L’attuazione del principio della “riserva di codice” in materia penale (d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21)

Alessandro Leopizzi
23 Marzo 2018

Il codice penale si sottopone a un importante intervento di restyling. Con il d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 22 marzo 2018, n. 21 pubblicato in Gazzetta ufficiale il 22 marzo 2018, viene data attuazione alla ...
Abstract

Il codice penale si sottopone a un importante intervento di restyling. Con il d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 22 marzo 2018, viene data attuazione alla delega rilasciata dalla riforma Orlando in materia di tendenziale riserva di codice. Confluiscono pertanto nel testo fondamentale del diritto penale plurime disposizioni, sinora previste dalla legislazione speciale, relative a norme incriminatrici di quotidiana applicazione nella pratica giudiziaria, alla disciplina delle circostanze e alla confisca “allargata”, oltre al necessario raccordo con il codice di procedura.

La legge delega

La legge 23 giugno 2017, n. 103, entrata in vigore lo scorso 3 agosto (cosiddetta riforma Orlando), ha affidato la gran parte della sua portata innovatrice a livello sostanziale e processuale a norme di diretta applicazione. Una parte della riforma, minoritaria ma di indubbio rilievo, è stata però declinata mediante rilascio al Governo di plurime e distinte deleghe per determinate materie di particolare complessità e importanza (ad esempio, le intercettazioni telefoniche, i cosiddetti trojans, il casellario giudiziale).

In particolare, l'art. 1, comma 85, lett. q), l. 103/2017 prevede l'attuazione, sia pure espressamente “tendenziale”, del principio della riserva di codice nella materia penale. Questo obiettivo viene perseguito attraverso l'inserimento nel codice penale di tutte le fattispecie criminose che abbiano a diretto oggetto di tutela i beni, di rilevanza costituzionale, «della persona umana, e tra questi il principio di uguaglianza, di non discriminazione e di divieto assoluto di ogni forma di sfruttamento a fini di profitto della persona umana, […] della salute, individuale e collettiva, della sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico, della salubrità ed integrità ambientale, dell'integrità del territorio, della correttezza e trasparenza del sistema economico di mercato».

Non è inutile sottolineare come questa specifica delega, che pure porta con sé riflessi sistematici tutt'altro che irrilevanti, abbia, nella complessiva architettura della legge, un ruolo strumentale rispetto alla riforma dell'ordinamento penitenziario: tra i principi e criteri direttivi enunciati dalle altre lettere del citato comma 85 (semplificazione delle procedure, revisione delle modalità di accesso alle misure alternative e ai benefici penitenziari, integrazione dei detenuti stranieri, tutela delle detenute madri e dei minori di età, etc.) sono infatti ricomprese anche queste norme, dirette a riportare nell'alveo della prima e più importante legge dei delitti e delle pene una buona parte delle disposizioni incriminatrici a oggi disseminate nella intricatissima legislazione speciale.

Appare evidente, ed è stata esplicitamente indicata nello stesso testo della legge delega, la finalità di garantire «una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e quindi dell'effettività della funzione rieducativa della pena», a fronte di una più marcata rimproverabilità dell'autore del fatto di reato.

Il Governo è altresì destinatario di ulteriori deleghe per l'adozione di norme attuative, di coordinamento e transitorie (comma 86), nonché, entro un anno dall'entrata in vigore di ciascun decreto, di ulteriori norme integrative e correttive della nuova disciplina (comma 87).

L'impianto generale del decreto delegato e la riserva di codice

La delega impone al Legislatore delegato l'introduzione nel codice penale di tutte le fattispecie criminose già vigenti poste a tutela dei seguenti beni giuridici:

  • la persona umana,
  • la salute individuale e collettiva,
  • la sicurezza pubblica,
  • l'ordine pubblico,
  • la salubrità e integrità ambientale,
  • l'integrità del territorio,
  • la correttezza e trasparenza del sistema economico di mercato.

Il generale principio che consente al Governo – legittimamente, seppure sotto la sua responsabilità politica – di non esercitare, in tutto o in parte, una delega rilasciatagli dal Parlamento a fini di normazione primaria rende carica di potenzialità e di significato la concreta redazione della novella. Essa si limita infatti, formalmente, a elencare il novero delle disposizioni traslate dalle leggi speciali e inserite nel corpus codicistico, e a predisporre il necessario apparato di coordinamento ma molto più complesso deve ritenersi lo scrutinio preliminare che ha portato alla versione definitiva di questo elenco, sulla base di considerazioni sia di politica del diritto sia di buona tecnica legislativa.

