (articoli da 16 a 21).

Nel contesto dei precetti rivolti all'A.F., nello Statuto sono contemplate numerose disposizioni destinate a produrre effetti significativi sull'attività operativa svolta dal personale addetto alle verifiche tributarie. In sintesi, esse riguardano: i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali (art. 12); l'istituzione del Garante del contribuente (art. 13); l'emanazione del « Codice di comportamento per il personale addetto alle verifiche tributarie» (art. 15); il divieto di richiedere al contribuente documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche (art. 6, comma 4); l'inapplicabilità delle sanzioni relative a violazioni formali (art. 10, comma 3).

L'A.F., al fine di controllare i corretti adempimenti dei contribuenti, si avvale di una serie di poteri istruttori e di controllo. Oltre ai controlli meramente formali (finalizzati all'individuazione di violazioni formali concernenti, ad esempio, l'istituzione, la tenuta e la conservazione delle scritture contabili), vi sono anche quelli prettamente sostanziali, la cui finalità è quella di verificare se da parte del contribuente siano stati compiuti atti idonei a determinare, ad esempio, l'occultamento di profitti, l'esposizione di costi fittizi, l'uso di documenti falsi. Questo tipo di controllo sostanziale costituisce il proprium dalle verifica fiscale e può essere compiuto sia dagli ispettori dell'Agenzia dell'Entrate che dalla Guardia di Finanza: essi pongono in essere una vera e propria «indagine», durante la quale hanno la possibilità di procedere all'accesso, all'ispezione ed a verifiche documentali (che possono essere finanziare, bancarie o postali) (Villani-Attanasi).

Ciò premesso, appare di fondamentale importanza che il contribuente sia a conoscenza dei propri diritti e doveri nel rapporto con l'A.F., nonché delle norme che regolano l'operato degli accertatori. Proprio queste ultime costituiscono l'alter ego dell'apparato pensato dal legislatore statutario a tutela del contribuente.

Nel contesto legislativo rinnovato dallo Statuto, a mo' di sviluppo dell'art. 15 in commento, il Comando Generale della Guardia di Finanza ha approvato la Circ. n. 250400/2000 (in Finanza e Fisco, 2000, 32, 4170), che, sul piano segnatamente dell'attività ispettiva, completa ed aggiorna quella n. 1/1998 concernente Istruzione sull'attività di verifica: potestà e metodologia dei controlli (in Finanza e Fisco, 1998, 47, 5333).

Di recente, la Guardia di Finanza si è dotata di un “Nuovo Manuale Operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali” (Circ. n. 1/2018, Vincenzo, 1), con cui sono state aggiornate le direttive operative della Guardia di Finanza concernenti l’esecuzione delle verifiche, dei controlli fiscali e delle indagini di Polizia economico-finanziaria finalizzate al contrasto dell’evasione, dell’elusione e delle frodi fiscali. Il Manuale è entrato in vigore il 1° gennaio 2018.

Tali circolari impartiscono le necessarie istruzioni operative e costituiscono ad oggi l'unico plesso normativo secondario di attuazione dello Statuto, ancorché l'art. 15 in commento, nello stabilire che sia il Ministro delle finanze, sentiti i direttori generali del Ministero delle finanze ed il Comandante generale della Guardia di finanza, ad emana un codice di comportamento regolante le attività di tutto il personale addetto alle verifiche tributarie, ambisca per vero ad una dimensione più estesa e verosimilmente ad un contenuto più profondo: sia sufficiente rilevare che l'emanazione di un codice di comportamento propriamente tale, siccome volto a disciplinare non l'attività, ma i doveri e gli obblighi di chi la compie, è idoneo a costituire termine di paragone nei giudizi disciplinari.

La mancata emanazione del codice di comportamento, dunque, tradisce la volontà di non rettificare prassi e comportamenti che ancora oggi paiono sopra le righe: essi, peraltro, qualora non si traducano in illegittimità procedimentali vizianti l'atto finale per il tramite del cono d'ombra proiettato dall'illegittimità degli atti prodromici, sfuggono ad ogni sanzione. A farne le spese è la legalità dell'azione amministrativo-tributaria.

Diritti e garanzie del contribuente nel corso delle verifiche fiscali

Tra le norme di immediata applicazione dello Statuto, particolare importanza è ricoperta dai diritti e dalle garanzie riconosciute al contribuente sottoposto a verifiche fiscali, contenute nell'art. 12 (cfr., per tutti, Glendi, 390; Carbone, 1171).

Nel dettaglio, esso prevede che: a. gli accessi presso locali destinati all'esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo devono essere motivati da «esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo» e, salvo casi eccezionali ed urgenti adeguatamente documentati, devono svolgersi durante l'ordinario orario di esercizio dell'attività e con modalità tali da comportare la minore turbativa possibile allo svolgimento dell'attività ed alle relazioni commerciali o professionali; b. all'inizio della verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l'abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa davanti agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti che gli devono essere riconosciuti e degli obblighi cui è soggetto; c. l'esame dei documenti amministrativi e contabili, su richiesta del soggetto controllato, può essere effettuato nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta; d. delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica; e. la permanenza presso la sede del contribuente «non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati e motivati dal dirigente dell'ufficio» [è tuttavia prevista la possibilità di ritornarvi, decorso tale periodo, per: 1) esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dopo la conclusione delle operazioni di verifica; 2) specifiche ragioni, previo assenso motivato del dirigente dell'ufficio]; f. la facoltà per il soggetto controllato, il quale ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge di rivolgersi al Garante del contribuente; g. la possibilità per il contribuente di comunicare, entro i sessanta giorni successivi al rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, osservazioni e richieste agli uffici impositori.

Accesso, ispezione e verifica

Secondo l'art. 12, comma 1, prevede che tutti gli accessi, ispezioni e verifiche debbano essere necessariamente giustificati da esigenze «effettive di indagine e controllo sul luogo» e che gli stessi debbano svolgersi, salvo casi eccezionali ed urgenti (adeguatamente documentati), «durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse, nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente». La verifica, inoltre, non potrà superare i trenta giorni lavorativi, «prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati e motivati dal dirigente dell'ufficio»; invero, tale proroga dovrà essere sottoscritta dal capo dell'Ufficio e comunicata, mediante notifica, al contribuente. Pertanto, qualora gli organi verificatori dovessero protrarre la verifica oltre il termine previsto, si dovrà valutare se tale comportamento sia stato giustificato da oggettive esigenze di verifica (particolare complessità, ecc.) o meno.

Nel dettaglio, per «verifica fiscale» si intende l'attività di tipo accertativo posta in essere dall'A.F., al fine di rilevare e, quindi, reprime gli eventuali inadempimenti fiscali compiuti dal contribuente.

