La partecipazione del P.M. al giudizio di impugnazione del rendiconto dell'amministratore di sostegno

Roberto Masoni
12 Marzo 2018

Due le questioni sottoposte all'attenzione della Corte d'appello di Cagliari: la competenza a provvedere sull'impugnazione e la necessità della partecipazione al giudizio impugnatorio da parte del P.M..
Massima

La sentenza che decide l'impugnazione proposta avverso approvazione del rendiconto finale da parte del giudice tutelare, relativa a procedura di amministrazione di sostegno, è impugnabile avanti la Corte d'appello.

Nel giudizio di impugnazione avanti al tribunale deve intervenire il pubblico ministero, in quanto litisconsorte necessario, a pena di nullità della sentenza, con remissione del giudizio al primo grado.

Il caso

Il decreto del g.t. di approvazione del rendiconto finale presentato dall'amministratore di sostegno è stato impugnato avanti al tribunale.

Il tribunale ha accolto il reclamo, non approvando il rendiconto.

A sua volta, l'amministratore di sostegno ha proposto appello avverso la sentenza di mancata approvazione del rendiconto, assumendo la nullità del giudizio per mancata partecipazione del pubblico ministero.

La questione

Duplice è la quaestio iuris sottoposta all'attenzione del giudice d'appello: da una canto, la competenza a provvedere sull'impugnazione; dall'altro, la necessità della partecipazione al giudizio impugnatorio da parte del P.M..

Le soluzioni giuridiche

La Corte d'appello di Cagliari ha accolto l'impugnazione, dichiarando la nullità della sentenza del tribunale, cui il processo è stato rimesso, a norma dell'art. 354 c.p.c..

La soluzione giuridica fornita ai due quesiti in oggetto si rivela appagante.

Da un canto, il decreto del g.t., quivi impugnato avanti al tribunale, rientra tra quelli per i quali sussiste la competenza per materia della Corte d'appello; dall'altro, si perviene ad affermare che, anche nel giudizio impugnatorio in oggetto, la partecipazione del P.M. si rivela oltremodo necessaria, dato che la mancata partecipazione determina nullità della pronunzia definitiva, con susseguente remissione al primo giudice, in forza dell'art. 354 c.p.c..

Osservazioni

La pronunzia che precede permette di lumeggiare gli essenziali profili procedurali necessari alla ricostruzione del sistema di rimedi e controlli esperibili avverso il decreto del g.t. di approvazione del rendiconto finale di amministrazione di sostegno (art. 386, richiamato dall'art. 411 c.c., nei limiti della compatibilità).

Per ricostruire la trama normativa sottesa è necessario coordinare gli sparsi pezzi di legislazione.

Anzitutto, il rendiconto finale della tutela o dell'amministrazione di sostegno (a differenza del rendiconto annuale che il g.t. si limita a vistare: art. 380 c.c.), data l'importanza che lo stesso riveste, in quanto atto conclusivo dell'amministrazione di beni altrui, va “approvato” dal giudice, se del caso invitando il protutore, il minore divenuto maggiore o emancipato, o il nuovo rappresentante ad “esaminar(lo)” prima dell'approvazione (finale: art. 386, comma 1 e 2, c.c.).

L'art. 386, comma 3, c.c. chiarisce che il decreto di approvazione del rendiconto finale è suscettibile di «impugnazione», su cui «provvede l'autorità giudiziaria nel contraddittorio degli interessati».

A sua volta l'art. 45, comma 3, att. c.c. chiarisce che in tal caso «provvede l'autorità giudiziaria in sede contenziosa».

Per espresso disposto normativo, la competenza materiale all'impugnazione in discorso è rimessa al tribunale ordinario (art. 45, comma 1, att. c.c.). Il tribunale, dovendo provvedere in sede contenziosa, decide con sentenza.

In realtà, l'art. 720-bis, comma 2, c.p.c., applicabile ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno, dispone che«contro il decreto del giudice tutelare è ammesso reclamo alla Corte d'appello a norma dell'art. 739».

La norma, quanto all'individuazione del mezzo di gravame ed alla competenza del giudice dell'impugnazione, si ritiene applicabile unicamente ai provvedimenti definitivi, di apertura o di chiusura dell'amministrazione di sostegno, non anche a quelli di natura interinale, quale è quello in discorso.

In conclusione, come ritenuto anche implicitamente dal provvedimento in esame, nella specie, prevale il criterio di impugnazione delineato dal codice, con susseguente appellabilità della sentenza al tribunale (e non alla Corte d'appello, come sembrerebbe precisare l'art. 720-bis c.p.c.).

Se così è, ex professo la Corte ha affrontato la quaestio iuris riguardante la partecipazione obbligatoria del P.M. al procedimento di impugnazione, quale motivo di gravame e di nullità della sentenza impugnata, risolvendolo affermativamente, per la necessaria partecipazione del P.M..

Gli argomenti individuati dalla Corte per raggiungere l'approdo interpretativo si snodano in una duplice direzione.

Da un canto sono stati individuati i soggetti “interessati” al contraddittorio in sede di impugnazione (art. 386, comma 3, c.c.) e dall'altro si è avuto riguardo alla funzione esplicata dal P.M. nell'ambito della procedura di amministrazione di sostegno.