Questa rivoluzione topografica, ragionevolmente, non ha interessato tutte le fattispecie riconducibili alle oggettività giuridiche sopra accennate: il Governo ha optato per il mantenimento nella sede originaria di una serie non indifferente di reati pur astrattamente suscettibili della migrazione nel codice, in primo luogo rinunciando all'esercizio della delega per tutti i reati di natura contravvenzionale.

Il nuovo art. 3-bis c.p. dispone ora espressamente, tra i principi generali del diritto sostanziale, il principio della riserva di codice, in base al quale ogni futura norma incriminatrice dovrà essere introdotta novellando il codice penale oppure essere inserita in leggi che disciplinano organicamente una determinata materia. Nonostante la solennità di questa affermazione, d'altra parte, la norma con ogni evidenza non risulta vincolante per il Legislatore a venire, in difetto di rango o copertura costituzionale, e assume di fatto il valore di un semplice manifesto di politica legislativa.

L'opera di “pulizia” sistematica è poi completata con la formale abrogazione delle disposizioni delle leggi speciali confluite nel codice (art. 7, d.lgs. 21/2018) e con una espressa formula di rinvio dinamico, secondo cui, dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, i richiami alle disposizioni abrogate, ovunque presenti nella legislazione, devono intendersi riferiti alle corrispondenti nuove disposizioni del codice penale, secondo le corrispondenze esplicitate dalla tabella A allegata al decreto legislativo (art. 8, d.lgs. 21/2018).

L'intervento normativo, d'altronde, non modifica mai il tenore delle disposizioni trasferite nel codice (anche per lo stringente contenuto della legge delega, muta sul punto), se non per meri fini di formale coordinamento sistematico.

Le nuove fattispecie codicistiche a tutela della persona

L'art. 2 d.lgs. 21/2018 inserisce nel codice penale alcune significative disposizioni penali in materia di tutela della persona.

Nello specifico:

a) il nuovo art. 289-ter c.p., posto subito dopo la norma che sanziona il sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione nel capo relativo ai delitti contro la personalità interna dello Stato, prevede e punisce d'ora in avanti il sequestro di persona a scopo di coazione, già disciplinato dall'art. 3 della legge 26 novembre 1985, n. 718, di ratifica della Convenzione di New York contro la cattura degli ostaggi. La nuova disposizione ricomprende anche le precedenti norme sulla giurisdizione penale, ex art. 4, l. 718/1985;

b) il novellato art. 388, comma 2 c.p., in tema di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice riguardante l'affidamento di minori o di altre persone incapaci, risulta oggi applicabile anche a chi violi o eluda l'ordine di protezione contro gli abusi familiari ex art. 342-ter c.c. (a suo tempo introdotto dall'art. 6, l. 4 aprile 2001, n. 154, proprio al fine di anticipare la tutela endofamiliare anche in difetto di fatti penalmente rilevanti, consentendo al giudice civile di ordinare la cessazione della condotta e l'allontanamento dalla casa familiare) ovvero provvedimenti di analogo contenuto resi nei procedimenti di separazione o divorzio;

c) il nuovo art. 570-bis c.p., affianca alla sanzione per le violazioni degli obblighi di assistenza familiare, anche quella per le condotte sinora punite dall'art. 12-sexies, l. 1 dicembre 1970, n. 898 (mancata corresponsione dell'assegno fissato nel procedimento didivorzio, che già richiamava quoad poenam la disposizione dell'art. 570, comma 1, c.p.) e dall'art. 3, l. 8 febbraio 2006, n. 54 (inottemperanza agli obblighi di natura economica connessi all'affidamento dei minori durante il procedimento di separazione);

d) il nuovo art. 586-bis c.p. trasla nel titolo XII in materia di delitti contro la vita e l'incolumità individuale, i vari reati di doping (Utilizzo o somministrazione di farmaci o di altre sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti) già previsti dall'art. 9, l. 14 dicembre 2000, n. 376, così espressamente privilegiando nell'esegesi del testo la salvaguardia della integrità fisica dei singoli rispetto alla tutela del fair play sportivo;

e) un nuovo capo I-bis è inserito nel titolo XII del libro II, riportando nell'alveo del codice Rocco, che già originariamente li annoverava tra i delitti contro l'integrità e la sanità della stirpe, i delitti contro la maternità previsti dagli artt. 17 (Interruzione colposa di gravidanza, ora oggetto dell'art. 593-bis c.p.) e 18 (Interruzione di gravidanza non consensuale, ora oggetto dell'art. 593-ter c.p.), l. 22 maggio 1978, n. 194. Permane la competenza collegiale per entrambi i delitti, mediante novellazione ad hoc dell'art. 33-bis c.p.p. Resta invece nel corpo della legge speciale la fattispecie di aborto consensuale senza l'osservanza delle modalità indicate dalla legge ex art. 19, l. 194/1978 (ritenuta dal Legislatore delegato connotata da un disvalore del tutto eterogeneo, al pari dell'illecito amministrativo addebitabile alla donna che abortisce contra legem);

