Relata di notifica: quando è contestabile con la sola prova contraria?

07 Marzo 2018

La sentenza in commento si è occupata di stabilire quali sono le dichiarazioni contenute nella relata di notifica da impugnare con la querela di falso.
Massima

La relazione dell'ufficiale notificante non fornisce la prova della veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dal destinatario ovvero consegnatario dell'atto notificato, sicché, ad esempio, le enunciazioni relative ai rapporti tra quest'ultimo e la persona cui l'atto è destinato, o circa la verità intrinseca delle dichiarazioni ricevute dall'ufficiale giudiziario notificante, fanno fede fino a prova contraria, con la conseguenza che in relazione a queste la parte interessata può fornire la prova della loro intrinseca inesattezza con tutti i mezzi consentiti, senza dover ricorrere alla querela di falso.

Il caso

Una contribuente aveva proposto querela di falso avente ad oggetto due relate di notifica e due avvisi di accertamento provenienti dall'Agenzia delle Entrate, contestando le sottoscrizioni apposte in calce.

Il giudice di primo grado e quello del gravame hanno ritenuto che la falsità delle sottoscrizioni, ritenute apocrife, non implicasse la falsità delle relate di notificazione.

Avverso la sentenza di appello è proposto ricorso in Cassazione.

La questione

La questione in esame è la seguente: quali sono le dichiarazioni contenute nella relata di notifica da impugnare con la querela di falso?

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in commento, rigettando il ricorso, consolida il tradizionale orientamento di legittimità (Cass. civ., n. 1197/2016; Cass. civ., n. 21817/2012) a mente del quale la relazione dell'ufficiale notificante non fornisce la prova della veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dal destinatario ovvero consegnatario dell'atto notificato, sicché, ad esempio, le enunciazioni relative ai rapporti tra quest'ultimo e la persona cui l'atto è destinato, o circa la verità intrinseca delle dichiarazioni ricevute dall'ufficiale giudiziario notificante, fanno fede fino a prova contraria, con la conseguenza che in relazione a queste la parte interessata può fornire la prova della loro intrinseca inesattezza con tutti i mezzi consentiti, senza dover ricorrere alla querela di falso.

La relazione dell'ufficiale notificante, infatti, come ogni altro atto pubblico formato da pubblico ufficiale (art. 2699 c.c.), fornisce prova piena, fino a querela di falso, di quanto avvenuto o compiuto in sua presenza e delle dichiarazioni ricevute (art. 2700 c.c.) ma non della veridicità delle stesse che si presume fino a prova contraria.

In particolare, poiché la relata di notifica costituisce un atto pubblico, in quanto proviene da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, le attestazioni di essa, inerenti alle attività direttamente svolte dall'ufficiale giudiziario, fanno piena prova fino a querela di falso. L'efficacia fidefacente opera, in particolare, per l'attestazione cui l'ufficiale notificante dà atto dell'avvenuta notificazione, apponendovi la data e la firma. Non tutte le attestazioni contenute nella relazione di notifica sono destinate tuttavia a far fede fino a querela di falso, ma soltanto quelle riguardanti attività svolte dall'ufficiale notificante ovvero fatti avvenuti in sua presenza o dichiarazioni a lui rese, limitatamente al loro contenuto estrinseco; non sono assistite da pubblica fede le attestazioni rilasciate dallo stesso ufficiale giudiziario al di fuori delle funzioni pubbliche che gli sono connesse in relazione all'atto notificato, e, quindi, il contenuto intrinseco delle notizie apprese dai vicini, in quanto terzi rispetto alle parti dell'atto da notificare e tutte le altre circostanze, quali, ad esempio, l'attestazione che il luogo di notifica corrisponda a quello di residenza del destinatario, la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa o all'ufficio di chi ha ricevuto l'atto, o, ancora, l'effettività della sede della società destinataria o la qualità della persona consegnataria dell'atto, che non sono frutto di diretta percezione del pubblico ufficiale, ma piuttosto di indicazioni da altri fornitegli o di semplici informazioni assunte. In relazione a queste ultime circostanze, assistite comunque da una presunzione di veridicità, la parte interessata può fornire la prova della loro intrinseca inesattezza, con tutti i mezzi consentiti, senza dover ricorrere alla querela di falso.

In particolare, nel caso in cui la notifica venga effettuata, nelle forme previste dall'art. 140 c.p.c., nel luogo indicato nell'atto da notificare e nella richiesta di notifica, costituisce mera presunzione, superabile con qualsiasi mezzo di prova (e senza necessità di impugnare con querela di falso la relazione dell'ufficiale giudiziario), che in quel luogo si trovi la residenza effettiva (o la dimora o il domicilio) del destinatario dell'atto, sicché compete al giudice del merito, in caso di contestazione, compiere tale accertamento in base all'esame ed alla valutazione delle prove fornite dalle parti, ai fini della pronuncia sulla validità ed efficacia della notificazione (Cass. civ., n. 24416/2006; Cass. civ., n. 8011/1997).