É stato, anzitutto, chiarito che gli “interessati” all'impugnazione del conto ex comma 3 dell'art. 386 c.c. non sono unicamente coloro che sono indicati nei primi due commi della norma (Cass. civ., 19 luglio 2000, n. 9470), ovvero il protutore, il minore divenuto maggiorenne o emancipato ed il nuovo rappresentante legale, e ciò alla stregua della genericità dell'espressione utilizzata dal legislatore ed altresì della funzione di controllo nell'interesse del soggetto tutelato, «che trascende quello individuale».

La Corte si è discostata da quell'orientamento dottrinale che escludeva tanto i parenti del disabile, quanto il pubblico ministero tra i legittimati all'impugnativa (Stella Richter, Sgroi).

Da altro punto di vista, la Corte è agevolmente pervenuta alla soluzione di cui in massima, valorizzando gli univoci indici normativi di partecipazione del P.M. al procedimento di nomina e revoca dell'amministratore di sostegno, che sono rinvenibili nel microsistema normativo di protezione introdotto dalla l. n. 6/2004, tenendo anche conto, come si legge nella pronunzia, che il rendiconto finale «rappresenta la sintesi della gestione dell'amministratore di sostegno, rispetto alla quale non può non poter essere esercitata quella funzione di controllo dell'operato di costui a tutela del soggetto debole, non pienamente in grado di provvedere da sé ai propri affari».

Ebbene, in forza di inequivoci dati normativi, il P.M. è uno dei soggetti legittimati ad introdurre il procedimento (art. 406, c.c. che richiama i soggetti indicati nell'art. 417 c.c.), un potere di azione rientrante nell'alveo dell'art. 69 c.p.c..

Se il P.M. non introduce il procedimento, è tenuto ad esplicare intervento nel procedimento (art. 407, comma 4, c.c.), per quanto siffatta facoltà processuale discenda già dal disposto generale affidato all'art. 70, n. 1, c.p.c..

Ancora, significativamente, il P.M. può chiedere al g.t. di revocare la misura di protezione in presenza dei presupposi di «cessazione dell'amministrazione di sostegno» (art. 413, comma 1, c.c.); oltrechè, ancor prima, è legittimato a domandare l'annullamento degli «atti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge o in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice» (art. 412, comma 1, c.c.).

Come si vede, da questa celere e sommaria disamina, emerge trasparente che il P.M. è parte necessaria del procedimento di nomina, litisconsorte necessario, dotato di legittimazione attiva, di un potere di azione, che si snoda in tutte le fasi dello stesso, dall'inizio alla fine, e la cui preterizione determina conseguenze processualmente assai gravi, stante nullità della sentenza, con remissione del giudizio al primo grado (Cass. civ., 18 gennaio 2017, n. 1093). Per quanto altre pronunzie predichino che unica parte necessaria del procedimento di sostegno sarebbe il solo beneficiario (Cass. civ., 5 giugno 2013, n. 14190).

In realtà, in quanto parte del giudizio prime cure, il P.M. è legittimato all'impugnazione del decreto di nomina o di rigetto di nomina (art. 739 c.p.c., a mente dell'art. 720-bis c.p.c.).

In tal modo, come si vede, la legge civile ha riconosciuto al P.M. un significativo e pervasivo potere di controllo afferente tutte le fasi del procedimento di primo grado, di nomina dell'amministratore di sostegno, dall'apertura alla chiusura dello stesso, nell'ottica di istituzionale «tutela dei diritti degli incapaci», stando al testuale disposto generale contenuto nell'Ordinamento Giudiziario (art. 73 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12).

Come ha correttamente rilevato anche la pronunzia in annotamento, in questo ambito l'organo requirente esplica una funzione caratterizzata da «un indiscutibile connotato pubblicistico».

Sarebbe distonico rispetto alla finalità della misura di protezione solennemente enunciata dalla norma di esordio della l. n. 6/2004 («la presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana»), ritenere che la facoltà di impugnazione, ovvero quella di intervento in giudizio in difetto di esercizio della prima, non sia esplicabile anche nell'ambito del sub procedimento di impugnazione del rendiconto finale, sempre a tutela degli interessi (patrimoniali) della persona “incapace”. E, in particolare, nel controllo degli interessi economici di quest'ultimo afferenti l'amministrazione del suo patrimonio da parte dell'amministratore di sostegno, tramite riscontro della correttezza delle poste contenute nel rendiconto di contabilità.

In quest'ottica si iscrive, quindi, il giudicato cassazionale richiamato che esplicitamente rende obbligatorio l'intervento del P.M. nel giudizio di impugnazione del conto, pena la nullità della sentenza con remissione al primo grado (Cass. civ., 1 luglio 2008, n. 17956).

Guida all'approfondimento
  • Canestrelli, L'impugnazione dei provvedimenti del giudice tutelare: una questione sempre aperta, in Dir. Fam. Pers., 2008, 1067
  • Dell'oro, Della tutela dei minori, in Commentario al codice civile, a cura di Scialoja, Branca, Roma, Bologna, 1979, 250 ss.;
  • De Filippis, Casaburi, Il giudice tutelare, Padova, 1999, 238 ss.
  • Masoni, Il giudice tutelare, Milano, 2018, 198 e 554.
  • Masoni, Pretesa struttura unilaterale del procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno. E le altre parti?, la quale afferma che unica parte del procedimento di sostegno è il beneficiario, in Giust. Civ. Com., 2014;
  • Stella Richter, Sgroi, Delle persone e della famiglia, in Commentario del codice civile, Torino, 1967, II° ed., 546.

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