Secondo la Circolare n. 1/2018 della Guarda di Finanza, contenente il nuovo "Manuale Operativo in materia di contrasto all'evasione e alle frodi fiscali", che aggiorna le direttive operative della GdF concernenti l'esecuzione delle verifiche, dei controlli fiscali e delle indagini di polizia economico-finanziaria finalizzate al contrasto dell'evasione, dell'elusione e delle frodi fiscali, la definizione di verifica può essere ricondotta ad un sub–procedimento di carattere amministrativo:

- fondato sulla preliminare attività di valorizzazione del patrimonio di elementi, informazioni e documenti in possesso del Reparto e derivanti da precedenti attività di servizio in tutti i settori della missione istituzionale, integrato dalle attività di intelligence e di analisi di rischio poste in essere mediante l'incrocio dei dati contenuti nei diversi applicativi informatici nella disponibilità del Corpo;- finalizzato ad acquisire e a comunicare all'Autorità amministrativa titolare del procedimento di accertamento delle imposte e di applicazione delle sanzioni, dati, elementi e notizie utilizzabili per la determinazione delle basi imponibili fiscalmente rilevanti e delle imposte, nonché per l'irrogazione di sanzioni, mediante l'esercizio di potestà ispettive particolarmente incisive e penetranti;

- esteso alle situazioni più significative della posizione fiscale relativa ad un determinato contribuente, che hanno effetti ai fini della determinazione della base imponibile di quest'ultimo e/o ai fini della quantificazione dell'imposta, nonché del corretto adempimento degli obblighi fiscali, di qualsiasi natura, posti a carico dello stesso;

- avente caratteristiche di flessibilità e adattabilità, sia rispetto alle complessive risultanze dell'attività posta a base della selezione e, quindi, agli obiettivi dell'azione ispettiva, sia in relazione alle caratteristiche del contribuente interessato, alla attività da questo svolta, alle diverse modalità di esercizio di quest'ultima e alle connesse implicazioni di rilevanza fiscale;

- fondato, in quest'ultimo contesto, sull'adozione di metodologie istruttorie adeguatamente calibrate rispetto all'input di ogni diverso intervento e tendenzialmente orientate al contrasto dei fenomeni di consistente evasione e di frode.

Le verifiche debbono essere necessariamente giustificate, come già accennato, da «esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo», da riportarsi nel processo verbale del primo giorno. All'inizio di ogni verifica, il contribuente deve essere informato dagli ispettori incaricati delle ragioni e dell'oggetto della verifica, nonché della possibilità di farsi assistere da un professionista.

A norma del primo e terzo comma dell'art. 12 St., sono pienamente legittimati i verificatori a predisporre discrezionalmente le modalità di svolgimento della propria attività secondo le esigenze che realizzino gli obiettivi delle indagini e delle ricerche, con il limite di evitare quanto più possibile di occupare o prolungare l'occupazione dei locali in cui si svolge l'attività imprenditoriale o professionale e, dunque, ben potendo anche rinunciare ad accedere nei predetti locali ed anzi dovendo astenersi dall'accedervi in assenza di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo; per converso, difetta alcun interesse del contribuente, sempre alla stregua dell'art. 12 cit., a lamentare violazioni delle modalità di svolgimento della verifica, nei casi in cui questa venga svolta in luogo diverso da quello della sede dell'attività economica quale l'ufficio dei verificatori o lo studio del professionista che assiste il contribuente, in quanto la citata disposizione non-nativa non attribuisce al contribuente alcun diritto a pretendere che la verifica debba continuare ad essere svolta presso la sede della società (Cass. V, n. 28390/2013).

L' accesso costituisce, invece, un atto autoritativo, attraverso cui si dà inizio all'attività accertativa. Affinché sia legittimo è necessario che avvenga «durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente».

L' accesso può essere: presso la sede lavorativa del contribuente: all'inizio di ogni verifica è opportuno che il contribuente (o il professionista di sua fiducia) verifichi che gli ispettori siano muniti di apposita autorizzazione rilasciata dal capo dell'ufficio; domiciliare: questo tipo di accesso è concesso (e legittimo) solo laddove gli ispettori siano in possesso di un'autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica e qualora sussistano gravi indizi di violazione delle norme tributarie. Stante le ultime pronunce della Suprema Corte di Cassazione, l'assenza di tali indizi potrebbe costituire elemento idoneo a determinare la nullità del provvedimento finale (Cass. V, n. 17957/2012).

Infine, le ispezioni rappresentano le attività sostanziali che pongono in essere gli accertatori (o verificatori o semplicemente operanti) onde rilevare il materiale di cui necessitano. Spesso, nelle ipotesi di ispezioni dal carattere più invasivo, è necessario che l'A.F. sia munita di un'apposita autorizzazione rilasciata dal P.M.; ciò avviene, ad esempio, nel caso delle perquisizioni personali, dell'apertura coattiva di borse, casseforti o mobili (in questo caso è sufficiente una mera autorizzazione dell'A.G. più vicina) e dell' accesso a server, mail e pc (sugli accessi, verifiche e ispezioni si veda: Chiarizia, 508).

Le regole di garanzia stabilite dall'art. 12 l. n. 212/2000 hanno valenza generale e non limitata ad ispezioni della Guardia di Finanza, dovendo applicarsi anche alle attività svolte presso il contribuente da personale delle Amministrazioni Finanziarie non erariali (Cass. V, ord., n. 8654/2019).

Poteri degli accertatori; il codice di comportamento della GdF

La Circolare n. 1/1998 del Comando Generale della Guardia di Finanza, richiamata dalla circolare n. 250400/2000, prevede che l'esercizio dei poteri (istruttori) da parte della Guardia di Finanza «deve trovare graduazione in moduli operativi differenziati, in funzione della possibile confluenza dell'attività ispettiva in una o più forme di accertamento delineate dal legislatore».

I poteri in questione sono riconducibili alle due seguenti, fondamentali tipologie: poteri il cui esercizio presuppone l'intervento diretto presso i locali e le pertinenze (con accesso); poteri il cui esercizio si concretizza nel richiedere l'esibizione di supporti documentali, ovvero la comunicazione di dati e notizie (senza accesso).

L' accesso può essere effettuato in qualunque orario di apertura delle aziende e le verifiche devono essere condotte con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile al regolare svolgimento delle attività del soggetto che vi è sottoposto ovvero alle sue relazioni personali, commerciali o professionali.

In buona sostanza, l'impianto logico delle due circolari in oggetto, contenenti veri e propri codici di comportamento che regolano le attività dei militari addetti alle verifiche, contempla la possibilità che, sulla base delle diverse esigenze ispettive connesse ai differenti tipi di accertamento, possano essere seguiti molteplici percorsi di indagine, attraverso strumenti più o meno invasivi della sfera personale del soggetto ispezionato.