f) i delitti di tratta e commercio di schiavi e di nave destinata alla tratta, già previsti rispettivamente dagli artt. 1152 e 1153 cod. nav., sono stati inseriti nell'art. 601 c.p., nei nuovi commi 3 (ovvero, secondo la costante abitudine nomenclatoria, 2-bis, ora configurato espressamente come aggravante dei reati previsti dai capi precedenti, allorquando commessi dal comandante) e 4 (o 2-ter, che mantiene il suo carattere di norma incriminatrice con funzione di anticipazione della tutela);

g) l'art. 601-bis c.p. (traffico di organi prelevati da persona vivente), introdotto dall'art. 1, l. 11 dicembre 2016, n. 236, amplia la sua applicabilità anche alla mediazione a scopo di lucro nella donazione di organi destinati ai trapianti, giusta i nuovi commi 1-bis e 1-ter che ereditano la abrogata disposizione di cui all'art. 22-bis, comma 1, l. 1 aprile 1999, n. 91;

e) nel capo III del medesimo titolo XII, dedicato ai delitti contro la libertà individuale, trova la propria sede la nuova sezione I-bis, dedicata ai delitti contro l'uguaglianza, che ricomprende, nel nuovo art. 604-bis, i delitti di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione (artt. 3 e 3-bis, l. 13 ottobre 1975, n. 654, di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966, come modificata dal d.l. 26 aprile 1993, n. 122, cosiddetta legge Mancino, e dalla l. 16 giugno 2016, n. 115, cosiddetta legge sul negazionismo). Le precedenti disposizioni in tema di aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico e di bilanciamento delle circostanze confluiscono nel nuovo art. 604-ter c.p. Restano in vigore le pene accessorie per questi delitti (obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività, obbligo di permanenza in casa entro orari determinati, sospensione della patente di guida o del passaporto, divieto di detenzione di armi, divieto di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale) e le ulteriori fattispecie penali (manifestazioni esteriori di tipo razzista) rispettivamente previste dagli artt. 1 e 2, d.l. 122/1993, che forse avrebbero potuto trovare ospitalità nella nuova apposita sezione I-bis.

Il nuovo delitto ambientale

I cosiddetti ecodelitti, inseriti nel titolo VI-bis del codice (artt. 452-bis ss.) dalla l. 22 maggio 2015, n. 68, rappresentano la prima espressione di quella presa di coscienza della imprescindibile centralità del testo fondamentale in materia penale rispetto alla legislazione speciale. Per la prima volta da molto tempo, infatti, un significativo intervento normativo aveva optato per la collocazione dei nuovi reati nella sede sistematicamente più opportuna e non in uno dei molti provvedimenti extra vagantes.

L'art. 3, d.lgs. 21/2018 amplia il novero dei delitti ricompresi nel titolo VI-bis, affiancandovi molto opportunamente anche una delle norme cardine della repressione in materia ambientale, il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, già previsto dall'art. 260, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e adesso trascritto senza modifiche nel nuovo art. 452-quaterdecies.

Il delitto resta funzionalmente attribuito alla procura della Repubblica distrettuale, mediante modifica di coordinamento dell'art. 51, comma 3-bis, c.p.p.

Le nuove fattispecie codicistiche a tutela del sistema finanziario

Il titolo VII del libro II, dedicato ai delitti contro la fede pubblica, accoglie d'ora in avanti nel suo seno, e in particolare nel capo III intitolato alle falsità in atti, a opera della novellazione operata dall'art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. 21/2018, anche il nuovo art. 493-ter, che mutua dalla normativa antiriciclaggio (art. 55, comma 5, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, come recentissimamente novellato dall'art. 9, comma 1, d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90) il delitto di indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento. Seguono il mutamento topografico della norma incriminatrice anche le previgenti disposizioni in tema di confisca, se del caso anche per equivalente e con possibilità di affidamento interinale alla polizia giudiziaria degli strumenti sequestrati.

