Revocazione del testamento per dichiarazione giudiziale di paternità successiva alla morte del testatore

23 Marzo 2018

Con la sentenza in commento, la Cassazione si occupa di un'ipotesi di revoca del testamento ex art. 687 c.c. nel caso in cui sia stata vittoriosamente esperita contro il testatore l'azione di accertamento di filiazione naturale in epoca successiva alla morte dello stesso e ancorché il testatore fosse cosciente dell'esistenza del figlio.
Massima

Il testamento è revocato di diritto, ex art. 687 c.c., in caso di dichiarazione giudiziale di paternità ovvero di introduzione del relativo giudizio successivamente alla morte del testatore, ancorché quest'ultimo fosse cosciente all'epoca di redazione del testamento dell'esistenza del figlio biologico, in quanto ciò che rileva ai fini della caducazione del testamento stesso è la sopravvenienza o la scoperta di una filiazione in senso giuridico e non anche in senso meramente naturalistico, essendo irrilevante la conoscenza dell'esistenza di figli biologici che il testatore non ha riconosciuto per scelta.

Il caso

Tizia, figlia biologica di Caio , chiedeva l'accertamento della paternità naturale del defunto padre (il quale, pur avendo incontrato la figlia in vita, non aveva mai manifestato intenzione di riconoscerla), nonché la revoca, ex art. 687 c.c., del testamento olografo con cui il de cuius aveva devoluto la sua eredità in favore del coniuge e dei nipoti ex sorore. Il Tribunale accoglieva integralmente la domanda attorea e, quindi, i nipoti beneficiati proponevano impugnazione dinanzi alla Corte di appello.

Il Giudice di secondo grado, rinvenendo la ratio dell'art. 687 c.c. nella tutela della volontà presunta del testatore (ignaro dell'esistenza del figlio), respingeva la domanda di revocazione ritenendo che la revoca di diritto del testamento, in caso di dichiarazione giudiziale di paternità intervenuta dopo la morte del testatore contravviene alla regola della centralità della volontà testamentaria, in quanto in tale evenienza al testatore sarebbe impedito di poter modificare il proprio testamento.

Avverso questa sentenza proponeva ricorso principale Tizia.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, dichiarando la revoca di diritto del testamento, aderendo alla ricostruzione della più recente giurisprudenza che rinviene nella norma un fondamento oggettivo, individuabile nella modificazione della situazione familiare in relazione alla quale il testatore aveva disposto dei suoi beni.

La Suprema Corte dissente pertanto dalla lettura restrittiva dell'art. 687 c.c. fatta dai Giudici di appello, per i quali l'equiparazione tra riconoscimento e dichiarazione giudiziale di paternità può predicarsi solo laddove la dichiarazione sia richiesta prima della morte, sottolineando che «(…) il testo della norma che contempla l'ipotesi di revocazione del testamento anche nel caso di sopravvenienza di figli postumi (…) rende evidente come per la perdita di efficacia del testamento non sia coessenziale la previa possibilità del testatore di poter disporre altrimenti».

La questione

La revocazione del testamento ex art. 687 c.c. è ricollegabile all'ipotesi in cui sia vittoriosamente esperita contro il testatore l'azione di accertamento di filiazione naturale in epoca successiva alla morte dello stesso e segnatamente ancorché il testatore fosse cosciente dell'esistenza del figlio?

Le soluzioni giuridiche

La soluzione della questione in esame è strettamente correlata alla ricostruzione della ratio sottesa all'art. 687 c.c..

La Corte territoriale ha negato la revoca di diritto del testamento nel caso di specie, allineandosi con la lettura dell'istituto propria della dottrina tradizionale e della giurisprudenza più risalente, secondo la quale la giustificazione della previsione normativa consiste nella tutela della volontà presunta del testatore, dovendosi ascrivere la tutela successoria dei diritti dei figli nella disciplina della successione necessaria. Tale ricostruzione costituisce il presupposto teorico funzionale ad escludere l'effetto caducatorio del testamento nel caso di dichiarazione giudiziale di paternità richiesta a successione già aperta, quando cioè non è più possibile tutelare la volontà del testatore.

In tale ottica, risulta inficiata anche l'equiparazione tra dichiarazione giudiziale e riconoscimento ex art. 277 c.c., che potrebbe predicarsi solo laddove la dichiarazione stessa sia richiesta prima della morte.