Il potere di accesso; effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo

Per quanto attiene agli accessi, lo Statuto del contribuente ha circoscritto ulteriormente la discrezionalità nell'esercizio del potere di accesso, rendendo necessario un ulteriore sforzo di approfondimento intorno alle «effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo» che possono, esse soltanto, legittimarlo.

L'individuazione dei confini concreti della condizione imposta dalla normativa in esame è strettamente legata alla definizione della ratio legis, la quale deve essere individuata nella necessità di contemperare l'interesse del contribuente a non subire limitazioni del proprio diritto al normale esercizio dell'iniziativa economica con l'interesse dell'Amministrazione di ricercare in modo efficace le prove di eventuali violazioni alla normativa fiscale che potrebbero andare altrimenti disperse, ovvero di procedere a rilievi sul posto diversamente non eseguibili.

Da ciò discende che le «effettive esigenze» ricorrono in concreto in tutti i casi in cui l'intervento ispettivo: implichi la necessità di procedere a ricerche di documentazione contabile o extracontabile; imponga l'effettuazione di rilevamenti materiali che possono eseguirsi solo presso il contribuente (come è il caso delle cosiddette «verificazioni dirette», che mirano a riscontrare l'esistenza e l'esatta qualità dei beni strumentali ammortizzabili e a quantificare le giacenze di magazzino); operare controlli di cassa; riscontrare ed identificare i lavoratori dipendenti; effettuare ogni altro controllo della gestione ispezionata avendo quali punti di riferimento e confronto, da un lato, i documenti e le scritture contabili e, dall'altro, la realtà fattuale dell'impresa; effettuare «altre rilevazioni», tra le quali la misurazione del consumo unitario medio di fonti energetiche impiegate per la produzione, la constatazione della resa lavorativa media del personale impiegato; la rilevazione dei listini prezzi; il calcolo dei consumi di materiali necessari ai processi produttivi; la determinazione dei dati strutturali posti a base degli studi di settore; l'individuazione di ogni riscontro materiale finalizzato alla ricostruzione in via induttiva dell'effettiva dimensione dell'attività economica oggetto di controllo.

In tutti i casi in cui i predetti requisiti difettino, le finalità ispettive saranno comunque perseguite in costanza degli altri poteri istruttori conferiti dalle leggi d'imposta che non comportano necessariamente l'effettuazione di accessi(artt. 32 d.P.R. n. 600/1973 e 51 d.P.R. n. 633/1972), come convocazioni in ufficio, invio di questionari, richieste di dati e notizie agli organi ed alle Amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici ed alle società di assicurazione o ad enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi; inviti ad esibire o trasmettere atti o documenti fiscalmente rilevanti.

Sia le «effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo» che giustificano l' accesso sia gli eventuali motivi di «eccezionalità ed urgenza» che dovessero giustificare l'effettuazione degli interventi fuori dagli orari ordinari di esercizio dell'attività dovranno essere fatte risultare nel relativo processo verbale.

Ad ogni modo, qualora si dovesse scadere nella patologia, «l'inosservanza del primo e terzo comma dell'art. 12 della legge 20 luglio 2000, n. 212, funzionali ad assicurare un'equilibrata composizione delle contrapposte esigenze delle parti nell'espletamento della verifica, garantendo, da un lato, la necessaria efficacia all'attività ispettiva dell'ufficio, e assicurando, dall'altro, la tutela dei diritti del contribuente sia come persona sia come soggetto economico, può determinare, pur in assenza di espressa previsione, la nullità del provvedimento impositivo solo qualora i verbalizzanti abbiano eseguito un accesso nei locali della impresa in difetto delle indicate esigenze di ricerca e rilevazione in loco e, dunque, non anche nell'ipotesi di verifica condotta in luoghi diversi (Cass. V, n. 1299/2020; conf.Cass. V, n. 28390/2013).).

Altresì, si è precisato che in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'inosservanza degli obblighi informativi determina la nullità degli atti della procedura nei casi in cui l'effetto invalidante sia espressamente previsto dalla legge, mentre, negli altri casi, occorre valutare, anche alla luce dell'interpretazione offerta dalla giurisprudenza Europea che impone di verificare se la prescrizione normativa si riferisca ad una formalità o circostanza essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l'atto è preordinato, se la violazione di legge abbia comportato la mera irregolarità dell'atto (o della procedura) ovvero sia idonea a determinare l'invalidità dello stesso (Cass. V, ord., n. 29070/2020; Cass. V, n. 1299/2020).

Il diritto del contribuente ad essere informato

Considerazioni diverse valgono per il diritto che il comma 2 dell'art. 12 riconosce al contribuente

di essere informato, all'inizio della verifica, delle ragioni che l'abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista qualificato, nonché dei diritti che gli devono essere riconosciuti e degli obblighi che su di lui incombono.

Sul piano interpretativo vale che, a differenza di quel che si sarebbe portati a pensare, il diritto del contribuente all'informazione non è assoluto, ma «modulato» in funzione della disciplina espressa di settore e, in difetto, del raggiungimento egualmente dello scopo, secondo uno schema di ragionamento che ricorda la regola processual-civilistica dell'art. 156 c.p.c., ma che in realtà, per quanto riguarda il diritto tributario sostanzia, è di derivazione euro-unitaria.

Invero, la S.C. è chiara nell'affermare che «l'inosservanza degli obblighi di informativa al contribuente sottoposto a verifiche fiscali «determina la nullità degli atti della procedura nei casi in cui l'effetto invalidante sia espressamente previsto dalla legge, mentre, negli altri casi, occorre valutare, anche alla luce dell'interpretazione offerta dalla giurisprudenza europea che impone di verificare se la prescrizione normativa si riferisca ad una formalità o circostanza essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l'atto è preordinato, se la violazione di legge abbia comportato la mera irregolarità dell'atto (o della procedura) ovvero sia idonea a determinare l'invalidità dello stesso» (Cass. V, n. 19360/2020; conf. Cass. V, n. 992/2015; ancor più secca e fors'anche generalizzante nell'enunciazione del principio è Cass. V, n. 16036/2015, a termini della quale, «in materia di garanzie del contribuente, la violazione del diritto di difesa, ed in particolare del diritto di essere sentiti, determina l'invalidità del provvedimento conclusivo solo se in mancanza di tale irregolarità il procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso, come si desume dalle sentenze della Corte di giustizia del 3 luglio 2014 in C-129/13 e del 22 ottobre 2013 in C-276/12).

Fatte le superiori precisazioni, le circolari della Guardia di Finanza citate, concernenti le regole di comportamento dei militari operanti, dettano in argomento disposizioni necessitanti di essere coordinate con la norma primaria.

