Rilevanza penale della condotta dell’affidatario in caso di disciplina del diritto di visita troppo generica

16 Marzo 2018

La Corte di Cassazione si è espressa sulla tenuta motivazionale di una pronuncia con la quale si era giudicato come elusivo, e dunque penalmente rilevante ai sensi dell'art. 388, comma 2, c.p., il comportamento meramente omissivo tenuto dall'imputata in un caso in cui, data la vaghezza e genericità del provvedimento presidenziale, non fosse dato comprendere il limite di esigibilità del comportamento richiestogli.
Massima

In materia di elusione dell'esecuzione di un provvedimento del giudice civile concernente l'affidamento di minori, incorre nel vizio di motivazione apparente la pronuncia del Giudice di merito che, a fronte di un provvedimento presidenziale vuoto e generico circa le modalità di esercizio del diritto di visita da parte del genitore non affidatario (che nella specie, approfittando della situazione, comunicava quando intendeva recarsi dalla minore presso l'abitazione della stessa senza nulla concordare con l'altro genitore), ometta di chiarire quale sia il limite di esigibilità del comportamento del genitore affidatario.

Il caso

La Corte d'Appello di Roma confermava la pronuncia di condanna di una madre in ordine al reato di cui all'art. 388, comma 2, c.p. per aver reiteratamente eluso il provvedimento del Presidente del Tribunale civile di Roma, emesso nell'ambito del giudizio di separazione, avente ad oggetto l'affidamento condiviso della figlia minore, impedendo al padre senza giustificato motivo di "prelevare" la bambina in alcune occasioni. Avverso la suddetta sentenza interponeva ricorso per cassazione l'imputata, lamentando, tra le altre cose, violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza, ritenuta contraddittoria nella parte in cui la Corte di Appello, pur riconoscendo la sussistenza di esigenze di lavoro e di salute dell'imputata, che le avrebbero impedito in alcune occasioni di osservare il contenuto del provvedimento emesso dal Tribunale, aveva comunque ritenuto il suo comportamento elusivo tale da integrare la fattispecie criminosa contestata. E ciò, peraltro, in un caso come quello considerato in cui - data la vaghezza e genericità della prescrizione contenuta nei provvedimenti presidenziali, con la quale si consentiva al padre di fare visita alla figlia presso l'abitazione materna "quando vuole" - si sarebbe reso sostanzialmente impossibile l'adempimento della prescrizione imposta.

La questione

La questione su cui si è pronunciata la Corte di Cassazione attiene alla tenuta motivazionale di una pronuncia con la quale si era giudicato come elusivo, e dunque penalmente rilevante ai sensi dell'art. 388, comma 2, c.p., il comportamento meramente omissivo tenuto dall'imputata in un caso in cui, data la vaghezza e genericità del provvedimento presidenziale, non fosse dato comprendere il limite di esigibilità del comportamento richiestogli.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, nell'annullare con rinvio la sentenza della Corte d'Appello di Roma, ribadisce un principio già fatto proprio in passato, ossia quello secondo cui «integra una condotta elusiva dell'esecuzione di un provvedimento del Giudice civile concernente l'affidamento di minori, rilevante ai sensi dell'art. 388, comma 2, c.p., anche il mero rifiuto di ottemperarvi da parte del genitore affidatario, salva la sussistenza di contrarie indicazioni di particolare gravità, quando l'attuazione del provvedimento richieda la sua necessaria collaborazione». Tuttavia, perché vi sia un atto di rifiuto, che denota un'espressa manifestazione, con qualsiasi forma, della volontà di non compiere ciò che sia esplicitamente o implicitamente richiesto, è necessario che sia chiarito quale sia il limite di esigibilità del comportamento richiesto. A ragionare diversamente, dinanzi alla vaghezza e genericità del provvedimento presidenziale e alla situazione di approfittamento da parte del padre che «quando intendeva recarsi a visitare la figlia non chiedeva», si dovrebbe affermare che l'imputata, per evitare di commettere il reato contestatole, sarebbe dovuta essere in ogni momento, ogni giorno, a disposizione dell'arbitrio del padre della minore, non potendosi mai allontanare dall'abitazione.

Osservazioni

L'ipotesi delittuosa della quale si discute nel caso considerato è quella di cui al comma 2 dell'art. 388 c.p., rubricato «Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del Giudice», che sanziona, a querela di parte, «chi elude l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile (…) che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci»; norma tesa a rafforzare la tutela dell'autorità delle decisioni del Giudice civile in una materia che necessita di peculiare ed immediata tutela per la sua grande rilevanza sociale.

Ebbene, affinché la condotta possa dirsi integrata da un punto di vista oggettivo, è necessario che si verifichi l'"elusione" all'esecuzione di un provvedimento giudiziale, avendo peraltro i giudici di legittimità chiarito che integra la stessa «anche il mero rifiuto di ottemperarvi da parte del genitore affidatario, salva la sussistenza di contrarie indicazioni di particolare gravità, quando l'attuazione del provvedimento richieda la sua necessaria collaborazione» (conf. Cass. pen., sez. VI, 23 marzo 2016, n. 12391; Cass. pen., 19 aprile 2007, n. 23084). Si tratta di una definizione, la cui esegesi si è venuta lentamente costruendo nel tempo e che ha visto alternarsi differenti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, oscillanti tra chi riteneva penalmente rilevante solo un comportamento attivo, assistito da atti fraudolenti o simulati e chi, invece, considerava bastevole un mero non facere.