L'art. 4, comma 1, lett. b), d.lgs. 21/2018 innesta invece nel capo I del titolo VIII, dedicato ai delitti contro l'economia pubblica, il delitto di trasferimento fraudolento di valori, già previsto dall'art. 12-quinquies, comma 1, d.l. 8 giugno 1992, n. 306 (cosiddetto decreto Scotti-Martelli, di contrasto alla criminalità mafiosa) e ora oggetto del nuovo art. 512-bis c.p. A fini di coordinamento, viene modificato anche l'art. 33-bis c.p.p., così da mantenere per questo delitto la competenza del tribunale in composizione collegiale.

Le nuove circostanze antimafia e antiterrorismo

Ad opera dell'art. 5, d.lgs. 21/2018, fanno ingresso nel codice penale tre disposizioni in materia di circostanze applicabili ai delitti di terrorismo e di mafia.

Il nuovo art. 61-bis c.p. ripropone la circostanza aggravante dei reati transnazionali (ovvero di quei reati puniti con la reclusione non inferiore nel massimo ai quattro anni e commessi con il contributo di «un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato») e il relativo divieto di bilanciamento, sinora previsti dall'art. 4, l. 16 marzo 2006, n. 146 del 2006, di ratifica della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato.

Il nuovo art. 270-bis.1 c.p., nel capo I del titolo I del libro II (delitti contro la personalità internazionale dello Stato), reitera le disposizioni già dettate dagli artt. 1, 4 e 5, d.l. 15 dicembre 1979, n. 625 (cosiddetta legge Cossiga) e nello specifico:

  • l'aggravante ad effetto speciale (e la conseguente disciplina del bilanciamento) per tutti i delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, punibili con pena diversa dall'ergastolo.
  • la speculare attenuante della dissociazione, per il concorrente nei reati suddetti che si adoperi per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia e l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura dei concorrenti;
  • la esimente per il colpevole di uno dei suddetti delitti quando volontariamente impedisca l'evento e fornisca elementi di prova determinanti per la esatta ricostruzione del fatto e per la individuazione degli eventuali concorrenti.

Il nuovo art. 416-bis.1 importa le pressoché analoghe circostanze aggravanti e attenuanti dei delitti connessi ad attività mafiose, già previste rispettivamente dagli artt. 7 e 8, d.l. 13 maggio 1991, n. 152, secondo cui, in particolare,

  • la pena è aumentata da un terzo alla metà, per i delitti punibili con pena diversa dall'ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni mafiose, con esclusione di ogni eventuale bilanciamento con altre circostanze attenuanti;
  • la pena è diminuita da un terzo alla metà e l'ergastolo è sostituito dalla reclusione da dodici a vent'anni, per i delitti suddetti, quando l'imputato, dissociandosi dagli altri, si adoperi per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati.
La disciplina unitaria delle diverse forme di confisca

L'art. 240 c.p. disciplina la confisca, quale principale misura di sicurezza patrimoniale (rectius, sinora unica nell'impianto codicistico, vista la concreta desuetudine della cauzione di buona condotta).

L'art. 6, d.lgs. 21/20186 fa seguire questa disposizione di carattere generale da un nuovo art. 240-bis, rubricato Confisca in casi particolari, relativa a quanto già previsto dall'art. 12-sexies, d.l. 306/1992, in tema di confisca obbligatoria, non collegata alla provenienza illecita della res, avente ad oggetto il denaro, i beni o le altre utilità di cui il condannato per una serie di gravi reati tassativamente enumerati risulti avere la disponibilità, anche per interposta persona, in valore sproporzionato al reddito dichiarato o alla propria attività economica e non possa giustificare la provenienza (cosiddetta confisca “allargata” o per sproporzione).

Quando non è possibile procedere alla confisca diretta, la misura può essere disposta su altre somme di denaro, beni o utilità per un valore equivalente, delle quali il reo abbia comunque la disponibilità, anche per interposta persona (cosiddetta confisca per equivalente, già prevista per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione dall'art. 322-ter c.p., per i reati di riciclaggio, impiego di beni di provenienza illecita e autoriciclaggio dall'art. 648-quater, comma 2, c.p. e per i delitti tributari dall'art. 12-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74).

Peraltro, l'art. 31, l. 17 ottobre 2017, n. 161, in vigore dal 20 novembre 2017 (e oggetto di un acceso dibattito anche al di fuori dei circuiti strettamente tecnici), ha radicalmente modificato l'art. 12-sexies, d.l. 306/1992, poi formalmente abrogato (sia pure nel suo vecchio testo) dall'art. 7, comma 1, lett. h), d.lgs. 21/2018, dopo una vigenza di pochi giorni. Pare inutile sottolineare l'assoluta mancanza di coordinamento tra i vari centri di normazione primaria.