Nell'ambito dei «diritti di informazione e consultazione», l'art. 12 in buona sostanza prevede che il contribuente ha il diritto di essere posto a conoscenza della tipologia della fonte di innesco della verifica. Pertanto, secondo le circolari, il capo-pattuglia, tra le altre incombenze, provvede a comunicare al contribuente lo scopo della visita e ad invitarlo ad assistere alla verifica, o a farsi rappresentare, previo rilascio di delega scritta. In parallelo, il fac-simile di processo verbale di verifica prevede che, all'atto dell' accesso, i Militari, dopo aver manifestato al contribuente lo scopo della visita, lo invitino a presenziare alle operazioni ispettive ovvero a farsi assistere da persona di sua fiducia o a farsi rappresentare da un suo procuratore generale o speciale.

Le ragioni giustificative delle verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza nei confronti dei contribuenti non possono che risiedere nell'adempimento dei compiti istituzionali assegnati agli organi di polizia tributaria per l' accertamento delle violazioni delle disposizioni contenute nelle leggi finanziarie.

L'inquadramento sistematico dell'art. 12 nel contesto più ampio delle norme che disciplinano gli accessi, le ispezioni e le verifiche ai fini delle imposte sui redditi, dell'IVA e degli altri tributi, induce a sottolineare che, ai sensi dell'art. 35 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, l'esercizio delle potestà ispettive è giustificato ogniqualvolta gli ufficiali o agenti di polizia tributaria hanno necessità di «assicurarsi dell'adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi o dai regolamenti in materia finanziaria»; in base all'art. 63 d.P.R. n. 600/1973, la Guardia di Finanza procede all'effettuazione delle verifiche, di propria iniziativa o su richiesta degli Uffici, «per l'acquisizione ed il reperimento degli elementi utili ai fini dell' accertamento delle imposte dovute e per la repressione delle violazioni»; ad ulteriore conferma, l'art. 52 d.P.R. n. 633/1972 pone come presupposto del ricorso alle facoltà di verifica la sussistenza, in capo all'Ufficio finanziario o al Comando della Guardia di Finanza operanti, dell'esigenza di procedere ad ispezioni documentali, verificazioni, ricerche e ad ogni altra rilevazione «ritenuta utile per l' accertamento dell'imposta e per la repressione dell'evasione e delle altre violazioni».

Pertanto, sul piano del diritto amministrativo, risulta che i procedimenti di controllo fiscale iniziano sempre «d'ufficio», per impulso degli stessi organi ispettivi, in quanto non sono caratterizzati da una tipologia predeterminata e necessaria di atti preliminari. Più chiaramente, le ragioni giustificative delle verifiche discendono, di per se stesse, dal potere-dovere dell'A.F. di controllare l'esatto adempimento degli obblighi fiscali da parte dei contribuenti, senza particolari condizioni o vincoli. Del resto, i poteri d'indagine in esame rispondono ad una finalità prettamente conoscitiva, in quanto mirano a consentire all'A.F. di acquisire consapevolezza di fatti giuridicamente rilevanti per l'applicazione dei tributi. Invero l'A.F. si trova in una posizione di estraneità rispetto alle condotte tenute dai contribuenti e dichiarate (o non dichiarate) al Fisco, per cui le potestà autoritative di controllo tendono a riequilibrare e a controbilanciare la situazione tipica di «inferiorità conoscitiva» dei titolari degli interessi erariali.

Si tratta, comunque, di poteri investigativi specifici, non generalizzati, che possono essere esercitati soltanto in quanto ricorrano i presupposti previsti dalla legge (ossia le finalità di acquisire elementi utili per l' accertamento dei tributi e la repressione delle violazioni).

Qualora, invece, in un'ipotesi di scuola, dovesse accadere che l'atto ispettivo fosse adottato non allo scopo preminente di controllare l'osservanza degli obblighi dei contribuenti, bensì per motivi extrafiscali non pertinenti (e perciò arbitrari, persecutori o strumentali alla difesa di interessi diversi, sia pubblici che privati, leciti o illeciti), l'attività potrebbe essere illegittima perché viziata da «eccesso di potere», essendo inammissibile lo sviamento del procedimento dal fine tipico. Va da sé che, in tali casi, non sussistendo le «ragioni giustificative della verifica», il contribuente avrebbe titolo a pretendere il rispetto assoluto dei diritti individuali fondamentali, quali la libertà personale, l'inviolabilità del domicilio e la segretezza della corrispondenza.

Tirando le somme, l'art. 12, comma 2, dello Statuto del contribuente va letto, fondamentalmente, come una norma rafforzativa della capacità del cittadino-contribuente di appurare, all'inizio della verifica, la sussistenza dell'interesse conoscitivo del Fisco ad esaminare la sua posizione tributaria, ricevendo un'informazione chiara e completa circa lo scopo del controllo.

Le circolari della GdF prevedono, al riguardo, che i verificatori, subito dopo l'accesso: esibiscono le tessere personali di riconoscimento; consegnano al contribuente (o a chi lo sostituisce) copia del foglio di servizio rilasciato dal Comando, contenente l'ordine circostanziato dell'operazione di servizio da sviluppare (verifica generale, parziale o controllo); comunicano al contribuente (o a chi lo sostituisce) lo scopo della visita, invitandolo, in relazione a tale scopo, ad esibire tutti i registri, libri e documenti che egli è tenuto a porre a disposizione degli organi di controllo.

Appare utile precisare che il contribuente ha sì il diritto di essere informato della tipologia della fonte di innesco della verifica, senza, però, alcuna specificazione delle ragioni che hanno originato l'intervento. Al riguardo, «nello spirito di elevare ancor più il livello di collaborazione e di fiducia nei rapporti con i contribuenti», si legge nella circolare n. 1/1998, cit., si deve tenere «sempre conto della necessità di: non compromettere, in nessun caso, l'efficacia dell'intervento, fornendo anzitempo notizie circa il piano investigativo della verifica; mantenere fermo l'obbligo del segreto d'ufficio sulle informazioni circa la potenziale «pericolosità fiscale» del contribuente, che vengono acquisite prima dell'inizio della verifica mediante l'attività di intelligence; tali dati, infatti, sono riservati ed hanno rilevanza esclusivamente interna, ma possono essere comunicati all'esterno (ai contribuenti, come agli Uffici finanziari) solo dopo ed in quanto assumano, attraverso i riscontri delle indagini successive, l'oggettività ed il valore giuridico di «elementi utili ai fini dell'accertamento tributario». In particolare, dev'essere sempre mantenuto il massimo riserbo sull'attività informativa e di intelligence, che normalmente alimenta l'attività di controllo tipica della polizia tributaria investigativa».