La Cassazione, invece, con la sentenza in commento prende le distanze dalla tesi volontaristica, ritenendo che debba darsi seguito alla valutazione della norma in chiave oggettiva e nell'ottica prevalente della tutela dei figli accolta dalla più recente giurisprudenza di legittimità (v. Cass. civ., n. 18893/2017 e Cass. civ., n. 1935/1996), enucleando anche le differenze di disciplina ed effetti tra la disposizione in esame e la revocazione della donazione di cui all'art. 803 c.c., di chiara matrice volontaristica. La Corte sottolinea che «l'art. 687 c.c., pur sovrapponendosi in parte alla disciplina della c.d. successione necessaria, realizza per i legittimari un risultato ulteriore rispetto a quello che questi potrebbero conseguire con la semplice azione di riduzione», traducendosi in una tutela dei figli più intensa ed efficace.

Nella fattispecie in esame, la preminenza della tutela del figlio, con correlativo sacrificio della volontà del de cuius, viene considerata dalla Corte riconducibile alla medesima logica che presiede alla prevalenza delle norme in tema di tutela dei legittimari rispetto alla contraria volontà del testatore.

Osservazioni

Per un corretto inquadramento della problematica in esame, giova considerare innanzitutto il tenore letterale dell'art. 687 c.c., che prevede l'effetto caducatorio legale del testamento per sopravvenienza di figli naturali nella sola ipotesi di riconoscimento, non menzionando anche l'accertamento giudiziale.

Il ragionamento dei Giudici di legittimità si sviluppa attraverso due ordini di equiparazioni: in primo luogo tra riconoscimento e dichiarazione giudiziale e poi tra dichiarazione giudiziale precedente la morte del testatore e dichiarazione postuma. Dal combinato disposto dell'art. 277, comma 1, c.c. e art. 687, comma 1, c.c., discende che la revoca di diritto è ricollegabile sia al riconoscimento che alla dichiarazione giudiziale, in quanto trattasi di eventi del pari idonei a realizzare quella modificazione della situazione familiare che costituisce il presupposto di operatività della norma. Dallo stesso dato normativo, che contempla la revocazione anche in caso di sopravvenienza di figli postumi (risultando esclusa in tale evenienza la facoltà del testatore di disporre altrimenti) la Corte desume la possibilità di equiparare, ai fini della revoca, alla dichiarazione giudiziale che intervenga o la cui domanda sia introdotta prima della morte del testatore, la dichiarazione postuma ovvero la cui domanda sia introdotta dopo il decesso (cfr. Trib. Belluno, 4 maggio 2005 e Trib. Catania, 2 febbraio 2001).

Diversamente, la Cassazione esclude che si possa parificare la condizione del figlio in termini giuridici a quella in termini naturalistici, nella quale versa il figlio nato al di fuori del matrimonio prima del riconoscimento ovvero della sentenza che ne accerti lo status: la sola conoscenza del rapporto di filiazione –senza l'acquisizione dello stato giuridico di figlio- non preclude la revocazione del testamento, diversamente da quanto prevede testualmente l'art. 803 c.c..

L'art. 687, comma 2, c.c., nel ragionamento dei Giudici, ricomprende infatti anche il caso in cui il testatore era consapevole, nel momento in cui testava, dell'avvenuto concepimento: dunque, la Corte equipara la coscienza del concepimento alla coscienza dell'esistenza del figlio che solo in epoca successiva al decesso introduca la domanda di accertamento giudiziale.

Giova infine rilevare che nella motivazione i Giudici hanno avuto cura di sottolineare come le conclusioni della sentenza non si pongono in contrasto con il diverso approccio volontaristico sotteso all'art. 803 c.c., stante la differente disciplina prevista in caso di revocazione di donazione per sopravvenienza di figli: in tale fattispecie, infatti, la caducazione non è automatica ma correlata ad un'iniziativa del donante o dei suoi eredi (soggetta peraltro ad un breve termine di decadenza) ed il suo effetto determina il recupero del bene nella disponibilità del donante.

Per l'aspetto che qui più interessa, infine, l'art. 803 c.c. prevede la possibilità di revocazione della donazione per riconoscimento di un figlio extramatrimoniale, salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell'esistenza del figlio: tale disposto normativo, nel quale è insita la valorizzazione dell'elemento soggettivo e della tutela della volontà del donante, non trova speculare previsione nel testo dell'art. 687 c.c.. Quanto precede appare al Collegio ulteriore argomento a sostegno della tesi oggettiva del fondamento della revocazione del testamento.

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