Più specificatamente si è rilevato che l'art. 139 c.p.c. fa discendere la presunzione iuris tantum di conoscenza, da parte del destinatario, dell'atto di citazione notificatogli, idonea alla instaurazione del rapporto processuale, dalla consegna dell'atto stesso effettuata, presso la casa di abitazione dello stesso destinatario, a "persone di famiglia", la cui convivenza non occasionale con quest'ultimo va immediatamente dedotta dalla loro presenza in quel luogo, salva prova contraria. Infatti, la relazione dell'ufficiale notificante, come ogni altro atto pubblico formato da pubblico ufficiale, fornisce prova piena, fino a querela di falso, di quanto avvenuto in sua presenza e delle dichiarazioni ricevute, ma non della veridicità delle stesse, la quale si presume fino a prova contraria. Peraltro, ove la consegna dell'atto di citazione sia avvenuta a mani di persona qualificatasi come familiare (nella specie, figlia) del destinatario dell'atto, e che abbia sottoscritto la relazione di notifica in cui è qualificata come tale, la presunzione di conoscenza dell'atto da parte del destinatario non può ritenersi superata dalla certificazione anagrafica che non includa la consegnataria nell'elenco delle persone componenti il nucleo familiare del destinatario stesso, non escludendo la convivenza di fatto, sulla quale si fonda la presunzione di conoscenza dell'atto notificato (Cass. civ., n. 9658/2000).

Poiché la relata di notifica costituisce un atto pubblico, le attestazioni di essa, inerenti alle attività che l'ufficiale giudiziario certifica di avere eseguito, le dichiarazioni da lui ricevute (limitatamente al loro contenuto estrinseco ed indipendentemente dalla loro veridicità sostanziale) ed i fatti avvenuti in sua presenza, risultanti dall'atto da lui compilato, con le richieste modalità, nel luogo in cui è formato e che trovano riscontro nella relazione prevista dall'art. 148 c.p.c., sono assistite da fede pubblica privilegiata, ex art. 2700 c.c. (Cass. civ., n. 5040/1987; Cass. civ., n. 5305/1999; Cass. civ., n. 7763/1999), per contrastare la quale l'unico strumento è la querela di falso, anche se l'immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo, ma soltanto ad imperizia, leggerezza o a negligenza dell'ufficiale giudiziario (Cass. civ., n. 8032/2004).

La relazione dell'ufficiale giudiziario notificante non fornisce invece la prova della veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dal destinatario e consegnatario dell'atto notificato. Di conseguenza, le enunciazioni relative ai rapporti tra quest'ultimo e la persona cui l'atto è destinato, o circa la verità intrinseca delle dichiarazioni ricevute dall'ufficiale giudiziario notificante, fanno fede fino a prova contraria, sicché in relazione a queste la parte interessata può fornire la prova della loro intrinseca inesattezza con tutti i mezzi consentiti, senza dover ricorrere alla querela di falso (Cass. civ., n. 21817/2012; Cass. civ., n. 3516/2012; Cass. civ., n. 9658/2000; Cass. civ., n. 7763/1999; Cass. civ., n. 5040/1987; Cass. civ., n. 3386/1980).

Osservazioni

Pertanto, la Cassazione ha identificato quali elementi contenuti nella notifica dell'ufficiale giudiziario possono essere contestati esclusivamente a querela di falso e quali per mezzo di mera prova contraria (Cass. civ., n. 9793/2015).

Chi riceve la notifica di un atto a mezzo ufficiale giudiziario può infatti avere interesse a contestarla per svariati motivi, ad esempio perché l'atto è stato consegnato ad un soggetto diverso da quello che avrebbe dovuto riceverlo.

Tuttavia la notifica è contestabile entro alcuni limiti, derivanti dalla qualifica dell'ufficiale giudiziario e dalla natura giuridica della relata di notifica. Ed infatti al momento della notifica di un atto l'ufficiale giudiziario è un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni e, di conseguenza, la notifica è un atto pubblico.

In relazione all'efficacia dell'atto pubblico si veda la previsione dell'art. 2700 c.c..

Occorre tuttavia distinguere tra i fatti che avvengono alla presenza dell'ufficiale giudiziario e le dichiarazioni rese all'ufficiale giudiziario.

La relata dell'ufficiale giudiziario notificante non fornisce la prova della veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dal destinatario e consegnatario dell'atto notificato, per tale ragione la parte interessata potrà fornire con ogni mezzo prova ad esse contraria, senza dover proporre querela di falso.

Occorre tuttavia precisare che, al fine di contestare l'affermazione contenuta nella relata di «incaricato alla ricezione degli atti» non può essere ritenuta prova contraria idonea la dichiarazione scritta del soggetto che ha ricevuto l'atto di non aver mai ricevuto l'incarico di ricevere atti inviati a quell'indirizzo, dal momento che tale dichiarazione proviene da un soggetto che potrebbe avere interesse ad invalidare la notifica per venir meno ad eventuali responsabilità a suo carico.

Allo stesso modo, non può ritenersi sufficiente a vincere la presunzione che il consegnatario sia incaricato della ricezione degli atti diretti al destinatario della notifica la prova, da parte di quest'ultimo, dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato del consegnatario alle dipendenze esclusive di altro soggetto, se non accompagnata dalla prova che il medesimo consegnatario non era addetto nei medesimi locali ad alcun incarico per conto o nell'interesse del destinatario.

In difetto della proposizione della querela di falso non sarebbero invece più contestabili: la certificazione dell'avvenuto svolgimento di ricerche anagrafiche; l'attestazione dell'identità del destinatario che ha ricevuto l'atto, dal momento che l'ufficiale giudiziario svolge direttamente l'attività di identificazione di tale soggetto; la dichiarazione del soggetto che ha ricevuto l'atto di rivestire la qualità di «incaricato ivi addetto alla ricezione degli atti»; la sottoscrizione di chi riceve l'atto, apposta accanto al nome; la sottoscrizione dell'ufficiale giudiziario, le sue generalità, la qualifica e la sede di servizio; la data ed il luogo in cui tali attività sono state compiute.

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