Ciò considerato, il capo-pattuglia, il primo giorno dell'intervento, nel comunicare al contribuente lo scopo della visita, deve aver cura di precisare e far rilevare in atti se la verifica è d'iniziativa o centralizzata e di specificare, altresì,

- in caso di verifica centralizzata, qual è l'organo che ha attivato l'indagine e – ma solo se possibile — il criterio selettivo (ad esempio: piano di verifiche a soggetti di rilevanti dimensioni su direttiva del Ministro delle Finanze; piano di controlli integrati per fini previdenziali e fiscali coordinato dal Ministero del Lavoro ai sensi dell'art. 79 della legge 23 dicembre 1998, n. 488; piano di accertamenti sugli operatori «nuovi arrivati» ammessi alla ripartizione del contingente di dazi agevolati per l'importazione di particolari prodotti, su attivazione del Ministero del Commercio con l'Estero; piano di controlli sui fenomeni di possibile inquinamento dell'economia legale, su direttive del Ministro delle Finanze; e così via);

- in caso di verifica d'iniziativa, compatibilmente con la necessità di non compromettere la funzionalità dell'indagine, qual è la tipologia dell'input di attivazione del servizio (ad esempio: attività informativa autonoma della Guardia di Finanza, indirizzata a prevenire, ricercare ed accertare eventuali violazioni alla normativa tributaria; segnalazioni d'irregolarità come acquisti o vendite senza fattura, pervenute da altri Comandi del Corpo; richieste di accertamenti formulate dagli Uffici finanziari, ecc.).

Il capo-pattuglia deve, ancora, dettagliare l'oggetto dell'intervento, il quale si sostanzia nella porzione dell'universo degli atti di gestione su cui verte il controllo (ad es., l'intera gestione, ovvero i soli rapporti con i fornitori); nell'arco temporale cui esso si riferisce (ad es., gli anni di imposta); nella specificazione dei tributi a tutela dei quali il controllo stesso viene effettuato (ad es. tutti i tributi dovuti dallo specifico contribuente; ovvero la sola imposta sul valore aggiunto).

Più in generale, il contribuente va informato circa i diritti che gli devono essere riconosciuti in occasione delle verifiche fiscali, consistenti nelle facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria; richiedere che l'esame dei documenti amministrativi e contabili venga effettuato nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta; muovere rilievi o formulare osservazioni, delle quali deve essere dato atto nel processo verbale di verifica; rivolgersi al Garante del contribuente, nei casi in cui ritenga che i verificatori stiano procedendo con modalità non conformi alla legge; comunicare all'Ufficio impositore, entro sessanta giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione redatto a conclusione dell'intervento, osservazioni e richieste; richiedere, consultare, esaminare, estrarre copia di ogni documento acquisito ai fini della verifica, previa adozione di idonee misure cautelative. Ma il medesimo va informato anche circa gli obblighi che su di lui incombono, con particolare riguardo a quello di esibire — all'atto dell'accesso — tutti i libri, registri, scritture e documenti attinenti all'attività esercitata: gli va detto che i libri, i registri, le scritture ed i documenti di cui venga rifiutata l'esibizione non potranno essere presi in considerazione, a suo favore, ai fini dell' accertamento in sede amministrativa o contenziosa e che per rifiuto di esibizione si intende anche le dichiarazioni di non possedere i libri, i registri, i documenti e le scritture e/o la sottrazione di essi al controllo (art. 52, comma 5, d.P.R. n. 633/1972); che rifiutare l'esibizione o comunque impedire l'ispezione delle scritture contabili e dei documenti la cui tenuta e conservazione sono obbligatorie per legge, e dei quali risulta l'esistenza, determina l'applicabilità di specifiche sanzioni amministrative (commi 2, 3, e 4 dell'art. 9 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471); che l'omessa tenuta, il rifiuto di esibizione o comunque la sottrazione delle scritture contabili obbligatorie, ovvero l'indisponibilità di tali scritture per cause di forza maggiore, può legittimare l'A.F. alla determinazione induttiva del reddito e dell'IVA (art. 39, comma 2, lett. c, d.P.R. n. 600/1973 e 55, comma 2, d.P.R. n. 633/1972).

La sede delle verifiche

Altro punto qualificante della riforma introdotta con lo Statuto consiste nella previsione della facoltà per il contribuente di richiedere che l'esame dei documenti amministrativi e contabili sia svolto presso l'Ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta (art. 12, comma 3, St.).

Le circolari della GdF prevedono, al riguardo, che il luogo normale di svolgimento della verifica sia la sede del soggetto da controllare, disciplinando anche una serie di deroghe conseguenti ad esigenze organizzative dei verificatori (ad es., qualora i locali aziendali siano troppo piccoli) ovvero alla volontà della parte.

Sul punto è, tuttavia, necessario precisare che la facoltà in esame, il cui scopo consiste nel ridurre al minimo i disagi che dall'azione ispettiva possono derivare all'attività economica controllata, fa comunque salva la possibilità per i verificatori di operare autonomamente, in funzione delle peculiari esigenze organizzative del lavoro, la scelta di sviluppare l'attività di controllo presso i locali del Comando da cui dipendono.

Il 3° comma dell'art. 12 St. non fa altro che sancire una facoltà del contribuente e non può essere interpretato per ricavarne, con un ragionamento a contrario, un divieto per i verificatori di “spostare” il controllo in ufficio in assenza di una richiesta del contribuente.

In questa direzione muove anche la giurisprudenza di legittimità, la quale ha riconosciuto che i verificatori sono “pienamente legittimati a predisporre discrezionalmente le modalità di svolgimento della propria attività secondo le esigenze che realizzino gli obiettivi delle indagini e delle ricerche, con il limite di evitare quanto più possibile di occupare o prolungare la occupazione dei locali in cui si svolge l'attività imprenditoriale o professionale e, dunque, ben potendo anche rinunciare ad accedere nei predetti locali (ed anzi dovendo astenersi dall'accedervi in assenza di ‘esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo')”, difettando “alcun interesse del contribuente a lamentare violazioni delle modalità di svolgimento della verifica, nei casi in cui questa venga svolta in luogo diverso da quello della sede dell'attività economica” (Cass. V, n. 28390/2013).

Tutte le decisioni e soluzioni adottate in concreto, anche in ordine alla richiesta del contribuente, devono essere riportate e motivate nel piano di verifica, nonché nel processo verbale di verifica e in quello di constatazione.

A questo proposito, assumono connotati di particolare attualità le disposizioni impartite con le circolari relativamente «all'opportunità che le ispezioni condotte nei confronti dei soggetti medio-piccoli siano, di massima, comunque svolte presso gli uffici del Reparto. Tale criterio dovrà, compatibilmente con le situazioni concrete, trovare applicazione generale anche nei confronti dei soggetti di dimensioni maggiori».