Il nuovo comma 1-quater dell'art. 104-bis disp. att. c.p.p. (ora rubricato Amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo e a sequestro e confisca in casi particolari. Tutela dei terzi nel giudizio) estende le disposizioni in tema di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 ai sequestri e alle confische “in casi particolari”. Il successivo comma 1-quinquagesimo impone poi la citazione dei terzi titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni in sequestro sin dalla fase del giudizio (“processo di cognizione”).

Le modalità esecutive della confisca “in casi particolari” sono previste dal nuovo art. 183-ter disp. att. c.p.p., mentre il nuovo art. 578-bis c.p.p. Prevede che il giudice dell'impugnazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono nel merito “ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell'imputato”.

Restano invece disciplinate nei rispettivi testi unici, appositamente novellati dall'art. 6, commi 2 e 3, d.lgs. 21/2018 (ed evidentemente ritenuti, secondo il nuovo criterio fissato dall'art. 3-bis c.p., leggi che disciplinano organicamente una determinata materia), ipotesi particolari di confisca allargata, in caso di condanna o patteggiamento per i reati di:

  • produzione, detenzione e traffico di stupefacenti (non di lieve entità), ex art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e associazione finalizzata al narcotraffico o al piccolo spaccio, ai sensi del successivo art. 74, commi 1 e 6 (nuovo art. 85-bis, d.P.R. 309/1990);
  • delitti di contrabbando aggravato ex art. 295, comma 2, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (ai sensi del nuovo comma 5-bis inserito nel successivo art. 301).
In conclusione

Il principio della riserva di codice muove da premesse sistematiche e persegue obiettivi di trasparenza normativa del tutto condivisibili. In un contesto in cui nessun operatore del diritto è in grado di affermare sensatamente quanti siano i reati attualmente previsti dall'ordinamento, ogni ricerca di chiarezza è la benvenuta.

Alcune delle norme incise dalla riforma, peraltro, sono di frequentissima applicazione: l'art. 570 (spesso contestato in concorso formale con i delitti previsti dalle leggi sul divorzio e sull'affidamento della prole), la “aggravante mafiosa” ex art. 7, d.l. 152/1991, la violazione dei provvedimenti giudiziali in tema di minori (norma cardine nelle crisi endofamiliari), il traffico organizzato di rifiuti (per molto tempo unico strumento di qualche spessore nel contrasto alle ecomafie e all'inquinamento selvaggio), la spendita illecita di moneta elettronica (di enorme diffusione a seguito dell'evoluzione della prassi dei mezzi di pagamento), la confisca allargata, che consente di colpire molti episodi di criminalità di profitto.

In astratto, l'ambito di applicazione avrebbe potuto essere nondimeno assai più ampio: il catalogo di reati riportati alla dignità codicistica non concerne fattispecie di frequentissima applicazione nelle aule giudiziarie e di basilare centralità sistematica. Solo per fare qualche esempio: il traffico di stupefacenti, i reati in materia di armi, i delitti tributari, lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione o dell'immigrazione, la bancarotta e la gran parte del diritto penale dell'economia, per tacere delle fattispecie schiettamente contravvenzionali, aprioristicamente escluse dall'intervento (tra le quali, quelle in materia di edilizia e urbanistica, ambiente, sicurezza sul lavoro, pubblica sicurezza, circolazione stradale). La scelta appare però meditata ed esplicitata alla radice dalla fondamentale limitazione della riserva di codice con l'intangibilità delle disposizioni contenute in “leggi che disciplinano organicamente una determinata materia”. La soluzione è corretta: la complessità socio-economica del mondo contemporaneo e lo speculare bisogno di certezze giuridiche non possono che condurre ad una legislazione per testi unici.

Appare quindi ancorata ad una solida logica e al dato normativo del carattere solo “tendenziale” della riserva di codice, la scelta di mantenere nelle originarie sedes materiae, moltissime fattispecie (centinaia, per lo più di natura contravvenzionale) sul presupposto del loro carattere di norme sanzionatorie di violazioni a precetti e procedure assai articolati, contenute in testi unici o comunque in leggi “organiche”, o presunte tali.

D'altronde, la delega rilasciata dal parlamento al governo, tecnicamente, non può dirsi esaurita, salva la scadenza fissata per l'adozione dei decreti attuativi (prevista, in via ordinaria, entro un anno dall'entrata in vigore della riforma Orlando e quindi sino al 3 agosto 2018, ex art. 1, comma 83, l. 103/2017).

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