«Eludere» - come precisa la Corte nella pronuncia in commento - «significa frustrare, rendere vane le legittime pretese altrui (conf. Cass. pen., sez. VI, 16 dicembre 2014, n. 1784; Cass. pen., sez. VI, 8 maggio 2014, n. 33452; v., altresì, Cass. pen., sez. VI, 18 marzo 2010, n. 10701, secondo cui i comportamenti penalmente rilevanti non possono essere occasionali, ma devono risultare «idonei a vanificare lo scopo del provvedimento stesso (…) incidendo in maniera sensibile sulla qualità della prosecuzione dei rapporti tra il genitore non affidatario ed il figlio minore, alterando concretamente l'equilibrio individuato [...] nel provvedimento giudiziario») e ciò anche attraverso una mera omissione» (conf. Cass. pen., n. 33719/2010; Cass. pen., sez. VI, 5 marzo 2009, n. 27795; Cass. pen., n. 32846/2009; Cass. pen., n. 37118/2004).

Tuttavia, affinché vi sia un'omissione penalmente rilevante, il rifiuto di un comportamento doveroso e, dunque, la manifestazione con qualsiasi forma della volontà di non compiere ciò che sia esplicitamente o implicitamente richiesto, è necessario poter identificare chiaramente quale sia il limite di esigibilità del comportamento oggetto di vaglio giudiziale. Non così nel caso considerato in cui, dinanzi alla vaghezza e genericità dell'ordinanza presidenziale che consentiva al padre di vedere la figlia "quando vuole", si dava adito ad abusi e a situazioni di approfittamento da parte dello stesso, che si recava di fatto a vedere la minore senza previamente accordarsi con la collocataria. In una situazione così configurata appare fin troppo ovvio, a parere di chi scrive, come il comportamento tenuto dall'imputata, che, peraltro, solo in alcune sporadiche occasioni (talvolta giustificate da motivi di salute o di lavoro) non aveva potuto far vedere la figlia al padre, non possa affatto dirsi elusivo della prescrizione invocata. In questa direzione ragiona assai correttamente la Suprema Corte, laddove, dinanzi ad un provvedimento di fatto ineseguibile, se non a patto di costringere la madre a non allontanarsi mai dalla propria abitazione per garantire l'incondizionato diritto di visita dell'ex coniuge, abbia deciso di annullare con rinvio per un nuovo esame del merito la sentenza di condanna impugnata.

Sono esigenze di legalità nell'indicazione dell'attività collaborativa richiesta, e implicitamente richiamata dalla norma penale, ma ancor prima, forse, di buona fede e lealtà nell'esecuzione dei provvedimenti giudiziali che dovrebbero animare anche le più conflittuali tra le situazioni di crisi familiare. È, infatti, certo che ogni volta in cui l'obbligo contenuto nel provvedimento richieda, per essere adempiuto, una certa collaborazione da parte del soggetto cui è imposto, non si possa affatto prescindere dalla valutazione della situazione concreta che l'agente si è trovato, di volta in volta, ad affrontare (Cass. pen., sez. VI, 4 aprile 2003, n. 25899). Tuttavia, pur individuato il limite di esigibilità del comportamento, la valutazione del contenuto del provvedimento di affidamento dei figli - e dei relativi obblighi che ricadono sui destinatari - non dovrebbe mai essere compiuta in termini strettamente burocratici-letterali, bensì alla luce del reale interesse del minore, che vi è sotteso e che ne costituisce la ragion d'essere (Cass. pen., sez. VI, 14 marzo 2017, n. 20801).

È forse proprio in tale ultimo assunto che sta la vera complessità del problema: se è vero che «entrambe le figure genitoriali sono centrali e determinanti per la crescita equilibrata del minore» (così Cass. pen., sez. VI, 18 marzo 2016, n. 12391; Cass. pen., sez. VI, 6 luglio 2009, n. 27795), non può che auspicarsi che siano sempre più i genitori capaci di superare la litigiosità sovente connessa al "puntuale rispetto" delle carte per canalizzare le proprie risorse nel "puntuale rispetto" del proprio primario diritto-dovere costituzionalmente presidiato, ossia il perseguimento dell'interesse preminente del minore.

Guida all'approfondimento

- S. Arpino, Penalmente responsabile il genitore affidatario se il minore rifiuta di incontrare l'altro genitore?, in Dir. pen. e proc., 2004, 7, 875;

- D. Chicco, Diritto di visita ed interesse predominante del minore: qual è il confine?, in Fam. e dir., 2011, 3, 281;

- A. Forza, Il ruolo dell'avvocato penalista, in A. Curci, V. De Michele, A. Bianco (a cura di), Figli contesi e alienazione parentale. Dalla sindrome alla patologia relazionale, Milano, 2014;

- A. Foti, Separazione ed affidamento figli: sempre punibile il genitore che impedisce all'altro di vedere il minore? in dirittoegiustizia.it;

- R. Rossi, La privazione genitoriale, Giuffrè, 2015;

- F. Tribisonna, L'alienazione parentale nella giurisprudenza penale, in G.B. Camerini, M. Pingitore, G. Lopez(a cura di), Alienazione parentale. Innovazioni cliniche e giuridiche, Milano, 2016, 161-174.

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