La cir. n. 1/2018 della GdF, cit., in particolare, raccomanda che gli operanti debbano assicurarsi che l'intervento venga condotto in maniera armonica ed equilibrata, che le operazioni di controllo si sviluppino sulla base di una efficiente organizzazione del lavoro, nella prospettiva della conclusione in tempi ragionevoli, e comunque connessi alle esigenze del caso concreto, e che siano puntualmente rispettati e considerati i diritti e le necessità del contribuente, anche con riferimento ai contenuti dell'art. 12 l. n. 212/2000 in tema, appunto, di “Statuto dei diritti del contribuente” e dell'art. 7 d.l. n. 70/2011, ivi compresa la prescrizione secondo cui le operazioni ispettive devono essere condotte avendo cura di arrecare la minore turbativa possibile all'attività economica esercitata.

Il processo verbale delle verifiche

Un ulteriore obbligo che incombe sul personale che procede alle verifiche è quello di documentare nel processo verbale le osservazioni ed i rilievi del contribuente e del professionista che eventualmente lo assista.

Per individuare l'effettiva latitudine dell'obbligo in commento, è necessario coordinarne il contenuto con quello del comma 6 dell'art. 12 dello Statuto del contribuente, che prevede il diritto per il contribuente di rivolgersi, ove ritenga che i verificatori stiano procedendo con modalità non conformi alla legge, «anche» al Garante del contribuente. Sicché il diritto del contribuente di far constare a verbale eventuali osservazioni e rilievi può riguardare anche la legittimità del comportamento dei verificatori, allo scopo di provocare un intervento del direttore della verifica. Quest'ultimo provvederà alle opportune valutazioni e ad esprimere le conseguenti controdeduzioni nel medesimo processo verbale, adottando forme espressive o esplicative tali da rendere il rapporto comunicativo comprensibile anche da parte di contribuenti sforniti di specifiche conoscenze in materia tributaria.

La permanenza degli operanti nei locali del contribuente

La permanenza presso il contribuente è vincolata al rispetto del termine perentorio di trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine, individuati e motivati dal dirigente dell'Ufficio, allo scopo di ridurre al minimo il disagio che l'azione ispettiva può recare all'esercizio dell'attività verificata (senza, tuttavia, imporre vincoli alla durata complessiva dell'indagine fiscale). Nel computo dei «giorni di permanenza» si devono considerare solo le giornate lavorative effettivamente trascorse presso il contribuente e non anche singoli contatti (ad esempio per notificare atti, prelevare o riconsegnare documenti ecc.).

Nondimeno la S.C. ancora recentemente ha ribadito che «la violazione del termine di permanenza degli operatori dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dall'art. 12, comma 5, della l. n. 212 del 2000, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l'invalidità degli atti compiuti o l'inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati» (Cass. V, ord., n. 28696/2019; conf.Cass. V, ord., n. 18390/2018; Cass. VI, n. 2055/2017).

Nelle circolari della GdF è previsto che, a titolo puramente esemplificativo, sarà opportuno prevedere: «opportune sospensioni dell'attività svolta presso la sede del soggetto ispezionato per procedere ad eventuali controlli di coerenza esterna; l'effettuazione, verso il ventesimo giorno di permanenza, di un «punto di situazione» finalizzato a verificare la sussistenza dei requisiti di «particolare complessità delle indagini» necessari per chiedere la proroga ovvero per proseguire e concludere l'attività presso gli uffici del Comando».

La proroga può essere disposta dal Comandante del Reparto o dall'ufficiale da lui delegato, analogamente a quanto previsto per la facoltà di ordinare l'inizio dell'intervento.

Essa può essere legittimamente disposta solo nei casi «di particolare complessità dell'indagine», che, pur dovendo essere valutati caso per caso, possono considerarsi sussistenti, in linea di principio, ogni qualvolta le attività siano condotte nei confronti di soggetti di rilevanti dimensioni.

Essa è disposta con apposita «comunicazione» motivata, rivolta al contribuente ed allegata al foglio di servizio redatto per il trentunesimo giorno. Copia di tale «comunicazione» deve essere consegnata, per notifica, al contribuente e dell'avvenuta notifica deve darsi atto nel processo verbale.

Nei casi in cui sia stata concessa la proroga, l'«effettuazione di un ulteriore «punto di situazione» sarà svolta in prossimità del cinquantesimo giorno di permanenza, al fine di elaborare le strategie operative atte a consentire l'esecuzione dei riscontri finali e delle attività di chiusura dell'intervento, nonché a fronteggiare eventuali emergenze» (circolare n. 1/1998, cit., 9).

La scelta delle «strategie ispettive» deve essere effettuata tenendo conto che l'art. 12, comma quinto, dello Statuto del contribuente, consente la possibilità di ritornare nella sede del contribuente, decorso il termine massimo di permanenza, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dopo la conclusione delle operazioni di verifica; ovvero in costanza di «specifiche ragioni», previo assenso motivato del Comandante del Reparto o dell'ufficiale delegato. In merito alla sussistenza delle «specifiche ragioni», vale ancora una volta

La necessità della loro valutazione in concreto. A titolo orientativo, tuttavia, esse devono ritenersi sussistenti nei casi in cui: a conclusione dell' ispezione svolta presso gli uffici del Comando operante, sia necessario procedere a specifici riscontri documentali che comprovino le risultanze della precedente attività; ad intervento già concluso, sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi che legittimino la redazione di processi verbali di constatazione finalizzati a consentire l'emanazione di accertamenti modificativi o integrativi ex art. 43 d.P.R. n. 600/1973; ultimata un'ispezione di carattere generale, sia necessario procedere ad un successivo intervento parziale per contestare, ad esempio, gli esiti dei controlli bancari.

Il PVC, la sua illegittimità e la c.d. «nullità derivata»

Tutte le fasi susseguitesi durante l'attività di verifica devono essere riportate nel processo verbale di contestazione ( PVC), documento di parte redatto dall'A.F., a seguito del quale viene emesso l' avviso di  accertamento.

Nello specifico, il processo verbale di contestazione è un atto endo-procedimentale, avente natura giuridica di atto pubblico, la cui redazione determina la conclusione delle operazioni di verifica e la formalizzazione delle contestazioni. La sua redazione è obbligatoria, poiché costituisce lo strumento attraverso il quale il contribuente viene posto nelle condizioni di conoscere gli inadempimenti che gli vengono contestati, al fine di potersi difendere, pena la nullità dell'accertamento (Cass. V, n. 7843/2015, Cass. V, n. 20770/2013).

Più in generale va chiarito che qualsiasi violazione concernente le modalità ed i criteri di effettuazione della verifica riportate nel PVC ne determina l'illegittimità e si ripercuote in derivazione sull'avviso di accertamento, con conseguente nullità dello stesso (c.d. nullità derivata); ad es., ove il PVC non sia preceduto da regolari processi verbali di accesso, lo stesso PVC, benché formalmente regolare, è inficiato da un vizio riverberantesi sulla legittimità dell' avviso di accertamento (Villani-Attanasi).

L'«illegittimità derivata» (che si verifica allorché l'atto in sé valido subisce le conseguenze dell'invalidità di un altro atto, precedente o presupposto, con il quale sia legato da un nesso di natura procedimentale o da un rapporto di presupposizione) solo di recente ha avuto ingresso anche all'interno dell'ordinamento tributario. Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno, infatti, statuito che il giudice tributario ha il compito di valutare non solo la legittimità degli atti finali del procedimento amministrativo di imposizione tributaria, ma anche quella relativa a tutte le fasi del procedimento che hanno portato all'adozione ed alla formazione degli atti istruttori. Più specificamente, la Corte ha chiarito che la giurisdizione del giudice tributario ha carattere pieno ed esclusivo, estendendosi non solo all'impugnazione del provvedimento impositivo, ma anche alla legittimità di tutti gli atti del procedimento, di modo che l'eventuale giudizio negativo in ordine alla legittimità e/o alla regolarità (formale e/o sostanziale) su un atto «istruttorio» o comunque prodromico può determinare la caducazione, per illegittimità derivata, dell'atto finale impugnato (Cass. S.U., n. 11082/2010, con nota di Marcheselli-Marello).

Orbene, a fronte di quanto rilevato, può affermarsi che, una volta appurata l'esistenza o meno di vizi relativi al PVC direttamente incidenti sulla legittimità dell'accertamento, sarà onere del contribuente eccepirli e rilevarli nel ricorso giurisdizionale avverso l'avviso di  accertamento (si veda in proposito: San Giorgio, 99). Invero, il PVC, ex art. 19 d.lgs. n. 546/1992, non è un atto autonomamente impugnabile e affinché possa essere contestata la sua validità è necessaria la presentazione di un ricorso avverso l'avviso di accertamento (mediante cui rilevare da un lato l'illegittimità del PVC e dall'altro, la «nullità derivata» dell'avviso stesso).

In definitiva, seppur la nullità del PVC non sia contemplata da alcuna norma, attraverso l'impugnazione dell'avviso di accertamento, è comunque garantita la possibilità di un suo sindacato, il quale nondimeno è solo, ex post, giurisdizionale e non endo-procedimentale.

Peculiare è l'ipotesi di atto impositivo sottoscritto dal funzionario dell'ufficio in data anteriore alla scadenza del termine di cui all'art. 12, 7 comma, ancorché notificato successivamente alla sua scadenza. In tale ipotesi l'atto impositivo è illegittimo, atteso che la norma tende a garantire il contradditorio procedimentale consentendo al contribuente di far valere le sue ragioni quando l'atto impositivo è ancora in fieri, integrando, viceversa, la notificazione una mera condizione di efficacia dell'atto amministrativo ormai perfetto e, quindi, già emanato (Cass.VI – 5, ord., n. 20711/2020).

Le osservazioni e le richieste del Contribuente

La facoltà concessa al contribuente dall'art. 12, comma 7, di comunicare, entro i sessanta giorni successivi alla notifica del PVC, osservazioni e richieste agli Uffici impositori, in guisa da indurlo ad un effettivo contatto con l'A.F. secondo un paradigma preso in prestito dal procedimento penale (dove analoga funzione di provocazione al contraddittorio è svolta dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p.), è foriera di gravi incertezze esegetiche, che si scaricano a maggior ragione su una non meglio qualificata «impossibilità» che l'avviso di accertamento sia «emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza». La questione è tanto più grave in quanto involge il tema della generalizzazione o meno dell'obbligo di contraddittorio (endo-) procedimentale, di cui l'art. 12, comma 7, dovrebbe rappresentare il momento topico di emersione.

Cenni telegrafici impongono di ricordare che per le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, a fronte del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, «non sussiste per l'Amministrazione Finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endo-procedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini c.d. “a tavolino”» (Cass. S.U., n. 24823/2015). Il retro-pensiero, compiutamente esplicitato in una pronuncia più recente, è quella di una drastica differenza, di matrice euro-unitaria, tra tributi armonizzati e tributi non armonizzati, giacché soltanto per i primi l'A.F. è gravata «di un obbligo generale di contraddittorio endo-procedimentale, pena l'invalidità dell'atto», mentre per i secondi, «non essendo rinvenibile, nella legislazione nazionale, una prescrizione generale, analoga a quella comunitaria», detto obbligo sussiste «solo ove risulti specificamente sancito, come avviene per l'accertamento sintetico in virtù dell'art. 38, comma 7, del d.P.R. n. 600 del 1973, nella formulazione introdotta dall'art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. in l. n. 122 del 2010, applicabile, però, solo dal periodo d'imposta 2009, per cui gli accertamenti relativi alle precedenti annualità sono legittimi anche senza l'instaurazione del contraddittorio endo-procedimentale». Da quanto precede dovrebbe trarsi un drastico ridimensionamento del principio del contraddittorio come regula iuris del procedimento amministrativo tributario e quindi di una applicabilità trasversale dell'art. 12, comma 7, alla stregua di una «super-disposizione» che aggiunge garanzie a discipline procedimentali carenti. Solo i tributi armonizzati, perché toccati dalla sorte di derivare da un ordinamento poziore, possono beneficiare dell'indefettibilità di un confronto partecipativo del contribuente e, ci si permette di osservare, in realtà anche di qualsivoglia soggetto comunque inciso dall'imposta. Ma non è questa la sede per discorrere di un argomento tanto grave, salvo ricordare che il cennato drastico ridimensionamento della portata precettiva dell'art. 12, comma 7, trova forse ancor più puntuale conferma in ciò che è pur sempre valido «l' avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni presentate dal contribuente ai sensi [di detta disposizione], atteso che la nullità consegue solo alle irregolarità per cui essa sia espressamente prevista dalla legge, oppure, in difetto di previsione, allorché ricorra una lesione di specifici diritti o garanzie tali da impedire la produzione di effetti da parte dell'atto cui ineriscono» (Cass. V, n. 3583/2016): sicché – a dispetto di canoni di completezza motivazionale – «l'Amministrazione ha [sì] l'obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell'atto impositivo» (Cass. VI, ord. n. 8378/2017).

Più di recente «l'Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l'invalidità dell'atto purché il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un 'opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi "armonizzati", mentre, per quelli "non armonizzati", non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito.» (Cass. V, n. 21694/2020).

Le osservazioni e richieste del contribuente, riferendosi alle risultanze di un PVC già chiuso ed inoltrato agli Uffici finanziari, devono essere rivolte a questi ultimi. Possono prefigurarsi, tuttavia, casi in cui gli Uffici finanziari decidano di investire delle questioni prospettate il Reparto operante, al fine di acquisire elementi utili per le controdeduzioni, ovvero casi in cui le osservazioni vengano rivolte direttamente al Reparto.

In queste ipotesi, qualora necessario in relazione al tipo di risposte da fornire, sarà legittimamente possibile ritornare presso il contribuente, anche in deroga al limite massimo di permanenza.

Nell'interpretazione corrente, il divieto di emanazione dell' avviso di accertamento prima della scadenza del termine previsto per la presentazione delle osservazioni e delle richieste comporta, in caso di inosservanza, la nullità dell' avviso di accertamento. Tuttavia – fermo che «la scadenza del termine decadenziale dell'azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell'inosservanza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000» (Cass. V, n. 5149/2016; conf. Cass. VI, n. 22786/2015) – i parametri della nullità non sono, per così dire, rigidi. Invero l'A.F. può sempre allegare «l'imminente scadenza del termine di decadenza per l'esercizio del potere di accertamento al fine di contrastare l'eccezione di nullità per inosservanza dell'art. 12, comma 7, della legge 31 luglio 2000, n. 212», ma, se si determina in tal senso, «ha l'onere di specificare e dimostrare, in conformità del principio di vicinanza del fatto da provare, che ciò non sia dipeso dalla sua incuria, negligenza o inefficienza, ma da ragioni che hanno impedito il tempestivo ed ordinato svolgimento delle attività di controllo entro il sessantesimo giorno antecedente la chiusura delle operazioni, come, ad esempio, nuovi fatti emersi nel corso delle indagini fiscali o di procedimenti penali svolti nei confronti di terzi, eventi eccezionali che hanno inciso sull'assetto organizzativo o sulla regolare programmazione dell'attività degli uffici, condotte dolose o pretestuose o volutamente dilatorie del contribuente sottoposto a verifica» (Cass. V, n. 25759/2014).

Tra le ragioni di urgenza che giustificano l'emissione dell'avviso di accertamento prima dello spirare del termine dilatorio di sessanta giorni previsto dall'art. 12, comma 7 l. 27 luglio 2000 n. 212 può rientrare la commissione, da parte del contribuente, di reiterate violazioni delle leggi tributarie aventi rilevanza penale ovvero la partecipazione dello stesso ad una frode fiscale (Cass. V, ord., 26650/2020).

Non rappresentano, invece, valide ragioni di urgenza per derogare all'obbligo del contraddittorio preventivo, garantito proprio dal termine predetto, l'elevato ammontare dei tributi evasi e il pericolo di perdita di gettito (Cass.VI – 5, ord., n. 20711/2020).

Ad ogni buon conto, alla stregua delle circolari della GdF, il divieto di cui si tratta determina (prudentemente) la necessità che il direttore della verifica ed il capo-pattuglia, nell'effettuare le pertinenti valutazioni sull'urgenza dell'ultimazione dei controlli, considerino l'opportunità di concludere l'ispezione relativa ai periodi di imposta «in decadenza» con almeno quattro mesi di anticipo sui termini legali.

Contradittorio endoprocedimentale, tributi armonizzati e non armonizzati

Il contraddittorio preventivo è obbligatorio solo se espressamente previsto dalla legge per i tributi non armonizzati: nel nostro Ordinamento ciò avviene solo in caso di accessi, ispezioni o verifiche presso la sede del contribuente.

Per i tributi armonizzati, come l'Iva, invece, il diritto unionale attribuisce al contraddittorio preventivo valore di principio supremo dell'ordinamento, pertanto, l'assenza del contraddittorio endoprocedimentale comporta la nullità del conseguente atto impositivo, sempreché il contribuente fornisca elementi idonei a superare la c.d. “prova di resistenza”.

 Le Sezioni Unite della Cassazione (n. 24823/2015) hanno chiarito come l'ambito di applicazione dell'art. 12, comma 7, l. 212/2000 è circoscritto agli accertamenti con accessi, ispezioni o verifiche presso i locali del contribuente: al di fuori di tali ipotesi l'Ufficio non ha alcun obbligo di contraddittorio o redazione di Pvc.

Inoltre, è stata stabilita una precisa distinzione tra tributi armonizzati e non armonizzati: per questi ultimi l'obbligo dell'Agenzia di esperire il contraddittorio endoprocedimentale, a pena d'invalidità del successivo atto impositivo, sussiste solo ove tale obbligo sia espressamente previsto dalla legge. Al contrario, in base al diritto unionale, per i tributi armonizzati la violazione del dovuto contraddittorio preventivo comporta, anche in ambito tributario, un vizio del conseguente avviso di accertamento, ammesso che il contribuente superi la c.d. “prova di resistenza”. In sintesi, è necessario dimostrare che le ragioni che si sarebbero potute far valere nel contraddittorio non erano puramente pretestuose e pertanto si sia effettivamente violato il diritto di difesa. Nella specie, se è vero che, nel caso sottoposto al vaglio delle SS.UU., era stato svolto un accertamento “a tavolino”, lo stesso aveva riguardato anche l'Iva (tributo armonizzato), ma la CTR non aveva in alcun modo verificato il superamento della prova di resistenza, ritenendo erroneamente che il contraddittorio preventivo non fosse comunque obbligatorio.

Differentemente dal diritto dell'Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all'Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto ” (Cass. SS.UU., n. 24823/2015).

La conseguenza è che in tema di tributi "non armonizzati", l'obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi "armonizzati", avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell'Unione, la violazione dell'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale dell'Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l'invalidità dell'atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l'opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto (Cass. V, n. 11405/2021).

Bibliografia

Carbone, Diritti del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, in Corr. giur. 2015, 8/9, 1171; Chiarizia, La tutela del contribuente in caso di accessi, ispezioni e verifiche illegittime secondo le Sezioni Unite e secondo la Corte europea dei Diritti dell'Uomo: spunti di riflessione, in Boll. trib. d'informaz. 2017, 7, 508; Glendi, Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, Riv. giur. trib., 2016, 5, 390; Marcheselli-Marello, Estensione e tutela giurisdizionale del segreto professionale nell'accertamento tributario, in Giur. it., 2011, 4, 967; San Giorgio, Avverso il processo verbale di accertamento e contestazione della violazione amministrativa, in Dir. e giustizia 2004, 41, 99; Villani-Attanasi, Le verifiche fiscali e la tutela del contribuente, in Altalex 27 aprile 2016; ; Russo, Valido l’accertamento emesso in pendenza del termine di risposta al questionario, in Quot. giur., 26 maggio 2021.

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